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Sigarette elettroniche: tutto quello che c’è da sapere

Le sigarette elettroniche tornano ad appassionare gli italiani: 1,5 milioni le svapano e sono sempre di più i modelli acquistabili.

Chi le fuma – e in questo modo ha abbandonato le sigarette – è convinto di farsi di gran lunga meno male.

Chi vorrebbe affidarsi a questi strumenti chiede maggiori certezze.

In mezzo una manovra finanziaria, licenziata dal governo in questi giorni, che rischia di dare un colpo fatale al mercato, tesa com’è a far cassa, ignorando i riflessi positivi sulla salute di chi abbandona le “bionde” in favore delle ecig.

Oggi effettueremo un approfondimento sulla situazione fumosa (è proprio il caso di definirla così) che regola le sigarette elettroniche, ai loro effetti e alla loro scelta.

1. Gli apparecchi

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Partiamo proprio dagli apparecchi più semplici, quelli che ricordano più da vicino le sigarette tradizionali. Sono i modeli che costano meno e hanno una potenza inferiore.

Con 20-40 euro, ci si porta a casa un kit che comprende la batteria, l’atomizzatore, il serbatoio e il carica batteria. Insomma tutto quello di cui c’è bisogno per iniziare.

Tra i vantaggi c’è sicuramente il peso ridotto e la riproduzione gestuale del fumo tradizionale, che può essere di sostegno dal punto di vista psicologico per chi ha deciso di dire addio alle sigarette.

Il limite di questo strumento è che la potenza è bassa, in genere dai 3 ai 15 W. Da questa dipende quello che nel settore viene definito hit, il colpo in gola che riproduce l’esperienza del tiro della sigaretta, tradotto in più o meno vapore.

Ovviamente l’apparecchio è solo la base dello svapo. Il coprotagonista è il liquido che si inserisce, generalmente composto da glicole, glicerolo, acqua, aromi e nicotina. La sua durata dipende da quanto si svapa, di solito 2-3 ml al giorno per un neofita è una dose sufficiente.

Quanto alla nicotina, chi sostituisce in questo modo la sigarette partirà da un dosaggio più alto per poi scalare, possibilmente arrivando dopo un po’ di tempo ai liquidi che ne sono del tutto privi.

Ci sono poi le cosiddette “box”, scatolette che a livello di gesto assomigliano più alla pipa che alla sigaretta. Il meccanismo di vaporizzazione è lo stesso ma la capienza può essere maggiore e le batterie anche molto più potenti: dunque in grado di generare un hit più forte.

Ai box è possibile collegare un serbatoio base o uno con capacità anche di 3-5 ml di liquido. Questo si traduce in una maggiore durata dell’esperienza prima di dover ricaricare.

Sono apparecchi generalmente non indicati per chi non ha mai fumato una ecig ma per gli svapatori già convinti. I prezzi sono diversi dalle ecig a forma di sigaretta: si va dai 40 ai 700 euro.

La differenza di prezzo dipende da molti fattori: dalla potenza, (ci sono box da 400 W, ma a livello di prestazioni un 200 W è già molto potente) alla capienza e perfino al tipo di materiale e di design. Per portarsi a casa un box di buona qualità ma non troppo costoso meglio preventivare almeno 100 euro.

Vanno sempre considerati i costi aggiuntivi dovuti al ricambio delle resistenze, che per un prodotto meno potente vanno sostituite ogni 2-3 settimane, al massimo un mese, mentre per i dispositivi più performanti anche ogni settimana. E una resistenza costa dai 2 a 5 euro.

C’è in ne l’iQos, un prodotto di tipo diverso, venduto solamente dalla Philip Morris, che detiene i diritti della tecnologia usata. Qui non c’è un liquido che viene vaporizzato, ma è il tabacco stesso, inumidito, a essere riscaldato ed emettere vapore. Il prezzo di un kit iQos è di 70 euro e rispetto le ecig ha pro e contro.

A suo favore, per chi viene dalle sigarette tradizionali, la disponibilità delle ricariche: i pacchetti di minisigarette che vanno inserite nel dispositivo si trovano dal tabaccaio. Più semplice di quanto accada con le sigarette elettroniche dove va inserito il liquido e ogni tanto cambiata la resistenza.

Ma questa è anche la forza delle ecig, che permettono di scegliere tra una gamma praticamente infinita di aromi (mentre quelli disponibili per l’iQos sono solo quelli messi in commercio dalla Philip Morris) e calibrare la presenza di nicotina in base alle proprio esigenze, fino a fumare liquidi che ne sono del tutto privi.

Anche sulla quantità di fumo non c’è paragone: quello delle sigarette elettroniche è decisamente superiore.

 

2. Dalla banana al rum: cosa c’è dentro i liquidi

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Le soluzioni che vengono vaporizzate hanno raggiunto un’enorme varietà di aromi.

Bisogna fare attenzione, però, nello scegliere, perché specie tra quelli d’importazione se ne trovano con ingredienti anche potenzialmente dannosi. Alla cola, alla torta di compleanno, al rum, persino alla marijuana...

I liquidi per le sigarette elettroniche in commercio hanno raggiunto un’enorme varietà, ed è probabilmente questo uno dei motivi principali del successo delle ecig: avere la possibilità di sperimentare un gusto diverso ogni volta che si ha voglia di cambiare.

I liquidi per svapare sono composti da pochi elementi: la base è glicole e glicerina, a cui si aggiungono gli aromi e in alcuni casi la nicotina. In questi anni i liquidi aromatizzati sono proliferati, soprattutto, nei negozi on line.

E gli scarsi controlli hanno fatto sì che scoppiassero scandali anche seri. Con una concorrenza sleale tra produttori italiani che rispettano le regole e si fanno controllare e certi care i liquidi e chi importa flaconi privi di ogni certezza.

Dal punto di vista delle tipologie di aromi, si possono distinguere i liquidi in tre categorie: tabaccosi, cremosi e fruttati.

I primi seguono le diverse varietà di tabacco esistenti, come il Virginia o il Kentucky, tra i cremosi rientrano quelli al cibo e alle bevande, come, caffè, cioccolato, pistacchio, e persino “biscotto della nonna”. Tra i fruttati si trova fragola, banana, gusti esotici come il mango.

Gli aromi sono molecole di sintesi e ad alta concentrazione se inalati possono essere pericolosi. Per questo la legislazione italiana stabilisce dei limiti precisi. Purtroppo, tramite l’acquisto on line arrivano nel nostro paese anche prodotti con concentrazioni alte di sostanze come il diacetile, per esempio.

Questa molecola, utilizzata per conferire un gusto “burroso”, a certe densità e con un’inalazione prolungata può provocare malattie infiammatorie come la bronchiolite obliterante.

In Italia esiste un mercato cosiddetto dei ‘Cantinari’. Sono soggetti che vendono prodotti in nero. Si fanno pagare con Paypal e forniscono l’impossibile fuori da ogni regola e a prezzi bassissimi. Spesso entrano in contatto con i potenziali acquirenti tramite gruppi Facebook o con altri social.

I metodi di importazione sono vari, e non sempre la dogana riesce a fare da barriera. In alcuni casi si va oltre frontiera a caricare le scorte con la macchina.

Comprare nei punti vendita autorizzati ovviamente è la cosa più sicura: bisogna controllare sempre i pittogrammi di pericolo sulla boccetta, come quello che indica la tossicità o il rischio per la salute.

Regola valida soprattutto per chi, per risparmiare e per diletto, preferisce miscelare in casa le sostanze base con gli aromi e la nicotina. La nicotina liquida, per esempio se, accidentalmente ingerita, o assorbita dalla pelle in alte concentrazioni può produrre rischi di avvelenamento.

Per questo è importante tenere le boccette dei liquidi lontane dalla portata dei bambini.

 

3. Ecig, vista da dentro ha molti componenti

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  • Drip Tip
    Il beccuccio per mezzo del quale si aspira il vapore prodotto dalla ecig. Ce ne sono di molti tipi, diversi per forma e materiale.
  • Resistenza
    Riscaldandosi permette al liquido di vaporizzarsi.
    È composta da una serpentina di metallo (in genere, nichel, ferro, acciaio) che fisicamente entra in escandescenza, dal cotone che la riveste e che entrando a contatto con il liquido crea il vapore.
    Le resistenze ad alti Ohm (sopra i 0,60) consumano poco, dunque la batteria dura di più, ma fanno poco vapore.
    Quelle sotto i 0,30 Ohm invece hanno un effetto più potente ma scaricano prima la batteria e riscaldano molto.
    Resistenze più alte sono per il “tiro di guancia” (quello più comune tra gli ex fumatori di sigarette).
    Con bassi Ohm, invece, si parla di “tiro di polmone” (inalazione diretta, più comune in chi non viene dalle “bionde”).
    Una resistenza costa generalmente tra i 2 e i 5 euro e può durare da una settimana a anche un mese, ma dipende dalla frequenza dello svapo.
    La resistenza si può fare anche in casa, anche se non è semplice.
  • Serbatoio
    Qui si inserisce il liquido che verrà poi vaporizzato. I più piccoli partono da 0,6 ml e in media stanno sugli 1-2 ml.
    Ovviamente, a parità di abitudini, più grande è il serbatoio meno spesso si dovrà ricaricare la ecig. Per avere un’idea: la dimensione del flaconcino di liquido più comune è di 10 ml.
  • Liquidi
    Sono composti dagli elementi base, glicole e glicerolo, dagli aromi, e dalla nicotina (non sempre presente).
    Ce ne sono di tutti i gusti e si dividono in tabaccosi (varietà differenti di tabacco), cremosi (aromi alimentari e di bevande, come caffè) e fruttati (fragola, banana, mango, ecc...).
    Il costo di un flacone da 10 ml si aggira in media tra i 5-10 euro (ma con la nuova tassazione sono destinati ad aumentare di qualche euro).
  • Batteria
    La batteria serve a fornire energia alla resistenza.
    La maggior parte delle ecig supporta una batteria ricaricabile agli ioni di litio e può essere connessa alla corrente tramite normale spina o con cavo usb.
    Quasi tutti i modelli ne posseggono una incorporata, che dunque non può essere sostituta dall’utente.
    I modelli con bassa potenza si aggirano attorno ai 30 W: consumano poco ma la vaporizzazione è più scarsa.
    Una sigaretta elettronica potente, in genere a box, ha una batteria che si aggira sui 200 W. Dura di più, ma ha anche un peso maggiore.

 

4. Svapare fa male? Molto meno di una “bionda”

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Negli ultimi anni la tecnologia a supporto degli strumenti per vaporizzare la nicotina è molto migliorata.

Diversi studi internazionali la promuovono come metodo per ridurre i danni da fumo. In Italia ancora nessuno studio ufficiale.

Mentre in Italia i legislatori penalizzano le sigarette elettroniche, accomunandole al tradizionale vizio del fumo, all’estero le autorità sanitarie nazionali vanno in tutt’altra direzione. Il dibattito sugli effetti per la salute umana delle ecig va avanti da diversi anni.

Nel frattempo le tecnologie utilizzate dai produttori sono migliorate, così come l’attenzione alle componenti, probabilmente a causa del crollo di vendite che due anni dopo lo scandalo aveva messo il settore a rischio. La percezione in ambito medico delle ecig è oggi completamente cambiata.

L’ultimo parere autorevole è quello della British Medical Association, l’associazione dei medici della Gran Bretagna, secondo cui “vi sono chiari potenziali benefici delle ecig nel ridurre i danni associati al fumo e il consenso sul fatto che l’uso di sigarette elettroniche sia probabilmente più sicuro”.

La Bma aggiunge: “In assenza di studi specifici non è possibile essere certi dei rischi per la salute a lungo termine, ma vi è un crescente consenso sul fatto che l’uso delle sigarette elettroniche sia significativamente più sicuro del fumo”.

A differenza del fumo di sigaretta, infatti, l’uso delle ecig non espone gli utenti ai prodotti della combustione e “la maggior parte delle sostanze tossiche che causano malattie legate al fumo sono assenti o significativamente ridotte nei vapori di sigaretta elettronica”.

Anche l’ipotesi che spinga i giovani a passare alle sigarette tradizionali, come step successivo, viene minimizzata dall’associazione inglese.

La Bma si allinea così alle posizioni del Royal college of general practitioners (il collegio dei medici di base) che suggerisce ai colleghi di indicare l’ecig tra le possibili soluzione per smettere di fumare, e di Kevin Fenton, direttore nazionale per la salute e benessere dell’Agenzia della sanità pubblica inglese, secondo cui “L’evidenza è chiara: il vaping (il fumo elettronico) è molto meno dannoso di quello delle sigarette e le sigarette elettroniche possono aiutare molti fumatori a smettere”.

Sempre secondo la Public Health England, l’ecig è meno dannosa di una sigaretta tradizionale del 95%. “Diversi approcci andranno adeguati a luoghi diversi, ma le politiche devono tener conto degli elementi di prova e distinguere chiaramente lo svapo dal fumo” ha auspicato Fenton, aggiungendo che “non esiste attualmente alcuna prova del danno del fumo passivo da sigaretta elettronica”.

Uno studio del 2017 guidato dal professor Shu-Hong Zhu dell’università di San Diego, ha misurato per due anni il coefficiente di successo tra chi tenta di abbandonare il vizio del fumo utilizzando abitualmente e per lungo tempo le sigarette elettroniche. I risultati dicono che le possibilità di smettere di fumare con la sigaretta elettronica utilizzata nel lungo periodo sono 4,1 volte maggiori rispetto a chi non la utilizza.

Secondo uno studio in vitro pubblicato su Applied in Vitro Toxicology, a firma di Anisha Banerjee, il tessuto polmonare esposto al fumo di sigaretta mostra alterazioni nel livello di espressione di 123 geni e un aumento delle concentrazioni di diverse citochine, indice di una reazione infiammatoria. L’esposizione del polmone agli aerosol delle sigarette elettroniche per contro altera l’espressione di due soli geni.

In Italia, invece, non ci sono ancora studi e test ufficiali. Nonostante l’Istituto superiore di sanità abbia promesso da anni di affrontare l’argomento con un lavoro appronfondito, l’unico riferimento alle sigarette elettroniche lo ha dedicato nel Rapporto nazionale sul fumo 2016, in cui afferma che le ecig “non sono attualmente prodotte secondo gli standard dei medicinali e sono probabilmente più pericolose dei Nrt (terapie a base di nicotina, come il cerotto, ndr)”, riportando comunque i risultati positivi degli studi internazionali.

 





5. Ma per il governo sono solo buone per far cassa

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Con le nuove regole le ricariche costano di più, la vendita nei negozi va autorizzata e sul web i liquidi, con o senza nicotina, sono vietati.

Così il settore viene assimilato al tabacco, senza considerare la salute. Far west o età dell’oro?

Qualsiasi sia l’interpretazione che se ne dà, di sicuro la prima fase della sigaretta elettronica in Italia si è chiusa con l’approvazione del decreto fiscale che ha limitato gli spazi di vendita, oscurando completamente l’on line.

Fino a fine novembre 2017, infatti, gran parte della vendita di liquidi e aromi veniva acquistata tramite i portali di riferimento sul web. L’emendamento della deputata Simona Vicari (Ap), ha messo fuori legge la vendita a distanza di liquidi con e senza nicotina.

Inutili le proteste dei portatori di interesse di un comparto che vale 600 milioni di euro di fatturato annuo e impiega complessivamente 30mila persone (incluso l’indotto). Probabilmente hanno pesato di più i “desiderata” dei big del tabacco che subiscono la concorrenza dello svapo.

I produttori, i distributori e i rivenditori di ecig hanno manifestato davanti al Parlamento non solo per l’esclusione della vendita on line, ma anche per l’introduzione della licenza anche per i negozi specializzati, così come per i tabaccai, e per la sentenza della Corte Costituzionale di novembre, che ha dato un’ulteriore mazzata al settore.

La Consulta ha infatti confermato la legittimità di una tassazione per i liquidi pari a quella stabilita per le sigarette tradizionali, ponendo fine allo sciopero fiscale del comparto.

Nonostante la proposta dei deputati Pd Boccadutri-Rotta di arrivare a un accordo di rateizzazione del debito contratto dai produttori e rivenditori col fisco non c’è stato nulla da fare.

Così come non è passata la proposta di dimezzare la tassazione sui liquidi per le ecig. Rimane dunque l’imposta di 5 euro Iva inclusa a flacone da 10 ml, con o senza nicotina, poco importa al legislatore.

L’unica, parziale vittoria per il comparto del fumo digitale si registra sul fronte dei punti vendita. Ai negozi specializzati in prodotti per svapare, se esistenti prima del 31 marzo 2018, basterà chiedere l’autorizzazione all’Agenzia dei monopoli per continuare a lavorare.

Dopo quella data la concessione verrà data solo a chi rispetterà alcuni criteri: vendere prevalentemente prodotti per lo svapo, limitazioni efficaci per la vendita ai minori e acquisto all’ingrosso solo da deposito fiscale (quindi merce regolarmente tassata in Italia).

Tirando le somme, il bicchiere per chi lavora nel settore delle ecig rimane decisamente vuoto, soprattutto considerando che non si potranno vendere più liquidi sul web.

Un’amara ironia che sottolinea una decisione che nulla ha a che fare con la salute ma che probabilmente sposa solo gli interessi di quanti (tabaccai, monopoli, Big Tobacco) si sentivano minacciati dal nuovo boom del fumo a danno ridotto.

 








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