Il 3 gennaio 1954 l’Italia assiste alla nascita della tv.
Da quel momento, la storia del Paese sarà scandita e testimoniata da una televisione che, insediatasi prima timidamente nei salotti degli italiani, diventerà la protagonista assoluta dell’intrattenimento e dell’informazione.
Una parabola, quella delle reti di Stato, che coinciderà con quella di un Paese, fino all’arrivo delle agguerritissime tv commerciali.
“La Rai, Radiotelevisione Italiana, comincia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive”. È un’Italia in bianco e nero quella che una domenica di gennaio assiste alla nascita della tv per bocca di Fulvia Colombo, la prima annunciatrice della Rai.
La guerra è finita da pochi anni, al cinema impazza Un americano a Roma con Alberto Sordi, e la ricostruzione di un Paese ridotto in macerie è veloce ma schizofrenica: il Nord corre sui binari dell’industrializzazione, il Sud arranca su sterrati agricoli,con larghe zone ancora senza luce e acqua corrente.
Un’indagine DOXA sul tempo libero degli italiani rivela che il 44% degli uomini e il 31% delle donne s’intrattiene con gli amici, il 38 degli uomini gioca a carte, il 54 delle donne ascolta la radio, mentre gli uomini che possono farlo solo alla sera, dopo il lavoro, sono il 23%.
La radio, che conta oltre 5 milioni di abbonati, di cui il 60% al Nord, il 19 al Centro, il 15 al Sud e il 7 nelle isole, è – e lo sarà ancora per diversi anni – la regina dell’intrattenimento e dell’informazione in un Paese in cui si vendono poco più di 5 milioni di quotidiani.
Cinema e teatri sono gli svaghi più ambiti del sabato sera, per chi può permetterselo. Vanno a ruba i rotocalchi, che raccontano degli amori delle star nazionali e internazionali: Grace Kelly è la regina delle copertine.
La modernità di quella scatola magica è tuttavia frontiera per pochi anche nelle regioni più fortunate. Il segnale Rai, che copre Piemonte, Lombardia, Liguria (coincidenti con il cosiddetto “triangolo industriale” di Milano-Torino-Genova) e la provincia romana, è prerogativa elitaria.
Il televisore è un lusso. Il suo prezzo medio è di 250mila lire: otto buste paga di un operaio specializzato Fiat. La conseguenza è che, alla fine del suo primo anno di vita, la tv italiana conterà poco più di 80mila abbonati, a fronte degli oltre 22 milioni di abitanti delle aree “ irradiate”.
Il canone è di 12.500 lire, cioè lo stipendio di un manovale di quel Sud in cui si lavora nei campi per dieci ore al giorno, con i “caporali” che fanno incetta di braccia ogni mattina: “Tu sì… tu sì…tu no”. L’unico “lusso” che molti possono permettersi è quello di sognare, perché non costa nulla, ma non porta nemmeno nulla.
C’è invece un sogno che con appena 30 lire può far diventare ricchi: si chiama Totocalcio, un gioco legato al calcio, lo sport per eccellenza degli italiani; non a caso, La domenica sportiva, che debutta con la nascita stessa della tv italiana, è il programma Rai più longevo in assoluto.
L’idea del Totocalcio è di Massimo Della Pergola, un giornalista de La Gazzetta dello Sport. Mettere in fila i tredici risultati calcistici della domenica significa dare una svolta alla propria vita.
Il primo a centrare la combinazione vincente portandosi a casa 426.826 lire è Emilio Biasotti, un romano trapiantato a Milano: un personaggio quasi simbolico per un’Italia ancora fresca di unità.
A dividere, al di là di costumi, tradizioni, condizioni socio/economiche, è soprattutto la lingua, con intere aree del Paese dominate dai dialetti locali: l’incontro fra un friulano e un calabrese avrebbe potuto svolgersi all’insegna della sola gestualità. L’Italia è fatta da quasi un secolo, ora bisogna “fare gli italiani” e, soprattutto, farli comunicare fra loro.
Nel 1954 della nascita della tv, dei 47 milioni di italiani:
– 7 milioni e mezzo sono analfabeti,
– 13 milioni non hanno alcun titolo di studio ma sono capaci di leggere, seppure a fatica,
– 25 milioni hanno la licenza elementare, di cui due terzi della terza classe (sono in molti a fermarsi a quel livello di scolarizzazione),
– 3 milioni e mezzo la licenza media (la maggior parte quella dell’Avviamento al lavoro, da distinguere dalla scuola Media inferiore: l’unificazione fra i due indirizzi avverrà solo nel 1962),
– mentre i diplomati sono poco più di 400mila e i laureati 34mila.
La popolazione attiva è composta da 20 milioni di persone, di cui il 42 percento lavora in agricoltura, il 32 nell’industria, il 25 nei servizi. Le automobili sono 400mila (oggi 40 milioni).
Lo stipendio medio di un operaio è di 25mila lire, un quotidiano ne costa 20, come un biglietto del tram e un caffè, il pane 100 al chilo, la carne bovina 800, un litro di benzina 115, un grammo d’oro 918, una radio sulle 20mila lire (molto diffusa la Radiomarelli, chene costa 18mila).
Le sigarette“ Nazionali” (cioè con tabacco italiano,scuro,forte e di scarsa qualità) costano 40 lire, ma vengono vendute anche singolarmente, soprattutto ai ragazzini che si avvicinano al “vizio”. Le “estere” – come vengono chiamate le sigarette importate e composte di tabacchi pregiati e biondi – sono un lusso.
La maggior parte della popolazione non ha il bagno in casa e d’estate fanno affari d’oro i “ghiacciaroli” che, porta a porta, vendono ghiaccio. D’inverno ci si scalda con un braciere e sono parecchie le donne che vanno a lavare i panni nelle fontane pubbliche.
Ma il tempo corre veloce e con “il miracolo italiano” fabbrica e contado invertono il loro contributo alla ricchezza. I prodotti italiani volano sui mercati internazionali, con un incremento del 15 per cento annuo. Il Paese cresce su un cumulo di cambiali, con cui si acquistano beni chiamati con un nome mai sentito prima: elettrodomestici.
Eccone le 5 tappe che hanno segnato la storia della televisione italiana.
1. 19 Novembre 1955 - Lascia o Raddoppia?
Formatosi professionalmente negli Stati Uniti, sul finire del 1955, vale a dire a quasi due anni dall'inizio delle programmazioni televisive della Rai, Mike Bongiorno lancia un programma destinato a fare la storia della tv: Lascia o raddoppia?, un quiz semplice ma accattivante.
Dopo le prime puntate mandate in onda al sabato sera, il programma viene spostato al giovedì, a causa delle lamentele dei gestori dei locali pubblici - Cinema soprattutto - che hanno visto azzerarsi i propri incassi.
Alcuni cinema sono arrivati a mettere il televisore davanti allo schermo, facendo pagare un regolare biglietto d'ingresso come se si trattasse della proiezione di un film.
Il quiz del giovedì sera diviene presto un appuntamento imperdibile per tutta la nazione. Le città sembrano sotto coprifuoco.
Gli appartamenti si svuotano, i bar, i ristoranti, le pasticcerie si riempiono. Nei paesini, qualcuno si porta la sedia da casa. Molte "bande del buco" ne approfittano per mettere a segno colpi indisturbati.
Come tutte le trasmissioni, anche lascia o raddoppia? non supera mai le 23: l'indomani bisogna andare a lavorare e il monoscopo Rai chiudere le trasmissioni.
2. 3 Febbraio 1957 - Un Carosello di emozioni
Con la nascita della televisione, le generazioni dei primi anni Cinquanta vivono l’alba di una delle più importanti rivoluzioni socioculturali del Novecento.
Dal 1957 Carosello li accompagna a letto dopo le 9 di sera.
Si tratta di un siparietto di sei o sette spot realizzati con attori o con cartoni animati, che reclamizzano alla fine di sceneggiature di qualche minuto i prodotti più diversi.
Alcuni slogan coniati per quei teatrini pubblicitari - gli unici dell'intera giornata televisiva, composta peraltro di poche ore di trasmissione - entreranno presto nel gergo comune.
Alcuni di essi travalicheranno i decenni, passando di bocca in bocca, fino a essere usati anche da chi sarebbe nato molti anni dopo.
“Con quella bocca può dire ciò che vuole”, utilizzato in uno spot che ha Virna Lisi come testimonial per pubblicizzare un dentifricio, diventerà un tormentone sempreverde per tutti gli italiani e un tormento per la bella e brava attrice, per lungo tempo identificata solo per quel Carosello.
Al pomeriggio si attende con ansia La tv dei ragazzi con i suoi programmi dedicati ai giovanissimi. Da La nonna del corsaro nero, a L’amico degli animali (Angelo Lombardi) che per la prima volta fa vedere in tv pitoni e cuccioli di leopardi.
Poi ci sono Rin Tin Tin, un pastore tedesco arruolato nell’esercito degli Stati Uniti e, alla domenica, Braccobaldo Show, un programma di soli cartoni animati.
In questo 1957 della nascita di Carosello, va in onda anche Viaggio nella valle del Po, un programma ideato dallo scrittore Mario Soldati, che dà voce a chi voce non l'ha mai avuta: popolazioni dedite al lavoro, la cui vita, sulle rive del fiume più lungo d’Italia, è scandita dai cicli naturali delle stagioni, e segnata - di generazione in generazione - dalle tradizioni del mondo contadino.
Alla tv che informa e istruisce, ne corrisponde un’altra che diverte, intrattiene. È il caso de Il Musichiere (anch'esso nato nel 1957), programma musicale a premi condotto dal popolarissimo Mario Riva, destinato a morire tre anni dopo sul palco dell’Arena durante le prove di un programma.
Nel 1959 nascerà invece lo Zecchino d’Oro. A tre anni dalla nascita della tv, la politica ha il suo regno incontrastato nel telegiornale della sera: il solo al tempo del Nazionale, l’unico canale televisivo.
Quando intuiranno il formidabile potenziale propagandistico del tubo catodico, i politici si approprieranno di spazi a essi dedicati. Nasceranno così Tribuna elettorale, Tribuna politica e Sette giorni al Parlamento a cura di Jader Jacobelli, giornalista che diventerà il volto stesso della politica in tv.
3. 25 Novembre 1958 - Telescuola
Se per agevolare l'incontro fra le diverse culture degli ottomila campanili sparsi da Nord a Sud il Ministero della difesa dispone che i ragazzi di leva del Meridione vadano in Settentrione e viceversa, la Rai - la cui “missione” è prevalentemente d’ordine didattico - inventa Telescuola, il primo corso scolastico rivolto agli alunni residenti in località prive di scuole secondarie.
È il 1958, l’anno che coincide con l’inizio del boom economico e gli italiani devono crescere culturalmente per adeguarsi agli standard europei.
Le lezioni di Telescuola vanno in onda tutti i giorni dalle 14.00 alle 15.10. Ma non basta. Bisogna occuparsi anche di quei lavoratori rimasti analfabeti per portare i soldi a casa fin dall'infanzia.
Due anni dopo nascerà così "Non è mai troppo tardi", con 484 puntate il maestro elementare Alberto Manzi insegnerà a leggere e scrivere con un metodo che dosa sapientemente contenuti e toni d’intrattenimento, sconfiggendo il frustrante senso di inferiorità culturale del telespettatore.
Con Manzi nascerà la figura del maestro televisivo, che utilizza lavagna e gesso, oltre al videoscopio, una sorta di lavagna elettronica. L'idea è mutuata dalla tv australiana, dove, per via dei grandi spazi con piccole comunità, il maestro entra in aule sparse a centinaia di chilometri di distanza l’una dall'altra proprio grazie alla televisione.
Alla stessa maniera, ma per ragioni economiche, non geografiche, a causa dei costi ancora proibitivi dei televisori, la Rai allestirà per Non è mai troppo tardi oltre 2000 punti di ascolto, cui affluiranno circa 57mila allievi, che potranno disporre anche di materiale didattico edito dalla ERI (la casa editrice della Rai).
Grazie al maestro Manzi, ben 35mila persone otterranno l'agognato diploma. I corsi proseguiranno sino al 1968, quando sarà notevolmente aumentata la frequenza alla scuola dell’obbligo.
Si concluderà così una delle più nobili stagioni della televisione, quella che per anni aveva visto alla sera, dopo una giornata di lavoro, braccianti e operai sedersi davanti al suo schermo per imparare a leggere e scrivere “come i signori" ed era capitato - non di rado - che alcuni padri chiedessero “aiutini" scolastici ai figli per non aver capito quando usare il condizionale o il congiuntivo.
4. 4 Novembre 1961 - Arriva Rai 2 (La Rai3 nasce il 15 Dicembre 1979
Il 1961 è l’anno della nascita del secondo canale Rai, il cui telegiornale va in onda quando finisce quello del Canale Nazionale (il primo), per consentire a chi non ha potuto seguirlo di accedere alle notizie, seppur in forma ridotta a causa della scarsità dei mezzi produttivi.
Entrambi i telegiornali danno molto risalto alla notizia che a ferragosto arriva dalla Germania, dove, a Berlino,è stato alzato un muro che divide in due i tedeschi: una barriera che rimarrà per 28 anni.
Per distrarre gli italiani, la Rai vara Studio Uno, un programma di varierà del sabato sera. Le sue prime ballerine sono tedesche: si chiamano Alice ed Helen Kessler e hanno gambe lunghissime che esibiscono in calzamaglia nera.
Gambe che potrebbero turbare il riposo dei guerrieri del lavoro che al mattino presto devono raggiungere le fabbriche e i campi, e anche incrinare gli equilibri familiari.
Convinto di queste conseguenze nefaste, il deputato democristiano Guido Gonella presenta un’interrogazione parlamentare al riguardo inserita in un più articolato attacco a Enzo Biagi, direttore del TG Rai, che lascerà l’incarico nell’agosto successivo in seguito alle ripetute critiche alla sua conduzione.
Ma questo 1961, che registra un’impennata del terrorismo altoatesino, coincide anche con il centenario dell’unità d’Italia e la Rai,con una serie di programmi realizzati appositamente, diventa il megafono per trasmettere dalle Alpi alla Trinacria un unico messaggio: siamo tutti italiani!
Nel 1979 nasce il Terzo canale Rai. Per gli italiani è una conquista sul piano della pluralità televisiva; per il Partito comunista, un traguardo lungamente inseguito: dopo la DC (Rai Uno) e il PSI (Rai Due), anche i comunisti hanno il loro canale.
Ma l’aggiunta di una rete non basterà alla Rai per contrastare il fenomeno televisivo della fine degli anni Settanta: la nascita di network privati. Da Mondadori a Rusconi a Rizzoli, fino all’imprenditore milanese Silvio Berlusconi, l’offensiva delle “private” è massiccio e destinato a cambiare per sempre gli scenari della tv in Italia.
Sul fronte delle tv commerciali, a vincere la battaglia negli anni successivi, fino a diventare di fatto l’unico competitor della Rai, sarà Silvio Berlusconi, che con una campagna acquisti senza badare a spese “soffierà” alla tv di Stato risorse tecniche, unitamente all'ingaggio dei volti più famosi della tv: primo fra tutti, quello di Mike Bongiorno.
Si può affermare che gli ultimi avvenimenti televisivi monopolizzati dalla Rai in termini di audience siano la tragedia di Alfredino Rampi (il bambino di 6 anni finito in un pozzo artesiano nell’estate dell’81) e i mondiali di calcio in Spagna del 1982.
5. 1 Febbraio 1977 - Il mondo è a colori
Domenica 1 febbraio Corrado, il popolare conduttore televisivo di Domenica in, annuncia ufficialmente la nascita della tv a colori anche in Italia.
In realtà, già dall’estate precedente la Rai aveva iniziato a mandare in onda qualche programma a colori, oltre ad alcuni film: il 17 luglio 1976 aveva trasmesso la cerimonia di apertura dei giochi olimpici in programma a Montreal.
Da quel momento, come un tormentone, fra un programma e un altro, le annunciatrici televisive avevano comunicato agli italiani che la Rai era “autorizzata a trasmettere il programma anche a colori”.
L’annuncio del conduttore era di fatto una sorta di ratifica della “rivoluzione del colore”, come la chiamò qualcuno sui giornali. Sparirono così le vecchie sigle in bianco e nero, oltre al monoscopio che apriva e chiudeva le trasmissioni.
Poco alla volta furono “colorate" anche tutte le pubblicità che, peraltro, dal 1° gennaio del 1977 erano rimaste orfane di Carosello, trovando collocazione in spot pubblicitari trasmessi in diversi blocchi durante la giornata.
Per chi non aveva la possibilità di comprare un televisore a colori, il cui costo superava il milione di lire in un periodo in cui gli stipendi medi non superavano le 160 - 180mila per un operaio, alcune case produttrici sfornarono degli improbabili schermi da posizionare sul monitor, che coloravano le immagini con risultati improponibili esteticamente.
L’avvento del colore sanciva la nascita di un nuovo mondo televisivo, che si coniugava con trasmissioni più “veloci" sia nello svolgimento sia nel linguaggio.
Con la scomparsa del bianco e nero tramontava definitivamente la Rai degli inizi: quella che per oltre vent’anni era cresciuta con ritmi lenti, pacati, con passi a volte incerti, ma sempre segnati da grande professionalità.