L’anguilla (Anguilla anguilla) ricorda molto i serpenti e infatti il suo nome deriva dal latino anguis, serpente.
È invece un pesce vero e proprio, strano nella forma e per le caratteristiche di vita.
A conoscerla, dimostra di essere uno dei vertebrati più complessi, misteriosi e intrepidi degli ambienti oceanici e di acque dolci.
L’anguilla è sempre stata circondata da un alone di mistero, attirando già in antichità l’interesse di famosi naturalisti come Plinio il Vecchio, autore della Naturalis historia, che descrive le anguille come animali che vivono nei fiumi e nei laghi, si nutrono di notte, e si concentrano nei periodi autunnali “in ammassi di migliaia”.
Scrive anche che gli adulti sono capaci di generare nuovi individui da piccoli frammenti di pelle ottenuti strofinandosi sulle rocce.
Delle “magiche” proprietà riproduttive di questi pesci da materia inerte, in particolare da fango e melma, ne parla anche Aristotele nel IV secolo a.C.
Oggi scopriremo alcune cose molto interessanti che riguardano questo meraviglioso, affascinante e misterioso pesce.
1. Un enigma lungo duemila anni
Le antiche teorie sulla generazione spontanea delle anguille hanno attraversato indenni Medioevo e Rinascimento, fino a quando, nel 1777, uno scienziato italiano individua le ghiandole sessuali di questi pesci e smentisce la teoria della riproduzione da materia inanimata.
Ma il mistero sul ciclo riproduttivo è ancora lontano dall’essere risolto.
Nel 1824 si capisce finalmente che le larve di anguilla hanno la forma di piccoli pesci, lunghi e trasparenti, classificati fino ad allora come una specie a parte, Leptocephalus brevirostris.
Si vede, allevandone alcuni esemplari, che questi con la crescita perdono la trasparenza per assumere le caratteristiche delle giovani anguille.
L’ultima importante scoperta è dei primi anni del 1900, quando un oceanografo danese si accorge che andando verso l’Atlantico Occidentale pesca sempre maggiori quantità di larve di anguille e che queste diventano sempre più piccole con l’avvicinarsi al Mar dei Sargassi.
Seguendo questo percorso, trova per primo nel Mar dei Sargassi il luogo di deposizione delle uova delle anguille. Ma perché si chiama mar dei Sargassi?
Il Mar dei Sargassi è una porzione di Oceano Atlantico compresa tra l’arcipelago delle Grandi Antille a ovest e le isole delle Azzorre a est.
Si chiama così da quando è stata descritta la notevole presenza di un’alga superficiale del genere Sargassum, che crea in superficie una caratteristica prateria galleggiante.
Nel Mar dei Sargassi si riproducono sia le anguille del ceppo europeo sia quelle del continente americano. Le loro larve si lasciano trasportare ognuna dalle correnti che hanno risalito i rispettivi genitori.
Resta il mistero di come facciano a non confondere direzione e correnti, ma non sono mai stati trovati in Europa esemplari del ceppo americano, né viceversa.
2. Strano a dirsi… ma è un pesce
Il corpo allungato e cilindrico dell’anguilla è composto da una colonna vertebrale con più di 100 vertebre, tale da renderla incredibilmente sinuosa nei movimenti e simile a un serpente.
Ma, essendo un pesce, ha una pinna anale e una dorsale che si estendono lungo il corpo; le altre pinne tipiche dei pesci (pelviche, pettorali e caudali) sono ridotte o del tutto assenti.
Il muso è lungo, con una mandibola prominente dotata di piccoli e numerosi denti. Ha occhi molto piccoli, che crescendo e raggiungendo la maturità sessuale aumentano di diametro.
La pelle è costituita da minuscole squame coperte da una secrezione mucosa, per muoversi agilmente in anfratti e fondali e sfuggire alla presa dei predatori.
Fuori dall’acqua il muco serve anche per mantenere umida l’epidermide e rallentarne la disidratazione.
Il maschio di anguilla non supera i 50 cm di lunghezza; la femmina raggiunge il metro di lunghezza e i 2 kg di peso e prende anche il nome di capitone.
Timida e difficile da osservare di giorno, è un predatore notturno molto vorace; al tramonto lascia il suo rifugio e parte alla ricerca di cibo.
Con l’olfatto individua facilmente nei fondali melmosi e ricchi di vegetazione le sue prede: uova di pesci, crostacei, vermi e anfibi. L’anguilla può vivere anche in acque chiuse come in caverne, stagni e piccole paludi.
Utilizzando la sua caratteristica di predatore e spazzino di fondale, in passato si usava tenere un paio di anguille all’interno dei pozzi, la cui azione predatoria contribuiva a depurarli naturalmente da larve, roditori, insetti e detriti organici dannosi.
3. Le tossine dell’anguilla, del trongo e della murena sono simili
L’anguilla ha pochi predatori in natura, e quelli che provano ad assaggiarla difficilmente tentano l’esperienza una seconda volta.
Il sangue di questo pesce, infatti, contiene una particolare proteina tossica che a contatto con il sangue del predatore provoca in lui una azione emolitica con paralisi motoria, blocco della respirazione, fino alla morte.
Per il consumo umano non ci sono problemi di questo tipo, perché la tossina è termolabile e comunque per provocare danni all’uomo dovrebbe essere ingerita in grandi quantitativi.
Lo stesso tipo di tossine le troviamo anche nel grongo e nella murena, i due cugini più prossimi delle anguille. Simili e cugini, il gronco e la murena:
- - Il gronco (Conger conger) e tutte le specie di murena della famiglia Murenidi appartengono all’ordine degli Anguilliformi e hanno caratteristiche simili alla nostra anguilla. Il grongo è un pesce serpentiforme diffuso nel Mediterraneo e lungo le coste europee dell’Oceano Atlantico.
Di colore variabile da beige a nero e lungo fino a tre metri, frequenta fondali profondi, fino a 300-500 metri, dove occupa tane in relitti e anfratti rocciosi. È un predatore di polpi e pesci e ha una biologia ancora poco conosciuta.
Si pensa che si riproduca una sola volta nella vita, al termine di una breve migrazione verso alcuni fondali del Mediterraneo e delle isole Azzorre. - - La murena (foto) è distribuita in quasi tutti i mari e oceani, con la massima differenziazione per forme e colori nelle fasce tropicali e barriere coralline. Corpo serpentiforme, testa breve e dentatura ricca di numerosi denti appuntiti sono le sue caratteristiche.
A questo pesce è stato erroneamente attribuito un carattere aggressivo, per l’abitudine di aprire e chiudere in continuazione la bocca, così da esporre la vistosa dentatura. In realtà questo comportamento serve per garantire una respirazione più efficiente, in quanto ha un solo piccolo foro branchiale.
La si osserva di giorno anche in bassi fondali mentre è con la testa fuori dalla tana, da cui esce di notte per cacciare pesci e crostacei.
4. Un viaggio grande un oceano
Tra l’autunno e l’inverno di ogni anno, tutte le anguille sessualmente mature (4-8 anni per i maschi e 10-15 anni per le femmine) lasciano gli areali in cui sono cresciute e iniziano una spettacolare migrazione verso il Mar dei Sargassi.
Le femmine ridiscendono da laghi, fiumi e lagune, percorrendo fino a 40 km al giorno, anche strisciando su prati umidi e allagati, e raggiungono il mare.
Si uniscono ai maschi, che generalmente sono cresciuti lungo le aree marine costiere, e iniziano insieme un viaggio di più di 6.000 km, fino alle profondità del Mar dei Sargassi.
Qui depongono le uova, fino a 6 milioni per ogni individuo; al termine gli adulti, che praticamente hanno vissuto per tutto il viaggio delle sole riserve di grasso accumulate, muoiono.
Dalle uova che risalgono in superficie si sviluppano le nuove generazioni di anguille, minuscole larve appiattite chiamate leptocefali.
Entrando nella corrente del Golfo si cominciano a spostare a milioni verso oriente, nutrendosi di plancton e mutando fino a divenire delle piccole anguille, comunemente chiamate ceche.
Dopo circa tre anni dalla nascita, arrivano lungo le coste del Nord Africa e del Mediterraneo, accumulandosi a migliaia alle foci dei fiumi.
I maschi si fermano nelle acque salmastre degli estuari e delle lagune, mentre le femmine continuano il loro viaggio controcorrente ancora per centinaia di km fino a laghi, fiumi, canali.
In questi luoghi l’anguilla completa il proprio ciclo di crescita fino a divenire adulta, pronta a ripercorrere al contrario la rotta verso i Sargassi.
All’approssimarsi della maturità sessuale, le anguille vanno incontro ad alcune mutazioni fisiologiche, necessarie per affrontare la lunga migrazione di ritorno nel Mar dei Sargassi.
In questa fase le anguille prendono il nome di argentine, poiché la pelle da scura diventa argentea per meglio mimetizzarsi con le profondità oceaniche; gli occhi si ingrandiscono per vedere meglio nell’oscurità.
Inoltre, una notevole quantità di grasso viene accumulata nel sottocute, indispensabile riserva energetica per arrivare fino alla meta lontana.
In autunno le femmine da laghi e fiumi raggiungono i maschi degli estuari, per unirsi a loro e iniziare a ritroso il viaggio compiuto nel precedente stadio giovanile.
5. Dalla pesca alla vasca e il pericolo di estinzione
Un tempo abbondante lungo le nostre coste e acque interne, l’anguilla è legata all’economia di alcune aree italiane, in particolare Orbetello e Comacchio.
Qui la piscicoltura in acque salmastre è antica di secoli e ha notevolmente trasformato l’orografia dei territori attraverso un complesso sistema di canali creato per la cattura delle anguille al loro passaggio durante le migrazioni.
In seguito vengono trasferite negli invasi di allevamento per fargli raggiungere le dimensioni richieste per la vendita.
Se questa forma di pesca, opportunamente gestita e controllata, può essere considerata ancora sostenibile, non lo è certamente lungo le coste europee dell’Atlantico, dove le piccole anguille, lunghe solo pochi centimetri, sono catturate a milioni dalle reti e immesse direttamente in allevamenti intensivi.
Non essendo ancora in grado di farle riprodurre in cattività, le anguille che si vendono sul mercato sono giovani e adulti che, catturati liberi in natura, sono poi ingrassati in allevamenti artificiali.
La biologia dell’anguilla è talmente legata alle caratteristiche dei luoghi di crescita e riproduzione, che i forti cambiamenti ambientali degli ultimi anni, insieme alla sua pesca intensiva, l’hanno portata verso un punto critico per la sopravvivenza.
Le cause sono tutte legate al generale degrado ambientale delle coste e dei corsi d’acqua interni, ai sempre più diffusi ostacoli artificiali costruiti sui corsi d’acqua che impediscono la risalita di questi pesci, e non da ultima l’eccessiva pesca degli adulti e dei giovani destinati agli allevamenti.
Da alcuni anni si comincia a parlare della probabile estinzione di questi pesci, la cui popolazione mondiale si è ridotta negli ultimi 30 anni di oltre il 90%.
Nel 2009 l’anguilla è stata inserita nella Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES) e ora tutte le attività legate alla sua pesca sono regolamentate: in particolare, si è imposta una riduzione del 50% sulle catture dei giovani destinati agli allevamenti.
L’IUCN (International Union for Conservation of Nature) ha inserito Anguilla anguilla tra le specie in pericolo critico di estinzione, come la foca monaca (Monachus monachus) del Mar Mediterraneo, che certo nessuno di noi si sognerebbe di mangiare.