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Tante invenzioni utili arrivate dall’Oriente

Sono molte le innovazioni che vengono dall’Est. E la Cina fa la parte della “tigre tecnologica”.

Nella lunghissima storia cinese vi sono quattro antiche invenzioni di cui questo popolo va particolarmente fiero (“Le Quattro Grandi Invenzioni”, nome col quale sono oggi conosciute in tutto il mondo:

  • la carta
  • la stampa
  • la polvere da sparo
  • la bussola

 

Queste invenzioni hanno offerto un grande aiuto e sostegno all’evoluzione della civiltà umana, scrivendo inoltre una gloriosa pagina nel libro della storia cinese.

Oggi, infatti, scopriremo alcuni primati importantissimi che vengono dall’Est, come ad esempio i fuochi d’artificio e il metodo per fare la carta (Cina), gli edifici antisismici (Giappone), la porcellana fine (Cina), il pluviometro (Corea), e altre cose ancora.

1. FUOCHI D’ARTIFICIO (CINA) E IL METODO PER FARE LA CARTA (CINA)

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  • FUOCHI D’ARTIFICIO
    Lo spettacolo dell’arte pirotecnica si deve ai monaci cinesi e fu perfezionato sotto la dinastia Song, tra l’XI e il XII secolo. Fondamentale erano stati l’invenzione della polvere da sparo e l’uso di reagenti chimici.
    I primi fuochi d’artificio consistevano in bacchette di bambù riempite di agente esplosivo e buttate nel fuoco: la propulsione a razzo verrà applicata alla guerra.
    Le cronache raccontano di una grande esibizione di fuochi avvenuta nel 1110, in onore dell’imperatore Huizong e della sua corte, ma i fuochi divennero presto, nella cultura cinese, parte integrante di eventi come nascite, matrimoni e perfino funerali.
    Si credeva infatti che il loro scoppio allontanasse l’energia negativa e gli spiriti maligni. L’arte pirotecnica arrivò in Europa solo nel Basso Medioevo. Veniva utilizzata soprattutto per accompagnare rappresentazioni religiose e spettacoli sacri.
  • IL METODO PER FARE LA CARTA
    L’utilizzo della carta per scrivere, in Cina, è descritto nel 105 d.C. dall’ufficiale di corte Cai Lun, che cominciò a produrla utilizzando la corteccia dell’albero del gelso.
    Ma alcuni ritrovamenti provano la presenza di carta per l’imballaggio nel II secolo a.C. A Cai Lun si deve anche l’introduzione della collatura: una pellicola di amido di riso, spalmata sul foglio, rendeva infatti la carta impermeabile ai liquidi e adatta alla scrittura.
    Dato il basso tasso di alfabetizzazione, per molto tempo in Cina la carta si usò anche come vestiario, per esempio per creare mantelle e cappelli.
    A partire dal II secolo abbiamo testimonianze di carta realizzata con gli stracci. Custodito per centinaia di anni, il segreto della lavorazione di questo materiale uscì dall’Oriente per arrivare in Europa solo nel 711, con l’invasione della Spagna da parte degli Arabi.

2. POLVERE DA SPARO (CINA) E CARATTERI MOBILI METALLICI (COREA)

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  • POLVERE DA SPARO
    Una leggenda cinese narra di alcuni alchimisti che scoprirono per caso la polvere da sparo cercando l’elisir dell’immortalità.
    È invece certo che la polvere pirica (o polvere nera) apparve in Cina nel X secolo. Uno dei suoi componenti, il salnitro (gli altri sono carbone vegetale e zolfo), nel ’500 era detto in Occidente “sale di Cina”.
    Fu usata nell’arte pirotecnica e in misura minore per scopi bellici, per bombe esplosive lanciate da catapulte. Alla fine del XIII secolo, con i Mongoli, furono utilizzati i primi cannoni.
    Da allora la polvere da sparo si diffuse nel resto dell’Asia, in Giappone e infine in Europa, grazie agli Arabi.
  • CARATTERI MOBILI METALLICI
    Molto prima di Gutenberg e degli stampatori europei, in Oriente partì la rivoluzione della stampa.
    Se la Cina utilizzò già nell’XI secolo i caratteri in terracotta o legno per stampare libri e manoscritti, è in Corea che nacquero e si diffusero, attorno al 1200, i caratteri mobili in ferro: blocchi che avevano in rilievo la rappresentazione di un carattere tipografico e consentivano, essendo interscambiabili, una stampa più rapida.
    Anticipavano Gutenberg di due secoli e mezzo. Per crearli, i coreani usarono in genere la fusione su cera vergine che, cotta in forno e ricoperta di creta, si scioglieva lasciando su quest’ultima lo stampo del carattere.
    Grazie a questo metodo i coreani realizzarono il più antico libro a stampa di a caratteri mobili metallici giunto fino a noi.
    È il Chikchi (Jikji), risalente al 1377: raccoglie una serie di insegnamenti zen. Ma la prima grande fonderia di caratteri tipografici venne avviata in Cin, dal re T’ai Tsung, nel 1403

3. L’AQUILONE (CINA) E PORCELLANA FINE (CINA)

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  • L’AQUILONE
    I primi aquiloni apparvero in Cina 2.800 anni fa. Per molto tempo si è attribuita la loro invenzione allo scienziato greco Archita di Taranto, vissuto nel IV secolo a.C.
    Invece fu probabilmente il generale Hau Sin a inventare l’aquilone, per mantenere le comunicazioni con una città cinese assediata da nemici.
    Un’antica leggenda narra che un ingegnere, Kungshu, riuscì a mantenerne uno in volo per ben tre giorni.
    Dotati di telaio in bambù, resistente al vento, presto i “cervi volanti” si diffusero in tutta la Cina, sia con funzioni ludiche che pratiche (per esempio per trasportare al largo gli ami da pesca).
    Alcuni di essi del resto erano così grandi da poter sollevare un uomo. Ma vennero utilizzati anche per scopi militari, come segnalazione.
    Tra il X e XII secolo d.C., gli aquilioni venivano equipaggiati persino con involucri pieni di polvere da sparo e petardi, per farli esplodere una volta giunti sull’accampamento nemico.
  • PORCELLANA FINE
    Gli antichi vasai cinesi produssero la prima porcellana nell’VIII secolo, durante il regno della dinastia Tang, come dimostrano i ritrovamenti negli scavi di tombe e abitazioni dell’epoca.
    Ottenuta con caolino, quarzo e feldspato, essa cuoceva ad alte temperature e risultava molto resistente: il viaggiatore arabo Solimano racconta, nell’851, di aver visto in Cina recipienti fatti con un’argilla bianca, translucida, e “stranamente dura”.
    Nel XIII secolo venne fondato, nella città settentrionale di Jingdezhen, un grande centro per la fabbricazione di porcellana: nel 1540 giunse a impiegare più di 10mila persone.
    Da allora il materiale si diffuse anche al di fuori dell’impero. I ceramisti europei cominciarono a studiare vasi e piatti cinesi per tentare di riprodurli in maniera analoga.
    Con l’arrivo della famosa porcellana blu della dinastia Ming, nel Seicento, in Occidente esplose una vera passione tra i collezionisti.

4. GLI EDIFICI ANTISISMICI (GIAPPONE) E LA LAVORAZIONE DELLA SETA (CINA)

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  • GLI EDIFICI ANTISISMICI
    Il Giappone, uno dei Paesi con il maggior rischio di terremoti al mondo, è da sempre leader nella costruzione di case e palazzi antisismici.
    L’esigenza si presentò alla fine dell’Ottocento, quando la rapida modernizzazione rese necessarie nuove ed efficienti costruzioni al posto delle abitazioni in legno, più soggette anche agli incendi.
    Visto il costante numero di sismi che subiva il Paese, gli architetti svilupparono negli anni Trenta le tecniche edilizie per cui sarebbero diventati famosi: i “cuscinetti” tra fondamenta e terreno, fatti con materiali per assorbire l’energia della scossa; le strutture in cemento armato realizzate con acciaio più flessibile, per far oscillare l’edificio; la “gabbia” in carbonio che avvolge la costruzione, per evitare distacchi di materiale.
    Decisivo, per avviare lo studio di queste innovazioni, fu il grande terremoto del 1923, durante il quale l’Imperial Hotel, realizzato con parti in carbonio dall’architetto Frank Lloyd Wright, rimase praticamente intatto.
    L’espansione di Tokyo, già dagli anni Sessanta, costrinse poi ingegneri e architetti giapponesi a far crescere la città in verticale e a perfezionare queste tecnologie.
  • LA LAVORAZIONE DELLA SETA
    La scoperta del più prezioso tra i tessuti si deve alla giovane imperatrice cinese Xi Ling Shi, vissuta nel 2700 a.C., che passeggiando per i giardini della sua residenza notò che i bachi del gelso producevano un sottile filato.
    Altre fonti ci dicono invece che la lavorazione della seta era già conosciuta nel 3000 a.C.
    Destinata inizialmente solo alle vesti degli imperatori o come materiale per la scrittura corte, venne diffusa su larga scala nel VII secolo, con l’apertura di un centro di produzione a Hangzhou.
    L’attività si sviluppò sotto le dinastie Song (960-1279) e Ming (1368- 1644). L’apertura della Via della seta, la fece infine conoscere all’Impero romano d’Oriente, e da lì giunse in Occidente.





5. L’OROLOGIO (CINA) E IL PLUVIOMETRO (COREA)

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  • L’OROLOGIO
    Nell’XI secolo in Cina fu inventato il primo “computer” astronomico.
    L’idea venne all’astronomo Su Song, vissuto durante l’omonima dinastia, che riuscì a produrre un orologio in grado di interpretare i movimenti stellari e dei pianeti, consentendo così di tracciare una mappa della volta celeste.
    L’osservazione del cielo e lo studio delle costellazioni erano importanti nella società cinese dell’epoca, che vi vedeva segni e presagi sul futuro dell’Impero.
    L’esemplare di orologio, descritto in un antico libro del 1094, era alto 12 metri e sfruttava per la prima volta la trasmissione a catena; una ruota dentata rotante faceva suonare delle campane a un tempo preciso.
    Il suo complesso meccanismo (ricostruito recentemente dal Museo della scienza di Pechino) anticipò gli orologi medioevali apparsi poi in Occidente, e consentì ai cinesi di dimostrare la teoria eliocentrica secoli prima di Copernico e Galileo.
  • IL PLUVIOMETRO
    Durante il regno del sovrano Sejong, nella Corea del XV secolo, il geniale inventore di corte Jang Yeong-sil mise a punto il primo pluviometro moderno (secondo altre fonti a disegnarlo fu il figlio del re), che divenne un importante aiuto per i contadini e le loro attività agricole.
    Esso venne realizzato al palazzo reale di Seoul nel 1442, e consisteva in un recipiente cilindrico graduato (detto chukugi), capace di misurare la quantità d’acqua piovana caduta sul terreno.
    Il pluviometro di Jang (foto) fu costruito in metallo; nelle località di provincia, invece, vennero installati misuratori in ceramica o porcellana. Il valore segnato era trasmesso all’autorità centrale.
    Lo strumento aveva una profondità di 31 centimetri e un diametro di 14, e la sua efficacia scientifica era tale che ancora oggi supera gli standard di precisione richiesti dall’Organizzazione meteorologica mondiale.
    I Paesi europei inventarono pluviometri scientifici solo nel XVII secolo.








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