Gli UFO sono stati osservati con ogni mezzo: a occhio nudo, con strumenti ottici e mediante apparecchiature fotografiche.
Pensate che nel lontano 1977 erano disponibili circa 3.500 documentazioni fotografiche mostranti UFO in volo. A parte sporadiche e controverse eccezioni, non sono note fotografie o filmati di UFO al suolo o che mostrino i loro occupanti.
Secondo un’indagine eseguita dal celebre fisico francese Poher il 60% degli UFO segnalati risulta mobile e veloce. Il 45% di essi descrive traiettorie complesse e curve, registrando dei bruschi cambiamenti di direzione. Il 10% degli UFO presenta traiettorie curve, e l’8% circa traiettorie in linea retta.
Nel 20% delle segnalazioni sono stati riferiti dei «quasi atterraggi», ovvero delle evoluzioni a bassissima quota. Gli atterraggi effettivi costituiscono circa il 10% dei casi. Il 30% delle testimonianze implica partenze improvvise caratterizzate da un’accelerazione folgorante dell’ordine di migliaia di chilometri orari.
In più della metà dei casi gli UFO si sono dimostrati silenziosi e, a dispetto delle loro velocità supersoniche, non hanno causato il tipico «bang» prodotto dal superamento del muro del suono.
I tratti comuni alle testimonianze sembrano indicare negli UFO delle macchine volanti di forma generalmente tonda, di un diametro variabile dai 10 ai 30 metri. Di notte esse appaiono di colore variabile ma generalmente rossastro ed emananti luce propria almeno nella metà dei casi. Di giorno brillano al sole.
Il 20% delle testimonianze sugli UFO si riferisce ad attività di atterraggio. Nella metà dei casi tali fenomeni si verificano in località poco popolate e sempre nella metà dei casi di atterraggio effettivo (pari al 10%) sono riscontrabili tracce. In assenza di esse il suolo si presenta indurito e disidratato.
Il più delle volte si osservano tracce di un «carrello di atterraggio» costituito da «zampe» (tre o quattro, al centro di un cerchio).
Su oltre 35.000 testimonianze verificate nel mondo, si riscontrano circa 3.500 casi di atterraggio, e per circa la metà di essi i testimoni hanno segnalato la presenza di occupanti usciti dall’UFO. In genere (ma non sempre) di bassa statura, questi ultimi sono quasi invariabilmente fuggiti di fronte ai testimoni.
Nel caso di osservazione ravvicinata di UFO, i testimoni hanno rivelato degli effetti termici, percepiti anche da animali e piante. Nel 2% dei casi i circuiti elettrici delle automobili non hanno funzionato più in presenza degli UFO, e talvolta anche i fari delle vetture si sono affievoliti. Infine, il fenomeno del presunto «imbarco» di certuni testimoni sugli UFO è da ritenersi del tutto irrilevante ai fini statistici.
Oggi illustreremo 5 incontri ravvicinati del terzo tipo relativi alla constatazione dell’attività di «entità animate» in prossimità di un UFO disceso al suolo.
Per maggiori informazioni sul argomento e per un approfondimento più completo, consigliamo la lettura del libro “Ufo e extraterrestri” di Roberto Pinotti, studioso della questione degli UFO di riconosciuto livello internazionale e mediatico. Buona lettura.
1. Socorro, Nuovo Messico (USA) - 24 aprile 1964
Nel 1964 a Socorro, nel Nuovo Messico, fu un agente di polizia, Lonnie Zamora, in servizio di pattuglia, a essere protagonista di un incontro ravvicinato del terzo tipo «ufficiale».
Erano le 17.45 del 24 aprile e il poliziotto durante l’inseguimento, che lo portò anche fuori dalla città, di una Chevrolet nera per eccesso di velocità all’improvviso udì un rombo e vide nel cielo una fiamma blu che si abbassava, per poi scomparire dietro una collina.
Abbandonato subito l’inseguimento dell’auto, deviò in una strada sterrata in direzione della fiamma, perché lì vicino c’era un deposito di dinamite e l’agente temeva che potesse esplodere.
Arrivato in cima a un piccolo colle roccioso, l’orizzonte gli si aprì sull’intera vallata e vide, in fondo a essa, un oggetto lucente, bianco, simile a un’auto sollevata verticalmente. Nelle vicinanze c’erano 2 persone vestite con tute bianche simili a quelle dei meccanici, normali nella forma e nelle proporzioni, ma di piccola statura.
Uno dei due si voltò in direzione della macchina di Zamora, come se fosse rimasto sorpreso o spaventato. L’agente si mise in contatto radio con un collega, il sergente Sam Chavez, pregandolo di raggiungerlo subito, poi scese dall’auto e si avviò a piedi verso l’oggetto.
Arrivato a circa 30 metri da esso, poté vedere che era di forma ovale, aveva una superficie liscia, senza finestre o porte, si appoggiava su delle rampe simili a travi e su un lato dello scafo presentava dei segni rossi, larghi circa 75 cm.
A quel punto il rombo ricominciò, dapprima basso, poi in crescendo fino a diventare molto forte, e tutt’intorno si sollevò una tale polvere che Zamora fu costretto a gettarsi a terra. Delle persone che aveva visto prima non c’era più traccia.
Spaventato, corse verso la sua macchina, temendo che l’oggetto potesse esplodere, e quando si girò vide che esso si era sollevato dal suolo sprigionando dalla sua coda una fiamma bluastra e che si stava allontanando velocemente nel cielo in direzione sudovest, non emettendo più né rumore né fiamma.
Quando, pochi minuti dopo, giunse il sergente Chavez, i due scesero la collina fino al punto in cui aveva sostato l’oggetto. Il terreno fumava ancora: fili d’erba erano bruciati e un piccolo cespuglio era ancora in fiamme.
Intorno c’erano 4 buche a forma di cuneo, profonde circa 5 centimetri, che formavano come un rettangolo irregolare e che corrispondevano alle «zampe» che Zamora aveva visto sotto l’apparecchio.
Più tardi, l’analisi di un ingegnere fece concludere che ognuna avrebbe dovuto sopportare il peso di almeno una tonnellata per premere così profondamente nel terreno molto compatto.
Il Project Blue Book giunse alla conclusione che «un reale evento fisico» era avvenuto a Socorro quel giorno, e infatti scrisse: «Fondamentalmente l’UFO di Socorro ebbe un solo osservatore, ma questi era un poliziotto dal carattere e dal curriculum impeccabili, che godeva di ottima reputazione e aveva la fiducia dei colleghi e del suo capo».
Il maggiore Hector Quintanilla, lo scettico responsabile del Project Blue Book di allora che aveva tentato in ogni modo di smontare il caso, finì per convincersi che nella zona indicata doveva essersi posato un oggetto «concreto», confermando la classifica di unidentified assegnata all’evento.
2. Abbiate Guazzone (Varese, Italia) - 20 aprile 1950
Il primo caso verificato in Italia vide come protagonista, il 20 aprile 1950, l’operaio Bruno Facchini (nella foto), che si imbatté in strani individui scafandrati apparentemente intenti a riparare la loro macchina volante.
Uscito dopo un temporale dalla sua casa di Abbiate Guazzone (Varese) per prendere una boccata d’aria, Facchini vide uno strano riflesso nella notte. Temendo che un fulmine avesse danneggiato la vicina linea ad alta tensione, indossò stivali di gomma, si incamminò verso i tralicci e dopo un po’ notò nuovamente il luccichio.
Avanzò ancora e ai suoi occhi, in un campo, apparve un grande oggetto appoggiato al suolo, simile a un pallone da rugby («una palla schiacciata dall’alto»), munito di una scaletta dalla quale filtrava una tenue luce verdastra.
Un individuo munito di scafandro e maschera, in cima a una specie di elevatore pneumatico, stava saldando qualcosa sulla superficie esterna dello scafo, che mandava riflessi metallici alla luce della fiamma. Altre due figure umane scafandrate si muovevano un po’ impacciate di fronte allo strano mezzo.
Sul volto avevano una maschera scura come lo scafandro, terminante all’altezza della bocca in un tubo con un bocchettone all’estremità. Facchini, pensando a un apparecchio militare in difficoltà (vista la breve distanza dagli aeroporti di Vergiate e Venegono e della Malpensa), si avvicinò ai piloti chiedendo loro se avevano problemi.
I due individui reagirono emettendo suoni inarticolati e incomprensibili, mentre l’operaio, che si era ulteriormente avvicinato, intravedeva, dal portellone aperto, l’interno dell’oggetto, una seconda scala e, attorno alle pareti, tubi, bombole e manometri.
La macchina emetteva un rumore simile «a un gigantesco alveare». Facchini si rese conto che c’era qualcosa che non andava, che quella macchina era troppo strana, quindi ebbe paura e prese a indietreggiare, poi cominciò a correre. Voltatosi vide uno dei piloti puntargli contro una specie di «macchina fotografica» che sembrava avere al collo o sul petto e dirigergli contro un raggio luminoso.
Fu investito alla schiena come da un forte getto d’aria compressa che lo gettò al suolo. Era dolorante e si finse svenuto. I due si avvicinarono e, constatato di averlo messo fuori combattimento, tornarono al loro apparecchio. Il loro compagno col saldatore discese dall’elevatore che, abbassatosi e ridottosi a una cassetta, fu introdotto nel mezzo che, dopo la chiusura del portellone, emise un ronzio ancora più intenso e, alzatosi dal suolo, schizzò via verso l’alto a folle velocità.
L’indomani, quando il medico l’ebbe visitato, constatando che nel punto della schiena dove era stato colpito dal «raggio» era insorta un’inspiegabile irritazione cutanea, Facchini denunciò il fatto ai carabinieri, che ispezionarono il campo riscontrando la presenza di 4 solchi rotondi, del diametro di circa un metro e distanti l’uno dall’altro circa 6 metri, disposti a quadrato.
L’erba era bruciacchiata e furono trovati frammenti metallici, evidenti residui di saldatura. Questi ultimi, analizzati presso l’Istituto sperimentale metalli leggeri, risultarono composti di una lega di rame (74,33%), stagno (19,38%), piombo (4,92%), antimonio (0,52%), zinco (0,33%), nichel (0,08%), ferro (0,02%), più tracce minime di argento, alluminio e magnesio.
I frammenti erano dunque costituiti da un «bronzo al piombo» ad alto tenore di stagno; in pratica una lega «antifrizione» in grado di resistere ad alte sollecitazioni termiche. Sua collocazione ideale: un mezzo aerospaziale. Del caso Facchini, investigato e confermato dal Centro ufologico nazionale, si è occupato fin dal primo momento il ministero della Difesa italiano.
Facchini dichiarò a Ezio Bernardini del CUN di aver capito solo molti anni dopo, vedendo in televisione gli astronauti americani, di essersi trovato di fronte nel 1950 a individui provenienti da un altro pianeta. Facchini aggiunse anche che «quell’UFO era una gran bella macchina alta circa sette o otto metri che poggiava su quattro staffe».
3. Quarouble, Francia - 10 settembre 1954
Il 10 settembre 1954 a Quarouble, cittadina francese al confine col Belgio, nella casa del meccanico Marius Dewilde regnava la calma.
La moglie e il figlioletto erano già a letto e l’uomo stava tranquillamente leggendo, quando il suo cane prese a latrare insistentemente; ciò lo indusse a uscire per vedere che cosa stesse accadendo.
L’abitazione dava sulla strada ferrata e, sulle rotaie, Dewilde vide una grande forma scura accanto alla quale, in direzione opposta, si trovavano due figure umane di piccola taglia, scafandrate.
In quel momento un raggio luminoso lo investì, paralizzandolo, e in quelle condizioni di totale immobilità assistette al rientro dei due esseri in quella cosa indistinta sulle rotaie, che subito dopo si illuminò, rivelando una forma campanulare, e si elevò verso il cielo sparendo nel firmamento.
Riacquistata la sensibilità e di nuovo in grado di muoversi, Dewilde denunciò il fatto al più vicino commissariato. I successivi interventi della gendarmeria e degli agenti del DST (Défense et Sécurité du Territoire) rivelarono che sulla strada ferrata qualcosa aveva calcinato il pietrisco, lasciando tracce sulle traversine.
Non solo, la massa doveva essere enormemente pesante: gli esperti calcolarono almeno 30.000 kg. Dewilde aveva detto la verità. La storia del meccanico francese avrebbe avuto un seguito, del quale purtroppo abbiamo solo la sua testimonianza.
Il successivo 10 ottobre, infatti, verso mezzogiorno, suo figlio lo avrebbe chiamato a gran voce, avvertendolo che «c’era un’auto sui binari del treno». Uscito di casa, Dewilde osservò un oggetto metallico campanulare sulla strada ferrata e dei piccoli esseri all’esterno.
Uno di essi si fece avanti e il testimone poté distinguerne l’abbigliamento, composto da una combinazione di volo, munita di un casco trasparente, che consentiva di vedere il volto dell’essere, un viso umano di taglio orientale.
La creatura si fermò di fronte a Dewilde e a suo figlio e pronunciò alcune parole incomprensibili, con atteggiamento rassicurante. Poi si diresse verso il pollame che razzolava all’esterno della casa e afferrò una gallina, che portò verso i compagni e che introdusse nell’UFO.
A quel punto gli esseri, dopo un ultimo gesto amichevole, rientrarono nell’oggetto che, di lì a poco, decollò verticalmente sotto gli occhi esterrefatti di Dewilde e di suo figlio.
Successivamente, un’inchiesta condotta da Marc Thirouin (fondatore del CIES-OURANOS, il primo ente ufologico privato francese) evidenziò sui binari una traccia analoga alla precedente. Inoltre il cane dei Dewilde, che aveva segnalato per primo la presenza degli strani esseri, deperì a vista d’occhio e morì nel giro di pochi mesi.
Il caso Dewilde, comunque, ebbe uno strascico inatteso diversi anni dopo. Il protagonista, infatti, sostenne di avere avuto ulteriori «contatti» con gli extraterrestri che lo avevano visitato nel 1954, assumendo atteggiamenti in linea con il contattismo classico dai contenuti spiritualistici fino al momento della sua morte, avvenuta nel 1996.
4. Cisco Grove, California (USA) - 14 settembre 1964
Il 14 settembre 1964 tre uomini si trovavano a caccia con l’arco sulle montagne di Cisco Grove, non lontano da Truckee, in California.
Donald Schrum (nella foto )e i suoi due amici Tim T. e Vincent A. (che vollero mantenere l’anonimato) a un certo punto decisero di separarsi con l’intenzione di ritrovarsi al campo, ai piedi della cresta sulla quale si trovavano.
Verso il tramonto Schrum perse la strada del ritorno e, poiché si stava facendo buio, decise di salire su un albero, temendo di essere aggredito da un orso o da qualche altro animale selvatico.
Ridisceso per accendere dei fuochi per segnalare la sua posizione ai due compagni udì un fruscio provenire dai cespugli circostanti, tornò sull’albero e si legò a un ramo per evitare di cadere qualora si fosse addormentato.
Poco dopo scorse nel cielo una luce simile a una meteora che scendeva con volo planato sopra di lui. Pensò che si trattasse di un elicottero di soccorso, ma poi vide un lampo e sul terreno lì vicino cadde un oggetto scuro a forma di cupola che emetteva una luce lampeggiante.
Subito dopo due figure senza collo, con un casco che andava da una spalla all’altra, vestite con quelle che sembravano tute argentate, si avvicinarono alla base dell’albero, seguite da una figura scura, con occhi arancione incandescenti, che si muoveva come se scivolasse sul suolo.
I due umanoidi cercarono di salire sull’albero spingendosi l’un l’altro, ma senza successo, mentre la bocca quadrata di quello che sembrava un’entità robotica si apriva ed emetteva sbuffi di vapore bianco dall’effetto soporifero che fecero più volte perdere i sensi a Schrum.
Quando rinveniva, nel tentativo di far desistere i suoi persecutori, lanciava contro di loro dei pezzetti di stoffa incendiata ed essi indietreggiavano ogni volta, intimoriti. Infine scagliò tre frecce contro il robot, che vacillò come perdendo l’equilibrio e sprigionò una cascata di scintille bluastre all’impatto di ogni freccia.
Secondo Schrum il robot era fornito di una forma d’intelligenza, perché talvolta sfruttava il vento per soffiare contro di lui il suo vapore soporifero. Questo singolare assedio continuò per tutta la notte, ma all’alba si ebbe il colpo di scena finale: un secondo robot comparve e si mise davanti al primo; una serie di lampi elettrici scaturirono fra i due fino a provocare una nuvola di vapore che investì Schrum, il quale perse di nuovo conoscenza.
Quando rinvenne si ritrovò sospeso all’albero con la sua cintura e semicongelato, mentre l’oggetto volante era scomparso come pure i suoi assedianti. Schrum si trascinò esausto e raggiunse il campo base chiamando a gran voce i suoi due amici che lo avevano cercato allarmati. Raccontò loro la sua avventura e venne subito creduto, perché la
sera precedente anche loro avevano visto planare la strana luce.
La vicenda fu narrata a un insegnante di astronomia che ne rimase così impressionato da far pervenire il racconto alla base USAF di Mather e il rapporto venne incluso negli archivi del Project Blue Book.
In seguito, Schrum riuscì a recuperare le frecce che aveva tirato al robot e le consegnò agli inquirenti dell’USAF; le analisi che effettuarono e gli interrogatori cui sottoposero l’uomo non suscitarono alcun dubbio sulla veridicità dell’episodio.
5. Valensole, Sudest della Francia - 1° luglio 1965
Il 1° luglio 1965, verso le 5.00 del mattino, Maurice Masse, quarantunenne coltivatore di lavanda a Valensole, nel Sudest della Francia, si avviò verso il suo terreno, distante quasi 2 chilometri dalla casa in cui viveva con la moglie e i due figli.
Alle 5.45, prima di mettere in moto il trattore, udì un suono sibilante che credette provenire da un elicottero militare. Questi mezzi, infatti, erano soliti atterrare sul suo campo durante le esercitazioni e spesso i piloti si intrattenevano a parlare con lui.
Masse oltrepassò alcune rocce dietro le quali scorse una strana «macchina» alla distanza di circa 90 metri.
L’apparecchio, a forma di pallone da rugby con una cupola sulla cima, era largo oltre 3 metri e alto circa 2 metri e mezzo; la struttura, sostenuta da 6 gambe unite a un pilone centrale, lo rendeva simile «a un enorme ragno».
Nei pressi dell’oggetto si trovavano 2 piccole figure curve su un cespuglio di lavanda. Credendole degli intrusi, Masse si avvicinò fino a pochi metri, accorgendosi infine che non si trattava di esseri umani.
La loro altezza non superava il metro, avevano la pelle bianca, teste calve, di dimensioni 3 volte più grandi di quella umana, grossi occhi obliqui senza palpebre, grandi orecchie, zigomi carnosi, bocche rotonde e indossavano delle tute grigio-verdi prive di copricapo.
Accortosi della presenza di Masse, uno degli esseri, evidentemente allarmato, estrasse un piccolo cilindro dalla propria cintura e lo puntò verso l’uomo, che rimase come paralizzato.
Le 2 creature, quindi, dopo averlo osservato per un attimo emettendo suoni gutturali, si diressero verso l’apparecchio e vi entrarono attraverso una porta scorrevole.
Immediatamente ricominciò il suono sibilante, mentre l’oggetto, dopo aver ondeggiato brevemente ruotando le sue gambe, si alzò da terra e volò via verso ovest ad alta velocità, scomparendo dopo aver percorso appena 20 metri.