Tutti noi abbiamo avuto in passato e continueremo ad avere in futuro numerose “conversazioni difficili” nei vari ambiti della nostra vita personale, sentimentale, professionale..
Comunicare a un familiare che ha una malattia grave, lasciare il partner o riprendere un collega al lavoro sono tutti esempi di conversazioni difficili, un aspetto ineliminabile della nostra vita.
Ecco come affrontarle bene per vivere meglio.
1. Che cosa sono le “conversazioni difficili”?
Gli esperti chiamano “conversazioni difficili” tutte quelle comunicazioni dirette che risultano faticose o emotivamente stressanti per chi vi è coinvolto.
Alcune conversazioni sono difficili perché l’argomento è di per sé molto delicato: comunicare al partner che lo si vuole lasciare o comunicare a qualcuno la morte di una persona cara o la diagnosi di una malattia grave sono esempi di tal genere.
Altre conversazioni risultano difficili perché, pur vertendo su questioni all’apparenza banali, possono degenerare.
Facciamo un esempio:
- Siete il responsabile di un ufficio e un vostro sottoposto esegue male una mansione rallentando il lavoro della squadra; decidete quindi di parlargli perché la cosa non si ripeta. Se gestite male la conversazione, il vostro sottoposto potrebbe mettersi sulla difensiva o sospettare che ce l’abbiate con lui, voi potreste non ottenere alcun miglioramento nella gestione del lavoro o ritrovarvi con uno che vi rema contro.
- Altro esempio: volete far presente al vostro vicino di casa che il suo comportamento vi disturba. La conversazione non si presenta facile perché il vostro vicino potrebbe sentirsi attaccato, la chiacchierata potrebbe sfociare in una discussione sgradevole e voi alla fine potreste ritrovarvi impelagati in una vertenza condominiale.
- Un ultimo esempio: il vostro capo vi critica, pensando di stimolarvi, ma le sue critiche sono grossolane e vi umiliano; decidete quindi di fargli presente la situazione. Tuttavia, l’emozione o la tensione prendono il sopravvento, voi parlate in modo poco chiaro; il vostro capo non riesce a capire il vostro punto di vista e pensa che gli state facendo perdere tempo.
Siete ancora convinti che gestire bene una conversazione difficile sia un’abilità inutile?
2. Mai arrivare impreparati
"Non è affatto detto", sostengono gli esperi, "che le conversazioni difficili debbano tutte finire male; alcune possono avere un esito positivo e comportare vantaggi per tutte le parti in gioco". C’è un segreto? Più d’uno.
Innanzi tutto, mai arrivare impreparati a una conversazione difficile; si consiglia di utilizzare il tempo che abbiamo prima dell’incontro per porci tre domande importanti:
1) Qual è il nocciolo del problema? C’è qualcosa che ci causa fastidio/ danno e perché?
2) Che cosa vogliamo ottenere parlando? Quali sono i nostri obiettivi immediati e a medio termine?
3) Quali sono i nostri punti deboli sul piano emotivo? Che cosa ci fa scattare o incendiare come un cerino?
Il punto 2) è molto importante perché al cuore di ogni conversazione difficile c’è sempre un problema da risolvere: qualcosa non va come dovrebbe e il comportamento di qualcun altro ci infastidisce e danneggia, o almeno così crediamo.
Prima di affrontare il problema con il nostro interlocutore, dobbiamo capire esattamente che cosa vogliamo da lui e quali sono i nostri veri obiettivi. Quale cambiamento auspichiamo? In che modo vorremmo che il nostro interlocutore si comportasse? Che cosa vogliamo ottenere da lui? Vogliamo anche mantenere una buona relazione con lui o quest’ultimo aspetto non ci interessa? A tutte queste domande dovremmo dare una risposta chiara e realistica.
Anche il punto 3) è importante in quanto le emozioni giocano un ruolo importante nella maggior parte delle conversazioni difficili che spesso sono tali proprio per la carica emotiva che comportano. Perciò è essenziale riflettere su ciò che proviamo.
Altrettanto importante è capire quali comportamenti, frasi o atteggiamenti hanno il potere di farci perdere la pazienza o le staffe.
In genere ognuno di noi è particolarmente ipersensibile a certe cose; c’è chi detesta le battute, chi odia essere interrotto e chi s’infuria se si sente preso in giro; c’è chi reagisce male quando si sente messo con le spalle al muro, chi si irrita di fronte alle frasi fatte e chi non tollera che la propria autorità sia messa in discussione.
Una volta identificati i fattori che ci fanno perdere la calma, cerchiamo un sistema per neutralizzarli: c’è chi respira profondamente, chi scrive frasi calmanti sul foglio degli appunti e chi guarda la foto del proprio cane sul cellulare. I trucchi sono tanti...
3. Chi inizia bene, ben finisce...
Trasformare una comunicazione difficile in una comunicazione riuscita è possibile, ma bisogna cominciare bene.
Molto importante è il primo passo, il cosiddetto “invito”, cioè il modo con cui si lancia la proposta di un incontro e si apre la comunicazione.
La regola di base è una sola: essere incoraggianti e far trasparire un’intenzione positiva. La moglie che blocca il marito con aria torva dicendogli “Dobbiamo parlare!” stimola alla fuga, non al dialogo. Allo stesso modo, chiedere un colloquio al proprio capo con parole che fanno presagire una scocciatura non è un buon inizio.
Invece di dire “Vorrei parlarle perché c’è un grosso problema tra noi venditori”, sarebbe meglio dire “Ho delle proposte interessanti per la nostra squadra e vorrei illustrargliele”.
A un collega, sarebbe meglio non dire “Senti, dobbiamo parlare di come usi le risorse che sono anche a mia disposizione causandomi non pochi problemi”, ma “Ho un’idea su come migliorare la gestione delle nostre risorse comuni e rendere più scorrevole il nostro lavoro. Mi piacerebbe parlartene, ci vediamo questo pomeriggio?”.
Durante la conversazione, è sempre doveroso consigliare:
1) di esprimere chiaramente e non nascondere mai il proprio obiettivo principale,
2) di condividere la propria esperienza del problema, con un intento costruttivo,
3) di sollecitare l’interlocutore a esprimere il proprio punto di vista e di ascoltarlo con curiosità.
Una volta che si sia instaurato un clima di reciproca fiducia, si può cominciare a elaborare insieme una possibile soluzione. Ci possono essere molti modi di risolvere il problema in gioco.
E' importante restare aperti anche alle proposte del nostro interlocutore e trovare delle soluzioni win-win, vantaggiose per entrambi e capaci di integrare tanto il nostro punto di vista, quanto quello del nostro interlocutore.
4. E se qualcosa va storto? E qual'è la regola d’oro della comunicazione?
A volte, nonostante la nostra preparazione e le nostre ottime intenzioni, la conversazione prende una pessima piega. Ecco tre casi comuni e qualche consiglio su come “raddrizzare” la situazione.
- Supponiamo che il nostro interlocutore si riveli ostile, di cattivo umore, chiuso a qualsiasi dialogo, stanco, in pessima forma o malato.
In questo caso, sarebbe consigliabile interrompere l’incontro e rinviarlo di qualche giorno in quanto le conversazioni difficili sono già una sfida nelle migliori circostanze, se poi le circostanze si rivelano pessime, meglio soprassedere... e programmare un nuovo incontro. - Supponiamo che il nostro interlocutore ci dica di non condividere affatto il nostro obiettivo. In questo caso non bisogna assolutamente reagire emotivamente. Non è la fine del mondo: non è affatto necessario che tu e il tuo interlocutore condividiate lo stesso obiettivo per trovare una soluzione congiunta. Resta calmo, e cerca di capire meglio l’obiettivo del tuo interlocutore: fai domande, sforzati di comprendere che cosa gli interessa o gli importa di più, cerca di ottenere nuove informazioni. E datti del tempo per riflettere.
- Supponiamo infine che il tuo interlocutore perda la pazienza e si arrabbi. In questo caso, è necessario “abbassare la temperatura emotiva” della conversazione. Forse, senza accorgertene, hai detto o fatto qualcosa che ha stimolato la sua reazione: esprimi il tuo dispiacere, lascia parlare l’altro, fai in modo che il dialogo non si chiuda, smussa la tensione e, se puoi, non irrigidire i muscoli del viso.
Ma qual'è la regola d'oro della comunicazione? Oggi, è sempre più diffusa la tentazione di lasciare il partner con un semplice sms o di comunicare qualcosa di spiacevole tramite e-mail, in modo da evitare di condurre una conversazione difficile di persona.
Esperti di comunicazione e psicologi sconsigliano di ricorrere a questa “scorciatoia”, e non solo per ragioni di buona educazione e rispetto e spiegano che: "Le comunicazioni difficili sono sempre a rischio di fraintendimenti. Se vuoi evitarli, rispetta la regola d’oro della comunicazione, e cioè usa tutti i livelli di comunicazione possibili".
Che cosa significa? Gli esperti hanno scoperto che esistono quattro diversi livelli di comunicazione: verbale (l’insieme delle parole dette o scritte), paraverbale (il modo in cui le parole sono dette o scritte), non verbale (il linguaggio del corpo e le espressioni del viso), extraverbale (il luogo della comunicazione, il momento, il tipo di relazione tra gli interlocutori).
Secondo i ricercatori, il livello verbale costituisce solo il 15 per cento della comunicazione globale. Perciò, quando si vuol comunicare qualcosa di importante o di spinoso, è meglio non limitarsi a scrivere un sms o una e-mail: questi sono per loro natura messaggi molto brevi che fanno a meno di tutte le forme di comunicazione non verbale ed extraverbale, e che perciò possono essere fraintesi con grande facilità.
5. Cinque errori da evitare in un discorso complicato e come migliorare le conversazioni di lavoro
I 5 errori da evitare in un discorso complicato sono i seguenti:
1) Trasformare la conversazione in una guerra
Non cadere in una mentalità bellicosa e non vedere nel tuo interlocutore un nemico. Così facendo, trasformi la comunicazione in uno scontro da cui si esce vincitori o vinti, ma questa è una pessima strategia: da una discussione entrambi gli interlocutori possono uscire con benefici e vantaggi (logica win-win).
2) Illudersi di poter semplificare tutto
Se il problema in gioco fosse semplice, la conversazione non risulterebbe difficile. Non sempre possiamo semplificare le cose; meglio predisporsi ad affrontare una questione complessa con la consapevolezza della sua natura e con la realistica prospettiva di risolverla per gradi.
3) Usare “armi sporche”
Ognuno di noi possiede un “arsenale” di “armi sporche”: possiamo mentire, bluffare, minacciare, tergiversare, alzare la voce, accusare, offendere, opporre un muro di silenzio, fare del sarcasmo, essere taglienti, umiliare. Ognuna di queste “armi” innesca una reazione emotiva accesa e trasforma la conversazione in una lite. Si può fare di meglio.
4) Farsi un film di come andranno le cose
Se una conversazione si preannuncia difficile, una delle reazioni più istintive è quella di simulare la discussione in anticipo e farsi un “film” mentale. Tuttavia, una conversazione difficile non è né un esame scolastico, né una performance da attore e l’idea di girare un film di come andranno le cose non è affatto utile, anzi a volte è controproducente: il nostro interlocutore potrebbe reagire o comportarsi in modi che non abbiamo affatto immaginato e restare ancorati al nostro film mentale potrebbe renderci meno lucidi.
5) Attenersi a un’idea stereotipata dell’interlocutore
Consideriamo criticamente le nostre idee su chi sia il nostro interlocutore e su quali motivazioni o da quali interessi sia animato: non è detto che quello che noi crediamo di lui sia vero! Non dobbiamo rimanere prigionieri delle nostre assunzioni perché queste possono rivelarsi mal fondate o parziali.
Ecco, infine, i consigli degli esperti per rendere più facili e meno stressanti gli incontri e le riunioni di lavoro:
1) Rendi chiaro l’obiettivo di un incontro. Se organizzi una riunione, non nascondere l’obiettivo che vuoi raggiungere. Puoi dire: “La ragione per cui ho chiesto questo incontro/vi ho chiamato/ ho indetto questa riunione...”.
2)Evita di generalizzare o di esagerare. A volte quando qualcosa ci sta molto a cuore, tendiamo all’esagerazione o alle generalizzazioni improprie. Ad esempio, “qualche volta” diventa “sempre”, un ritardo di 3 minuti diventa uno di 10, un singolo errore si trasforma in una serie di passi falsi. Così facendo, mettiamo il nostro interlocutore sulla difensiva o gli diamo argomenti per controbattere seccamente.
3) Parla in prima persona. Non avere timore di esprimere il tuo disappunto o qualsiasi altro stato d’animo usando la prima persona singolare. Per esempio, invece di dire “Non puoi sempre arrivare in ritardo alle riunioni!” potresti dire “La riunione inizia più tardi se ti debbo aspettare, ma non sempre posso recuperare il tempo perduto”.
4) Fai domande. Chiedi, se temi di non aver capito bene il punto di vista del tuo interlocutore. E mentre parla, evita di pensare a che cosa gli risponderai: meglio ascoltarlo con attenzione.
5) Chiedi conferma di quello che hai capito. Si tratta di parafrasare, cioè di esprimere con parole proprie ciò che il nostro interlocutore ha detto, per essere sicuri di non aver equivocato o di aver ben compreso il messaggio. Questo ovviamente non significa essere d’accordo. Per esempio: “Se ho capito bene”, “Tu pensi/ mi proponi/stai dicendo che”...