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Tanti saluti!

Alcuni saluti sono rapidi come lampi: Ciao, Hi (Usa), Hej (Svezia)

Altri non finiscono mai: Al magnifico Signore, all’aurea luce delle sette arti liberali, corona radiosa dei teologi, eterna luce della religione, tesoro del Vecchio e del Nuovo Testamento, fustigatore degli eretici, chiarissimo specchio di ogni eroica virtù, al mobilissimo padrone, al Signor maestro, bacia i piedi in segno di saluto il più infimo discepolo e umilissimo servitore della Sua Maestà! (Erasmo da Rotterdam).

Ci sono saluti accompagnati da baci e abbracci e altri privi di qualsiasi contatto fisico; alcuni sono riservati agli affiliati di un partito o ai militari, altri sono destinati solo alle persone del proprio sesso o a reali ed eminenze religiose.

Oggi tutti si stringono la mano, ma c’è stato un tempo in cui i contatti fisici, per salutarsi, erano da evitare. Per questo gli antichi Egizi s’inchinavano, mentre Romani ed Etruschi si limitavano a sollevare un braccio.

I saluti che andavano bene due secoli fa oggi non si usano più e in questo emisfero del pianeta spesso ci si saluta diversamente rispetto all’altro. Pensiamoci: al mondo non c’è cosa più varia dei saluti.

Tutti, però, hanno in comune qualcosa: sono sempre accompagnati da un gesto. Ci salutiamo non solo a parole, ma con il corpo, facendo un movimento con mani, braccia, testa, tronco e a volte persino con le gambe.

Gli specialisti parlano di “comunicazione non verbale”: i gesti infatti “parlano” e i gesti di saluto sono vari quanto le lingue e le culture della Terra.

1. La stretta di mano: un segno di pace

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Finita la Seconda guerra mondiale, italiani e tedeschi ripresero a salutarsi con la solita stretta di mano.

Gli studiosi pensano che le origini di questo gesto siano molto antiche.

La destra è sempre stata la mano che stringe il pugnale e probabilmente nell’antichità presentarla aperta era un segno di pace; per questo, la stretta divenne il gesto più adatto a suggellare un patto o un’alleanza.

Anche gli antichi Greci si stringevano la mano: questo gesto è raffigurato in una stele funeraria del V secolo a.C., oggi conservata al Museo Pergamon di Berlino, e in un bassorilievo della stessa epoca, conservato al Museo dell’Acropoli di Atene.

I Romani, invece, non lo facevano, ma i seguaci del culto di Mitra usavano stringersi l’avambraccio (destro); anche in questo caso, il gesto serviva a verificare la mancanza di armi nascoste nelle mani- che e divenne perciò un segno di affidabilità reciproca.

Non sappiamo esattamente quando la stretta si sia trasformata nel saluto più diffuso: probabilmente tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’Età moderna. Stando a Shakespeare, nel Cinquecento era un gesto ormai diffuso in Europa; nel tempo lo diverrà anche nel mondo.

Nel XX secolo, alcune strette di mano hanno fatto la storia: Richard Nixon, presidente Usa, stringe la mano del leader cinese Mao Zedong (nella foto) in segno di distensione (1972).

Nelson Mandela e il presidente sudafricano De Klerk fanno lo stesso alla firma sulla fine dell’apartheid (1990) e così il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin e il leader palestinese Yasser Arafat durante gli accordi di Oslo, segnando l’inizio dei negoziati di pace (1993).

Il record di strette di mano? Nella sola giornata del 1° gennaio 1907, Theodore Roosevelt, 26° presidente degli Usa, strinse ben 8.513 mani al ricevimento di capodanno della Casa Bianca.

2. Il saluto romano? Piaceva sia al Duce sia al Führer

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Come abbiamo visto nel mondo occidentale oggi ci si saluta con una stretta di mano, ma nell’antichità, la maggior parte dei popoli dell’area mediterranea evitava il contatto fisico nei saluti.

Lo storico greco Erodoto ci racconta che nell’antico Egitto le persone si salutavano inchinandosi lievemente e abbassando le mani fino al ginocchio, senza formule verbali.

I Greci potevano stringersi la mano, ma anche salutarsi senza toccarsi, scambiandosi una formula di buon augurio il cui significato era “sii lieto”. Etruschi e Romani si salutavano sollevando un braccio.

Nell’arena, il saluto dei gladiatori verso l’imperatore e nelle parate militari il saluto dei legionari verso i generali consisteva nell’alzare il braccio destro teso, con il palmo della mano in avanti; nella vita di tutti i giorni, invece, i cives (cittadini) romani si salutavano alzando il braccio con la palma in avanti e il gomito piegato.

Salve! o Ave accompagnato dal nome del conoscente (Ave Claudius! Ave Caesar!) equivalevano al nostro “Ciao”!. Tra amici ci si chiedeva invece Quid agis?, equivalente al nostro “Come va?”.

Una variante del saluto romano fu adottata dal Fascismo: Benito Mussolini giudicò la stretta di mano occidentale un gesto troppo borghese e volendo nobilitare il regime, lo presentò in continuità con l’antica Roma.

Perciò trasformò in “saluto fascista” quello che erroneamente riteneva essere il saluto quotidiano dei Romani: braccio teso a 135 gradi rispetto alla verticale del corpo, mano con dita tese e unite e palmo rivolto a terra.

Il 27 novembre 1925 una disposizione del governo fascista introdusse il saluto romano in tutte le amministrazioni civili del regno, mentre una successiva circolare ministeriale del 1926 lo rese obbligatorio pressoché ovunque, scuole incluse.

Negli stessi anni, in Germania il partito nazista, guidato da Hitler, adottò l’Hitlergruß (“saluto di Hitler”, in tedesco), una variante del saluto romano in cui si porta il braccio teso un po’ più in basso.

Nei grandi raduni di folla, dopo l’ascesa di Hitler al potere (1933), il saluto nazista fu accompagnato dal grido corale Sieg Heil! (“Saluto alla vittoria”).

Oggi in Italia vige la Legge Scelba, emanata nel 1952 e successivamente modificata con la Legge Mancino del 1993, che vieta il saluto fascista; l’apologia di fascismo inoltre è un reato. In Germania il saluto nazista è un reato punibile con l’arresto.

3. Due "gestacci" ereditati dai Greci

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  1. Il dito medio
    Il dito medio alzato è uno dei gesti più osceni e offensivi.
    Come testimoniano parecchi scrittori antichi, da Diogene Laerzio (180-240 d.C.) ad Aristofane (450-385 a.C. circa) esisteva già presso gli antichi Greci che lo chiamavano katapygon e lo consideravano un gesto provocatorio.
    I Romani, che lo ereditarono dai Greci, lo battezzarono digitus impudicus (dito osceno).
    Noi lo abbiamo ereditato dai latini e non sorprende scoprire che gli attribuiamo oggi l’identico significato che aveva nella Roma antica: il dito simulava il fallo e alzarlo costituiva una minaccia di sodomizzazione.
  2. Le corna
    Il gesto con le dita rivolte verso il basso è scaramantico, con le dita rivolte in alto è offensivo.
    L’Italia e altri paesi dell’Europa mediterranea lo hanno ereditato dall’antica Grecia, dove alludeva a un “cornuto” mitico: il re Minosse.
    La sua consorte, Pasifae, lo aveva tradito con il sacro Toro di Creta generando il Minotauro.
    In Europa settentrionale e Usa, il gesto ha invece un significato diverso: in ambito heavy metal le corna sono fatte con due dita (pollice chiuso) e indicano approvazione e complicità; nel hip hop sono fatte con tre dita (pollice aperto) e significano I love you.

4. Pugno chiuso contro le ingiustizie del mondo

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Il saluto con il pugno chiuso alzato ha contraddistinto i militanti dei partiti comunisti e progressisti di mezzo mondo. Il movimento operaio statunitense lo adotta già nel 1917.

Nel 1923-24 in Germania diventa il “saluto militante” degli iscritti del Rotfrontkämpferbund (la lega dei soldati rossi di prima linea), organizzazione paramilitare del partito comunista tedesco.

All’inizio del Novecento, il pugno – rigorosamente destro – viene sollevato all’altezza della spalla (a gomito flesso); all’epoca della Guerra civile spagnola (1936-39), viene alzato all’altezza della tempia.

Così lo eseguono i comunisti italiani sino alla morte del segretario Palmiro Togliatti (1964), durante il cui funerale si cominciò ad alzare il pugno stendendo del tutto il braccio.

Sempre in Italia, tra la ne degli anni 60 e l’inizio dei 70, si affermò l’uso del braccio sinistro, anziché del destro.

Negli Usa, il gesto fu adottato dal movimento femminista, dai militanti per i diritti dei neri, dai membri delle Pantere Nere; in Sudafrica dagli appartenenti all’African National Congress.

Nella foto Tommie Smith e John Carlos (Usa) alzano il pugno guantato sul podio della finale dei 200 metri a Città del Messico nel 1968 come segno di protesta contro la discriminazione razziale.



5. Palmo in su o un giù? le varianti del saluto militare e le 8 regole per una stretta “da manuale”

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  • Palmo in su o un giù? le varianti del saluto militare
    Il gesto di saluto più riconoscibile è quello militare, diffuso tra le forze armate di tutto il mondo.
    L’ipotesi più probabile è quella che lo fa risalire al Medioevo.
    In quest’epoca, i soldati indossavano le armature e per farsi riconoscere dai superiori portavano la mano alla fronte per sollevare la celata, cioè la visiera dell’elmo.
    Poi il gesto probabilmente si trasformò nell’usanza di scoprirsi il capo in segno di deferenza e quando nell’Ottocento il copricapo militare non poté più essere rimosso con facilità (perché ingombrante o fisso), fu adottato il gesto simbolico di portare la mano al cappello, senza sollevarlo.
    La regola prescrive che il saluto sia effettuato alzando il braccio destro sino a portare il gomito all’altezza della spalla, piegando l’avambraccio e portando la mano, con le dita tese, chiuse e il pollice sotto l’indice, alla parte anteriore e inferiore destra di visiera o berretto.
    Quanto alla posizione della mano, esistono due varianti: nell’esercito e nell’aviazione inglesi e presso le forze armate di molti paesi del Commonwealth come l’Australia, il palmo della mano viene rivolto in avanti; nella Royal Navy inglese, invece, e presso le forze armate Usa e di altri paesi tra cui l’Italia, la mano ha sempre il palmo rivolto verso il basso.
    L’esercito della Polonia ha adottato una terza variante: la mano ha solo due dita tese (indice e medio), mentre tutte le altre restano piegate (nella foto).
  • Le 8 regole per una stretta “da manuale”
    Nei colloqui di lavoro e negli incontri professionali o d’affari, la stretta di mano è importantissima: in una manciata di secondi, diamo di noi stessi una prima impressione che difficilmente riusciremo a cambiare.
    Porgere una mano molliccia e umida è un autogoal clamoroso; pessima idea è anche quella di stritolare la mano altrui per apparire entusiasti.
    Ecco le regole per una stretta da manuale:
    1) Si usa la mano destra e solo la mano destra.
    2) Nella stretta la presa deve essere completa: non c’è niente di peggio che stringere solo le dita della mano altrui.
    3) La stretta deve essere abbastanza energica e vigorosa, ma occorre evitare lo stritolamento delle ossa altrui.
    4) Non bisogna agitare troppo su e giù la mano nella stretta: il movimento deve essere appena accennato.
    5) La stretta deve durare 2-3 secondi, non di più, non di meno.
    6) La mano dovrebbe essere fresca e secca. Se è umida o sudata, asciugatevi il palmo, ma non fatelo strofinandolo sui pantaloni e meno che meno davanti all’altra persona!
    7) Durante la stretta di mano, guardatevi negli occhi accennando un sorriso. Non guardate in basso!
    8) Evitate la stretta di mano “del politico” (consiste nello stringere la mano dell’altro tra le vostre due), a meno che non siate un politico.








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