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Winston Churchill, il politico che sconfisse Hitler

“Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore”.

Così iniziava, il 13 maggio 1940, il più famoso discorso del primo ministro inglese Winston Churchill. La situazione della Gran Bretagna era disperata.

Nei mesi precedenti i tedeschi avevano invaso Polonia, Danimarca e Norvegia, erano entrati nel Belgio e nelle Ardenne e stavano per travolgere le difese alleate.

Il re britannico Giorgio VI non aveva potuto che chiamare a reggere il Paese un uomo forte, nella speranza che facesse un miracolo: Winston Leonard Spencer Churchill.

Sanguigno, spregiudicato e decisamente imprevedibile, non era certo benvoluto dagli inglesi. Che tuttavia decisero di affidarsi a lui quando, sull’orlo del baratro nella Seconda guerra mondiale, lo videro come l’unico politico in grado di compiere un miracolo: salvare l’Inghilterra e l’Europa.

Ma chi era Winston Churchill? Scopriamolo insieme.

1. Inviato di guerra

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Nato nel 1874 in un paesino dell’Oxfordshire, proprio nel centro dell’Inghilterra, Winston Churchill discendeva da una antica e nobile famiglia.

Un suo avo, John Churchill, era stato nominato primo duca di Marlborough per aver vinto una battaglia di importanza fondamentale per la Gran Bretagna nel 1704.

Per quanto il destino di Winston fosse fare il militare, egli dimostrò presto notevoli doti di scrittore, con le quali andò a cercare notorietà prima come inviato di guerra nel conflitto tra Inghilterra e Boeri nell’Africa meridionale e dopo nella campagna contro i Dervisci in Sudan (durante la quale poco mancò che fosse ucciso).

Ormai era famoso e pronto per lanciarsi in politica: abile e spregiudicato (cambiò schieramento politico due volte passando prima dai Conservatori ai Liberali e poi dai Liberali ai Conservatori), raggiunse presto alcune delle cariche governative più importanti.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale era Primo Lord dell’Ammiragliato (equivalente a Ministro della Marina) e poi, dopo il conflitto, Cancelliere dello Scacchiere (il Ministro dell’Economia britannico).

Negli Anni Trenta alcune sconfitte politiche lo costrinsero a una posizione defilata: ma alla fine del decennio, quando la Germania di Hitler cominciò la sua politica espansionistica, fu tra i primi a intuire ciò che sarebbe successo e a informare l’opinione pubblica della necessità di opporsi al dittatore tedesco, schierandosi contro la politica attendista di Chamberlain.

2. Lord dell’Ammiragliato

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Il 3 settembre 1939, giorno della dichiarazione di guerra dell’Inghilterra alla Germania, il primo ministro britannico chiamò Churchill a ricoprire la carica di Primo Lord dell’Ammiragliato, come aveva fatto durante la Prima guerra mondiale.

Ancora una volta la sua condotta fu decisa e spregiudicata.

Per esempio, quando nel marzo 1940 sembrò che la Germania stesse riuscendo a portare dalla sua parte la Norvegia, Churchill diede il via al Piano Wilfred, che prevedeva l’invasione inglese della penisola scandinava per avere basi aeree da cui attaccare la Germania e soprattutto per tenere la guerra lontana ed evitare alla patria le sofferenze del conflitto precedente.

Le operazioni per occupare la Norvegia scattarono l’8 aprile, ma fallirono a causa del contemporaneo attacco tedesco, molto determinato e ben organizzato.

Il mese successivo la situazione per gli Alleati precipitò con il micidiale Fall Gelb, il piano tedesco di attacco in Occidente.

Quando divenne evidente che il debole governo britannico era incapace di fronteggiare la situazione il nome di Churchill prese quota, grazie anche al prestigio conquistato per le previsioni sul nazismo.

In realtà nessuno voleva alla guida dell’Inghilterra un uomo sanguigno e imprevedibile come lui: né i tre partiti esistenti allora nel Paese (Conservatori, Liberali e Laburisti) né Chamberlain né re Giorgio VI, che avrebbe voluto nominare Lord Halifax come capo di Gabinetto, riservando a Churchill un altro ruolo.

Ma questi oppose un sordo rifiuto a qualsiasi altra ipotesi, fino a quando il 13 maggio 1940 gli stessi partiti arrivarono a pregarlo di assumere la carica di Primo Ministro.

3. Primo ministro

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Sarebbe stato difficile immaginare un momento peggiore per assumere un simile incarico.

Le forze tedesche sembravano inarrestabili e tutto appariva perduto. I giorni tra il 23 e il 28 maggio furono decisivi, non solo per il destino dell’Inghilterra ma di tutta Europa.

In una sporca e piccola saletta laterale del Parlamento inglese, il Gabinetto di Guerra inglese era riunito in modo informale quasi in permanenza.

Oltre a Churchill vi sedevano l’ex premier Chamberlain, Lord Halifax (che Churchill aveva nominato ministro degli Esteri) e i capi dei partiti che sostenevano il governo: i liberali Archibald Sinclair e Clement Attlee e il laburista Arthur Greenwood.

Il 28 ci fu la seduta più drammatica. Avvolti in una nuvola di fumo (quasi tutti erano accaniti fumatori, Churchill più di tutti), ascoltarono Halifax riferire che l’Italia si era fatta avanti per proporre una mediazione e arrivare a un cessate il fuoco.

La tentazione era forte: lo stesso Halifax pensava che fosse meglio riconoscere la sconfitta e accettare le trattative per salvare la vita di centinaia di migliaia di inglesi.

Churchill intuì che i colleghi stavano per cedere. Così aggiornò la seduta alla sera e convocò immediatamente il governo al gran completo.

«Ho meditato attentamente se facesse parte dei miei doveri negoziare con quell’uomo», esordì riferendosi a Hitler, «ma sono convinto che ognuno di voi balzerebbe in piedi e mi scaccerebbe se per un momento contemplassi l’ipotesi di parlamentare o di arrendermi. Se la lunga storia della nostra isola deve finire, finisca solo quando tutti noi giaceremo per terra soffocati dal nostro sangue!».

Nessuno parlò più di resa e l’Inghilterra si preparò a combattere fino in fondo.

4. L’orrore di Dresda

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Churchill guidò il Paese con determinazione feroce. Aveva chiarissimo lo scopo finale della lotta: vincere a ogni costo.

Non si sarebbe accontentato di niente di meno e lo disse a chiare lettere nel suo discorso di insediamento: «Senza la vittoria non c’è sopravvivenza».

Capì prima di tutti che l’aiuto decisivo sarebbe venuto dagli Stati Uniti, anticipando così il senso della Nato, l’Alleanza atlantica che ha contribuito a garantire gli equilibri mondiali fino a oggi.

Durante la battaglia d’Inghilterra (tra l’estate e l’autunno 1940), la lunga serie di scontri aerei che causarono la prima sconfitta di Hitler, ordinò di abbattere gli idrovolanti della Croce rossa tedesca che ammaravano sulla Manica per ripescare i piloti germanici.

Quando arrivò il momento della controffensiva, sostenne con decisione i bombardamenti a tappeto sulle città tedesche, un’azione di cui gli inglesi andarono così poco fieri che il feldmaresciallo dell’aria Harris, che aveva inventato questa tattica e diretto l’offensiva, fu l’unico tra i comandanti in capo alleati a non ricevere alcun riconoscimento alla fine della guerra.

Churchill fu anche il diretto responsabile di uno dei più terribili bombardamenti della storia, quello di Dresda del 14 febbraio 1945.

La città non aveva fabbriche militari e ospitava un numero molto elevato di profughi: l’idea britannica era di costringerli ad abbandonare i loro rifugi, intasando le strade circostanti e bloccando o almeno rallentando l’avanzata dei sovietici che ormai erano alle porte.

I bombardieri in realtà furono così efficaci che non rimase quasi nessuno vivo. Churchill, però, seppe anche opporre un rifiuto a chi gli proponeva una drastica riduzione delle spese per conservare le opere d’arte: «Altrimenti, per che cosa combattiamo?», disse.

Churchill era nemico del comunismo e si alleò con Stalin solo per battere Hitler. Allo stesso modo, per convincere il presidente americano Roosevelt a cedere all’Inghilterra alcuni cacciatorpediniere di cui la Royal Navy aveva bisogno, accettò di affittare agli Usa alcune basi in America, iniziando lo smantellamento dell’impero britannico.

Dopo la Seconda guerra mondiale, nonostante la vittoria e l’immenso prestigio acquisito, Churchill perse le elezioni politiche del 1945, vinte da Clement Attlee, leader del partito laburista.

Si rifece dieci anni dopo e guidò il suo secondo governo tra il 1951 e il 1955, prima di ritirarsi definitivamente a vita privata. Morì nel 1965 a 90 anni.



5. Un insopportabile razzista

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  • Churchill era razzista nei confronti dei non britannici.
    In particolare definiva gli indiani come il popolo più “animalesco” del mondo, dopo i tedeschi.
    Detestava Gandhi, il “fachiro nudo” considerato una “forza del male” ostile agli inglesi.
    Nell’agosto 1942, quando fu arrestato, avrebbe voluto lasciarlo morire di fame in prigione.
    Quando invece il Mahatma lanciò la campagna di resistenza pacifica contro gli inglesi, Churchill gridò che avrebbe dovuto «essere legato mani e piedi alle porte di Delhi e poi calpestato da un enorme elefante con il nuovo viceré seduto sulla sua schiena».
  • Disse anche: «Che male c’è a usare i gas contro i Curdi?».
    L’Iraq fu un’invenzione di Churchill che voleva riunire in un solo stato, controllato dai britannici, i campi petroliferi di Bassora, nel Sud del Paese, e quelli di Mosul, nel Nord sotto i Curdi.
    Contro questi ultimi, durante la loro rivolta negli anni Venti, voleva usare i gas: «Non capisco questa schizzinosaggine sui gas», annotò in una minuta per il War Office del 1919. «Sono fermamente a favore dell’uso di gas velenosi contro tribù non civilizzate. Non è necessario usare i più letali: possono essere impiegati quelli che causano inconvenienti senza avere permanenti effetti sulla maggior parte di quanti sono da essi colpiti».
  • Churchill era ostile alle donne in politica e contrario persino al loro diritto di voto.
    I rapporti con Nancy Astor, collega del partito conservatore, erano gelidi. «Se lei fosse mio marito, le metterei il veleno nel caffè», gli disse lei. «Se lei fosse mia moglie, lo berrei», le rispose lui.
    In un’altra occasione, al bar della Camera dei Comuni, la deputata Bessie Braddock lo accusò: «Lei è ubriaco». Churchill rispose: «Signora, lei è brutta. Ma io domani sarò sobrio».








Note

I suoi tre discorsi più celebri

Per quanto afflitto da un difetto di pronuncia, Churchill era un grandissimo oratore e scrittore. Ecco alcuni estratti dai suoi discorsi più celebri:

  • 13 maggio 1940
    «Voi chiedete, qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una sola parola: vittoria. Senza la vittoria non c’è sopravvivenza».
  • 4 giugno 1940
    «Combatteremo in Francia, combatteremo sui mari e sugli oceani, combatteremo con fiducia crescente e con crescente forza nel cielo, combatteremo sulle spiagge, nei campi, nelle strade, sulle colline; non ci arrenderemo mai. E anche se quest’isola dovesse essere soggiogata o affamata, allora il nostro Impero d’oltremare, armato e guidato dalla Flotta britannica, porterebbe avanti la lotta, fino a che, quando Dio vorrà, il nuovo mondo interverrà a salvare quello vecchio».
  • 20 agosto 1940
    «Mi attendo che stia per cominciare la battaglia d’Inghilterra. Tutta la furia e la potenza del nemico dovrà prestissimo esser rivolta contro di noi. Hitler sa che dovrà spezzarci in questa isola o perdere la guerra. Se siamo in grado di affrontarlo coraggiosamente, l’intera Europa può essere libera; ma se non riusciremo, allora il mondo intero, inclusi gli Stati Uniti e tutto ciò che abbiamo conosciuto e amato, affonderà negli abissi di una nuova età oscura, resa più sinistra dalla possibilità di una scienza pervertita».
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