Provate a chiedere al proprietario di un cane che cosa pensi del suo animale.
Si profonderà in lodi e potreste anche sentire il famigerato “gli manca solo la parola…”.
Chiedete invece al proprietario di un gatto: è probabile che si lamenti di divani distrutti e vasi di fiori rovesciati, macchie di pipì sulle coperte e miagolii nel cuore della notte.
Eppure, anche il più esasperato gattofilo lascerà trasparire, tra un insulto e l’altro, tutto l’affetto che prova per il suo bizzarro animale.
Non importa quante tende distruggano, i gatti sono, lo dicono le statistiche, i pet “pelosi’’più diffusi; forse perché meno esigenti dei cani ma altrettanto socievoli (quando hanno voglia), più facili da mantenere e anche da lasciare in casa da soli.
Ma c’è qualcosa d’altro di speciale nel rapporto uomo-gatto, un ingrediente segreto che stiamo cercando di comprendere da migliaia di anni.
Nonostante dorma ai piedi dei nostri letti fin dai tempi degli Egizi, Felis catus è ancora, per molti versi, un animale misterioso, a tratti inspiegabile, che abbiamo semplicemente scelto di accettare così com’è.
Non c’è niente da fare: siamo noi ad avere più bisogno di loro. Eppure, i gatti hanno scelto di farci compagnia.
Cerchiamo allora di capire un po’ meglio i comportamenti di questi misteriosi felini, presenti al nostro fianco da circa 5.300 anni (per scelta loro)!
1. Misteriosi felini
Eppure basta poco per dare un senso anche alle cose più assurde che vediamo fare dai nostri gatti.
Ciascuno dei loro comportamenti ha radici evolutive molto profonde, spesso in netto contrasto con la vita che li spingiamo a fare chiudendoli in un appartamento.
Al contrario di quasi tutti gli animali che abbiamo addomesticato, infatti, il gatto ha dovuto imparare un comportamento del tutto estraneo al suo antenato selvatico: la socialità.
Cani, mucche, capre, pecore, persino galline: sono tutti animali con un forte senso del gruppo; la necessità di riconoscere un leader, per esempio, è alla base del nostro rapporto con i cani. I gatti, invece, sono animali solitari.
La distribuzione di Felis silvestris, la specie selvatica da cui deriva il “nostro” Felis catus e che è presente con milioni di esemplari in tutto il mondo, assomiglia più a una zona di guerra: territori confinanti tra i quali regna una tacita tregua, non certo una comunità solidale che collabora al benessere collettivo.
Ciò non significa che questi felini rifuggano il contatto con gli altri esemplari, o che non sviluppino legami di alcun genere; semplicemente, diventano sociali per ragioni opportunistiche. Non a caso li abbiamo conquistati corrompendoli.
Recenti prove dimostrano infatti che i gatti cominciarono a convivere con l’uomo circa 5.300 anni fa, in Cina, e che la scintilla che fece scoccare l’amore furono bocconcini di cibo: gli umani li lasciavano a disposizione dei gatti nei granai, ottenendo in cambio una sentinella contro topi e altri flagelli.
Era uno scambio equo, che consentiva ai gatti di conservare le proprie prerogative comportamentali: indipendenza e libertà di movimento all'interno di un territorio definito da ciascun esemplare.
Se i primi cani domestici necessitavano di un padrone, di una figura di riferimento a cui obbedire, i gatti avevano solo bisogno di un pezzo di terra che potessero chiamare casa.
E se poi capitava di doverlo condividere con un’altra creatura, tanto meglio, purché i due non si pestassero i piedi.
Quello che valeva nell’antico Egitto vale anche oggi nei nostri appartamenti. Una casa, per un gatto, coincide con il territorio da pattugliare, nel quale dormire e nutrirsi.
2. Qui decido io e alcuni miti da sfatare
Ecco perché, in linea teorica, un gatto costretto a traslocare insieme alla sua famiglia soffrirà di più di uno che viene lasciato nel suo appartamento e si ritrova con nuovi inquilini.
Ed ecco perché un gatto domestico fuori da casa sua non si fa scrupoli, se si sente minacciato, ad aggredire anche il suo padrone, in grembo al quale dormiva pacifico solo la sera prima.
Può sembrare un approccio alla vita cinico e utilitaristico, e probabilmente lo è; uno studio pubblicato nel settembre del 2015, che ha fatto infuriare i gattofili di tutto il mondo, ha dimostrato quello che è il segreto di Pulcinella dei nostri felini preferiti: non hanno bisogno di noi, né dimostrano segni di ansia da separazione quando vengono allontanati dai loro padroni.
Questo non significa, naturalmente, che li si possa abbandonare senza farsi scrupoli: negli agi casalinghi, molti di loro perdono l’istinto predatorio e non riuscirebbero a sopravvivere liberi.
Anche dedicare loro troppa attenzione può diventare deleterio, perché «molta gente è convinta di poter trattare il gatto come se fosse un cane meno bisognoso di cure», sostiene il comportamentista John Bradshaw della Bristol University.
«Facciamo l’errore di credere che i gatti vogliano sempre le coccole, e se vediamo che ci ignorano pensiamo che non ci vogliano bene. La verità è che il gatto ha la sua vita, e decide lui quando dedicare attenzione agli altri». E lo fa persino con gli altri felini, ecco perché «non basta mettere due gatti sotto lo stesso tetto per farli andare d’accordo».
E un altro dei miti da sfatare: quello che avere due gatti sia meglio che averne uno (soprattutto per le famiglie che passano molto tempo fuori casa), perché, si dice, “si fanno compagnia”.
La natura solitaria del gatto lo porta a non avere in realtà alcun bisogno di compagnia, e la presenza di un altro esemplare sotto lo stesso tetto può anzi rivelarsi pericolosa, soprattutto se è dello stesso sesso: i loro territori si sovrappongono, e invece che coccole e fusa il padrone di casa può aspettarsi graffi e morsi.
D'altra parte, come due esseri umani possono trovarsi simpatici fin dal primo incontro, così due gatti possono condividere felicemente lo stesso spazio vitale. Come spesso accade con i gatti, è impossibile prevedere come andrà qualcosa se prima non la si prova.
3. Ron ron
Pur essendo animali indipendenti, però, questi felini passano un'enorme quantità di tempo a interagire con i propri padroni, soprattutto se si tratta di esemplari da appartamento.
Fusa, gobba, agguati: il gatto comunica costantemente con noi, spesso in maniera giocosa, e imparare il suo alfabeto è la prima cosa che ogni nuovo proprietario deve fare.
Ricordando due regole fondamentali:
- la prima è che qualsiasi manifestazione d'affetto ha le sue radici nel rapporto con la madre;
- la seconda è che giocare, per un felino, è il modo migliore, per quanto confuso, di diventare adulti.
Chiunque abbia osservato una gatta allattare i suoi cuccioli comprenderà immediatamente la prima regola: quando poppano, i piccoli fanno le fusa, e la madre risponde; è un modo per comunicare una richiesta di affetto e vicinanza, e la risposta serve per far sentire al sicuro il gattino.
Un gatto adulto che si rifugia sulle gambe del proprietario, si acciambella e comincia a ronzare sta facendo la stessa cosa: sono le vestigia di un comportamento infantile che, evolutivamente, garantisce più vantaggi se continua a manifestarsi, piuttosto che scomparire.
Non è un caso che i gatti d'appartamento siano tendenzialmente più affettuosi di quelli di campagna: questi ultimi sono meno abituati a lasciare che un istinto infantile prenda il sopravvento (o, forse, ne hanno meno bisogno).
4. Carezze indesiderate e pericoli da esplorazione
Il gioco, invece, è stato paragonato da molti scienziati agli scompigli ormonali di un adolescente: un modo per un corpo in crescita di mettere alla prova i propri strumenti, in attesa di diventare adulto.
Giocare con un gattino di tre mesi è paradossalmente più pericoloso che farlo con un adulto di tre anni:
il primo non ha pieno controllo delle sue azioni, e per lui il confine tra gioco e violenza è assai sfumato - non sempre sa quando bisogna ritrarre le unghie, per esempio.
Spesso gioco e affetto si mescolano: il classico scenario del gatto che fa le fusa e d’improvviso graffia è un chiaro segnale che l’animale ne ha avuto abbastanza. Sapersi tirare indietro quando il gatto è stufo è fondamentale.
Un recente studio dell’Università di Lincoln ha dimostrato che i gatti ai quali vengono imposte troppe coccole, ma che sono troppo pigri o troppo deboli per ribellarsi e quindi le tollerano di malavoglia, raggiungono alti livelli di stress (in questo caso la presenza di un altro gatto, in grado di spostare l’attenzione degli umani su di sé, può essere benefica).
Le ricerche ci dicono anche che noi umani troppo spesso siamo dei pessimi padroni: in Gran Bretagna, uno dei Paesi con la più alta concentrazione di felini domestici, ogni anno circa 850.000 gattini nascono da gravidanze indesiderate (l’80% di quelle totali, perché i padroni non si preoccupano di sterilizzare gli animali prima di lasciarli liberi di esplorare).
A Vienna, invece, la clinica veterinaria universitaria ospita ogni anno tra i 60 e i 70 gatti caduti dalla finestra, soprattutto durante i mesi estivi: al gatto basta un uccello di passaggio e una zampa appoggiata male per perdere l’equilibrio, mentre al padrone basterebbe ricordarsi di prendere precauzioni al riguardo.
Trattare bene il proprio gatto, peraltro, non è solo la cosa giusta da fare: in perfetto stile felino, è anche una cosa che ci fa molto comodo. Di pet therapy e dei benefici della compagnia di un animale, del resto, si parla ormai da anni.
In sintesi, un gatto sano e libero da stress è anche un gatto felice di stare in compagnia del suo padrone, e la conseguenza è un padrone altrettanto felice e sano. Certo, lui continuerà a fare dispetti e miagolare in piena notte senza alcun motivo apparente; ma ogni volta che lo guarderete, pensate che è al vostro fianco perché ha scelto di esserci.
A modo suo, non è il migliore amico dell’uomo?
5. Decalogo: come non rovinare i rapporti con il gatto
- Non cercare costantemente la sua attenzione, soprattutto nei primi tempi: meglio lasciare che sia lui ad avvicinarsi per primo.
- Non sgridarlo né picchiarlo se fa qualcosa di sbagliato: non capirà, continuerà a farlo e sarà stato stressato inutilmente.
- Se cerca di attirare l’attenzione rovesciando oggetti o tirando tende, non bisogna dargli corda: meglio mettere la casa a prova di gatto e ignorarlo quando “rompe”, in attesa che si stufi.
- Occorre farlo giocare ogni tanto, e tenerlo in attività, perché tra un gatto annoiato e un gatto stressato il passo è breve.
- Assicurarsi che la cassetta della sabbia e la ciotola del cibo siano tra loro ben distanti e isolate, ma anche facilmente raggiungibili dall’animale: si eviterà così di trovare spiacevoli macchie di pipì in giro per la casa.
- Se i gatti sono più di uno, fornire a ciascuno una cassetta personale, o in alternativa cambiare la sabbia con maggior frequenza.
- Tenere aperte tutte le porte in casa: i gatti amano poter circolare liberamente per il loro territorio.
- I gatti sono abitudinari, e qualsiasi cambiamento li disturba: niente vieta di cambiare il divano o ridipingere il salotto, meglio però assicurarsi che l’animale abbia almeno un posto sicuro dove andare a nascondersi in attesa di abituarsi
- Se il gatto è in cerca di coccole, va assecondato finché non è lui a stufarsi.
- In mancanza di un giardino, installare un tira-graffi a torre (i cosiddetti “kitty condo”), che consenta al gatto sia di farsi le unghie sia di avere un parco giochi personalizzato. Qualsiasi oggetto (o, in alternativa, mobile) che sfrutti lo spazio verticale è ideale per intrattenere un gatto.