Sono sempre più precisi e sofisticati gli esami che consentono di intercettare una patologia visiva sul nascere.
Nell’ultimo decennio i progressi in campo diagnostico sono stati resi possibili da due fattori: il perfezionamento delle tecniche di imaging (frutto della più avanzata tecnologia digitale) e l’utilizzo di luci “coerenti”, per nulla invasive, in grado di attraversare la normale trasparenza dell’occhio umano.
Oggi elencheremo tutti i nuovi test (si effettuano con il servizio sanitario, tranne il LipView) e le indicazioni degli esperti su quando è bene farli.
Inoltre sono indolori e consentono di individuare i problemi visivi prima che compaiano i sintomi.
1. OCT PER IL GLAUCOMA
La tomografia ottica computerizzata (OCT) è una nuova tecnica di diagnosi per immagini non invasiva, utile per evidenziare i primi segni di glaucoma.
Si tratta di un esame molto importante perché questa malattia, definita “ladro silenzioso della vista”, è tanto diffusa quanto insidiosa: quando compaiono i sintomi la vista è già compromessa.
- In che cosa consiste
Con il mento e la fronte appoggiati a un apparecchio, si fissa una croce luminosa bianca, mentre una luce rossa (simile a quella usata nei sistemi di puntamento laser) “scannerizza” la testa del nervo ottico e le diramazioni che innervano la retina».
L’esame dura tre minuti in tutto. - Che cosa “legge”
Rileva se c’è una sofferenza delle terminazioni nervose ed è quindi un esame più completo di quello eseguito con il tradizionale tonometro, che si limita a misurare la pressione interna dell’occhio senza rilevare eventuali sofferenze del nervo ottico.
Può accadere, infatti, che nel momento in cui si fa l’esame la pressione sia ok ma che, fluttuando, abbia già causato un iniziale danno al nervo. - Quando farlo
Dopo i quarant’anni, se si ha una predisposizione familare o anatomica (l’occhio con una camera anteriore bassa) al glaucoma.
2. TOPOGRAFIA CORNEALE
Questo esame consente di studiare in maniera approfondita tutti i difetti di rifrazione: astigmatismo, ipermetropia, miopia e cheratocono, una malformazione genetica che modifica la forma della cornea in una specie di cono.
A differenza della tradizionale topografia corneale, che si limita ad analizzare solo la superficie anteriore della cornea, la topografia scannerizza tutto lo spessore corneale, esaminando anche la superficie posteriore.
L’immagine, quindi, è più completa e dettagliata.
- In che cosa consiste
Con il viso appoggiato a una mentoniera, si fissa attraverso un binocolo una luce rossa, al centro di alcuni cerchi concentrici (dischi di Placido), mentre delle microtelecamere registrano il modo in cui la luce viene refratta dalla cornea. - Che cosa “legge”
Analizzando ben sei milioni di punti distribuiti su tutta la cornea, permette una diagnosi ultraprecisa di tutti i deficit visivi. Così è possibile fare una prescrizione ad hoc di occhiali o lenti a contatto adatte alla curvatura corneale. - Quando farlo
Ogni volta che si devono cambiare le lenti correttive o se desidera sottoporsi a trattamenti laser per eliminare il proprio difetto visivo.
3. OCT PER LE RETINOPATIE
Si tratta sempre di una tomografia ottica computerizzata ma mirata ad analizzare nei minimi dettagli la retina.
In particolare viene studiata la macula, la parte centrale della retina in cui si concentrano i raggi luminosi.
In pratica, è il focus della nostra pellicola fotografica, punto strategico della visione.
Grazie a questo esame, la retina viene scannerizzata e “tagliata” virtualmente a fettine, in modo da analizzarla sezione per sezione.
In questo modo si evidenziano tutte le strutture retiniche come se fossero osservate al microscopio e si rilevano le forme iniziali di maculopatia.
- In che cosa consiste
L’esame si esegue in pochi minuti, esattamente come l’OCT della testa del nervo ottico. - Che cosa “legge”
Molto più preciso del cosiddetto “fondo dell’occhio” eseguito con l’oftalmoscopio (che oltretutto richiede la preventiva instillazione di gocce per dilatare la pupilla), L’OCT fotografa la condizione, il decorso e il calibro dei vasi retinici. - Quando farlo
Dopo i 50 anni. Prima in presenza di diabete, ipertensione arteriosa, miopia elevata, trigliceridi alti.
4. TEST DEL RIFLESSO ROSSO
Risale a maggio scorso (2015) la direttiva Asl, emanata da molte Regioni, che obbliga i neonatologi a fare il test del riflesso rosso al momento della dimissione del piccolo dall’ospedale.
Si tratta di un esame importantissimo per controllare la funzione visiva appena nati.
Se dal test emergono problemi o situazioni dubbie viene subito consultato l’oculista».
- In che cosa consiste
In una camera semioscura, a distanza di mezzo metro viene puntata sugli occhi del neonato una luce bianca, immediatamente riflessa in una tonalità rosso-arancio.
Se il neonatologo non riesce a evocare questo riflesso, in uno o in entrambi gli occhi, o se appare offuscato e con una macchia al centro scatta l’allarme. - Che cosa “legge”
Individua eventuali opacità congenite della cornea o del cristallino (cataratta neonatale), residui di membrana epipupillare non riassorbiti al momento del parto e tumori della retina. - Quando farlo
Nei primi giorni di vita (fatta eccezione per i prematuri). Se non viene effettuato in ospedale, va richiesto al pediatra.
5. LIPIVIEW PER L’OCCHIO SECCO
È arrivato da pochi mesi in Italia un nuovo apparecchio ideato per stilare un’analisi dettagliata del film lacrimale che lubrifica i nostri occhi.
Rispetto al tradizionale Test di Schlimmer, che utilizza striscioline di carta assorbente, il LipiView sfrutta una sofisticata tecnologia computerizzata che analizza non solo la quantità ma anche la qualità della produzione lacrimale.
- In che cosa consiste
Si appoggia il volto a un visore e si fissa un puntino luminoso verde per uno-due minuti, mentre delle videotelecamere riprendono gli ammiccamenti spontanei (apertura e chiusura delle palpebre) e la relativa secrezione lacrimale. - Che cosa “legge”
L’analisi spettrofotometrica consente di evidenziare con estrema precisione la percentuale di componente lipidica, acquosa o zuccherina del film idratante. - Quando farlo
A primi sintomi di “dry eye” sia per l’uso di computer, smartphone e tablet (la luce blu emessa dai dispositivi digitali “secca” gli occhi) sia per la presenza di malattie autoimmuni come la sindrome di Sjogren.