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Wild Bill Hickok e il mistero della sua morte

James Butler “Wild Bill” Hickok, sceriffo, giocatore d’azzardo, pistolero e molte altre cose, venne assassinato a Deadwood il 2 agosto 1876 per mano del vigliacco Jack McCall, che lo colse di sorpresa alle spalle.

Hickok, colpito alla testa, morì subito: questo, almeno, è ciò che ci racconta la storia ufficiale.

Ma siamo sicuri che la sua fine non facesse parte di un piano ben studiato?

Potrebbe esserci un’altra verità nascosta dietro a questa, e cioè che James Butler “Wild Bill” Hickok inscenò il suo omicidio? Scopriamolo insieme.

 

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1. “Il cadavere più bello che si sia mai visto”

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Hickok, nel crepuscolo della sua carriera da pistolero, non era più così amato dall’opinione pubblica come in precedenza ma, dopo la sua morte, molti dei giornali che avevano ironizzato sul progressivo offuscarsi del suo mito, fecero rapida marcia indietro.

Il Sentinel di Hays City, ad esempio, scrisse il 2 febbraio 1877 che:
“I molti omaggi al suo coraggio, alla sua freddezza e generosità non sono esagerati. Bill era un uomo tranquillo e di carattere pacifico, e non iniziava mai una rissa.
Ma quando era convinto della bontà della causa di una lite, vi si intrometteva e tutto si concludeva con un funerale. Questo è il punto in cui era diverso dagli altri uomini della frontiera.

L’attaccabrighe comune, coinvolto in una rissa, si dava alle spacconate e in seguito si faceva ammazzare; al contrario Bill abbatteva l’avversario, poi pronunziava qualche spacconata”.

Ci fu, dunque, una notevole, ampia e diffusa attenzione nei riguardi del suo omicidio: e forse proprio questo era l’intendimento di Hickok se è vero che ha inscenato il suo stesso omicidio.

Non dimentichiamoci, infatti, che Wild Bill era stanco di dover difendere la sua reputazione di pistolero (da lui stesso in precedenza ingigantita a dismisura) e che la sua vista, è un fatto documentato, si andava indebolendo molto rapidamente...

Il suo funerale si svolse sulla concessione mineraria di Charlie Utter, suo amico fraterno, alle tre del pomeriggio del 3 agosto. Utter aveva fatto pubblicare a proprie spese un necrologio sul Black Hills Pioneer, invitando alle esequie chiunque fosse interessato ad assistervi.

Ai piedi di un gigantesco albero che sovrastava le tende dell’accampamento venne deposta la bara, riccamente adornata da fregi d’argento; un velo nero copriva discretamente la salma del pistolero, vestita elegantemente in completo scuro e camicia bianca; il volto, deturpato dal proiettile, era stato pulito alla meglio.

Con ottimi risultati, comunque, perché a detta del dottor Pierce, Hickok era “il cadavere più bello che avesse mai visto”, tanto da sembrare addirittura una statua di cera. Hickok non venne lasciato a riposare da solo: all’interno della bara deposero la sua carabina preferita.

Sul ceppo di legno piantato sulla tomba c’era scritto “A brave man, the victim of an assassin. J. B. Hickok (Wild Bill), aged 48 years; murdered by Jack McCall, August 2, 1876”, e cioè: “Un uomo coraggioso, vittima di un assassino. J. B. Hickok detto Wild Bill, di 48 anni, assassinato da Jack McCall il 2 agosto 1876”.

Un errore, perché, quando fu ucciso, di anni Hickok ne aveva 39.

 

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2. Ιl cadavere pietrificato e la leggenda dell’amico che girava con i suoi resti

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Successivamente la salma venne esumata e trasferita al cimitero di Mount Moriah, dov’è ancora adesso.

Il Black Hills Times del 3 settembre 1879 fornisce un ampio resoconto dell’episodio, soffermandosi, con un certo gusto morboso, su un macabro particolare: pare che il cadavere di Wild Bill, complice forse la natura del terreno, non si sia affatto decomposto, quanto piuttosto pietrificato.

L’articolo, infatti, titola Wild Bill petrified e racconta ai lettori che il corpo, che al momento del seppellimento pesava circa 180 libbre, quando venne estratto dalla tomba ne doveva pesare almeno 400 (circa 230 chili) e che era “hard as wood” (duro come il legno) e “returned the same sound as a log when struck with a stick”  (emetteva lo stesso suono di un ceppo colpito da un bastone).

Il giornalista conclude con un particolare di dubbio gusto: “His mustache was as hard and seemed like his body to have been petrified” (I suoi baffi erano altrettanto duri e, come il resto del corpo, sembravano essersi pietrificati).

Charlie Utter (nella foto, in alto a sinistra) era un buon amico di Hickok, soprannominato “Colorado Charlie”, che giunse a Deadwood alla testa di una stravagante e chiassosa carovana, composta da un’accozzaglia di gente decisa a diventare ricca o a morire nel tentativo.

Dopo la morte di Wild Bill, abbandonò Deadwood, cominciando a dedicarsi a un’attività, quella del giocatore d’azzardo, per lui davvero inusuale e tornò nel “suo” Colorado (patria d’adozione, visto che era dello stato di New York) dove aprì un saloon.

Chi lo conosceva disse che era molto cambiato dopo l’assassinio di Hickok, persino nel modo di vestire. A Deadwood, in ogni caso, tornò precipitosamente nel 1879 quando, come detto, la salma di Wild Bill venne esumata per essere poi trasferita a Mount Moriah.

L’uomo che gli portò la notizia di quanto sarebbe avvenuto a Deadwood raccontò poi che Utter se la prese parecchio per quella faccenda e che si mosse di corsa perché non voleva che la bara venisse aperta senza la sua supervisione.

L’esumazione avvenne, quindi, tre anni dopo la sepoltura e il corpo venne estratto, tra lo stupore generale, era duro come il legno.

 

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3. Deadwood brucia, Utter scompare

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Qualche settimana dopo questo fatto (il 26 settembre) Deadwood rischiò di scomparire, inghiottita dalle fiamme di un terribile incendio e Utter, che aveva bazzicato la zona per qualche tempo, aprendo anche un saloon a Gayville, se ne andò definitivamente prima nuovamente in Colorado, poi in Messico, facendo perdere le proprie tracce.

Fino al 1912, stando a quel che raccontò Clayton Bowyer, ingegnere americano che all’epoca si trovava a Panama a lavorare nel cantiere che si occupava dello scavo del canale.

Bowyer disse di aver sentito strane voci in merito a un dottore che conservava con sé, nella città di Colon, i resti del famoso pistolero Wild Bill Hickok e, incuriosito, decise di verificare le dicerie.

Il “dottore” era un farmacista che praticava medicina indiana, preparando pozioni curative a base di erbe e piante officinali. Era molto vecchio e praticamente cieco.

Disse di chiamarsi Charlie Utter e di essere stato, un tempo, molto amico di Wild Bill, ma di non avere con sé i suoi resti. Conservava, in effetti, nel retrobottega della sua farmacia uno scheletro umano, ma questo apparteneva a un noto capitano marittimo assassinato con un colpo di pistola alla base del cranio.

Forse era stato questo fatto a generare qualche confusione. O, forse, sempre che Bowyer non si sia inventato tutto, Utter aveva davvero con sé il cadavere di Wild Bill e per questo motivo aveva lasciato gli Stati Uniti.

 

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4. Era un corpo vero oppure un manichino? E se avesse inscenato tutto?

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Quello che venne sepolto, allora, potrebbe non essere stato affatto il cadavere di Hickok, bensì un manichino di legno che ne aveva le fattezze, trattato in modo tale da far ipotizzare un’imbalsamazione naturale.

E questo spiegherebbe le stranissime condizioni del corpo quando fu estratto dalla terra, duro come il legno e pesantissimo, senza la minima traccia di decomposizione né cattivo odore.

Si è parlato di processo spontaneo di pietrificazione, assai improbabile, però. E, ancora, si potrebbe spiegare meglio l’accanimento di Utter a voler essere presente a tutti i costi all’esumazione, dopo averla a lungo osteggiata. Resta da capire perché Utter avrebbe dovuto abbandonarsi a questa profanazione necrofila.

I fautori di questa teoria (del tutto priva di prove concrete) sostengono che Utter fosse omosessuale, quindi sentimentalmente legato a Hickok, se non addirittura suo amante.

Ma è assai poco probabile che Wild Bill, da sempre affascinato dal gentil sesso e fresco sposo, abbia, nel caso, ricambiato le attenzioni di Utter. Potrebbe dunque essere semplicemente il gesto disperato di un innamorato non corrisposto.

L’omosessualità di Utter sarebbe dimostrata dalla sua nota raffinatezza e ricercatezza nel vestire, davvero inusuale per l’epoca e i luoghi che frequentò; pare che avesse una cura maniacale per i propri baffi e capelli, e che portasse sempre con sé, anche nelle poco ospitali tende da campo, spazzole, rasoi e specchi.

Vestiva con gusto e dormiva sotto coperte delicate e di alta qualità, che si faceva arrivare direttamente dalla California. È, comunque, davvero un po’ poco per trarre delle conclusioni.

Anche Hickok, per esempio, indossava abiti puliti ed eleganti, ed era di sicuro piuttosto vanitoso e attento al proprio aspetto, ma non si può certo affermare che fosse omosessuale.

È inoltre vero che nel West l’igiene non veniva sempre al primo posto, ma l’immagine del frontierman rozzo, volgare e coperto da croste di sporcizia appartiene più allo stereotipo che alla realtà. Se non altro per questione di mera sopravvivenza, visto che nello sporco proliferano i germi e, dunque, le malattie.

Ma l’ipotesi più suggestiva è un’altra, ovvero che Hickok non sia affatto morto, ma abbia inscenato un astuto quanto complicato piano per sottrarsi alla vita da leggenda vivente che gli stava, ormai, troppo stretta.

Anche in questo caso, la salma fasulla sepolta a Mount Moriah avrebbe un preciso senso, e lo avrebbero anche tutti gli altri particolari. Non è poi una teoria così impossibile, se si considera che, dopo lo sparo, Carl Mann, il proprietario, si affrettò a sgomberare il locale e gli unici a toccare il corpo di Wild Bill furono il dottor Pierce e Utter.

McCall sarebbe stato dunque una pedina inconsapevole (altrimenti non si sarebbe certo lasciato impiccare), strumentalizzato non dalla gang di Deadwood che voleva la morte di Wild Bill, ma da Hickok stesso, che avrebbe dovuto, però, preventivamente munirlo di un revolver caricato a salve.

Un po’ di sangue finto e trucco di scena potrebbero aver completato un’opera che, se tutto fosse vero, sarebbe frutto di una mente geniale.

 

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5. Il mistero della quinta carta

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Ogni episodio storico di una certa importanza tende a tingersi, col tempo, del colore della Leggenda, per cui accade fatalmente che alcuni particolari che normalmente vengono ritenuti assolutamente insignificanti assumano invece una rilevanza vitale, dando il via ad aspri dibattiti e infinite contestazioni sulla loro esattezza.

Il caso dell’omicidio di Hickok non fa di certo eccezione, e il suo problema insormontabile è il mistero della quinta carta.

Quando venne ucciso, Wild Bill aveva in mano le canoniche cinque carte da gioco necessarie per fare punteggio a poker.

Su quattro non c’è alcun dubbio: si trattava degli “Aces and Eights”, e cioè doppia coppia di assi e otto, entrambi di seme nero, un punteggio che sarà talmente legato al fatto di sangue in questione da venir chiamato da quel momento in poi “la mano del morto”.

Il mistero circonda invece la quinta carta, inutile ai fini del punteggio, e quindi soggetta alle dicerie più varie. Nel museo di Deadwood dedicato a Hickok, per esempio, sono esposte le cinque carte della “mano del morto”, ovviamente non le originali altrimenti tutta questa querelle sarebbe assurda, e come quinta carta figura un nove di denari; questa di certo rappresenta la versione più diffusa e accreditata (vista anche l’autorevolezza della fonte).

Ma non tutti concordano. In altre ricostruzioni la carta varia, passando dal fante di quadri a quello di picche fino a una generica “regina di seme nero”.

Una spiegazione plausibile del mistero potrebbe essere che Hickok sia stato colpito proprio mentre stava scartando la quinta carta, e che, dunque, in mano ne avesse solo quattro (anche se l’iconografia mondiale di cinema e fumetto lo ritrae con tutte e cinque in mano), oppure, semplicemente, che nessuno ci fece caso, registrando solamente il punteggio della mano.

In tal senso va detto che il giornalista del Black Hills Pioneer, A. W. Marrick, che raccolse le prime testimonianze dopo l’accaduto, non fa alcuna menzione della quinta carta, quindi è più che probabile che nessuno abbia mai veramente saputo quale fosse, e che dunque una versione valga l’altra.

In ogni caso il fatto, di per sé assolutamente futile, ha acquisito, col trascorrere del tempo un indiscutibile fascino, e tutto ciò dimostra come sia davvero bizzarra la mente umana.

 

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