Il Levriero Afgano ha origini molto antiche.
Secondo la Bibbia, sarebbe stato addirittura scelto da Noè per preservare la specie canina…
I sostenitori di questa ‘pista sacra’ si basano su un ragionamento per lo meno logico.
Dato che l’arca di Noè aveva navigato nelle regioni delle quali il Levriero Afgano era originario, era perfettamente naturale che questo cane divenisse il prescelto da Noè, incline a optare per un soggetto portatore del ‘segno divino’, ossia una macchia bianca sulla testa.
Questo ‘segno divino’ si trova ancora oggi su certi Levrieri Afghani, che sarebbero molto apprezzati in Asia.
Il Levriero Afgano dà l’impressione di forza e dignità, combinando velocità e potenza. La testa ha un portamento fiero. L’espressione da orientale è tipica della razza.
L’Afgano “vi trapassa” con lo sguardo. Dignitoso e riservato, con una certa intensa aggressività. È una razza molto nobile e coraggiosa, ma sentimentalmente sensibile.
Gli piace avere una certa complicità con il suo padrone, sentirsi amato e ricambiare l’amore ricevuto. Nonostante il suo carattere sia parecchio evoluto, rimane un eccellente cacciatore, intelligente e un buon guardiano.
Protettore nei confronti di chi lo circonda, soprattutto i bambini, sa controllare la sua forza quando ha a che fare con loro.
Ma scopriamo insieme questa straordinaria e antichissima razza canina.
GRUPPO: decimo.
ALTEZZA AL GARRESE: da 68 a 74 cm per il maschio.
PESO: 27 kg circa.
MANTELLO E COLORE: tutte le tonalità del fulvo, fino ai toni avorio; con o senza maschera nera, focatura o dorso di colore differente; blu; nero.
DIFFUSIONE: è poco diffuso in Italia.
DURATA MEDIA DELLA VITA: dodici anni.
CARATTERE: fiero, indipendente, calmo, riservato con gli estranei.
RAPPORTI CON I BAMBINI: buoni.
RAPPORTI CON GLI ALTRI CANI: abbastanza buoni.
ATTITUDINI: cane da caccia, cane da compagnia e da esposizione, da guardia, da corsa.
SPAZIO VITALE: si adatta alla vita in appartamento, se gli sono consentite lunghe uscite e se può correre con regolarità.
ALIMENTAZIONE: circa 470 g di alimento completo al giorno.
TOELETTATURA: spazzolatura regolare; un bagno al mese.
1. Origine del Levriero Afgano
Il Levriero Afgano, il cui profilo è uno dei più singolari del mondo canino, sembra avere origini molto antiche, poiché, se si crede alle narrazioni bibliche, sarebbe toccato proprio a questo cane l’enorme privilegio di rappresentare la specie canina nell’arca di Noè...
Più scientificamente, i cinologi si sono sforzati, dalla fine del XIX secolo, di provare l’esistenza plurimillenaria della razza.
Jackson Sanford, in particolare, facendo riferimento a un antichissimo manoscritto cinese, cercò di dimostrare che l’Afgano — chiamato anche Tazi nel suo paese — era un discendente diretto dei Canidi che popolavano le steppe asiatiche centomila anni prima dell’era cristiana, e che sarebbe stato introdotto in Afghanistan alla fine del secondo secolo a. C. dal popolo nomade degli Yuezhi, originario del Gansu, nella Cina settentrionale.
Questa tesi è molto interessante, ma non si appoggia che su un manoscritto, il quale, se lo si legge bene, evoca maggiormente il Dogo del Tibet piuttosto che l’antenato del Levriero Afgano, dato che descrive un cane dal carattere ombroso, dotato di una pelliccia nera e con la taglia pari a quella di un puledro.
Successivamente, Clifford L. B. Hubbard, rifacendosi ai lavori del maggiore Mackensie, uno dei primi cinofili ad aver importato in Europa dei Levrieri Afghani, sosteneva che a Balkh (l’antica Bactra), nel nord-ovest dell’Afghanistan, si trovavano disegni rupestri attestanti l’esistenza di cani identici agli Afghani 2.200 anni prima della nostra era, disegni peraltro completati da iscrizioni risalenti alle conquiste di Alessandro Magno nel IV secolo a. C.
Il maggiore H. Blackstone, da parte sua, dichiarava di aver avuto notizia di un papiro proveniente dal Sinai e antico di cinquemila anni, nel quale si sarebbe parlato dei cinocefali raffigurati su alcune tombe egiziane. Quel che lasciavano intendere Hubbard e Blackstone non tardò a suscitare vivaci reazioni...
Così, gli americani Constance O. Miller ed Edward M. Gilbert, nella loro opera The Complete Afghan Hound, affermarono non solo che non vi era alcuna grotta a Balkh, ma anche che i cinocefali sui quali si basava l’analisi di Blackstone non erano verosimilmente che dei babbuini, animali sacri che venivano imbalsamati dagli Egiziani.
Quanto alla Delegazione archeologica francese in Afghanistan, se, nel 1923, aveva effettivamente scoperto delle grotte decorate con affreschi — dei quali soltanto uno, Il Re cacciatore, mostrava una silhouette canina, peraltro ben poco simile a un Afgano —, aveva però precisato che quelle stesse grotte non risalivano che ai secoli V-VII, che si trovavano inoltre più a sud, a Kakrak, per l’esattezza, e che, infine, non recavano alcuna iscrizione greca...
H. e D. Waters, a loro volta, si immersero nei testi antichi per far luce su questa razza poco comune, ma i soli indizi che riuscirono a scoprire si riferivano tutti, senza eccezioni, a cani dal pelo corto; ciò li indusse a ritenere che l’Afgano fosse in realtà un Saluki, dal quale si differenziava per la pelliccia, idonea alle regioni di alta montagna.
Questa ipotesi fu, d’altro canto, corroborata qualche tempo dopo da altri specialisti, come i professori Stelzer e Porter, secondo il parere dei quali non vi era alcun dubbio che questo cane, al di sopra della taglia media, dotato di un coraggio e di una vivacità che lo rendevano idoneo alla guardia e alla difesa, dovesse avere per antenato un cane da pastore, verosimilmente uno dei due tipi più comuni in quelle regioni, ossia il Sag-i- Ranah e il Sag-i-Turkistani, entrambi discesi dal Dogo del Tibet e utilizzati per la guardia e per i combattimenti tra cani.
A questo stadio delle ricerche, e sempre nella speranza di provare l’esistenza antica del Levriero Afgano, i cinologi decisero di rivolgersi ai linguisti. Ora, se tutti erano d’accordo nell’ammettere che la parola tazi, utilizzata in Afghanistan anche per esprimere il senso degli aggettivi ‘rapido’ o ‘bianco’, fosse di origine persiana, i pareri divergevano quando si trattava di essere più precisi.
Così, per certi studiosi, la parola veniva dall’antica città di Ta’izz nello Yemen (i cani originari di questa città sarebbero stati chiamati Taiz-i, vocabolo che in seguito si sarebbe trasformato in Tazi), mentre, per altri, designava il popolo dei Tagichi, stabilitosi nel nord dell’Afghanistan, a ridosso della frontiera con il Tagikistan.
Gli Afghani, da parte loro, avanzarono una terza tesi, ossia che Tazi fosse il nome di una città, posta tra Ghazni (l’antica Ghaznà) e Kandahar, che il sultano Mahmu’d di Ghaznà (che regnò dal 999 al 1030) aveva dedicato ai Levrieri Afghani, i quali lo avevano aiutato a respingere un’invasione indiana.
D’altronde quest’ultima tesi fu ripresa dal luogotenente-colonnello Kullmar, addetto dell’ambasciata americana di Kabul: il Tazi, impiegato come staffetta e anche come cane da caccia e eia guardia, sarebbe divenuto per il sultano simbolo di vittoria.
2. Storia del Levriero Afgano
Come si vede, è praticamente impossibile farsi un’opinione definitiva sulle origini lontane del Levriero Afgano, come d’altra parte la storia della sua patria, costellata di conquiste greche, indiane, persiane e mongole, non permette che di fare delle congetture.
Ciò che si sa, al contrario, è che il primo documento recente che raffigura un Afgano è un acquarello pubblicato nell’opera di Thomas D. Broughton, Lettres écrites dans un camp de Mahratta pendant Vannée 1809 (Lettere scritte in un campo di Mahratta, nell’anno 1809), giunta in Occidente nel 1913.
Si trattava di un animale superbo — taglia modesta, colore bruno scuro, pelliccia abbondante, ‘zampe da orso’, ciuffo sul cranio e muso assai allungato da Levriero — ed era di gran lunga superiore ai primi esemplari importati in Europa alla fine del XIX secolo, fra i quali Motee, presentato all’esposizione di Bristol nel 1886, Khelat, che somigliava molto a un Bobtail, e Afghan Bob.
Nel 1907 apparve in Inghilterra il primo autentico Levriero Afgano. Questo maschio di cinque anni, color sabbia con la maschera nera, alto circa 65 centimetri, che il capitano John Barff aveva condotto dalla provincia di Seistan, rispondeva al nome di Zardin.
Esposto al Crystal Palace di ottobre, presentato poco dopo alla regina Alessandra, Zardin suscitò l’entusiasmo generale: il grande cinologo A. Croxton Smith arrivò a considerarlo un animale eccezionale, «che corrisponda o meno al tipo corretto»; altri specialisti lo qualificarono come «il più bel Levriero orientale mai visto in Inghilterra».
Zardin passò alla posterità grazie ai dipinti eseguiti da Arthur Wardle nel 1907 e da F. T. Dawsen due anni più tardi: questi ritratti, come pure le descrizioni che se ne fecero, dovevano servire come base per la redazione dello standard del 1927, compito svolto da Evelyn Denyer.
Il primo Afgano iscritto sui registri del Kennel Club si chiamava Baz. Era un esemplare di color mogano che fu accoppiato con altri Levrieri nel 1911: fortunatamente questi incroci non ebbero alcuna incidenza sulla razza...
Nel 1921 il maggiore Bell-Murray e la sua assistente Jean Manson crearono un primo allevamento in Scozia a partire da una decina di esemplari che avevano condotto dall’Afghanistan o da regioni vicine; diedero una sorta di sfogo alla loro passione che era iniziata nel 1912, dopo che avevano acquistato a Quetta (oggi nel Pakistan) una cagna che battezzarono Begum.
I cani del maggiore Bell-Murray, indiscutibilmente di razza e che formavano un gruppo omogeneo, erano, però, differenti da Zardin. Più grandi — alcuni maschi raggiungevano gli 80 centimetri al garrese — erano inoltre provvisti di una pelliccia abbastanza povera, e i loro corpi, dalle linee eleganti, non avevano la compattezza di quello di Zardin...
Jean Manson presentò i suoi cani ai giornalisti specializzati, poi in diverse esposizioni, prima di fondare, nel 1925, l’Afghan Hound Club. Dopo l’indipendenza dell’Afghanistan, l’arrivo in Inghilterra di un’altra coppia di allevatori doveva suscitare le più vive emozioni fra i cinofili.
Il maggiore Amps e sua moglie Mary vi si stabilirono difatti nel 1925 con una quindicina di Levrieri Afghani (del loro allevamento ‘of Ghazni’ citiamo Khan e Sirdar) che ricordavano Zardin e che, conseguentemente, erano ben lontani dai cani di Jean Manson.
I due tipi di Levrieri Afghani si trovarono da allora al centro delle discussioni dei cinofili, discussioni che avrebbero comportato una guerra aperta fra la signora Amps — che nel 1927 aveva creato l’Afghan Hound Association — e Jean Manson, ciascuna essendo naturalmente convinta che solo il proprio allevamento fos se degno di interesse...
Con flemma del tutto britannica, le autorità osservarono una stretta neutralità, precisando che i cani, sia quelli appartenenti a Jean Manson sia quelli della signora Amps, provenivano in ogni modo dall’Afghanistan; i due tipi furono a poco a poco mescolati: i Bell-Murray — o Afghani del deserto — apportarono la loro grande taglia e la loro linea elegante, mentre i Ghazni —o Afghani delle montagne — la loro pelliccia e la loro costituzione compatta e robusta.
Lo standard del 1933 fu quindi un compromesso, anche se la grande figura della cinofilia inglese, la signora Phyllis Robson, direttrice del giornale Dog World, che aveva acquistato Rif (il campione Asri-Havid of Ghazni), fece in modo che l’influenza della signora Amps predominasse. D’altronde Jean Manson aveva avuto la franchezza di ammettere che, a causa del clima inglese, i suoi cani avevano perduto in parte la loro pelliccia.
Da venti nel 1927, il numero dei soggetti iscritti passò a sessantacinque l’anno seguente. La notorietà del Levriero Afgano non era più da creare e si estendeva fuori delle frontiere britanniche. Dal 1927 furono costituiti degli allevamenti nei Paesi Bassi e in Germania, poi nei paesi scandinavi e negli Stati Uniti.
La razza apparve in Francia nel 1936, grazie alla signorina Bourcey (presidentessa del club) che importò dall’Inghilterra la femmina Nalini of Orialic e il maschio Azura Talib. Il Club francese del Levriero Afgano raccolse subito una quarantina di membri.
Il successo del Levriero Afgano era assicurato per molto tempo. In Italia la produzione di questa razza, dal punto di vista qualitativo, può collocarsi a livello di quella degli altri paesi europei, e ogni anno vengono iscritti al LOI più di 200 soggetti; ciò testimonia il favore dato a questa razza nel nostro paese.
I PRIMI CAMPIONI
Dopo che il Kennel Club ebbe accettato, alla fine degli anni Venti, di registrare i due tipi di Levrieri Afghani, i Bell-Murray e i Ghazni, questi tipi dovevano a poco a poco mescolarsi nelle linee dei primi campioni.
Il sangue Bell- Murrav perdurò soprattutto grazie a Pushum, una cagna del Peshawar dalla fittissima pelliccia a fondo rosso con striature scure. Suo figlio, Buckmal, fu il primo campione inglese nel 1927; sua figlia, Dagha'i, screziata di scuro, fu la madre di Taj Mahip of Kaf, il nonno materno di Badshah of Ainsdart (il primo Afgano "best in show"negli Stati Uniti); quest'ultimo era d'altra parte uno dei figli di Sirdar of Ghazni, maschio fulvo-rosso dalla maschera nera, dalla pelliccia comparabile a quella di Zardin.
Shadi, una nipote di Pushum, divenne la prima campionessa Afghana nel 1929. Tuttavia fu Sirdar ad avere la discendenza più brillante, grazie ai suoi figli Asri-Havid of Ghazni (primo campione nero e fuoco) e Ashna of Ghazni, e a suo nipote Westmill Ben Havid.
Khan of Ghazni ebbe per figlia Sada of Ghazni e per nipote Marika of Baberbagh (sempre figlia di Sirdar). Tutti questi campioni sono all'origine dei primi grandi allevamenti, sia inglesi sia americani.
3. Comportamento e colori
Dai tempi del protettorato britannico, il Levriero Afgano si è molto evoluto, sia sul piano dell’andatura sia su quello del carattere, e non si può quasi più parlare oggi di tipi delle montagne e dei deserti, ma piuttosto di tipi inglesi, americani, tedeschi, svedesi, eccetera.
Occorre tuttavia tenere a mente che l’Afgano è in origine un cane da caccia, che insegue altrettanto bene la gazzella e la lepre, o la pantera delle nevi (specie più piccola e meno aggressiva del leopardo).
In maniera un po’ compiaciuta alcuni autori hanno potuto alquanto esagerare la ferocia dei Levrieri Afghani. Se è vero che sanno essere dei buoni guardiani, nondimeno sono divenuti nel corso delle generazioni degli esemplari da esposizione del tutto civilizzati.
È sufficiente osservare le "classi" molto numerose nei rari concorsi per constatare che non vi sono né tentativi di morso o segni di aggressività, né abbaiamenti o grugniti intempestivi.
Al contatto con la nostra civiltà, l’Afgano non ha comunque perduto nulla del suo comportamento ancestrale, e a chi lo scopre appare subito come un animale fiero e indipendente.
Possiede al più alto livello ciò che gli amatori chiamano una personalità "asiatica". L’Afgano ha qualcosa di felino, e non solo nella marcia o nelle sue attitudini: vive la sua esistenza più che darsi anima e corpo al padrone... Calmo e silenzioso, ignora coloro che non fanno attenzione a lui.
Non si deve dedurre che il Levriero Afgano sia disdegnoso e sempre riservato. Questo cane sa anche essere un compagno allegro e giocherellone, affettuoso senza essere invadente o sottomesso.
Molto intuitivo, possiede un senso spiccato dell’iniziativa, è dotato inoltre di una memoria stupefacente; non causa affatto noie in casa, purché gli si testimoni un po’ di rispetto.
Con i bambini i rapporti sono buoni, soprattutto se il cane è abituato molto giovane, da due a tre mesi, alla loro presenza. La femmina, tuttavia, è più dolce e paziente del maschio, specie nei confronti di ogni piccolo.
Malgrado la sua natura socievole — il che non vuol dire che accetti senza scomporsi le molestie dei suoi congeneri perché al contrario il maschio è volentieri dominatore — il Levriero Afgano dà prova di indipendenza e i soggetti che fuggono o che non rispondono al richiamo non sono rari.
Certamente molti amano questo lato non sottomesso e sono refrattari all’addestramento. In contropartita accettano di tenere il loro cane al guinzaglio quando passeggiano, di lasciarlo libero solo in ambienti senza rischi e di attendere che il loro compagno ritorni.
Il padrone di un Levriero Afgano deve quindi essere un fine psicologo, sapersi mostrare insieme fermo e proscrivere ogni brutalità o coercizione. L’Afgano, recettivo e intelligente sebbene poco docile, si educa senza grandi problemi se è preso molto presto, educazione che si può d’altronde cominciare abituandolo a farsi fare la toeletta.
Certamente la pelliccia di un cucciolo non abbisogna di cure settimanali, ma delle sedute regolari di toeletta forniscono al padrone l’occasione per comprendere il suo cane... L’Afgano può vivere molto bene in appartamento, purché benefici di esercizi quotidiani e abbia l’occasione di mostrare le sue qualità di sprinter.
Scegliere un Afgano, significa dunque consacrare, per una dozzina di anni, due o tre ore la settimana alla cura della pelliccia e un’ora buona al giorno alla passeggiata. L’ideale sarebbe d’altra parte condurlo con la bicicletta, farlo correre, per il suo piacere, in un cinodromo o meglio in prove di inseguimento a vista sull’esca.
L’Afgano è un buon cane da compagnia ma prima di tutto è un grande sportivo, resistente e rapido. Il che non contraddice la sua reputazione di star delle esposizioni canine, dal carattere tanto particolare quanto è originale la sua sagoma.
L'AFGANO A COLORI
Lo standard dell'Afgano precisa che tutti i colori sono ammessi; il che non vuol dire che esistano tutti, così il color fegato è ammesso, benché, a priori, non esista! D'altronde vi sono colori che possono essere apprezzati, anche in contraddizione con lo standard.
I rarissimi Afghani che possiedono un mantello screziato di bianco sono, in teoria, deprezzati.
Al contrario i soggetti blu sono molto stimati, anche se questo colore si accompagna con un tartufo grigio ardesia che non è previsto nello standard.
Il colore più diffuso è il fulvo, che può essere dorato, più frequentemente diluito — crema, avorio, platino, argento, fino al bianco (cioè avorio pallido) —, assai raramente mogano. Questi mantelli fulvi possono essere accompagnati da una maschera nera (caso molto diffuso), da chiazze scure (più raro) o da striature (molto raro), eventualmente di colore blu.
Più particolare è il mantello detto "domino", che è crema (beige diluito) accompagnato da chiazze di colore blu. Esiste anche un'altra variante: il mantello nero focato.
Secondo i fattori genetici, si ottengono dei mantelli neri e crema, neri e argento, blu e sabbia, blu e avorio. Se il 'vero’ bianco non esiste (poiché si tratta di un beige estremamente pallido), il nero è presente nella razza, ma è meno frequente attualmente.
Infine esistono rari Afghani grigi: si tratta di un fattore genetico analogo a quello che colpisce i mantelli del Barbone grigio e del Kerry Blue Terrier, cani che nascono neri e divengono a poco a poco grigi (con dei riflessi più o meno bluette).
In certi casi occorre addirittura attendere che il Levriero Afgano abbia raggiunto due o tre anni per conoscere la sua tinta definitiva.
4. La toeletta del Levriero Afgano e le razze affini
LA TOELETTA DEL LEVRIERO AFGANO
La pelliccia del Levriero Afgano necessita di continue cure di mantenimento: occorre prevedere due o tre ore alla settimana per spazzolare e pettinare il pelo.
Si deve cominciare con l’abituare il cane a essere manipolato.
Dall'età di sei mesi, le sedute divengono bisettimanali. Il cane viene messo su una tavola dal rivestimento non sdrucciolevole, sulla quale può restare ritto.
Si spazzola contropelo, poi in direzione del pelo, prima le zampe, poi il corpo, iniziando dal dorso e insistendo sul ventre. Si termina con la spazzolatura e la pettinatura della testa, del collo e delle orecchie che devono essere effettuate solo nel senso del pelo.
Quando il cane perde il pelo da cucciolo — in genere a partire dai nove mesi — occorre pettinarlo quotidianamente per eliminare i peli morti, facendo attenzione, ovviamente, a non strappare quello che è ben fermo, brillante e setoso.
Per toelettare l’Afgano adulto, il modo più pratico è quello di far accucciare il cane. Si prenderà il pelo a piccole ciocche e si spazzolerà, ogni mese, occorre verificare le orecchie (non utilizzare i bastoncini di cotone).
Conviene anche pulire regolarmente gli occhi e più in particolare l’angolo interno: per questa operazione si userà un batuffolo di cotone imbevuto di soluzione di acido borico (o un prodotto specifico). Tutti i mesi, infine, l’Afgano deve essere bagnato.
È importante averlo precedentemente ben spazzolato: sarebbe più difficile sciogliere i nodi una volta che il cane è stato bagnato.
Prima di fare il bagno al cane, bisogna aver cura di mettere un tappeto antisdrucciolevole sul fondo della vasca da bagno; poi, servendosi di una spugna, si inumidisce il pelo con acqua tiepida; si procede quindi allo shampoo, facendo attenzione a non mandare il prodotto negli occhi e nelle orecchie e a non aggrovigliare la pelliccia.
Bisogna insistere sui piedi, sulla regione anale e sulle frange delle orecchie. Per quanto riguarda lo shampoo, occorre imperativamente scegliere un prodotto non irritante: esistono prodotti specifici proprio per cani a pelo lungo.
I toelettatori professionisti fanno generalmente due shampoo e, dopo l'ultimo risciacquo, applicano una crema che serve a facilitare la spazzolatura.
Prima di procedere all’asciugatura, bisogna strizzare il pelo e tamponarlo con un asciugamano per rendere più breve e meno fastidiosa tale operazione, per la quale si utilizzerà un normale asciugacapelli, avendo cura di cominciare dal ventre, affinché il cane non prenda freddo.
Se si deve toelettare un Levriero Afgano per presentarlo in esposizione, è preferibile spazzolarlo prima contropelo, per donargli una pelliccia più soffice e gonfia. Si pareggia poi il pelo dei piedi e si depila l’interno delle orecchie, affinché restino piatte contro la testa.
Il ciuffo sul cranio può essere pettinato indietro o con la scriminatura al centro; si utilizza frequentemente un apposito spray per mantenere in ordine l'acconciatura. Infine, le frange della coda vengono pareggiate con le forbici.
I toelettatori professionisti utilizzano materiali specifici: tavolo da toelettatura, casco asciugacapelli (che permette di avere tutte e due le mani libere per spazzolare il pelo), macchinetta tosatrice, forbici per sfoltire il pelo.
Il proprietario, invece, può aver cura del suo cane con un materiale più semplice: una spazzola metallica, una spazzola con setole di cinghiale per le rifiniture, un pettine metallico a denti larghi, un paio di forbici.
RAZZE AFFINI
L'Afgano è un membro della famiglia del Levrieri asiatici, che comprende essenzialmente il Saluki e lo Sloughi.
Sono state ritrovate numerose tracce, risalenti al 6000 a. C., di Levrieri nell'area di distribuzione del Saluki, cosa che tende a dimostrare che si tratta di una delle razze più antiche.
Si può trovare il Saluki anche nell'Afghanistan, vicino alle frontiere meridionali dell’ex Unione Sovietica e in tutto il Medio Oriente. D'altronde è dall'Egitto che provenivano i Saluki che Florence Amherst ricevette in dono nel 1897.
Questa famosa allevatrice (che lasciò il suo nome a una razza di fagiani) fece conoscere la razza in Gran Bretagna, prima di diventare la prima presidentessa del Saluki o Gazellehound Club, nel 1923.
A partire dagli anni Trenta, la razza si impiantò nei Paesi Bassi, negli Stati Uniti, in Germania e in Svezia. Per quel che riguarda la Francia, se i primi Saluki furono registrati verso il 1934, solo dopo la seconda guerra mondiale l'allevamento debuttò veramente, in Italia l'allevamento produce ottimi esemplari, anche se non è molto diffuso.
In origine esistevano molti tipi di Saluki, potendo l’eleganza e la taglia variare in modo sensibile. Non modificato dal 1923, lo standard descrive più dettagliatamente un tipo "leggero", che misura fra i 58 e i 71 centimetri; può avere colori molto variati, gli stessi degli Afghani, oltre a mantelli punteggiati di bianco, screziati, tricolori.
È un Levriero di gran razza, sottile, il cui sguardo ha un’espressione tipicamente "asiatica", profonda, un po’ nostalgica e riservata, cosa che non gli impedisce di essere un grande sportivo quando gli è data l'occasione, e talvolta perfino un cacciatore accanito.
Lo Sloughi è di fatto un saluki dal pelo raso la cui diffusione è esclusivamente maghrebina. Fa la figura del parente povero fra i Levrieri asiatici, avendo il suo destino sofferto dell’Importazione di esemplari mediocri e di una successione di standard un po' nebulosa. La posizione della razza è quindi assai fragile.
Lo Sloughi — parola che significa 'levriero' in arabo dialettale, essendo Saluki il suo sinonimo in arabo letterario — misura fra i 61 e i 72 centimetri; il suo mantello può essere sabbia, fulvo, a fondo rosso con striature scure, nero. Nella grande maggioranza gli esemplari di questa razza sono più solidamente strutturati rispetto ai Saluki.
L'Afgano che conosciamo noi in Occidente è la varietà Backmull dal pelo molto lungo; ma, nel suo paese d’origine, ha due cugini prossimi: il Kalagh, dalla pelliccia meno fornita, e il Luchak, dal pelo raso.
Nel Turkestan, sulle montagne del T'ien Chan e fino al deserto del Cobi, esiste un "fratello" dell'Afgano, con una lunga pelliccia di colore chiaro, il Taigan (o Levriero Kirghiso) che ha la particolarità di avere le ultime vertebre caudali saldate. Il maschio misura fra i 60 e i 70 centimetri.
Fra i Levrieri che assomigliano all'Afgano, occorre ancora citare una varietà di Levriero indiano, il Banjara, che, come gli altri Levrieri dell'india, è al giorno d’oggi completamente scomparso.
Completiamo ricordando un'altra razza ufficialmente riconosciuta dalla cinofilia sovietica: il Tazy. Questo Levriero è presente nel Kazahstan, nel Turkestan e nell'Uzbekistan; la sua taglia oscilla fra i 60 e i 70 centimetri; il suo mantello può essere bianco, fulvo o grigio, nero, screziato o punteggiato.
5. Lo Standard del Levriero Afgano
FCI Standard N° 228 / 12.01.2009
LEVRIERO AFGANO
ORIGINE: Afghanistan
PATRONATO: Gran Bretagna
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE: 04.11.2008
UTILIZZAZIONE: caccia a vista
CLASSIFICAZIONE F.C.I. Gruppo 10 Levrieri
Sezione 1 Levrieri a pelo lungo o frangiati
Senza prova di lavoro
ASPETTO GENERALE
Dà l’impressione di forza e dignità, combinando velocità e potenza. La testa ha un portamento fiero.
COMPORTAMENTO-CARATTERE
L’espressione da orientale è tipica della razza. L’Afgano “vi trapassa” con lo sguardo. Dignitoso e riservato, con una certa intensa aggressività.
TESTA
REGIONE DEL CRANIO
Cranio: lungo, non troppo stretto, occipite prominente. Ben proporzionato, sormontato da un lungo ciuffo.
Stop: leggero
REGIONE DEL MUSO
Tartufo: preferibilmente nero. Il tartufo marrone (fegato) è ammesso nei cani dal mantello chiaro
Muso: lungo, con potenti mascelle
Mascelle/Denti: mascelle forti, con perfetta, regolare e completa chiusura a forbice, cioè con i denti superiori che si sovrappongono agli inferiori a stretto contatto e sono impiantati perpendicolarmente alle mascelle. E’ tollerata la tenaglia.
Occhi: preferibilmente scuri, ma il colore dorato non è proibito. Di forma quasi triangolare, risalgono un poco e obliquamente dall’angolo interno a quello esterno.
Orecchi: attaccati bassi e ben all’indietro, portati appiattiti contro la testa, ricoperti d’un pelo lungo e serico
COLLO: lungo, forte, che permetta un portamento altero della testa
TRONCO
Dorso: diritto, di media lunghezza, molto muscoloso.
Rene: diritto, largo e piuttosto corto.
Groppa: leggermente discendente fino all’attacco della coda. Ossa iliache abbastanza sporgenti e ben distanziate.
Torace: le costole sono piuttosto ben cerchiate e il torace è ben disceso
CODA: non troppo corta. Attaccata bassa, presenta un anello all’estremità. In movimento è rialzata. Ha poche frange.
ARTI
ANTERIORI: sono in appiombo e con buona ossatura, sul prolungamento della spalla (visti di fronte).
Spalle: lunghe e oblique, ben posizionate all’indietro, molto muscolose e forti senza essere pesanti
Braccio: lungo e obliquo.
Gomiti: visti di profilo, posizionati sulla linea verticale che scende dal garrese: ben aderenti, alla cassa toracica, e non deviati in dentro, né in fuori.
Metacarpi: lunghi ed elastici
POSTERIORI: potenti. Molto lunghi fra l’anca e il garretto, e quindi è breve la distanza fra il garretto e il piede.
Ginocchio: ben angolato e in giusta direzione.
Gli speroni: possono essere rimossi.
PIEDI: I piedi anteriori sono forti e molto grandi (lunghi e larghi), ben ricoperti d’un pelo lungo e spesso. Le dita sono arcuate. I cuscinetti sono ben al contatto col suolo. I piedi posteriori sono lunghi, ma assolutamente non così larghi come gli anteriori. Sono ricoperti d’un pelo lungo e spesso.
ANDATURA: liscia ed elastica con uno stile di grande classe
MANTELLO
PELO: lungo, di tessitura molto fine sulle costole, l’anteriore, il posteriore e i fianchi. Nei cani adulti, a partire dalla spalla verso il posteriore, e seguendo il dorso e il rene (sella), il pelo è corto e fitto. Il pelo è lungo a partire dalla fronte e andando all’indietro e forma un netto ciuffo serico. Sul muso il pelo è corto. Orecchi e arti sono ben ricoperti di pelo. I metacarpi possono esserne sprovvisti. Il pelo si deve sviluppare naturalmente. Qualsiasi segno che dimostri l’uso della tosatrice o delle forbici deve essere penalizzato.
COLORE: tutti i colori sono ammessi
TAGLIA
Altezza ideale: Maschi 68 – 74 cm, Femmine 63 - 69 cm
DIFETTI: Qualsiasi deviazione da quanto sopra va considerato come difetto, che dovrà essere penalizzato secondo la sua gravità e gli effetti sulla salute e il benessere del cane.
Qualsiasi cane che mostri chiaramente anormalità di tipo fisico o comportamentale sarà squalificato.
N.B. I maschi devono avere due testicoli apparentemente normali completamente discesi nello scroto.