E’ passato molto tempo da quando, a fine Ottocento, il sommo Pellegrino Artusi fece conoscere agli italiani le diverse tradizioni regionali, sia pure con un’enfasi tosco-emiliana.
Oppure da quando Auguste Escoffier inventava la cucina moderna col suo libro “Guida alla grande cucina”, attraverso il quale reinterpretava, tradendoli inevitabilmente, i piatti della tradizione francese ma anche di altri paesi alla luce delle sue esigenze di cuoco e di grande organizzatore di cucina.
Oggi gli appassionati dal Nord al Sud della Penisola, se vogliono, hanno a disposizione tutti gli ingredienti, le tecniche e le procedure di tutte le tradizioni regionali e anche degli altri paesi: una ricchezza incommensurabile.
I nostri piatti, interagendo, si sono inevitabilmente modificati sempre di più per adattarsi ai nuovi stili di vita e di consumo di cibo. E, quali più quali meno, hanno perso l’originale connotazione regionale, diventando piatti di tutti, quindi nazionali.
Qualcuno, tanti, sono oramai diventati patrimonio condiviso. Molti altri sono stati spazzati via e non vengono più proposti, e pur amando il nuovo, questo non è un bene, – ché comunque meno piatti ci sono, meno ricchi siamo –, ma sono spariti perché non c’è stato chi li ha modificati e traditi per adattarli al nuovo.
Ma vi siete mai chiesti quali sono stati, da sempre e fino a oggi, gli ingredienti più ricorrenti nella cucina italiana? Scopriamoli insieme.
1. Acciughe, aglio, basilico, capperi e cipolla
Acciughe
I nostri avi avevano sempre il grande desiderio di dare spessore ai piatti. Per arricchirli, utilizzavano molto le acciughe, non certo quelle fresche, ma quelle conservate sotto sale. E quindi è giusto continuare a utilizzarle, anche se nella maggior parte delle preparazioni non sono mai essenziali.
Per dissalarle, vanno private della lisca e della coda, il sale va eliminato con un coltellino e con una pezzuola, lavorando con paziente attenzione: non vanno messe a mollo in acqua, si infradiciano troppo. Un’operazione che richiede un po’ di tempo, ma non certo una particolare perizia.
Tenete conto che comunque saleranno la preparazione nella quale saranno utilizzate. In sostituzione alle acciughe dissalate, si può utilizzare (quasi) sempre quel grande ingrediente che è la pasta di acciughe.
Aglio
L’aglio è sempre stato un grande sanificatore, onnipresente nella cucina italiana. Oggi che il problema di sanificare i cibi non è più così impellente, ha senso aggiungere 1 spicchio di aglio, non di più, solo per profumare un grasso che si sta scaldando, salvo le solite eccezioni.
Quindi private lo spicchio di aglio della tunica (la buccia) che lo ricopre e schiacciate leggermente il bulbillo (lo spicchio vero e proprio) con il batticarne o con la lama piatta di
un pesante coltello in modo da permettere all’aglio di aromatizzare al meglio il grasso.
A fine cottura si può levare, essendo intero è facile, o meno, dipende dai gusti, nelle ricette non lo leviamo mai ma ognuno faccia come vuole.
Ma ben raramente ha senso tritarlo e aggiungerlo a una preparazione.
Basilico
Il basilico è uno dei più grandi profumi italiani che ci siano. Può essere aggiunto alla fine ma a volte anche a inizio preparazione. Le foglie temono l’acqua e il coltello, che le ossida: vanno quindi mondate passando sulle foglie una pezzuola inumidita, una a una, e poi va grossolanamente spezzato con le mani.
E d’inverno, quando non c’è il basilico fresco? O si omette o si aggiunge, ma solo a inizio preparazione, il basilico secco.
Capperi
I capperi sono uno dei tanti emblemi della cucina italiana, onnipresenti. In genere si utilizzano quelli sotto sale, previa dissalazione, bastano 25 g per 4 persone, salvo eccezioni. Per dissalarli, dovete sciacquarli bene e poi metterli in una bacinella colma di acqua.
Lasciateli a mollo per una ventina di minuti, se potete cambiando l’acqua un paio di volte, poi scolateli, sciacquateli ancora e strizzateli. I capperi sott’aceto vanno solo rapidamente sciacquati, ma hanno un uso più limitato.
Cipolla
La cucina è onnipresente nella cucina italiana, ma non solo. Perché la cucina, lungo i millenni, è sempre stata sì trasformazione degli ingredienti mediante cottura per renderli commestibili e buoni, ma anche, si potrebbe dire, soprattutto sanificazione degli ingredienti stessi, cioè eliminazione dei più pericolosi batteri che da sempre infestano i nostri cibi.
E quali erano gli ingredienti che favorivano questa sanificazione? Tutti pensiamo istintivamente al pepe e alle spezie in genere, perché così è sempre stato detto. Invece i principali e più spietati nemici dei batteri sono sempre stati… la cipolla e l’aglio, da due a quattro volte più efficaci rispetto al pepe.
Questo è il motivo storico, unito al basso prezzo, che spiega il loro straordinario successo. Oggi, la necessità di sanificare è sfumata, ma il sapore della cipolla è nel nostro Dna, non ne possiamo fare a meno. La cipolla, ma è meglio dire il soffritto di cipolle, serve a dare sapore e soprattutto a legare e dare spessore ai piatti dove si utilizza.
C’è un solo problema: la cipolla, mondata e tritata (fra l’altro, se la si trita con un coltello di acciaio rischia di ossidare, quindi è meglio tritarla con un coltello di ceramica, che non la ossida), va cotta a bassissima temperatura, sotto i 100°, quella più elevata la brucia e la rende amarognola.
Quindi è meglio non metterla in un grasso che cuoce, inevitabilmente, a una temperatura superiore ai 100° ma stufarla senza grassi in una casseruola antiaderente, aggiungendo all’inizio poca acqua o brodo vegetale.
Quindi è meglio fare, 1 volta la settimana, il soffritto di cipolle o un altro soffritto, conservarlo in frigorifero (o in freezer) e poi aggiungerlo a cucchiai, quando la temperatura della casseruola o della padella è inferiore ai 100°, cioè quando è stata aggiunta acqua, brodo o un liquido che sobbollono – ma appunto se c’è un liquido che sobbolle la temperatura della casseruola è inferiore al 100°.
Per finire, tenete conto che in cottura l’acqua delle cipolle evapora ma voi dovete aggiungerne sia per cuocere sia per frullare, quindi 200 g di cipolle sbucciate alla fine diventano 200 g di crema di cipolle o soffritto che dir si voglia, che equivale a 6/7 cucchiai.
2. Concentrato di pomodoro, funghi secchi, grassi e olive
Concentrato di pomodoro
Il concentrato di pomodoro è una salsa di pomodoro disidratata. Per quanto possa essere fatto anche in casa, è meglio comprarlo già fatto, in tubetto. Può essere semplice, doppio e triplo, con crescenti tassi di disidratazione – ovviamente, meglio utilizzare il triplo.
Si utilizza dopo averlo stemperato in un liquido. Serve a dare spessore alle preparazioni e a legarne i sapori ed è veramente versatile e di utilizzo universale: solo la senape e il cioccolato grattugiato sono dei leganti (quasi) altrettanto versatili, ma non appartengono alla tradizione italiana.
Funghi secchi
I funghi secchi sono un altro, onnipresente ingrediente della cucina italiana, e questo è un bene. Sono prevalentemente funghi porcini, venduti interi (preferibile) o sminuzzati. Per utilizzarli, bisogna farli rinvenire, cioè ammollarli in acqua tiepida. 20 minuti sono sufficienti, 1 ora è meglio.
Alla fine si scolano, si strizzano e si tagliano a julienne o si tritano. Non gettate l’acqua di ammollo: basta filtrarla in un passino a trama fine e si può utilizzare per sostituire parzialmente l’acqua o il brodo vegetale nella preparazione dove si aggiungono i funghi ammollati.
Le dosi indicative, salvo le solite eccezioni, sono di 25 g di funghi secchi per 4 persone.
Grassi
Gli avi usavano molti, troppi grassi. Sia per dare spessore ai piatti sia per un motivo tecnico: evitare che gli ingredienti attaccassero alle casseruole che allora si utilizzavano e, coccio a parte, in tutte gli ingredienti si attaccavano e solo l’abbondanza dei grassi diminuiva questo rischio. Ma oggi?
Oggi ci sono le casseruole ricoperte di teflon, che permettono di usare pochissimi grassi. Oggi lottiamo tutti con il peso, e se diminuiamo i grassi è un bene. Oggi stiamo attenti al colesterolo, e se cuociamo con pochi o niente grassi (e alcuni li eliminiamo del tutto) è bene.
La soluzione ottimale è quella di cucinare del tutto senza aggiungere grassi, cosa più facile di quanto sembra, e poi profumare il piatto con 1 cucchiaio di olio a crudo. Certo, non si può fare per tutti i piatti, ma per molti sì. E così facendo, se una volta vogliamo toglierci lo sfizio di un fritto misto, lo possiamo fare senza timore.
Per il resto, se c’è una particolare attenzione all’olio extravergine di oliva, un ingrediente che della cucina italiana è quasi il simbolo, non viene di certo demonizzato il burro. Basta non esagerare (quasi) mai.
Olive
Sono un altro grande cardine della nostra cucina. Possono essere verdi, cioè raccolte immature, o nere, cioè raccolte a maturazione. Quelle verdi possono essere “dolci”, conservate in acqua leggermente salata, in questo caso basta sciacquarle, o in salamoia, e vanno sciacquate molto bene.
Quelle nere sono quasi sempre in salamoia e variamente aromatizzate. In ogni caso, meglio comprarle col nocciolo e poi denocciolarle invece di comprare quelle denocciolate. Per molti usi di cucina si può anche utilizzare la pasta di olive. Va stemperata in un liquido e poi aggiunta all’ultimo momento – e salate la preparazione dopo averla aggiunta, ché è salata.
3. Origano, pancetta, pangrattato, panna e pepe
Origano
Un altro punto fermo della nostra cucina, fra l’altro è un grande sanificatore. Meglio usarlo fresco, ovviamente, ma anche secco è gustoso. Se fresco aggiungetelo all’ultimo momento, se secco qualche minuto prima.
Pancetta
Sempre per dare spessore ai piatti, gli avi utilizzavano moltissima pancetta, ma anche prosciutto, guanciale, cotenne e altri prodotti conservati a base dell’onnipresente maiale. Oggi che lo scopo della cucina non è più quello di dare forza ai piatti, ma di rispettare gli ingredienti utilizzati e di mescolarli al meglio, la pancetta – salvo tante eccezioni – non serve più, o meglio se ne usa meno e non in tutti i piatti dove una volta veniva utilizzata.
Pangrattato
Onnipresente, serve a legare gli ingredienti sminuzzati, è una crosta per ingredienti fritti e ha altri innumerevoli utilizzi. Perché non penalizzi una preparazione, meglio utilizzare del (buon) pane casereccio secco, privarlo della crosta e grattugiarlo quando va usato: è una cosa facile da fare. Il pane grattugiato comprato in sacchetti ha sempre un sentore di stantio.
Panna
La panna una volta era onnipresente, oggi è quasi sparita, dolci a parte. Fin troppo sparita, e se aggiungere qualche cucchiaiata di panna è considerato dai più non accettabile, ci sono molte preparazioni, anche molte verdure, dove la panna sta più che bene.
E' sempre preferibile non usare grassi ma quando la panna ci vuole, va aggiunta senza esitare. Ovviamente solo la panna fresca da montare, e non le altre panne.
Pepe
Accanto al sale, il più onnipresente ingrediente che ci sia. Ovviamente, va comprato in grani – e di buona qualità, che comunque costa poco – e poi macinato. Il pepe nero, seccato, va aggiunto all’ultimo momento, anche dopo il sale – fatte salvo le solite eccezioni. Il pepe bianco, che è pepe privato della scorza esterna, è più delicato e adatto a essere aggiunto in un brodo in grani, senza macinatura.
4. Peperoncino, pinoli, pomodoro e prezzemolo
Peperoncino
Un dono delle Americhe al mondo che è diventato un cardine della nostra cucina, soprattutto nel Sud. Per peperoncino si intende un tipo di peperone dolce molto ricco di capsaicina, il principio attivo che dona la piccantezza, fatto essiccare.
Va sempre aggiunto all’ultimo momento, ché cuocendo degrada, dopo essere stato sbriciolato fra le dita (ma poi lavatevi subito le mani) o pestato in un piccolo mortaio.
Le dosi dipendono dal vostro gusto e da quanto è piccante. In genere se si aggiunge il peperoncino si omette il pepe. Il pepe di Cayenna non è un pepe ma un peperoncino in polvere.
Pinoli
I pinoli sono molto amati dalla cucina italiana, e questo va bene. Una sola avvertenza: per permettere loro di sviluppare il loro profumo è bene tostarli leggermente. Quindi è bene dotarsi di un padellino di teflon piatto di circa 12 cm di diametro e metterlo sul fuoco al minimo, se avete una piastra elettrica mettetela sull’1.
Poi unite i pinoli e fateli “tostare” (il termine è fra virgolette perché non è etimologicamente corretto dato che la temperatura di cottura è così bassa…) per circa 6-10 minuti, mescolandoli con un piccolo cucchiaio di legno.
Devono imbiondire ma non devono assolutamente scurire troppo. Poi si aggiungono, all’ultimo momento. La dose standard, salvo eccezioni, è di 20 g di pinoli per 4 persone.
Pomodoro
C’è da chiedersi com’era la cucina italiana prima dell’arrivo del pomodoro, che diventa realmente presente nei nostri piatti solo nella seconda metà del XIX secolo. Ma da allora, quanta strada! Oggi è onnipresente.
E quindi infinite ricette iniziano così: prendete 2 o più pomodori, sbollentateli per 2 minuti, scolateli, pelateli, privateli dei semi, delle costole e dell’acqua di vegetazione, spezzettateli e, a volte, ma non sempre, fateli scolare in un colino per 20 o 30 minuti, serve per far perdere loro del tutto l’acqua di vegetazione, che è acida.
Questa è la procedura corretta. Ma a questo punto conviene fare la salsa di pomodoro – e anche la passata, ovviamente – e aggiungerla quando serve, a cucchiai.
Ricordate che fra una salsa di pomodoro fatta nel pieno della stagione dei pomodori, quindi in linea di massima fra giugno e settembre, e conservata in barattoli previa sterilizzazione e una salsa fatta con i pomodori di serra che si trovano nei negozi negli altri mesi dell’anno – senza parlare di quelle in barattolo… – è di gran lunga meglio quella sterilizzata.
Prezzemolo
Il prezzemolo è onnipresente… come il prezzemolo, un modo di dire particolarmente azzeccato. Come fare, visto che dobbiamo aggiungerlo tanto spesso?
La soluzione migliore è quella di mettere a bagno tanto prezzemolo per circa 5 minuti, scolarlo e poi asciugarlo molto bene prima nella centrifuga e poi tamponandolo in una pezzuola pulita.
Si separano poi le foglie dai gambi (che vanno tenuti, servono per il mazzetto aromatico anche se purtroppo durano poco in frigorifero) e poi tritare le foglie, sia con un coltello pesante, sia con la mezzaluna sia con un piccolo frullatore. E poi conservarlo in un contenitore in freezer, dove dura a lungo.
Quando serve, si prende il contenitore, si gratta con i rebbi di una forchetta per levare il quantitativo necessario, si richiude il contenitore e lo si rimette in freezer. La dose indicativa, per 4 persone, è di 20 g.
5. Rosmarino, sale, spezie, uvetta e vino
Rosmarino
Anche il rosmarino è onnipresente, soprattutto se si arrostisce un ingrediente. Potete aggiungere un rametto di rosmarino, che poi alla fine leverete, oppure togliere dal rametto gli aghi e aggiungerli, magari tritati, e in questo caso restano nella preparazione.
Sale
Considerate il sale come una spezia, dato che ne mettiamo sempre troppo rendendo i piatti troppo “sapidi”, che non è un giudizio positivo. Quindi non mettetelo mai lungo la cottura, ché aggiungendo poi un ulteriore ingrediente salato di suo rischiate di rendere troppo salato il piatto.
Mettetelo, come per le spezie, a fine cottura, salvo le solite eccezioni che sempre ci sono.
Spezie
Le spezie non sono molto presenti nella cucina italiana, peperoncino a parte. Se si usano, una sola avvertenza: non aggiungetele a inizio cottura, come scrivono troppe ricette, ché in questo modo, per il troppo cuocere, perdono di forza e degradano.
Aggiungetele invece a fine cottura in modo che cuociano per pochi secondi, mantenendo tutto il loro profumo. Le più diffuse sono la cannella e la noce moscata.
La cannella compratela non in polvere ma a stecche e poi pestatele in un piccolo mortaio quando dovete usarla. Lo stesso per la noce moscata, che va grattugiata con una piccola grattugia – ma esiste anche un macina noce moscata che è estremamente utile.
Uvetta
L’uvetta, in genere in compagnia dei pinoli, è molto presente nella nostra cucina, e questo è un bene. Per essere utilizzata va reidratata. Si mette in una ciotola dell’acqua tiepida, si aggiunge l’uvetta e la si lascia a mollo per una ventina di minuti.
Si scola, si strizza e la si aggiunge, magari tritandola se troppo grossa. La dose indicativa, per 4 persone, è di 40 g. Esiste anche altra frutta secca, che va sempre reidratata.
Vino
Aggiungere un poco di vino nella cottura, facendolo magari sfumare, è tipico della cucina italiana. Quando lo si usa, bisogna tener conto di una cosa: che la parte alcolica del vino, nella cottura, dà un fondo acido e amaro del tutto sgradevole.
Per questo motivo si usa aggiungere 1 punta di zucchero nelle preparazioni dove il vino compare, serve a smorzare questa acidità. Ma il problema resta e diventa ancora più significativo per preparazioni dove il vino abbonda, come un filetto al vino rosso o un pollo al vino.
La soluzione ottimale è semplice: separare la parte alcolica da quella acquea e aromatica. Come? Portando al bollore in un pentolino il vino e facendolo sobbollire per 3 minuti. L’alcol, che è più volatile, evapora subito, si sente bene mettendo la faccia sul pentolino dove bolle. Il vino privato della parte alcolica dura senza problemi a lungo, tenendolo in una bottiglia in frigorifero.