Tantissime furono le “invenzioni” greche sopravvissute fino ai nostri giorni: la filosofia, la politica, il teatro, la medicina, la poesia ecc.
La cultura ellenica riuscì a sopravvivere esercitando la propria influenza culturale sui ceti dirigenti romani e incidendo fortemente sullo sviluppo dell’Occidente.
I Greci, ossia gli Ellenici, erano maestri nell’arte e nell’architettura, precursori nella scienza e nella medicina. Grandi strateghi militari, inventarono la democrazia e la filosofia.
Ecco gli uomini e le donne grazie ai quali la cultura greca lasciò un contributo inestimabile in ogni campo delle attività umane.
1. Scrittori e storici
TUCIDIDE (460 ca. - 395 a. C.)
Chi era: fu uno storico ateniese, formatosi nelle scuole dei più celebri sofisti del tempo. Ebbe, da stratega, un ruolo di protagonista in importanti operazioni militari e fu testimone oculare della guerra che avrebbe descritto nelle sue opere. Conservatore moderato, auspicò una combinazione tra democrazia e autorità statale.
Che cosa ha fatto: dedicò tutta la vita alla Guerra del Peloponneso, accurato resoconto cronologico del conflitto fra Atene e Sparta, considerato il primo esempio di rigorosa e imparziale analisi storica. Teorizzò che il passato, non indagabile per mancanza di fonti certe, si possa arguire soltanto per indizi.
Ritenne la Storia una conseguenza delle azioni (e delle risorse) degli uomini, escludendo l’intervento degli dèi. Evitando ogni giudizio morale, ebbe una visione razionale e disincantata della realtà umana e l’unico fattore esterno che lui accettò fu il destino.
Concentrò la sua analisi sugli avvenimenti contemporanei mirando al fine pratico di ricavare dalla Storia insegnamenti utili alla vita politica per prevedere gli sviluppi del futuro.
La sua eredità: stabilì i criteri ai quali uno storico doveva attenersi. Per il suo approccio oggettivo fu considerato il padre della storiografia moderna. Influenzò tutti gli scrittori posteriori.
Dissero di lui: per Cicerone fu “uno storico degno di fede”.
ERODOTO (485 ca. - 425 a. C.)
Chi era: come storico viaggiò in Egitto, Fenicia, Mesopotamia e Mar Nero raccogliendo materiale per la sua opera Storie, che tratta delle guerre greco-persiane e ne costituisce la principale fonte di conoscenza.
Il suo lavoro, destinato alla lettura pubblica, suscitò grande interesse; se ne trovano echi nelle tragedie di Sofocle. Con la sua capacità di osservazione si interessò dei costumi dei popoli detti barbari (Egizi, Medi, Persiani), che confrontò con la civiltà greca.
Che cosa ha fatto: la sua è la prima grande narrazione storica dell’antichità. Cercò di garantire alla sua opera un impianto razionale, sebbene abbia in qualche caso accostato in modo asistematico una grande varietà di materiali.
Utilizzò come fonti la sua esperienza personale, resoconti di testimoni, fonti scritte, epigrammi e oracoli. Nel considerare valori e azioni umane ebbe come punto di riferimento l’ottica dell’epica e la sua visione risultò molto intrisa di religiosità.
La sua eredità: gli antichi, che vedevano la Storia come strumento pedagogico e non scientifico, lo considerarono padre della storiografia. Secoli dopo l’appellativo fu discusso, ma resta indubbio che Erodoto fu il primo a evidenziare il rapporto di causa-effetto tra gli eventi.
Dissero di lui: secondo il poeta modernista statunitense Ezra Pound “Erodoto scrisse Storia che è letteratura”.
PLUTARCO (50-121 ca. d. C.)
Chi era: scrittore, storico, filosofo, tipico rappresentante dell’uomo greco erudito, dotato di conoscenza enciclopedica. Usando uno stile semplice, ma ricco di pathos, si interessò all’aspetto esemplare delle vicende, per l’insegnamento che il racconto poteva suscitare.
Che cosa ha fatto: la sua produzione fu vasta, ma la sua fama è dovuta alle Vite parallele, dove Plutarco esamina 23 coppie di personaggi, ognuna composta da un greco e da un romano, di cui sottolinea analogie e differenze ponendo l’accento sulla reciproca integrazione delle due culture.
In ossequio ai suoi molteplici interessi, scrisse trattati di argomento morale, politico, religioso, scientifico e letterario che vanno sotto il nome di Moralia. Anche se fece ricorso alla tradizione storiografica, si mostrò più interessato a cogliere i tratti distintivi delle personalità.
Nei suoi saggi il ritratto dei personaggi è de- finito non solo dalle grandi imprese, ma anche da particolari minori e aspetti poco conosciuti della personalità.
La sua eredità: il suo stile ispirò molti drammaturghi, tra cui Shakespeare. In Europa anche gli autori di biografie, fino al XIX secolo, risentirono della sua influenza.
Dissero di lui: il poeta Vittorio Alfieri scrisse che “il libro dei libri per me [...] fu Plutarco. [...] Alcune di quelle (vite dei grandi, ndr), sino a quattro e cinque volte le rilessi”.
SENOFONTE (430 ca.-354 a. C.)
Chi era: scrittore e storico ateniese, fu politicamente un conservatore. Ammirò Sparta, avversando la democrazia della sua città che lo esiliò. Subì il carisma di Socrate a cui dedicò tre testi detti, appunto, socratici.
Che cosa ha fatto: nel 401 a. C. partecipò alla spedizione mercenaria ingaggiata da Ciro per detronizzare il proprio fratello imperatore di Persia. Quando tutti i comandanti greci furono uccisi con l’inganno, Senofonte guidò i famosi Diecimila greci in un’interminabile marcia di ritirata attraverso il territorio nemico. La memoria dettagliata di quella spedizione è contenuta nella sua opera più nota, l’Anàbasi: ciò fa di lui il più antico scrittore autobiografico.
La sua eredità: nell’antichità il suo stile fu giudicato semplice ed elegante, nei secoli successivi fu invece ritenuto ingenuo e modesto. In realtà Senofonte si attenne volutamente a una prosa sobria dalla costruzione semplice; il suo lessico fuse vari elementi dialettali e letterari del mondo greco ed è considerato anticipatore della koiné, lingua antenata del greco moderno.
Dissero di lui: lo storico greco antico Diogene Laerzio lo definì “uomo notevole in molti aspetti [...] come la predilezione per i cavalli, la caccia e l’arte militare; [...] un uomo che amava [...] conoscere le cose religiose, [...] fedele discepolo di Socrate”.
ARISTOFANE (445 ca.-385 a. C.)
Chi era: commediografo, riteneva che il teatro avesse una funzione pedagogica. Si focalizzò su tematiche politiche senza disdegnare, però, una spietata satira letteraria. In alcune delle sue commedie riuscì a fondere elementi grossolani e scurrili con concetti più poetici, sottolineati dal lirismo del coro. Spesso gli episodi delle vicende da lui narrate risultano apparentemente scollegati e si collocano in una trama assurda, fatta di battute incalzanti, giochi di parole ed elementi mimici.
Che cosa ha fatto: l’attualità fu un elemento essenziale nelle sue opere, come nell’occasione in cui denunciò i fautori della guerra contro Sparta. Gran parte della sua comicità nacque dal contrasto tra vero e fantastico, tra tradizione e novità. Col suo tono sprezzante e le invettive oltraggiose non risparmiò personaggi celeberrimi quali Euripide e Socrate.
La sua eredità: scrisse circa 40 commedie, di cui solo 11 ci sono giunte, ma è comunque l’unico esponente della commedia attica di cui si conoscano opere complete. Il suo teatro documentò l’interesse degli ateniesi per la politica, la loro passione per il teatro e la filosofia.
Dissero di lui: per il critico Francesco de Sanctis innalzò la commedia “al grado di poesia”. Secondo Voltaire, invece, usò un linguaggio da “miserabile ciarlatano, tutto battute oscene e ributtanti”.
2. Poeti e medici
OMERO (IX-VIII secolo a. C.)
Chi era: la tradizione lo volle poeta per eccellenza e ne tramandò l’immagine di“aedo” (il cantore) cieco. In realtà la sua esistenza storica non è certa. Sempre che si tratti di un unico autore, è probabile che raccolse e rielaborò varie composizioni orali precedenti, coagulando memorie storiche e mitologiche dell’età micenea.
Che cosa ha fatto: scrisse, o meglio cantò, l’Iliade e l’Odissea, i massimi poemi epici della letteratura occidentale, ancora oggi un compendio di liricità e di fonti per la comprensione dei costumi delle popolazioni greche arcaiche.
Il mondo greco considerò le sue opere prodigiose creazioni poetiche, fondamentali per la loro importanza morale, tanto che per secoli costituirono un modello. L’esaltazione dei valori dei suoi eroi mitologici divenne archetipo per caratterizzare i diversi tipi umani.
La sua eredità: ebbe una fama senza paragoni sin dall’antichità. I suoi eroi, incarnando le aspirazioni più alte e le contraddizioni più forti dell’uomo, hanno avuto la capacità di essere moderni in ogni epoca, facendo dell’opera di Omero un bestseller da 3 millenni.
Dissero di lui: per Leopardi era “il padre e il perpetuo principe di tutti i poeti del mondo”, per Platone “maestro della Grecia”, per Aristotele “padre di ogni poesia”, e per Dante, che lo pose nel Limbo, era il “poeta sovrano”.
SAFFO (VII-VI secolo a. C.)
Chi era: poetessa vissuta nell’isola di Lesbo, riuniva in un“tiaso” (associazione religiosa) le fanciulle aristocratiche curandone la formazione, di cui faceva parte l’iniziazione all’erotismo mediante l’omosessualità. Il mito che la circonda è dovuto alle numerose relazioni amorose che intrattenne con le allieve e distrae dai suoi meriti di poetessa. Espresse i suoi carmi in strofe (saffiche) di quattro versi ciascuna.
Che cosa ha fatto: fu la prima poetessa a parlare di sé e a rappresentare l’erotismo femminile. La sua poesia raffinata cantava l’amore come essenza della vita, esaltandolo come il più potente dei sentimenti umani, capace di sconvolgere l’anima. Nei suoi versi la forza emotiva si coniuga con l’eleganza e la musicalità delle espressioni.
La sua eredità: la poetica di Saffo influì su quella dei suoi contemporanei. Fu ammirata per tutta l’età ellenistica, e anche a Roma Catullo dimostrò di apprezzarla imitandone un canto. Le allusioni ai suoi rapporti amorosi estrapolate dal contesto e dal senso delle liriche l’hanno trasformata in un’icona dell’anticonformismo sessuale, tanto che “lesbico” e “saffico” indicano l’omosessualità femminile.
Dissero di lei: il filosofo latino Apuleio considerava le sue opere“ lascive ma scritte con tal grazia che la dolcezza della sua poesia ci fa accettare l’arditezza del linguaggio”.
IPPOCRATE (460 ca.-370 a. C.)
Chi era: medico, conferì per la prima volta un carattere autonomo e specifico alla medicina, trasformandola da pratica empirica in tecnica fondata su un metodo “scientifico”. Fu il primo a volgere l’attenzione al malato più che alla malattia e ad auspicare il dialogo tra medico e paziente. La fama gli derivò anche dall’attività didattica: fondò una vera e propria scuola e, poiché riteneva che il medico dovesse possedere una conoscenza di tipo universale, scrisse una serie di trattati clinici raccolti nel Corpus hippocraticum.
Che cosa ha fatto: sostenne l’innovativo principio che salute e malattia dipendono da condizioni umane e non dall’intervento degli dèi, capì l’importanza di osservare i sintomi e introdusse il concetto di prognosi. Elaborò la teoria umorale secondo cui a generare le malattie sono squilibri tra i fluidi organici all’interno del corpo. Le sue terapie furono diete, purghe, salassi e infusi vegetali. Intorno al 430 a. C. contribuì a debellare la peste ad Atene.
La sua eredità: riconosciuto indiscusso padre della medicina, ebbe enorme influenza per secoli, non solo in ambito teorico ma anche morale. A lui è attribuita la formula che tuttora codifica l’etica dei medici, il giuramento di Ippocrate.
Dissero di lui: Dante lo definì “sommo” e creato dalla natura “per gli uomini, gli esseri viventi che essa ha più cari”.
GALENO (130 ca.-200 d. C.)
Chi era: viene considerato, con Ippocrate, l’altro fondatore della medicina antica. Approfondì le sue conoscenze sulla chirurgia e sul trattamento dei traumi dei gladiatori e praticò la dissezione degli animali a scopo di ricerca. Visse per molti anni a Roma,dove studiò la farmacopea e si creò una solida reputazione di anatomista, clinico e diagnosta.
Che cosa ha fatto: si ispirò ai princìpi ippocratici, soprattutto alla teoria degli umori, che elaborò. Sosteneva che la cura dei “temperamenti” (stati del corpo derivanti dalla combinazione tra umori) si poteva ottenere con l’alimentazione e l’igiene del corpo. Teorico del salasso come rimedio universale, rifondò la medicina come sapere globale: sosteneva che il buon medico doveva essere anche filosofo e conoscere la logica, la fisica e l’etica.
La sua eredità: la sua figura influenzò la medicina fino al XVII secolo e alcune delle sue intuizioni sono considerate corrette anche da un punto di vista moderno. Molto apprezzate nei Paesi islamici, le sue opere furono conosciute in Europa come traduzione latina dei testi arabi.
Dissero di lui: Giovanni Boccaccio lo definì “iscienziatissimo uomo [...]. Fiorì ad Atene e poi in Alessandria e quindi [...] a Roma”. Il filosofo Francesco Bacone, fiero detrattore di Galeno, lo descrisse come “spirito gretto, vano e chiacchierone”.
3. Politici, generali e condottieri
MILZIADE (554-489 a. C.)
Chi era: generale e politico, fu governatore del Chersoneso, regione commercialmente strategica tra l’Europa Centrale e Atene. Ebbe grande influenza nella vita politica, la sua autorità era riconosciuta anche dai popoli stranieri.
Un’unica sconfitta nell’assedio all’isola di Paro gli costò la carriera. Venne poi ingiustamente accusato di aspirare alla tirannide e di aver ingannato il popolo. Condannato a un’astronomica multa, non poté pagare e fu rinchiuso in carcere dove morì per le ferite di guerra.
Che cosa ha fatto: fu lo stratega della battaglia di Maratona. I Greci al suo comando, pur in forte inferiorità numerica, sbaragliarono l’esercito persiano sino ad allora considerato invincibile.
A battaglia conclusa, intuito il piano nemico, ricondusse i suoi uomini a marce forzate verso Atene riuscendo a scongiurare il saccheggio della città. Possedeva uno spiccato genio militare: fu il primo comandante ad applicare in battaglia il concetto di manovra tattica.
La sua eredità: accrebbe la fiducia di Atene nella propria forza e ne rilanciò il prestigio; vedendo che era possibile battere i Persiani, le colonie ioniche assoggettate si sollevarono e ciò favorì la politica ateniese ponendo le basi per la sua egemonia.
Dissero di lui: il condottiero spartano Pausania lo riteneva “il più antico dei benefattori della Grecia”.
ARISTIDE (ca. 540-461 a. C.)
Chi era: politico e generale ateniese, si allineò col partito conservatore. Come arconte (magistrato) entrò in contrasto con Temistocle, fu ostracizzato (quindi mandato in esilio temporaneo) ma poi amnistiato all’incombere della minaccia persiana. Fu promotore di una linea filospartana in funzione della comune lotta contro i Medi.
Che cosa ha fatto: durante le guerre persiane partecipò alle battaglie di Maratona e di Salamina; al fianco dello spartano Pausania guidò l’esercito greco alla vittoria nella decisiva Battaglia di Platea (479 a. C.), condusse le navi ateniesi alla riconquista di Cipro e Bisanzio.
Ispirò la costituzione della lega di Delo, una confederazione marittima in funzione antipersiana con a capo Atene. La coalizione mirava a sostenere le spese della guerra e, per la sua fama di uomo probo che gli valse l’appellativo di “giusto”, Aristide fu incaricato di raccogliere la quota che ciascuna città doveva versare ogni anno alla cassa federale.
La sua eredità: la lega delio-attica ebbe un ruolo decisivo nella politica imperialistica di Atene riuscendo a contrastare la pretesa spartana di egemonia e diventando lo strumento attraverso il quale controllare gli alleati.
Dissero di lui: “Morì così povero” scrisse lo storico Cornelio Nepote “che lasciò appena di che essere sepolto”.
TEMISTOCLE (530 ca.-460 a. C.)
Chi era: politico e generale, potenziò la flotta ateniese sia a fini strategico-militari sia per risolvere la crisi sociale, offrendo ai nullatenenti un’occupazione sui banchi delle nuove triremi. Fece armare le navi a spese dei cittadini ricchi e, costruendosi la fama di “uomo dei poveri”, si garantì il loro appoggio elettorale. La spregiudicatezza con la quale valutò l’eventuale alleanza con i nemici persiani gli costò la condanna alla pena capitale, la fuga e la morte in esilio.
Che cosa ha fatto: fu l’artefice della schiacciante vittoria di Salamina (480 a. C.); da vero stratega, anziché dare battaglia in mare aperto, attirò le navi persiane all’interno di uno stretto dove si trovarono imbottigliate e incapaci di manovrare. Rese Atene la maggiore potenza navale dell’epoca facendo approntare navi da guerra di nuova concezione che le assicurarono il dominio sul mare. Fortificò la città e fece del Pireo il suo porto militare.
La sua eredità: quando la flotta ellenica assunse il controllo dell’Egeo, ebbero straordinario impulso gli scambi commerciali lungo le rotte marittime; inoltre il numero e l’importanza dei marinai nella difesa delle polis alterò per la prima volta gli equilibri di classe nella formazione del potere politico.
Dissero di lui: per lo storico greco Plutarco fu “l’uomo più attivo al raggiungimento della salvezza della Grecia”.
LEONIDA (VI secolo-480 a. C.)
Chi era: re di Sparta, durante la Seconda guerra persiana si unì col piccolo contingente della sua guardia personale all’esercito greco che si batteva contro la con- quista del continente ellenico da parte dell’imperatore persiano Serse I.
Che cosa ha fatto: nel 480 a. C. al passo delle Termopili, alla testa di soli 300 spartiati (e del migliaio di alleati che rimase al loro fianco), oppose una strenua resistenza all’avanzata del nemico. Accerchiato, scelse di morire alla testa dei suoi per impedire l’invasione persiana.
La difesa delle Termopili, passaggio obbligato verso la Grecia Centrale, non fermò l’avanzata di Serse, ma consentì ai Greci di riorganizzarsi e vincere un mese dopo a Salamina. Il suo sacrificio trasformò la battaglia nel simbolo del coraggio e in una metafora dell’affermazione della propria libertà, anche di fronte sfide impossibili.
La sua eredità: la sua resistenza senza speranza e la sua cieca fedeltà all’onore guerriero divennero valori che furono tramandati per secoli ai posteri. Rafforzarono il mito del leggendario eroismo spartano, di colui che preferiva morire per Sparta combattendo, anziché regnare con disonore.
Dissero di lui: il poeta greco Simonide, in un encomio ai caduti delle Termopili, di Leonida scrisse che “lasciò un grande ornamento di virtù e gloria imperitura”.
ALCIBIADE (450 ca.-404 a. C.)
Chi era: fu un valido generale e un politico spregiudicato. Alla morte di Pericle assunse la guida del partito democratico di Atene e per assecondare le proprie ambizioni impiegò il suo straordinario carisma con opportunismo, stringendo dubbie alleanze, anche ai danni della sua stessa città. Intelligente, ma a corto di princìpi, fu sospettato di sacrilegio.
Che cosa ha fatto: spinse molte città ioniche a sollevarsi contro Atene. Per evitare un processo non esitò ad abbandonare il comando della flotta ateniese in piena guerra per schierarsi col principale nemico. Scongiurato poi il rischio della condanna, tradì Sparta, rientrò trionfalmente in patria e riottenne il comando militare. Ma i suoi trascorsi e un insuccesso in battaglia lo resero inviso e fu esautorato. Fuggì e in esilio, poco dopo, fu assassinato dagli Spartani.
La sua eredità: per avere trascinato Atene nella disastrosa spedizione in Sicilia fu considerato responsabile della ripresa della Guerra del Peloponneso, che segnò la fine del predominio di Atene in Grecia. Le alterne vicende legate alla sua figura contraddittoria testimoniano la crisi di valori in cui versava la democrazia ateniese.
Dissero di lui: Cornelio Nepote scrisse che Alcibìade “superò tutti nello splendore”. Ma anche che “nessuno più di lui si distinse sia nei vizi sia nelle virtù”.
4. Filosofi e scienziati
SOCRATE (470 ca.-399 a. C.)
Chi era: il celebre filosofo si riteneva destinato a rigenerare la morale della società. Il suo metodo si basò sulla confutazione, l’ironia, la maieutica (l’arte di far venire al mondo la verità) e la dialettica. Accusato di non credere agli dèi e di corrompere la gioventù, fu condannato a morte.
Fedele al suo insegnamento su giustizia e rispetto della legge, non fuggì, ma bevve la cicuta, il veleno che ad Atene veniva dato a chi era condannato a un’esecuzione che avvenisse senza troppi clamori.
Che cosa ha fatto: sostenendo che la causa del male è l’ignoranza, interrogava ostinatamente gli ateniesi, convincendoli del loro non sapere. Identificò la scienza con la virtù e per la sua capacità di far venire la verità alla luce si definì “ostetrica spirituale”. Sostenne di essere consigliato da un demone, figura retorica della coscienza morale, ed esortò sempre l’uomo all’introspezione. Fu il primo a usare il ragionamento cosiddetto induttivo per dimostrare una tesi.
La sua eredità: nella storia della filosofia fu spartiacque al punto che la tradizione precedente viene detta presocratica. La sua analisi sui fondamenti morali gli valse il titolo di padre dell’etica.
Dissero di lui: per Gandhi “la sua vita era protesa alla ricerca della Verità”. Il filosofo Nietzsche lo considerò il primo martire occidentale della libertà di pensiero.
PLATONE (428 ca.-348 a. C.)
Chi era: filosofo, fu allievo di Socrate del quale approfondì le riflessioni. Ad Atene fondò la celeberrima Accademia dove insegnò usando il metodo dialettico del dibattito.
Che cosa ha fatto: elaborò la “dottrina delle idee”, secondo la quale l’idea è la “base” universale e assoluta che fa esistere il mondo e con- sente di pensarlo; a essa si contrappongono i fenomeni sensibili, che sono un’imitazione imperfetta e transitoria. Solo gli dèi possiedono la conoscenza, mentre l’uomo può cercare la verità attraverso la “filosofia”, l’amore per il sapere.
Affrontò la tematica religiosa (dove inserì l’“amor platonico” che cerca nell’amante i segni della moralità più elevata, disdegnando l’apparenza) e quella dell’organizzazione sociale (in Repubblica sostenne la dipendenza tra condotta individuale e politica). Per semplificare temi e significati complessi ricorse all’uso del mito in funzione allegorica.
La sua eredità: col maestro Socrate e l’allievo Aristotele pose le basi della cultura occidentale influenzando le dottrine successive. Poiché considerò i numeri e le forme geometriche come enti reali, il suo pensiero è condiviso dalla matematica moderna.
Dissero di lui: secondo il filosofo Vico “Platone (contemplò l’uomo) qual dee essere”. Per il filosofo tedesco Nietzsche “preferì l’illusione all’essere, e cioè la menzogna e l’escogitazione della verità”.
ARISTOTELE (384 ca.- 322 a. C.)
Chi era: filosofo e scienziato, si formò alla prestigiosa Accademia di Platone, di cui divenne anche insegnante. In seguito fondò la propria scuola, il Liceo, a cui si dedicò tutta la vita. Per aver avuto rapporti coi macedoni (fu tutore di Alessandro), fu accusato di empietà e costretto a fuggire da Atene.
Che cosa ha fatto: tra le menti più innovative, prolifiche e influenti del mondo antico, entrò in confronto critico con Platone, cercando un principio eterno e immutabile che spiegasse la realtà.
Studiò numerose discipline, a cui diede un carattere sistematico, creando una vera “enciclopedia del sapere”. Anticipò la filosofia analitica e introdusse lo studio della logica formale, con lo strumento del sillogismo, ritenuto valido fino al XIX secolo.
La sua eredità: nella tarda antichità la sua dottrina fu osteggiata dalla Chiesa, mentre si diffuse nella tradizione islamica ed ebraica. Nel XII secolo Tommaso d’Aquino si rifece alle sue idee per fissare i dogmi della Scolastica decretando la rinascita del pensiero aristotelico in Europa. È considerato il precursore del metodo di ricerca empirica, basato sull’osservazione dei fatti.
Dissero di lui: Dante lo indica come “maestro di color che sanno seder tra filosofica famiglia”. Secondo Ezra Pound “ancorò il pensiero umano per duemila anni”.
IPAZIA (355 ca.-415 d. C.)
Chi era: prima donna scienziato, fu allieva del padre, accademico di matematica e astronomia alla scuola di Alessandria, a cui succedette nell’insegnamento. Si dedicò con passione anche allo studio della filosofia.
Le testimonianze la descrivono come bella, straordinariamente eloquente ma modesta, disponibile a insegnare – anche nelle piazze – a chiunque avesse voglia di apprendere. Alcuni cristiani fanatici, nel timore che la sua filosofia e la sua libertà di pensiero (che venivano ritenute pagane) potessero influenzare negativamente la comunità alessandrina, la massacrarono e ne bruciarono i resti.
Che cosa ha fatto: per l’autorevolezza del suo pensiero filosofico fu posta a capo della scuola neoplatonica; i discepoli arrivavano da ogni luogo per seguire i suoi corsi. Poiché era donna, venne giudicata fin troppo libera e audace, suscitando invidie da più parti.
La sua eredità: dopo la sua barbara uccisione molti studenti abbandonarono Alessandria segnandone l’inizio del declino come centro culturale d’eccellenza. Da secoli Ipazia incarna il simbolo del pensiero scientifico laico e la figura della martire del fondamentalismo religioso.
Dissero di lei: per l’astrofisica Margherita Hack, Ipazia è “simbolo dell’amore per la verità, per la ragione, per la scienza”.
5. Statisti, oratori e scultori
PERICLE (495 ca.-429 a. C.)
Chi era: statista ateniese tra i più carismatici, detenne il potere per oltre trent’anni amministrando saggiamente sia le finanze sia i consensi. Con lui Atene toccò l’apice della sua evoluzione politica, militare, economica e artistica, ma al contempo si alienò la fiducia delle altre città-Stato, entrò in guerra con Sparta e vide l’inizio della propria decadenza.
Che cosa ha fatto: pose l’architrave del meccanismo democratico di Atene, introducendo il salario per coloro che si dedicavano ai pubblici uffici e ammettendo le classi inferiori all’effettivo governo della polis.
In politica estera perseguì un aggressivo imperialismo. Dopo una disastrosa spedizione contro la Persia, firmò con questa una pace che mise fine ai suoi sogni di espansione in Oriente, rese inutile la Lega di Delo, costituita per combattere i Persiani, e porse il fianco al desiderio di rivalsa di Sparta. Si assicurò le risorse degli alleati per finanziare grandiose opere ad Atene facendone la città più bella della Grecia.
La sua eredità: la sua politica di progresso civile e l’incoraggiamento della cultura fecero fiorire la vita intellettuale e artistica di Atene, tanto che quel periodo è ricordato come l’Età di Pericle.
Dissero di lui: secondo Plutarco “si dedicò al popolo, preferendo le cose dei molti e poveri a quelle dei ricchi e pochi, contro la sua natura che era per nulla democratica”.
DEMOSTENE (384-322 a. C.)
Chi era: il più grande oratore greco. Come leader politico dedicò tutta la sua carriera alla difesa della democrazia ateniese contro l’espansionismo macedone. Si rese protagonista di azioni sia militari sia diplomatiche ricorrendo spesso alla sua caustica abilità oratoria.
Ridotto all’esilio per evitare una condanna, fu richiamato ad Atene per riorganizzare la resistenza contro il successore di Alessandro Magno. Il conflitto però fu sfavorevole agli ateniesi. Condannato a morte, fuggì e si uccise avvelenandosi.
Che cosa ha fatto: ebbe una notevole abilità nel conferire partecipazione emotiva ai suoi discorsi. Nelle sue orazioni (memorabili le tre Filippiche) sfruttava sapientemente gli artifici della retorica mascherandoli dietro un’apparente spontaneità; conquistava il favore dell’uditorio con un’accorta captatio benevolentiae ed esercitava un’implacabile azione di demolizione dell’avversario.
La sua eredità: dopo la sua morte, la Biblioteca di Alessandria custodì i suoi scritti che non smisero mai di essere studiati e commentati. I latini lo considerarono il retore per antonomasia e il suo nome è rimasto per sempre sinonimo di eloquenza.
Dissero di lui: il re macedone Filippo II dichiarò: “Non temo i Greci, temo Demostene”. Cicerone lo definì un uomo “perfetto, a cui nulla fa difetto”.
FIDIA (490 ca.-430 a. C.)
Chi era: scultore e architetto, massimo esponente dello stile classico. Mostrò un’impronta particolarmente dinamica e plastica, che gli consentì di distinguersi in tutte le tecniche della scultura. In particolare, si deve a lui l’uso della tecnica del “panneggio bagnato”.
Che cosa ha fatto: la sua opera più grandiosa fu la sistemazione dell’Acropoli. Ideò i propilei e il Partenone, concependone tutta la decorazione con una ricchezza che non si riscontra in nessun altro tempio greco, e scolpì la monumentale statua di avorio e oro della dea Atena.
A Olimpia realizzò la statua più famosa dell’antichità, Giove olimpio (o gigante), una delle 7 meraviglie del mondo. La sua opera incarnava perfezione ed equilibrio ed esprimeva compiutamente lo spirito della Grecia classica, la ricerca dell’ideale di eterna bellezza.
La sua eredità: la sua statuaria fu copiatissima, ed è grazie a queste riproduzioni di età romana che oggi conosciamo la sua opera che non ci è pervenuta in originale. Influenzò tutta la scultura greca della seconda metà del V secolo e quella che da allora si è ispirata al classicismo attico, così come Prassitele, il grande scultore del IV secolo a. C.
Dissero di lui: Plinio il Vecchio scrisse che Fidia “è lo scultore più famoso fra tutti i popoli a cui giunge la fama di Giove olimpio”.