Chi è salito almeno una volta in cima al campanile di San Marco a Venezia lo sa bene: Venezia è cinta da una corona di isolette.
Baluardo di difesa, dimora di pescatori, sede di silenziosi monasteri, luogo d’asilo per malati e di riposo per i morti, coperta di fertili orti e vigneti o ricca di operose botteghe di vetro e merletti, ciascuna ha la sua vocazione e la sua storia particolare.
In alcune, più di 1.500 anni orsono, gli esuli in fuga dalle città della terraferma cercarono riparo dalle invasioni barbariche.
Sono chiamate isole “native” perché furono culla della civiltà veneziana. Lo sapevate che Anche Venezia ha le sue “Atlantidi”?
A causa della mutevolezza e dell’instabilità della laguna, infatti, alcune isole non sono più indicate nelle carte geografiche e rimangono vive solo nei racconti popolari o in documenti riconducibili all’alto Medioevo.
Alcune non hanno lasciato traccia alcuna, altre sono state localizzate dagli archeologi, altre ancora sono state invase dalla vegetazione o ridotte a barene.
Tra queste, Ammiana e Costanziaca, oggi sommerse, al tempo importanti centri della laguna nord, ricchi di monasteri e chiese, e Sant’Ariano, forse la più misteriosa. Oggi coperta di rovi che crescono su uno strato di ossa e un muro ricoperto di croci, fu abbandonata a causa della malaria intorno al 1400 e in seguito adibita a ossario.
Scopriamo allora le più importanti tra le isole minori di Venezia: San Francesco del deserto, Mazzorbo e Sant’Erasmo, San Lazzaro degli Armeni, San Servolo e, infine, l’isola del Lazzaretto nuovo.
1. SAN FRANCESCO DEL DESERTO, bellezza e solitudine
Una volta approdati per la prima volta a San Francesco del Deserto, a colpire è soprattutto l’atmosfera solitaria.
L’isola, pur se racchiusa da alti cipressi e raggiungibile solo via acqua con i motoscafi, non è però disabitata.
In questo posto magico e appartato vi vivono solamente quattro frati francescani e se ne prendono amorevolmente cura.
Ecco la storia di San Francesco del deserto: Jacopo Michel, nobile veneziano e antico proprietario dell’isola, nel XIII secolo aveva fatto costruire una chiesa dedicata a San Francesco, la prima nel Nord Italia.
Leggenda vuole infatti che il santo, di ritorno dall’Oriente, fosse passato di qui, compiendo alcuni miracoli.
Una volta entrati in chiesa, si scopre l’interno molto essenziale e dopo aver superato alcune cappelle che ricordano la presenza di San Francesco e Sant’Antonio da Padova, ci si può arrivare in un chiostro austero e silenzioso.
Nel 1233 Michel donò l’intera isola ai frati francescani, che l’abbandonarono in due sole occasioni:
- la prima a causa della malaria, dal 1400 al 1450, quando il suo nome originario, Isola delle due vigne, cambiò in San Francesco del deserto proprio perché per anni era stata, appunto, deserta;
- la seconda tra il 1808 e il 1858, quando i francesi e poi gli austriaci la trasformarono in fortezza militare.
La serenità e la bellezza di questo luogo infondono una profonda e intima suggestione che non ci abbandona facilmente.
2. MAZZORBO, antico rifugio tra le vigne e SANT’ERASMO, gli orti della Serenissima
Mazzorbo: è l’isola che diede rifugio agli abitanti dell’antica città di Altino – l’attuale comune di Quarto d’Altino, in provincia di Venezia –, minacciati dall’invasione degli Unni guidati dal temibile Attila.
Qui, nel cuore della Venezia “nativa”, in una “vigna murata”, cioè cinta dalle mura dell’antico monastero di San Michele Arcangelo, si coltiva un vitigno veneziano dimenticato, la Dorona, l’uva d’oro amata dai dogi, che sfida l’acqua alta producendo un vino unico al mondo.
Siamo nella tenuta Scarpa Volo, che è anche ristorante, osteria e wine resort: un luogo speciale, che oltre le mura conserva ancora intatto il campanile trecentesco del monastero, circondato da orti.
L’isola si presta a lunghe passeggiate a piedi lungo tutto il suo perimetro: un’occasione che ci regala la scoperta di un piccolo e antichissimo gioiello, la chiesa di Santa Caterina, del XIV secolo.
Una delle sue tre campane risale al 1318 ed è la più antica conservata in tutto il territorio lagunare, nonché una delle più antiche d’Europa: tradizione vuole che produca onde sonore in grado di allontanare i temporali.
La trattoria Alla Maddalena si affaccia sulle fondamenta dell’imbarcadero e, oltre a una vista molto rilassante sul canale, offre la possibilità di assaggiare una delle specialità dell’isola, il “risotto di go”, ossia di ghiozzo, gustoso pesce lagunare.
Sant’Erasmo: l’isola è grande, la maggiore della laguna, e per girare più comodamente è consigliabile noleggiare delle bici. Quello che colpisce subito sono soprattutto l’aspetto selvaggio e il silenzio che circonda le vigne, i frutteti e le coltivazioni di ortaggi, interrotti solo da case isolate, boschi e canali.
Tra una pedalata e l'altra si arriva alla Torre Massimiliana, una massiccia fortificazio-ne militare asburgica, oggi divenuta centro culturale, che si affaccia sulla bocca di porto del Lido e domina la spiaggetta del bacan.
L’acqua limpida e una caratteristica osteria sull’acqua, che offre ristoro dalle afose giornate estive, la rendono uno dei luoghi preferiti dai veneziani muniti di “barchino”.
3. SAN LAZZARO DEGLI ARMENI, un'oasi di Oriente
San Lazzaro degli Armeni, è una minuscola oasi di Oriente a Venezia.
Ma perché questo bellissimo luogo porta questo nome?
Correva l’anno 1717 e l’isola, fino a quel momento usata come lebbrosario, fu assegnata a un nobile monaco armeno, Manug di Pietro, detto Mechitar, “il Consolatore”.
Costui, fuggito a Venezia in seguito all’invasione turca, trasformò San Lazzaro in un luogo di carità e di cultura e diede inizio all’istituzione dei Padri Armeni Mechitaristi.
Oltrepassato il chiostro luminoso, circondato da palme rosai e un cedro del Libano centenario, è d'obbligo visitare la biblioteca, che è la più grande al modo di cultura armena.
Le pareti sono interamente rivestite di scaffali antichi in legno di pero, che contengono oltre 150.000 manoscritti antichi e rarissimi, il vero tesoro del convento; qui sono inoltre custoditi vari cimeli, tra cui una mummia egizia, una delle meglio conservate al mondo.
Per non parlare della stamperia, che risale alla fine del XVIII secolo e produceva volumi in ben 36 lingue e dieci alfabeti.
Ancora oggi, attorno alla piccola chiesa d’impianto gotico di San Lazzaro e al piccolo chiostro fervono la preghiera e lo studio.
4. SAN SERVOLO, storie di follia reclusa
L’isoletta di San Servolo, a soli 8 minuti di navigazione da Piazza San Marco, è raggiungibile con i mezzi pubblici da San Zaccaria.
Antico monastero e, dal 1725, ospedale psichiatrico, l’isola ebbe questa triste funzione di ricovero dei malati di mente fino al 1978.
Oggi è uno spazio polifunzionale: cinque ettari dedicati ad arte, cultura, ricerca e formazione, che ospitano un centro congressuale ed espositivo cui è annessa una struttura ricettiva, la Venice International University, una sezione dell’Accademia di Belle arti di Venezia e il Collegio internazionale di Ca’ Foscari.
A ricordare il passato di quest’isola rimane il Museo del manicomio di San Servolo, istituito nel 2006.
Nele sue sale, dove sono conservati tra l’altro vecchi strumenti di contenzione e medicinali ottocenteschi, apparecchi per l’elettroterapia e manufatti di degenti sottoposti a ergoterapia.
Particolarmente interessante è anche la farmacia storica del manicomio, perfettamente conservata, con arredi e vasi d’epoca.
Il chiostro, l’incantevole chiesa del Settecento e il meraviglioso giardino, racchiuso tra i caseggiati che un tempo ospitarono “la follia reclusa”, inducono a credere possibile che tanta sofferenza abbia trovato pace, sublimandosi, nel verde di prati ben tenuti, tra palme e pini d’Aleppo, nella serenità che la laguna dona a queste terre sospese tra cielo e mare.
5. LAZZARETTO NUOVO, baluardo contro la peste
L’isola del Lazzaretto Nuovo,sorge di fronte al litorale di Sant’Erasmo.
Anticamente l’isola, chiamata Vigna Murada, era proprietà dei benedettini.
Solo dal 1468 la Serenissima le attribuì la funzione a cui deve il nome attuale: quella di lazzaretto, con compiti di prevenzione dei contagi di peste. Lazzaretto novo, per distinguerlo dall’altro, quello vecchio, che già esisteva vicino al Lido.
Fu così che Lazzaretto Nuovo divenne luogo di quarantena per le navi provenienti dai vari porti del Mediterraneo: gli equipaggi potevano scendere e raggiungere Venezia solo una volta appurato con certezza che non avessero contratto il morbo durante il viaggio.
In questo posto, dopo una camminata tra due file di gelsi secolari, ci si trova davanti a una lunga costruzione in mattoni: è il cinquecentesco tezon (tettoia) grande, il più grande edificio pubblico veneziano dopo le Corderie dell’Arsenale, al tempo usato per la purificazione delle merci.
Una volta entrati, bisogna far attenzione sui muri: è una sorpresa scoprire che, sulle pareti, iscrizioni e disegni originali narrano in modo incredibilmente vivido fatti storici come l’elezione di dogi e viaggi per nave in terre lontane.
Nel tezon sono conservati anche vari reperti archeologici, imbarcazioni tipiche veneziane e resti di ossa umane, tra cui lo scheletro ricostruito di un uomo di 30 anni, morto di peste nel 1630.
L’uso dell’isola a scopo di prevenzione sanitaria andò a poco a poco regredendo nel corso del 1700; con Napoleone prima e poi con gli austriaci prevalsero gli scopi militari.
Usata dall’esercito italiano fino al 1975, restò poi in balia dell’incuria ed esposta al saccheggio.
Oggi l’isola del Lazzaretto Nuovo, dopo una serie di restauri, è rinata e vive grazie alle attività dell’associazione.
E' consigliabile, infine, fare il giro naturalistico dell’isola. Fra allori, pruni selvatici e frassini, si può seguire l’antico “giro di ronda” delle sentinelle, da dove non è difficile avvistare garzette, aironi, cormorani e cavalieri d’Italia.