Fare previsioni sul futuro è difficile. Ma è anche vero che il domani prende le mosse dall’oggi.
Mossi dalla curiosità, siamo perciò andati a curiosare fra le ricerche di punta e abbiamo scoperto i 5 progetti che potrebbero rivoluzionare la nostra vita nei prossimi decenni.
Alcuni esperimenti sono già in corso. Altri, invece, sono ancora nella fase di progettazione, ma con ottime probabilità di decollare.
Se volete saperne di più sul nostro futuro, allora proseguite nella lettura e fateci sapere se siete d’accordo con le nostre scelte.
L’unica vera certezza è che il domani si prospetta luminoso.
1. Costruire una macchina “redattrice” del DNA umano
CHI: Massachusetts Institute of Technology (MIT) e Università di Harvard, Massachusetts
STATO DEI LAVORI: in corso
COSTO: non reso noto
Nel Massachusetts un team di ricercatori ha costruito una macchina che effettua un lavoro di editing, redazionale, del DNA, una funzione simile al “copia e incolla” dell’elaboratore di testi del nostro computer.
Potrebbe significare che presto i medici potranno eliminare le lettere del DNA che codificano le malattie ereditarie del genoma umano, o magari rendere il corpo immune a virus pericolosi, come quello dell’AIDS (l’HIV) o dell’influenza.
Ma i benefici non finiscono qui. Se è inserito in un batterio, il DNA “riscritto” potrebbe infatti trasformare questo microrganismo in una minuscola fabbrica che sforna medicine o addirittura nuovi combustibili.
La scienza dell’informazione del genoma potrebbe avere nel XXI secolo l’enorme impatto che ha avuto la scienza dell’informazione basata sul silicio nel XX. Darà vita a nuovi settori produttivi - alcuni dei quali oggi non sono neppure immaginabili - oltre a determinare un cambiamento fondamentale nel trattamento delle malattie.
La macchina costruita nel Massachusetts, il cui nome poco altisonante è MAGE (acronimo di Multiplex Automated Genome Engineering), è un progresso significativo in questa branca nascente della scienza.
Costituita da una rete di fiasche, provette, pompe e strumenti di controllo, la macchina funziona sfruttando il processo di replicazione del DNA, che si verifica quando le cellule biologiche eseguono in maniera naturale una copia di se stesse.
Invece di lasciare che le cellule producano una perfetta copia, la macchina interviene per scambiare corte sequenza di lettere, i cosiddetti “codoni”, con nuovi codoni di DNA sintetico.
Un codone è composto da tre lettere di DNA. Ciascuna lettera rappresenta una particolare “base” chimica (contrassegnata dalle lettere A, G, T oppure C), e ciascun codone codifica (contiene le istruzioni) di uno specifico amminoacido.
Quando è allineata a catena, la sequenza di amminoacidi crea una molecola proteica che esegue una funzione specifica nella cellula. Tuttavia buona parte del linguaggio del DNA è ridondante, vale a dire diversi codoni differenti rappresentano lo stesso amminoacido.
In un recente esperimento per dimostrare questa tecnica, MAGE ha sostituito tutti i codoni TAG del batterio Escherichia coli con i codoni TAA. Entrambi i codoni producono lo stesso amminoacido e quindi svolgono la stessa funzione.
Se a questo punto tali codoni ridondanti sono riprogrammati per fabbricare amminoacidi che di solito non troviamo in natura, allora le cellule possono essere trasformate in fabbriche chimiche che producono a richiesta nuovi composti.
Per esempio, la LS9, una compagnia di biocarburanti di San Francisco - il cui cofondatore è il professor George Church dell’Università di Harvard (il genetista che ha diretto lo studio della sostituzione del codone TAG) - usa un E. coli geneticamente modificato per produrre combustibili sostenibili.
Come spiega lui stesso, “le prime applicazioni pratiche sono già in corso, per esempio per ottimizzare la produzione di sostanze preziose da parte dei batteri. La prossima serie di applicazioni di MAGE sarà diretta alla fabbricazione di cellule industriali resistenti a diversi agenti virali. Pensiamo di ottenere qualche risultato preliminare entro un anno”.
Recentemente, il team di Church ha rivolto l’attenzione all’applicazione della tecnologia MAGE sulle cellule umane, con radicali benefici potenziali per le malattie nell’uomo. Provate solo a pensare di “poter cancellare” i geni responsabili di malattie ereditarie come la sindrome di Down o la malattia di Huntington!
E che ne direste se potessimo salvaguardare le nostre cellule con un “programma di protezione” che le rende immuni ai virus? Ebbene, l’influenza, l’epatite e l’AIDS smetterebbero di essere le malattie mortali che sono oggi.
In più, Church è aperto all’idea di modicare il codice genetico degli embrioni per generare neonati resistenti ai virus. I ricercatori stanno usando MAGE per modificare le cellule staminali umane.
Hanno in progetto di effettuare l’editing del codice genetico delle cellule per introdurre mutazioni controllate. E così potremmo capire come le mutazioni causano le malattie.
2. Supergrano per migliorare la resa dei raccolti
CHI: il Wheat Yield Consortium, gestito dall’International Maize and Wheat Improvement Center, in Messico
STATO DEI LAVORI: finanziato in parte
COSTO: stimato in 10 milioni di dollari (circa 8 milioni di euro) all’anno per dieci anni, a cui farà seguito una seconda fase dal costo simile o anche inferiore. Dipenderà dai progressi.
Nutrire sette miliardi di bocche umane vuol dire già oggi destinare all’agricoltura un’area grande come il Sudamerica.
E con la popolazione destinata a crescere di altre 2,6 miliardi di unità entro il 2050, gli scienziati sono ansiosi di trovare modalità più efficienti per produrre il cibo.
Gli esperti del Wheat Yield Consortium (WYC) credono che questa crisi potenziale possa essere scongiurata da un supergrano, regolando la biochimica di questa pianta così da accrescere copiosamente la sua produzione.
L’obiettivo che gli esperti si sono posti è aumentarne la resa del 50 per cento entro i prossimi 25 anni. Ma come?
Il progetto si impernia sull’aumento di efficienza della fotosintesi, che per ora è l’anello debole della catena. La fotosintesi è la risultante di una serie di processi mediante i quali la pianta incamera acqua, luce solare e anidride carbonica dall’atmosfera, che impiega per fabbricare cibo sotto forma di carboidrati, oltre che per liberare l’ossigeno.
Come spiega Matthew Reynolds, fisiologo del grano al Wheat Yield Consortium (WYC), “ci stiamo concentrando soprattutto sul miglioramento dell’enzima principale della fotosintesi, la RuBiSco (Ribulosio Bifosfato Carbossilasi), piuttosto inefficiente: forse perché si è evoluto quando i livelli di CO2 e di O2 (ossigeno) nell’atmosfera terrestre erano molto differenti da adesso”.
Il progetto è aumentare la produzione di energia nelle centrali della fotosintesi avvalendosi della modificazione genetica e della più tradizionale impollinazione incrociata.
E si propone al contempo di sviluppare meccanismi biologici capaci di concentrare la CO2 dell’atmosfera, che metterebbe a disposizione dell’intero processo più materia prima da elaborare. Il progetto è alla ricerca di una copertura finanziaria.
Comunque, sono già in corso alcuni test nella stazione sul campo Yield Consortium (WYC), nel deserto di Sonora in Messico.
3. Costruire macchine che catturano l'anidride carbonica dall'atmosfera
CHI: Carbon Engineering, Calgary, Canada
STATO DEI LAVORI: i primi trial sono stati completati a novembre del 2011
COSTO: investimento previsto intorno ai 5 milioni di euro
Mentre i governi continuano a discutere sul cambiamento climatico e su come affrontarlo al meglio, è inevitabile pensare che sarebbe prudente avere un “piano B”, una strategia da ultima spiaggia fruibile se la situazione volgesse al peggio.
La causa principale del riscaldamento globale è un gas, l’anidride carbonica (CO2), prodotto in enormi quantità dall’industria e dai sistemi di trasporto, e che intrappola il calore del Sole.
L’azienda canadese Carbon Engineering intende estrarre chimicamente la CO2 dannosa dall’atmosfera con un’operazione di geoingegneria, o ingegneria del clima.
A questo proposito, sta costruendo dei congegni che aspirano l’aria e la spingono attraverso una soluzione contenente idrossido di sodio.
Alla fine, la CO2 precipita in forma solida come carbonato, che può essere interrato (sequestramento) o impiegato per ulteriori applicazioni industriali.
La compagnia è finanziata da capitali d’investimento elargiti da Bill Gates e dall’uomo d’affari canadese Murray Edwards.
Nel 2011 la Carbon Engineering ha completato un test preliminare in cui il carbonio è stato efficacemente estratto dall’aria per 500 ore tramite un sistema sperimentale.
Una successiva tornata di esperimenti con lo stesso prototipo è prevista per il futuro, con l’obiettivo di aumentare il suo funzionamento a diverse migliaia di ore.
L’azienda canadese prevede di lavorare su un progetto pilota commerciale. Ciascuna unità completa – che assomiglierà vagamente alle gigantesche torri di raffreddamento delle centrali nucleari – dovrebbe rimuovere secondo le previsioni ogni anno dall’atmosfera un milione di tonnellate di CO2.
La nostra civiltà ne emette circa 30 miliardi di tonnellate ogni anno e perciò sarebbero necessarie 30.000 unità per controbilanciare l’influsso dell’uomo.
4. Una fonte sicura e abbondante di energia nucleare
CHI: International Thermonuclear Experimental Reactor (ITER), Francia
STATO DEI LAVORI: in costruzione; potenzialmente operativo entro il 2020
COSTO: 13 miliardi di euro
Nel 1956 il Regno Unito “accese” la prima centrale nucleare al mondo, a Calder Hall nella Cumbria.
L’energia nucleare fu salutata come una fonte abbondante di energia per il futuro.
Ma, da allora, gli incidenti di Three Mile Island, di Chernobyl e di Fukushima hanno messo bene in luce che è una fonte di energia con uno scotto da pagare.
Un esperimento che sarà avviato entro il prossimo decennio potrebbe cambiare la situazione e regalarci una fonte di energia nucleare sicura, che fornirà energia per migliaia di anni. Il progetto si chiama ITER.
I reattori nucleari su grande scala sfruttano tutti la fissione nucleare. In questo processo i nuclei atomici dell’uranio sono bombardati da particelle di neutroni, che causano la divisione (o fissione) dei nuclei e la liberazione di energia, oltre a quella di ulteriori neutroni che, ripetendo il processo, innescano una reazione a catena.
È una situazione per nulla rassicurante: l’uranio, ossia il combustibile, deve essere estratto e trattato, la reazione a catena va costantemente contenuta affinché non sfugga al controllo e i prodotti della fissione conservano la loro radioattività per centinaia di migliaia di anni, creando un grosso problema: lo stoccaggio delle scorie.
L’ITER sarà invece un reattore nucleare a fusione e funzionerà creando un legame tra il deuterio e il trizio (atomi di idrogeno, o isotopi, che possiedono neutroni supplementari).
Come spiega Michael Claessens, membro del team di ITER, “la fusione è sicura ed è scongiurata qualsiasi reazione a catena”.
Aggiunge poi che “i reattori a fusione non producono scorie radioattive a lunga vita e la quantità di combustibile disponibile è enorme: il deuterio è abbondante nell’acqua del mare e il trizio lo ricaviamo con facilità dal litio”.
La fusione è la fonte di energia che fa risplendere il Sole. Il problema che i ricercatori devono superare prima di sfruttarla è il contenimento del combustibile super riscaldato, con temperature che sfiorano i 150 milioni di gradi centigradi.
ITER proverà a superare l’ostacolo usando i campi magnetici, che intrappoleranno il combustibile dentro una vasca di contenimento a forma di ciambella, chiamata “tokamak”.
5. Impiantare farmaci intelligenti nel corpo umano
CHI: Space Biosciences Division, NASA Ames Research Center, California, Stati Uniti
STATO DEI LAVORI: in corso
COSTO: non reso noto
Immaginate una capsula intelligente che, inserita nel nostro corpo, rilascia una medicina al primo sentore di un problema clinico.
Tale dispositivo potrebbe salvare innumerevoli persone colpite da malattie che richiedono la somministrazione continuata, anche se non regolare, di farmaci, come nel caso del diabete.
L’hanno messa a punto i ricercatori all’Ames Research Center della NASA in California, impiegando nanotubi al carbonio (minuscoli cilindri composti di atomi di carbonio appunto) per fabbricare una microscopica capsula da impiantare sotto la pelle degli astronauti.
L’idea è quella di introdurre nella capsula cellule biologiche pronte a reagire ai rischi più diversi, come l’aumento del livello delle radiazioni (causato, per esempio, dall’eruzione solare), e di rilasciare farmaci che attivano le difese dell’organismo.
Queste cellule sarebbero modificate artificialmente intervenendo in particolare sui loro geni, inducendoli così a produrre i farmaci come reazione a stimoli specifici.
Per la protezione da radiazioni potrebbero essere create ad arte cellule che secernono (producono e liberano) il G-CSF (fattore stimolante le colonie di granulociti), un farmaco già somministrato ai pazienti colpiti da tumore e sottoposti a radioterapia.
Una capsula fabbricata con i nanotubi di carbonio acquisisce una struttura porosa che permette alle cellule al suo interno di nutrirsi e di proliferare e ai farmaci che esse rilasciano di entrare in circolo.
Come conferma David Loftus, il progettista di questa biocapsula all’Ames, “le cellule contenute al suo interno secernono molecole terapeutiche, che fuoriescono per diffusione attraverso la sua parete”.
Fra breve il dispositivo dovrebbe essere provato nei trial clinici con gli animali, a cui seguiranno di lì a poco i test sull’uomo.
Se funzioneranno, le biocapsule “entreranno in servizio” sulla Stazione Spaziale Internazionale entro 10 anni. Potrebbe poi seguire la sua applicazione sulla Terra.
Infarcendola di isolotti di cellule del pancreas, la capsula potrebbe per esempio secernere l’insulina quando aumenta il livello di zuccheri nel sangue: un vero sistema terapeutico automatizzato per le persone diabetiche.