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Venere: la corsa alla conquista del pianeta più vicino alla Terra

Abbiamo un gemello tossico. Venere è il pianeta più vicino alla Terra, per dimensioni e spesso per distanza, ma le condizioni sulla sua superficie sono assolutamente diverse dalle nostre.

Venere è incredibilmente caldo ed è soffocato da un’atmosfera di anidride carbonica che crea una pressione superficiale simile a quella che si trova a quasi un chilometro sott’acqua qui da noi.

Le cose non sono però sempre state così. Un tempo Venere aveva probabilmente un clima simile al nostro, con tanto di oceani di acqua e tettonica delle placche.

Scoprire che cosa andò storto è la domanda a cui vuole rispondere una nuova ondata di missioni che hanno come obiettivo la sua esplorazione: è un’impresa che promette di fare luce sul modo in cui i pianeti diventano abitabili e potrebbe addirittura guidarci nella nostra ricerca di vita in altre parti del Cosmo.

Nel corso degli ultimi 20 anni l’esplorazione di Venere è diventata meno popolare. Le missioni su Marte, Giove, Saturno e Plutone fanno notizia, mentre la povera vecchia Venere è ormai una specie di pianeta dimenticato.

Un tempo invece era un po’ la star del Sistema Solare. Agli inizi dell’esplorazione spaziale, Venere era il nostro principale obiettivo…

Gli scienziati vogliono tornare su Venere per provare a scoprire come si sia trasformata da un pianeta accogliente in un inferno infuocato e inospitale.

 

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1. I primi pionieri

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Nel 1962 la sonda spaziale Mariner 2 della NASA (foto a sinistra) sorvolò Venere, diventando la prima a visitare un altro pianeta.

Cinque anni dopo, la sonda sovietica Venera 4 entrò nell’atmosfera venusiana, e fu la prima a penetrare nell’atmosfera di un altro mondo.

Lo stesso anno il Mariner 5 partì per la seconda missione di sorvolo inviata dalla NASA.

Seguì una serie di missioni, alcune fallimentari ma nella maggior parte dei casi andate a buon fine, che avevano l’obiettivo di scoprire di più su questo pianeta che, a prima vista, appariva così simile al nostro.

Insomma, l’esplorazione di Venere era in pieno svolgimento. Poi, a partire dagli anni ‘80 il ritmo è rallentato considerevolmente. L’ultima missione dedicata dalla NASA a Venere è stata la sonda Magellan, lanciata nel 1989. Qual è il motivo di questo cambiamento?

Quando sono cominciati ad arrivare i dati sul nostro pianeta gemello, gli astronomi hanno interpretato le alte temperature, l’atmosfera soffocante e i crateri da impatto osservati in superficie come delle prove del fatto che Venere fosse morta biologicamente e geologicamente, e quindi era di scarso interesse per gli scienziati alla ricerca di vita extraterrestre o di una geologia simile a quella della Terra.

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L’aspetto incontaminato della maggior parte dei crateri da impatto di Venere, per esempio, indicava una superficie relativamente giovane, il che faceva ipotizzare che qualche tipo di evento vulcanico globale nella storia del pianeta ne avesse modificato completamente la superficie, con una conseguente drammatica riduzione dell’attività geologica.

Questa ipotesi, tuttavia, è ancora molto discussa. “Da allora, in molti hanno studiato modelli [informatici] che fanno ritenere che si tratti di un’interpretazione piuttosto improbabile”, afferma Sue Smrekar, geofisica planetaria presso il Jet Propulsion Lab della NASA, che non fa mistero di essere appassionata di Venere.

Invece di un singolo grande evento, afferma Smrekar, “è possibile che ci siano processi [più piccoli e ricorrenti] di vulcanismo in ‘stato stazionario’ che producono la struttura nota dei crateri da impatto”.

È per trovare la soluzione a questa controversia e scoprire la vera storia di Venere che è stata formulata, sotto la direzione di Smrekar, una proposta di missione della NASA chiamata VERITAS.

Nella foto sotto, nel 1962 il Mariner 2 della NASA sorvolò Venere; è stata la prima sonda spaziale a raggiungere un altro pianeta.

 

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2. Stesso pianeta, clima diverso

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Attualmente la temperatura media della superficie di Venere è di 462°C, ma il pianeta non è sempre stato così rovente.

Quando il Sistema Solare era agli inizi, quattro miliardi e mezzo di anni fa, aveva tutt’altro aspetto.

“Su Marte, sulla Terra e su Venere molto probabilmente avremmo visto acqua e un clima piacevole”, afferma Richard Ghail del Royal Holloway, Università di Londra, che è il responsabile scientifico del progetto di una missione su Venere dell’Agenzia spaziale europea (ESA) chiamata EnVision.

Due miliardi di anni dopo, era cambiato tutto. Marte era praticamente morto e la Terra era una palla di neve ghiacciata, spiega Ghail. Il nostro era un pianeta geologicamente attivo, ma del tutto congelato, simile a come appare oggi Europa, una delle lune di Giove.

“Venere probabilmente sembrava una versione calda della Terra”, dice Ghail. “Aveva ancora oceani ma stavano evaporando... stava iniziando a diventare davvero un luogo poco accogliente.”

A questo punto, “si sarebbe potuto pensare che tutti e tre i pianeti fossero destinati a non ospitare forme di vita. Invece la Terra non seguì questo destino, entrando in una nuova fase in cui è apparsa la vita”.

Comprendere la storia geologica di Venere sarà fondamentale per capire i percorsi opposti dei due pianeti. Anche se, per quel che ne sappiamo, Venere oggi non è geologicamente attiva, capire il funzionamento della sua attività vulcanica passata ci darà informazioni fondamentali per comprendere meglio il pianeta.

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Per esempio, l’entità del vulcanismo potrebbe essere strettamente collegata alla quantità di anidride solforosa tossica nell’atmosfera, che è una delle ragioni principali per cui non è abitabile.

“In definitiva, vogliamo capire perché Venere e la Terra sono diverse”, afferma Smrekar. La superficie di Venere non viene mappata dai tempi dalla missione Magellan della NASA del 1989.

“Ormai abbiamo carte topografiche migliori per Plutone che per Venere: è il momento di aggiornarle”, osserva Smrekar. È qui che entra in gioco VERITAS (Venus Emissivity, Radio Science, InSAR, Topography, and Spectroscopy).

L’obiettivo di questa missione, che potrebbe essere finanziata dal Discovery Program dell’agenzia (una serie di missioni a basso costo per esplorare il Sistema Solare), è di usare radar e misurazioni delle proprietà termiche del pianeta per ottenere carte topografiche ad alta risoluzione e informazioni sui tipi di roccia presenti su tutta la sua superficie.

Ciò aiuterà a ricostruire il passato vulcanico di Venere, ma anche a rispondere alla domanda se abbia mai avuto una tettonica delle placche e quale ruolo abbia svolto l’acqua nella sua storia.

Venere, mostrata nell'illustrazione sotto, ha la superficie più calda fra tutti i pianeti del Sistema Solare.

 

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3. La superficie di Venere

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La superficie di Venere presenta alcuni enormi altopiani.

“Se sono simili per composizione e origine a quelli terrestri, questo vorrà dire che Venere ha subito fenomeni molto simili a quelli sulla Terra e che l’acqua fu davvero importante nel modellare la sua superficie”, afferma Smrekar.

Inoltre, visto che alcuni tipi di roccia si possono formare solo quando la lava incontra l’acqua, studiare la tipologia delle sue rocce potrebbe permetterci di scoprire se in passato l’acqua era davvero presente.

L’analisi della superficie di Venere ci consentirà invece di capire se è suddivisa in zone analoghe a continenti, un indizio molto forte del fatto che una volta aveva una tettonica delle placche. Sulla Terra la tettonica svolge un ruolo importante nel ciclo del carbonio, contribuendo a rimuovere anidride carbonica dall’atmosfera.

L’assenza di una tettonica su Venere potrebbe contribuire a spiegare perché la sua atmosfera contenga così tanta anidride carbonica (96,5 per cento), che a sua volta è responsabile dell’estremo effetto serra che caratterizza questo pianeta.

VERITAS è solo una fra le varie missioni proposte per esplorare Venere. Un’altra nel Discovery Program della NASA è DAVINCI (Deep Atmosphere Venus Investigation of Noble gases, Chemistry and Imaging).

Se verrà selezionata, questa missione consisterà nel lancio di una sonda che scenderà attraverso l’atmosfera e ne misurerà con precisione la composizione chimica fino alla superficie, fornendo informazioni sull’origine e l’evoluzione dell’atmosfera venusiana e dando elementi per chiarire perché sia diversa da quella della Terra.

Nel ventaglio di proposte del 2015 a DAVINCI furono preferite altre due missioni, Psyche e Lucy, ma è stata ripresentata nel luglio 2019.

Frattanto un altro progetto proposto alla NASA, non collegato al Discovery Program, è LLISSE (Long-Life In-situ Solar System Explorer), un progetto per lo sviluppo di piccoli lander e strumenti in grado di sopravvivere per giorni sulla superficie di Venere, invece dei pochi minuti delle missioni precedenti.

Nell’illustrazione sotto, il lancio della sonda LLISSE, previsto per il 2023; sarà in grado di rimanere più a lungo sulla superficie di Venere.

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“Queste loro caratteristiche rivoluzioneranno ciò che sappiamo su Venere, permettendoci di vedere come cambiano le condizioni nel tempo e dandoci nuove informazioni sui processi dinamici che si verificano nell’atmosfera venusiana”, prevede Lori Glaze, direttrice della Planetary Science Division della NASA e sostenitrice della missione LLISSE.

“Informazioni di questo tipo sono fondamentali per conoscere la storia dell’acqua e dei periodi forse abitabili nel passato di Venere, ma richiedono componenti elettronici in grado di sopportare temperature di oltre 470 °C.”

Visto che gli usuali dispositivi elettronici a base di silicio smettono rapidamente di funzionare in queste condizioni, LLISSE userebbe semiconduttori all’avanguardia in carburo di silicio.

L’obiettivo è di far giungere sulla superficie di Venere una sonda che raccolga sul luogo dati meteorologici sul pianeta, il che sarebbe indispensabile per l’esplorazione spaziale.

Nella foto sotto, la catena dei Monti Maxwell su Venere comprende il punto più alto del pianeta.

 

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4. Prospettive future

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Attualmente nessuna di queste missioni è certa. Tra tutte quelle proposte nel contesto del Discovery Program della NASA nel 2019, cinque raggiungeranno la fase successiva di sviluppo e una verrà effettivamente realizzata, con un lancio previsto per il 2021.

Nel frattempo si spera che la sonda LLISSE, che verrà presumibilmente portata su Venere da un’altra missione, sia pronta per il 2023. Anche l’ESA vuole studiare la superficie venusiana usando il radar.

La sonda EnVision dovrebbe trascorrere quattro anni in orbita attorno al pianeta, osservando in che misura si verifica attività vulcanica e se la superficie è in movimento, studiando inoltre la struttura interna del pianeta.

Tutto ciò contribuirà a costruire un quadro più dettagliato delle differenze – e delle somiglianze – tra Venere e la Terra. “Sarebbe proprio entusiasmante riuscire a confrontarla veramente con il nostro Pianeta”, afferma Ghail, riferendosi al fatto che i dati su Venere avranno una risoluzione simile ai dati geologici che già abbiamo per la Terra.

EnVision prevede tra l’altro anche un tentativo di rintracciare i lander sovietici Venera, che inviarono sulla Terra immagini della superficie. “Vogliamo identificare dove finirono [dopo che si schiantarono in superficie],  e poi visualizzare i loro immediati dintorni per dare un senso alle immagini”, spiega Ghail.

Ciò consentirà di collegare la composizione chimica delle rocce analizzate dai lander a un’area specifica di Venere. EnVision è attualmente nella fase di studio, che terminerà nella primavera del 2021.

Se sarà selezionata, verrà lanciata nel 2032 e arriverà su Venere dopo cinque mesi di viaggio. Ma la NASA e l’ESA non sono le uniche agenzie spaziali interessate a Venere. La Russia vuole continuare la sua esplorazione del pianeta con Venera-D, una proposta di missione che prevede un orbiter e un lander.

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Anche l’Indian Space Research Organization (ISRO) sta progettando un orbiter, chiamato Shukrayaan-1. Tutte queste missioni promettono di aiutarci anche a capire se c’è vita altrove nel Cosmo.

Una volta che avremo più chiari quali sono i processi che possono rendere abitabile un pianeta, i cacciatori di esopianeti avranno un’idea migliore su dove cercare la vita su altri mondi.

“Dobbiamo capire che cosa è successo a Venere e quanto sia comune questo destino, per stimare quanti pianeti potenzialmente abitabili ci siano”, afferma Abel Méndez, direttore del Planetary Habitability Laboratory presso l’Università di Porto Rico ad Arecibo.

Ulteriori indizi arriveranno man mano che gli astronomi miglioreranno la loro capacità di rilevare e misurare le atmosfere degli esopianeti. “Attualmente non siamo in grado di distinguere le Terre dalle Veneri”, chiarisce Méndez. Una differenza fondamentale tra i due pianeti è l’atmosfera soffocante e densissima di Venere. Questa densità è “qualcosa che non riusciamo ancora a misurare per i pianeti delle dimensioni della Terra, ma ci stiamo avvicinando”, dice.

Una volta che gli astronomi avranno maggiori informazioni sulle atmosfere degli esopianeti, potranno valutarle insieme alle misurazioni della distanza di un pianeta dalla rispettiva stella per formulare una previsione migliore della probabilità che sia abitabile. Infatti, come dimostrano la Terra e Venere, la distanza non è tutto.

“Anche una Terra con un’atmosfera simile a quella di Venere sarebbe troppo calda per ospitare la vita», afferma Méndez. Forse ci vorrà ancora un po’ prima di sapere per certo quante Veneri ci sono nel Cosmo e perché due pianeti così vicini tra loro possano avere destini così diversi, ma sembra che lo sguardo degli astronomi si stia finalmente rivolgendo di nuovo verso il nostro vicino. A volte, le cose più interessanti si trovano proprio sotto i nostri occhi.

Venus Express (nella foto sotto), è stata la prima missione dell’ESA a esplorare il secondo pianeta dal Sole.

 





5. L’esplorazione di Venere: i momenti principali

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- DIC. 1962
Il Mariner 2 della NASA è la prima missione riuscita di sorvolo di Venere – e di qualsiasi altro pianeta – e invia informazioni sull’atmosfera venusiana.
Mariner 2 della NASA

- OTT. 1967
Venera 4 è la prima missione sovietica riuscita su Venere. La sonda spaziale effettua la prima analisi chimica dell’atmosfera del pianeta, rivelando che è composta principalmente di anidride carbonica.
Venera 4

- LUG. 1972
La sovietica Venera 8 è la prima sonda spaziale ad atterrare con successo sulla superficie di Venere. Invia dati per 50 minuti.
Venera 4 su venere

- OTT. 1975
Venera 9 è il primo veicolo spaziale in orbita attorno a Venere, mentre il suo lander è il primo a inviare immagini dalla superficie di un altro pianeta.
Venera 9

- DIC. 1978
Pioneer Venus 1 è il primo orbiter su Venere della NASA; tra l’altro, mappa la superficie del pianeta e ne misura il campo magnetico.
Pioneer Venus 1

- GIU. 1985
Le sonde spaziali sovietiche Vega 1 e Vega 2 inviano lander sulla superficie di Venere, prima di usare la gravità del pianeta per raggiungere la cometa di Halley.
Vega 2

- AGO. 1990
La sonda Magellan della NASA entra in orbita attorno a Venere, dove rimane per quattro anni, effettuando una mappatura radar ad alta risoluzione dell’intera superficie del pianeta.
Magellan

- APR. 2006
Il Venus Express dell’ESA entra in orbita attorno a Venere ed è il primo veicolo spaziale ad effettuare osservazioni a lungo termine delle dinamiche atmosferiche del pianeta. Trova tracce di uno strato di ozono, di fulmini e, al polo sud del pianeta, di un enorme vortice che cambia forma.
Venus Express

- DIC. 2015
La sonda spaziale giapponese Akatsuki entra in orbita attorno a Venere dopo un precedente tentativo fallito nel 2010. Attualmente sta studiando le dinamiche atmosferiche del pianeta e la struttura delle nuvole.
Akatsuki

 

 

 

- VENERE
Distanza media dal Sole: 108.200.000 km
RAGGIO: 6052 km
MASSA: 4,87 × 1024 kg
TEMPERATURA MEDIA ALLA SUPERFICIE: 462°C
ANIDRIDE CARBONICA NELL’ATMOSFERA: 96,5 %
PRESSIONE ALLA SUPERFICIE: 92 bar

- TERRA
DISTANZA MEDIA DAL SOLE: 149.600.000 km
RAGGIO: 6371 km
MASSA: 5,97 × 1024 kg
TEMPERATURA MEDIA ALLA SUPERFICIE: 14°C
ANIDRIDE CARBONICA NELL’ATMOSFERA: 0,04 %
PRESSIONE ALLA SUPERFICIE: 1,01 bar

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