Estate: per i più fortunati è tempo di vacanze, di ore stesi sulla spiaggia o su un prato a guardare il cielo e a far volare l’immaginazione.
È così che nascono le domande più curiose… e più impensabili.
Per esempio: dov’è il labirinto più grande e la parete per arrampicata più alta del mondo? oppure, perché le ostriche crude sono così difficili da aprire e perché il latte riduce il piccante?
E per gli amanti della storia: come giocavano i bambini romani?
Non mancano le riposte a domande più curiose e concrete: qual’è l’età perfetta per sposarsi e quanto conta la bellezza nel matrimonio? E che cosa consuma più batteria nello smartphone? ecc.
Leggiamole insieme!
1. Dov’è il labirinto più grande e la parete per arrampicata più alta del mondo?
Copre sette ettari di terreno e si trova a Fontanellato, in provincia di Parma: è il Labirinto della Masone, all’interno della proprietà dell’editore e collezionista d’arte Franco Maria Ricci, che ha elaborato e sviluppato il progetto insieme agli architetti Pier Carlo Bontempi e Davide Dutto.
Il labirinto è una tra le fantasie più antiche dell’umanità: simboleggia la fatica del percorrere la vita, ma anche la speranza di una via di uscita.
Già rappresentato in diverse incisioni rupestri, compare nel mito greco con Minosse, re di Creta, che incarica Dedalo di costruire un labirinto per imprigionare il mostruoso Minotauro.
Il Labirinto della Masone è interamente realizzato con quasi trecentomila piante di bambù di specie differenti, è ispirato ai percorsi geometrici raffigurati nei mosaici romani e ha una pianta a forma di stella che si estende su sette ettari intorno a un quadrato centrale.
Ospita spazi culturali su un’area di oltre cinquemila metri quadrati, dedicati alla collezione d’arte di Ricci (circa 500 opere dal Cinquecento al Novecento), e una biblioteca con i più illustri esempi di tipografia e grafica.
Di recente è stato aperto al pubblico.
Per quanto riguarda la parete per arrampicata più alta del mondo si chiama Excalibur, sebbene non sia per nulla dritta come una spada, ed è possibile cimentarsi nella sua scalata a Groningen, in Olanda.
È questa la parete artificiale per arrampicate più alta del pianeta, ossia una torre di 37 metri con uno sbalzo di 11 e con tre diversi lati sui quali cimentarsi, diversificati per tipologia e difficoltà.
La forma inclinata di Excalibur determina: un lato di scalata relativamente facile (sul dorso della parete), uno medio (sulla parte laterale) e uno difficile (riservato ai più esperti e a strapiombo per la maggior parte della sua percorrenza).
Oltre a essere frequentata quotidianamente da alpinisti e amanti degli sport estremi, l’imponente torre è anche meta di gite scolastiche.
La società che la gestisce organizza corsi di arrampicata per tutte le età.
L’unico inconveniente è l’imprevedibilità del meteo: visto che per ragioni di sicurezza l’attrazione resta chiusa in caso di pioggia, le liste di attesa possono essere molto lunghe.
2. Come giocavano i bambini romani?
I bambini romani si divertivano con poco: bastavano un mucchietto di noci, una palla e qualche ossicino di animale. E naturalmente, anche allora, c’erano i giocattoli di lusso.
- ALTALENA: veniva fabbricata con uno sgabello appeso a una corda, e resa a volte più comoda da un cuscino. Gli aquiloni erano in legno e panno.
- TROTTOLA: era in terracotta o legno: intorno le si avvolgeva un nerbo per farla girare e, quando rallentava, si utilizzava lo stesso per continuare a farla volteggiare con colpi leggeri. I bambini giocavano anche con rocchetti di legno appesi a uno spago: alcuni erano dipinti da pittori famosi.
- CUCCIOLI: non solo cani, ma anche oche, colombe e gatti, che arrivavano a Roma per i contatti con il Vicino Oriente e l’Egitto. Plutarco raccontò il dolore della piccola Tertia quando morì il suo cagnolino Perseo.
- BAMBOLE: le pupae restavano con le ragazze fino alle nozze. Erano di pezza, terracotta, ma anche di materiali più preziosi. Alcune avevano gambe snodabili, come la bambola in avorio trovata nella tomba della giovane Crepereia Tryphaena, vissuta nel II secolo d.C. La giovane, morta alla vigilia delle nozze, fu sepolta con la sua pupa, come era d’uso per le vergini.
- ASTRAGALI: si trattava di ossi di animale (ricavati da tibia e perone), generalmente pecora o montone, con i quali si svolgevano giochi diversi. Fra i più comuni, quello “delle cinque dita”, nel quale si lanciavano 5 ossicini in aria girando il palmo in basso per raccogliere gli astragali sul dorso. Erano riprodotti anche in terracotta e perfino in argento e oro.
- NOCI: erano le biglie dei bambini romani. Infatti Nuces delinquere (abbandonare le noci) significava lasciare l’infanzia per l’adolescenza. Con le noci si facevano molti giochi. Per esempio, i bambini costruivano torri di questi frutti, da far crollare tirandone loro contro uno. Oppure, lanciavano le noci in un recipiente dal collo stretto cercando di far canestro.
- PALLA: Marziale, negli Xenia, descrive vari tipi di palla e di giochi da fare con essa. Con il trigon, tre giocatori si lanciavano a sorpresa palle riempite di crine che respingevano senza trattenerle con le mani e senza spostarsi. Con il follis, la palla (gonfiata con aria o piume leggere), rimbalzava. E quindi i bambini ci giocavano anche da soli.
- BIBERON E SONAGLI: i progenitori dei biberon avevano forma di animali (porcellini o cagnolini) ed erano di terracotta variopinta. Per distrarre i neonati, invece, c’erano i sonagli (crepundia) anch’essi a forma di animale. Erano in coccio (i più economici), legno o metallo, con una pallina che rotolava al loro interno.
3. Che cosa consuma più batteria nello smartphone?
Il display ad alta definizione: questo spiega perché i nuovi smartphone hanno funzioni di risparmio energetico che spengono il display dopo pochi secondi di inutilizzo.
Alcune app poi succhiano energia più di altre: è il caso di Facebook, Spotify, Instagram, dei videogame e di altre app che, come conferma uno studio effettuato dalla Avg (azienda che produce antivirus), inviano e ricevono dati e notifiche.
QUALCHE TRUCCO: poi ci sono le connessioni: tenere il wi-fi acceso mentre si sta in giro fa sì che lo smartphone cerchi continuamente una rete a cui collegarsi, consumando batteria.
Lo stesso vale per il 4G e per il bluetooth. Anche la funzione push della mail, ovvero la connessione automatica al server di posta che controlla se ci sono nuovi messaggi, assorbe energia dalla batteria.
Un consiglio? Togliere l’impostazione automatica e controllare manualmente. E per risparmiare energia conviene anche spegnere la vibrazione: strano ma vero, consuma più dello squillo.
Ma, a fronte di app e connessioni che consumano sempre di più, c’è anche una buona notizia: la tecnologia delle batterie si è evoluta e non è più necessario aspettare che il telefono si scarichi completamente per ricaricarlo.
Si può farlo anche con la batteria carica a metà: non si rovina.
4. Qual’è l’età perfetta per sposarsi e quanto conta la bellezza nel matrimonio?
Qual’è l’età perfetta per sposarsi?
Varia a seconda di quando iniziamo a prendere in considerazione l’idea: chi ci pensa a 18 anni dovrebbe convolare a nozze a 20 anni e 6 mesi, mentre per chi progetta il matrimonio a 25 l’età giusta è 28 anni e 7 mesi.
Ad affermarlo è uno studio di un gruppo di matematici della University of New South Wales, in Australia.
Il teorema degli scienziati australiani è frutto di una formula nota come optimal stopping rule (“regola dell’arresto ottimale”), già utilizzata nel campo della finanza per stabilire il momento giusto in cui investire massimizzando i profitti e minimizzando i costi.
Nel dettaglio, i ricercatori hanno effettuato un raffinato calcolo delle probabilità usando molti parametri, tra cui l’età in cui il matrimonio è considerato una “possibilità” e quella in cui inizia a essere una “necessità”.
L’utilità della ricerca? Il fatto che – stando alla matematica – comprendere con esattezza quando fare il “grande passo” ridurrebbe il numero dei divorzi.
Quanto conta la bellezza nel matrimonio? Secondo uno studio pubblicato dal Journal of Family Psychology, i rapporti più felici sono basati sull’equilibrio della bellezza dei partner.
Dallo studio è emerso che le coppie più attraenti non erano più felici, mentre era importante la differenza fra il livello di bellezza dei coniugi: se la moglie era più carina, il comportamento verso il partner era costruttivo, mentre se era il marito ad essere più piacente, era anche meno collaborativo e meno soddisfatto del matrimonio.
E pure le mogli degli uomini più belli erano meno contente. Perché? Secondo i ricercatori, gli uomini attraenti hanno più possibilità di relazioni extraconiugali e si impegnano meno a mantenere vivo il matrimonio.
E le donne, interessate più alle attenzioni del partner che al suo aspetto, reagiscono negativamente al comportamento poco collaborativo di lui.
5. Perché le ostriche crude sono così difficili da aprire e perché il latte riduce il piccante?
Perché le ostriche crude sono così difficili da aprire? Colpa della paramiosina, una proteina che rende molto forte la chiusura delle valve del mollusco.
La paramiosina, che si trova in molti molluschi e invertebrati, è così potente che ogni anno 2.000 francesi (in Francia le ostriche crude sono molto apprezzate) devono ricorrere alle cure mediche perché si feriscono nel tentativo di aprire le valve.
Ma se queste sono ben serrate è comunque un buon segno, perché significa che l’ostrica è viva e sana.
Se invece si aprono senza difficoltà, vuol dire che il mollusco è già morto e non va mangiato perché risulterebbe tossico.
Nel 97% dei casi, le ostriche che si portano in tavola derivano da allevamenti; la Cina è il principale produttore ma di solito quelle che si mangiano in Europa sono allevate in loco.
Qui il maggior produttore è la Francia, con oltre 100.000 tonnellate all’anno.
Perché il latte riduce il piccante? Il gusto piccante che percepiamo quando mordiamo un peperoncino è causato principalmente dall’alcaloide capsaicina: più il frutto ne è ricco, maggiore sarà la piccantezza.
Questa non è distrutta dalla cottura ed è in grado di stimolare i recettori del caldo VR1 situati sulla lingua, provocando la tipica sensazione di bruciore (illusione termica).
Senza capsaicina, l’attivazione di questi recettori avverrebbe a temperature superiori ai 43 °C.
Secondo gli esperti dell’American Chemical Society, bere un bicchiere di latte dopo aver mangiato cibi piccanti allevia questa sensazione, perché la caseina (proteina del latte) agisce sui recettori VR1 contrastando l’effetto della capsaicina, e attenuando così il “bruciore”.