Le bulbose sono straordinarie per la vitalità che le caratterizza e per l’allegria che suscitano. Inoltre, grazie alla ricchezza di specie e varietà, è possibile garantirsi fioriture per tutto l’anno.
Vi sono mille ragioni che ci dovrebbero spingere a ricorrere alle bulbose più spesso di quanto siamo soliti fare.
In primo luogo la loro allegria: queste piante, più di ogni altra, sprigionano colori, energia, freschezza e soprattutto vitalità, tutte doti che esse sono in grado di trasmettere all’ambiente in cui abbiamo deciso di inserirle.
Anche l’angolo più tetro del nostro giardino – magari là dove il sole non arriva mai e dove altre specie hanno miseramente fallito – ne trarrà vantaggi impensati, regalandoci squarci di brio e luminosità.
I balconi, poi, torneranno a sorridere in pratica per tutto l’anno, e non solo in estate, riempiendo quegli interminabili, noiosi “vuoti” invernali e di inizio primavera, nell’attesa che finalmente fioriscano i gerani e le petunie.
Per non parlare, infine, dei nostri appartamenti, le cui stanze possono offrire infinite occasioni d’impiego per le bulbose: davanzali interni, centrotavola, pensili, mobili, comodini sono tutti luoghi deputati ad accogliere contenitori con bulbi e composizioni in vaso.
Senza contare che se avremo la pazienza di apprendere poche e semplici regole di coltivazione per forzarne la fioritura, riusciremo a vederle sbocciare nel momento più allegro e intimo dell’anno, Natale e Capodanno, due appuntamenti essenziali per una decorazione gioiosa e profumata: narcisi, giacinti e amarillidi sembrano creati apposta dalla natura per intrecciare le loro fragranze con quelle dell’abete e delle candeline.
Esistono però almeno altre due ragioni, ancor più persuasive, che stimolano molte persone ad utilizzare i bulbi da fiore: la facilità con cui li si può coltivare e il successo immancabile che ne seguirà. In sostanza, si tratta solo di preparare una buca appropriata, depositarvi il bulbo e… aspettare.
Il merito di tanta semplicità è da attribuire al bulbo stesso, le cui dimensioni e concezione fisiologica sono fortemente differenti da quelle di un seme, che necessita di un processo assai più articolato per svilupparsi e portare alla formazione di una pianta completa.
Le bulbose sono un gruppo caratterizzato da tantissime specie, talora molto diverse tra loro anche sotto il punto di vista colturale. Il loro vantaggio su altri tipi di piante sta nel comprendere specie d’ogni tipo, quasi tutte in grado di regalarci ciò che noi desideriamo ricevere da un giardino o da un terrazzo fiorito, vale a dire bellezza, profumi, colori: in una parola, emozioni.
Per tale motivo dovremo sfruttarlo con accortezza e lungimiranza, per estendere il loro potenziale decorativo lungo tutto l’arco dell’anno. In altre parole, utilizzando le diverse proprietà dei singoli generi, possiamo avere un giardino fiorito per tutti i dodici mesi, senza soluzione di continuità.
Al termine della fioritura di un determinato genere potremo avvalerci di un altro, in una lunga catena di cui non si può esser certi dell’inizio (forse con i bucaneve, o Galanthus, in gennaio) e che ha fine – se proprio vogliamo usare questa parola – con gli Hippeastrum (popolarmente detti anche amarillidi) forzati in casa per festeggiare il Natale.
Se abbiamo la fortuna di vivere in aree con clima caldo, potremo facilmente constatare come alcune bulbose siano in grado di fiorire ininterrottamente per molti mesi l’anno, quasi per toglierci il disturbo di dover pensare a come rimpiazzarle quando sono avvizzite.
Se questo gioco riuscirà ad appassionarci, forse non potremo staccarcene neppure quando, fuori casa, la neve scende fitta fitta, oppure la canicola lancia le sue frecce. Ci conforti il fatto che il rischio della “bulbomania” non è dei peggiori, e neppure dei più costosi.
Oggi vedremo (dopo una breve storia delle bulbose) come, utilizzando le diverse proprietà dei singoli generi, possiamo avere un giardino fiorito per tutti i dodici mesi, senza soluzione di continuità.
1. Breve storia delle bulbose
Se è vero che la storia dell'uomo è indissolubilmente legata a quella delle piante, non vi è dubbio che in questo senso le bulbose abbiano ricoperto un ruolo di primaria importanza fin dal più lontano passato.
Basti ricordare, a titolo d'esempio, che i nomi di alcuni fra i più famosi personaggi della mitologia greco-romana furono ben presto associati a popolarissimi generi di bulbose.
Giacinto, bellissimo giovane amato da Apollo, fu da lui convertito in fiore dopo essere stato ucciso da Zefiro, mentre Narciso morì consunto dall'amore per se stesso, trasformandosi poi nell'omonimo fiore per volere della dea Nemesi.
Più di quattromila anni fa, nel pieno della civiltà Minoica, sull'isola di Creta, queste piante figuravano fra le specie maggiormente riprodotte in dipinti parietali oppure su vasi e manufatti d'ogni genere: gigli, soprattutto, e poi tulipani, iris, crochi.
Analogo interesse ebbero gli antichi Egizi, nella decorazione di troni e tombe dei primi faraoni, mentre è stupefacente constatare come la Bibbia citi in più punti gli Allium (aglio, porro, cipolla), così come il croco dello zafferano (Crocus sativus), gli iris, i gigli, gli Ornithogalum.
Una svolta nella coltivazione delle bulbose in area mediterranea - dove pure sono diffusissime in natura - si ebbe verso il 50 d.C. dopo la pubblicazione del trattato intitolato De Materia Medica, scritto dal medico e naturalista greco Dioscoride.
Noto per essere stato il fondatore dell'erboristeria, lo scienziato descrisse circa 600 piante officinali, fra cui parecchie bulbose, da lui ritenute utili per combattere le più diverse malattie.
Gradualmente, le popolazioni mediterranee presero a cercare i bulbi nei loro habitat, per ripiantarli nei propri orti e giardini privati, dove accanto agli impieghi di ordine farmacologico si iniziò ad apprezzare anche l'efficacia decorativa di molte specie.
Tuttavia, si può parlare di un uso di chiaratamente ornamentale delle bulbose solo dopo la scoperta dell'America, da cui furono importate numerose specie nuove, anche in seguito a spedizioni organizzate per introdurre in Europa tutto ciò che di bello e prezioso era possibile "depredare".
Fra i grandi paesi europei che parteciparono a questa competizione, fu l'Inghilterra a primeggiare, anche per ragioni di domanda interna. Nel XVI secolo, infatti, si era diffusa un'autentica mania per i giardini.
Naturalmente, solo personaggi ricchi e potenti potevano disporre dei mezzi economici necessari e sufficienti per accaparrarsi le migliori "novità" che giungevano dalle spedizioni oltremare.
Tuttavia, fu nell'Europa centrale che nacque e si sviluppò una delle più incredibili cacce al bulbo che mai si siano verificate sulla faccia della Terra: quella determinata dalla "scoperta" dei tulipani orientali.
Verso la metà del Cinquecento, l'ambasciatore fiammingo Ghiselin de Busbecq, visitando Costantinopoli, rimase impressionato dalla parata multicolore dei tulipani coltivati in quei giardini e fu così che, in seguito alla sua descrizione e al conseguente curioso fenomeno di psicosi collettiva - ben definito con il termine "tulipomania" - i tulipani invasero i mercati e i giardini occidentali, non più nella loro originaria veste spontanea, bensì in quella conferitagli da coltivatori e ibridatori del XVII secolo.
Dopo i tentativi infruttuosi di utilizzarlo come pianta alimentare, il tulipano fu sempre più apprezzato nella sua funzione ornamentale, generando un'autentica infatuazione nelle classi sociali elevate, soprattutto olandesi.
Tutti lo cercavano, tutti lo volevano, ma poiché i bulbi scarseggiavano, la legge di mercato ne fece salire il prezzo alle stelle: si arrivò a pagarne uno solo con una cifra in fiorini equivalente a 140.000 euro odierni. Il tulipano aveva cessato di essere una pianta per diventare un affare, una merce di scambio.
Ci fu chi vendette la propria casa, del valore di migliaia di fiorini, per un solo bulbo, chi cedette la propria azienda, chi abbandonò moglie e figli per diventare coltivatore di tulipani e inseguire così un vano sogno di ricchezza.
Il Seicento e soprattutto il Settecento diventarono poi i secoli di una più saggia, ma ancor più febbrile "bulbomania", che si poteva nutrire di approvvigionamenti in arrivo da altre parti del pianeta.
A partire dalla metà del 1700 entrarono in scena, per esempio, le ricchissime dotazioni sudafricane di bulbose, favorite dalle scoperte geografiche di navigatori e, soprattutto, dalle esplorazioni dei botanici.
Basti pensare che, grazie a questi scienziati del XVIII secolo, dal Sudafrica giunsero in Europa numerose specie di generi già conosciuti - come gladioli e Ornithogalum - ma anche completamente nuovi: Ixia, Lachenalia e le bellissime Zantedeschia, da noi solitamente chiamate calle.
2. In primavera per risvegliare la vita
Proviamo a immaginare come ci apparirebbe il mondo che ci circonda, alla fine dell'inverno, senza il sostegno cromatico e odoroso delle piante da bulbo.
Ambienti aperti, giardini, perfino aree urbane: tutto sarebbe assai più povero, anche se per porre rimedio a tanto grigiore è possibile ricorrere ad altri tipi di piante, preziose ma meno appariscenti.
Le bulbose, invece, garantiscono fin da gennaio-febbraio una tale esplosione di colori e di forme, che il nostro cuore si allarga a sentimenti di grande gioia e intimità, con la certezza che la primavera è ormai alle porte con tutto il suo carico di luce e di profumi.
Se qualcuno ci domandasse all'improvviso quali sono le migliori bulbose primaverili, probabilmente risponderemmo citando i crochi, i tulipani e i narcisi.
È giusto, perché tutti conosciamo l'enorme potenziale decorativo di queste piante, ma in tal modo non renderemmo giustizia a una serie di altre legittime aspiranti al ruolo di "apripista" della primavera: le Fritillaria, per esempio, di tutte le taglie e di tutti i colori, e poi ancora i giacinti, nelle iris nane, gli anemoni, i ranuncoli, i Muscari, le Scilla, gli Erythronium...
Una volta fatta la nostra scelta - anche sulla base del l'esperienza che man mano acquisiremo - dobbiamo ora pensare al luogo più idoneo in cui metterle a dimora.
Impieghi delle bulbose primaverili
■ Se abbiamo un giardino, la scelta sarà facile, perché le bulbose primaverili sono belle ovunque, anche se alcuni siti sembrano più adatti di altri, soprattutto in posizione soleggiata.
In primo luogo vanno tenuti presenti tutti quegli spazi che il nostro sguardo può raggiungere anche dall'Interno della casa: per esempio, il vialetto di ingresso o il piccolo parterre che precede il portone.
Se accettiamo questa soluzione, ricordiamoci pure che, a così breve distanza dal nostro naso, sarebbe bene piantare almeno un genere dotato di profumo, come i giacinti, insieme con altre piante di taglia piccola: iris nani (Iris reticulata), crochi, Muscari ecc.
Le medesime piante potranno essere poste in posizioni più distanti dall'edificio, ma allora sarà bene piantarle in masse più consistenti, magari raggruppandole contro uno sfondo di sempreverdi.
■ A proposito della quantità va aggiunto che non vi è una regola precisa, poiché essa va proporzionata alle dimensioni del luogo da abbellire: in certi casi basta un ciuffo o poco più, ma il più delle volte è necessario abbondare per ottenere un effetto davvero emozionante.
È importante ricordare che queste piante non vanno messe isolate o sparse in modo disordinato, ma sempre in gruppi, tenendo inoltre presente che non vanno mescolati fra loro diversi tipi di bulbi: un effetto gradevole si raggiunge solo accostando le masse, piccole o grandi che siano.
■ Un altro luogo ideale è la bordura di piante perenni, dove le bulbose primaverili giocano ruoli di primo piano, soprattutto per introdurre vistose macchie di colore là dove poi fioriranno altre piante durante i mesi estivi: anche in questo caso è consigliabile abbondare e affidarsi a una sola o due specie.
■ Il giardino roccioso, poi, sembra fatto apposta per ospitare bulbose di taglia bassa.
In questo caso, lo sviluppo delle perenni e dei piccoli arbusti che fioriranno successivamente contribuirà ad occultare, almeno parzialmente, le foglie ingiallite delle bulbose che, lo ricordiamo, non vanno tagliate se non al termine della loro funzione di ricarica delle sostanze nutritive.
Ci serviremo di piante come i tulipani nani, i narcisi (anche le specie botaniche), i Muscari, le iris nane e così via.
■ Anche se preferiscono il sole, le bulbose primaverili possono ugualmente trovare spazio al riparo di arbusti o addirittura di alberi caducifogli, anche perché le foglie di questi ultimi si svilupperanno appieno solo più tardi. L'effetto scenografico di una macchia di crochi o di Muscari al riparo della chioma di una quercia o di un tiglio è impagabile.
■ Se poi, ai margini del giardino, disponiamo di un prato ancora naturale, meglio se altimetricamente ondulato a quote differenti, ecco servita sul piatto la possibilità di disporre i bulbi in modo naturale nell'erba: crochi, Hyacinthoides, Scilla e narcisi vi riporteranno ad un mondo di fiaba, ma non dovrete essere parsimoniosi nell'acquisto dei bulbi.
3. In estate, nuotando tra i colori
Se in primavera le bulbose hanno avuto la funzione di regalarci nuovamente la gioia della luce e del profumo, la stagione estiva sarà ancor più generosa, con un profluvio di colori sgargianti e di forme insolite.
La quantità di fiori delle bulbose estive è tanto elevata, che talvolta appare davvero difficile operare una scelta equilibrata, anche perché è facile "innamorarsi" di un solo tipo di pianta e non abbandonarlo più.
Cerchiamo di resistere a questa tentazione e sforziamoci prima di fare conoscenza con gli oltre 50 generi di bulbose estive. Quattro, fra loro, sono celeberrimi e irrinunciabili.
I gigli, innanzi tutto, che non sono solo bianchi, ma spaziano fra il rosso, l'arancione, il giallo e il viola. Le forme delle loro corolle, il profumo e la ricchezza cromatica non sono le loro sole virtù, perché dobbiamo aggiungere anche la notevole durata della fioritura e l'incredibile rusticità dei bulbi, che resistono a temperature basse e non necessitano di essere estratti dal suolo all'arrivo dell'inverno.
In secondo luogo vengono i gladioli, oggi forse un po' fuori moda, ma ineguagliabili come fiori da taglio.
Il terzo genere leader è quello delle dalie, la cui popolarità appare attualmente in grande ripresa, grazie non solo alla scelta sterminata di colori, taglie e forma della corolla, ma anche all'enorme produzione di fiori per ogni pianta: fino a 100 in una sola stagione.
Infine, il quarto moschettiere delle bulbose estive, la begonia tuberosa, che ha molte doti e nessuno svantaggio: gamma svariatissima di colori, fioritura prolungata talvolta più del giglio, corolle enormi (anche più di 15 cm), disponibilità a decorare qualsiasi parte della nostra casa, anche all'ombra, e molto altro.
Alla corte di queste quattro regine, tuttavia, vivono molte altre pretendenti, ciascuna delle quali è fornita di credenziali di prim'ordine:
- si pensi alla maestosità delle Canna, oggi presenti in tante varietà, una più attraente dell'altra;
- all'eleganza quasi diafana delle calle (Zantedeschia), che oltretutto non sono solo candide;
- alla delicatezza degli Ornithogalum, che in vaso durano anche più di un mese;
- all'esotismo che i Caladium introducono nei nostri giardini meridionali con le loro grandi foglie.
Impieghi delle bulbose estive
Di fronte a un panorama tanto vasto e variegato, nel quale è possibile smarrirsi, è opportuno tenere presenti alcuni principi di base, prima di affrontare il piacevole impegno di usare le bulbose estive.
■ In primo luogo va ricordato che sotto il profilo agronomico queste piante, in genere, non necessitano di un habitat particolare, quindi si adattano a qua lunque compagnia, a condizione che il drenaggio del suolo sia perfetto.
■ Da un punto di vista estetico, invece, sappiamo che possiamo soprattutto giocare con i colori, e non solo quelli dei fiori, bensì anche delle foglie: un espediente questo, che invece le piante primaverili ci concedono con parsimonia.
Quindi, aiutati dal nostro gusto, impareremo a sfruttare i contrasti, le tonalità, le variazioni cromatiche per dare armonia a quel certo angolo di giardino o di terrazzo: con i rossi più vivaci accenderemo sensazioni di passione e di allegria, mentre con i gialli e i bianchi conferiremo al sito un'atmosfera di dolcezza o di abbandono.
Giocare con i fiori, in questo caso, significa anche misurarsi con i sentimenti umani. Va tuttavia osservato che l'elemento che conta non è tanto il colore in sé, quanto il modo in cui noi lo usiamo, accostandolo ad altri oppure inserendolo in determinati spazi, angoli, prospettive.
Con i colori, poi, è possibile, entro certi limiti, creare illusioni ottiche: le tinte pastello (rosa, azzurro, pesco) arrotondano i giardini o i terrazzi troppo stretti ed estesi, mentre quelle bianche danno l'impressione di allargare e allungare.
■ Viceversa, nel caso di giardini molto ampi, si darà vita ad aiuole o a bordure in cui la fantasia, ma soprattutto il nostro gusto, si sforzeranno di armonizzare i colori, le forme, i portamenti, utilizzando anche quelle bulbose di grande taglia (come le dalie) che in situazioni più ristrette non possono esserci utili.
■ Dopo aver scelto i colori e gli abbinamenti più opportuni (sono, per esempio, sempre di grande effetto la coppia giallo-blu e la sequenza rosa-lilla-viola: la prima ottenuta con iris e dalie nane, la seconda con Canna oppure con dalie), si penserà alla localizzazione delle piante.
Innanzitutto non dimenticheremo che le bulbose (così come anche altre piante) non devono "nascondersi" fra loro, quindi non vanno inserite a casaccio, bensì curando che le rispettive altezze siano sistemate in modo scalare: le nane in primo piano, le medio-alte nel mezzo, e infine le giganti sullo sfondo.
Il medesimo accorgimento si seguirà con le tonalità cromatiche: in primo piano i chiari, poi i più luminosi e infine i più vivaci. E' possibile operare anche in senso inverso, ma l'attenzione si concentrerà allora più su gli spazi che non sui colori.
■ A livello più pratico, è utile ricordare che le bulbose estive più alte sono soggette al pericolo dei temporali e dei forti venti, dai quali saranno piegate o spezzate se non le avremo poste in posizioni almeno un poco riparate: un muro o un gruppo di alberi a volte sono sufficienti.
Per le rappresentanti alte di alcuni generi (dalie, gladioli, gigli) un tutore è comunque indispensabile.
4. In autunno, con dolci emozioni
Non è rara la circostanza di chi, magari da poco tempo impegnato nell'eccitante avventura che chiamiamo giardinaggio, sul finire dell'estate o nel corso delle perturbazioni che chiudono la bella stagione, rinfodera gli entusiasmi nati in primavera e si appresta quasi rassegnato all'arrivo dell'inverno riponendo vanga e rastrello.
Chi agisce così commette un grave errore, perché, al contrario, pensiamo che non vi sia nulla di più entusiasmante che lanciare una sfida al maltempo e all'accorciarsi delle giornate, affrontando una nuova e stimolante stagione.
Quando le foglie iniziano a cadere dagli alberi e i raggi solari si fanno sempre meno tiepidi, allora è il momento di guardare al nostro giardino (o terrazzo) con occhi e intenzioni diversi.
L'autunno è forse la stagione che più delle altre ci induce a riflettere sulla fragilità delle cose e sul mito dell'eterno ritorno: ci colpisce il ciclo delle stagioni che si rincorrono e che si avvicendano in una catena senza sosta. Nient'altro è meglio di un giardino per cogliere tutto questo.
Con lo sguardo, e con il cuore, percepiamo la struggente bellezza delle foglie che trascolorano: perché allora non sfruttare tale magica atmosfera per rinnovare radicalmente la visione del nostro ambiente più amato?
Con le bulbose autunnali tutto questo è possibile, perché esse si integrano magnificamente nel paesaggio che si va modificando in questi mesi, in alcuni casi rafforzando le tonalità dolci, in altri riempiendo i primi "vuoti" di volumi e colori.
La forza evocativa che promana da un ciuffo di crochi autunnali, colchici o ciclamini, che spuntano facendosi largo nello strato di foglie da poco cadute, magari accanto a felci semi-ingiallite o a bordure di erbe sempreverdi (come Convallaria o Ophiopogon) viene colta da chiunque, non solo dai tecnici e dai "poeti" che si occupano di piante ornamentali. I tre gruppi di bulbose appena citati rappresentano le colonne portanti del nuovo edificio che ci accingiamo a costruire.
I crochi a fioritura autunnale (tra i quali va citata la pianta con cui si produce lo zafferano, Crocus sativus) sono differenti dai confratelli che si aprono in primavera: leggermente più piccoli, sono caratterizzati da un portamento un poco più lasso, meno eretto, quasi a volersi piegare sotto il peso della rugiada e dei primi freddi.
Anche la gamma cromatica è diversa, perché meno sgargiante, ma in compenso è ricca di tonalità incredibilmente delicate, fra il bianco, l'azzurro, il lilla e il blu lavanda, spesso con una macchia gialla centrale.
In alcuni di loro la fioritura avviene dopo l'emissione delle foglie, solitamente sottili e acute, in altri invece avviene il contrario: in tutti i casi si tratta di un folto drappello di specie, sin qui poco conosciute, il cui impiego, sapientemente graduato, ci consentirebbe di avere fiori per un lunghissimo lasso di tempo.
Assai più appariscenti e più grandi sono invece i colchici, dotati di fiori bianchi, lavanda o rosa-violaceo, a corolla semplice o doppia, con diametri che raggiungono anche i 20 centimetri.
Talvolta qualcuno li confonde con i crochi, ma la differenza, a prescindere dalle dimensioni delle rispettive corolle, appare netta già a livello di "bulbo". Il croco, infatti, è provvisto di un bulbo vero e proprio, a forma di pera e ricoperto da una tunica, mentre il colchico nasce da un cormo simile a quello del gladiolo, però privo di tunica e più grosso.
Chi non conosce, invece, i ciclamini, che la Natura ha creato forse per regalarci graditissime sorprese anche nel folto di un bosco, in posizioni talvolta ombreggiatissime e fresche?
Sono fiori curiosi, sovente profumatissimi, affascinanti e soprattutto disponibili in numerose specie e varietà: sembra un delitto possedere un giardino o un semplice balcone e non vederli fiorire anche fino a novembre e oltre.
Ma il panorama delle bulbose autunnali non si esaurisce qui, perché le risorse della Natura sono davvero incredibili. Una splendida pianticella che fiorisce verso ottobre, apparentemente simile al croco, è Sternbergialutea, ben riconoscibile per via del brillantissimo giallo della corolla: piantata a macchie in un prato, magari delimitato da alberi sempreverdi, è di un effetto impareggiabile per colore e luminosità.
Anche in una bordura mista autunnale essa è utilissima: per esempio, può formare un eccellente primo piano alla base di abbondanti fioriture di settembrini (Aster).
Altre bulbose di grande pregio sono Amaryllis belladonna e le Nerine: entrambe ci sorprenderanno se collocate piuttosto appressate fra loro, così da conseguire un effetto di massa delle corolle, dietro le quali vi sia una cortina di altre piante da foglia sempreverde.
E ancora ci serviremo di altre bulbose: Zephyrantbes, Schizostylis, campanellini (Leucojum) e bucaneve (Galanthus).
Impieghi delle bulbose autunnali
■ Come sfruttare l'efficacia decorativa di tutte queste delicate e preziose pianticelle? Nulla di più facile.
I crochi autunnali, piantati in quantità generose, attirano infallibilmente lo sguardo, tanto se sono stati collocati negli spazi aperti (come nei prati), quanto se si è preferito alternarli con altre bulbose.
Altri luoghi ideali sono, ovviamente, il giardino roccioso e soprattutto i contenitori (vasi, mastelli ecc.), tanto che le si può considerare anche piante d'appartamento se coltivate in vasetti di piccole dimensioni.
■ All'aperto, non ci si dimentichi che, tramite una sapiente combinazione con le specie primaverili, si può colorare il giardino per un periodo lunghissimo, almeno da settembre ad aprile. Se invece si desidera la compagnia di altre erbacee, ci si ricordi di ricorrere a perenni di taglia piccola dal fogliame che ingiallisce in autunno, come Euphorbia polychroma e Asparagus tenuifolius.
Le regole per l'impiego più opportuno dei colchici in giardino prescrivono che essi siano collocati a masse nel verde di un tappeto erboso, così come spesso vediamo Colchicum autumnale nei prati naturali, al margine di un bosco.
Un particolare effetto decorativo si ottiene sistemandoli anche nelle aiuole rialzate, alla base e sulle sporgenze dei giardini rocciosi, ma anche lungo le bordure di arbusti, al fine di vivacizzarle in un periodo dell'anno non particolarmente ricco di fioriture.
I ciclamini, invece, sono utilissimi per abbellire le zone boscose e le aree ombreggiate: alcune specie, se lasciate indisturbate, possono aumentare in quantità propagandosi spontaneamente. Sono pure gradevolissime piante da coltivare in piccoli contenitori, che possono essere portati in casa per dare colore ad angoli spenti.
■ Per ottenere il massimo rendimento da crochi, colchici, ciclamini e da tutte le altre piante menzionate, è necessario metterle a dimora attentamente, per far sì che esse non siano sopraffatte dal fogliame morente delle loro vicine e che sene possano sfruttare appieno le sfumature e le fragranze.
In ogni caso, va posta la massima attenzione nel distinguere bene i bulbi fin dal momento dell'acquisto, tenendo presenti le caratteristiche climatiche della zona in cui essi andranno piantati: alcuni sono rustici e possono essere lasciati a dimora tutto l'anno, mentre altri, dopo la fioritura, vanno rimossi dal terreno e messi al riparo per l'inverno.
5. In inverno, tra magiche presenze
Galanthus: solo una quindicina di specie, ma quale immenso patrimonio di forme naturali e varietà create dall'uomo possiede la bulbosa invernale più famosa.
Si calcola che non meno di 350 bucaneve, l'uno diverso dall'altro, siano in grado di soddisfare le esigenze anche del giardiniere più capriccioso e raffinato, per abbellire il giardino nei mesi freddi dell'anno, fra gennaio e febbraio.
Gli appassionati di questo genere - che scherzosamente vengono chiamati "galantofili" - sono così in grado di concepire e realizzare un giardino interamente dedicato al loro fiore preferito, e senza cadere in troppe ripetizioni.
I loro "compagni" preferiti saranno altre bulbose, come i crochi precoci (Crocus chrysanthus e C. tommasinianus), l'aconito invernale (Eranthis hyemalis) e i ciclamini precoci (Cyclamen Coum), ai quali si potranno aggiungere gli ellebori, che però non sono piante da bulbo.
Impieghi delle bulbose invernali
■ Anche se questa proposta ci pare esagerata, vediamo come impiegare i bucaneve all'aperto.
In tali condizioni, sono fra le migliori bulbose da usare per creare effetti di tipo naturale, soprattutto se si ha al confine con il giardino un'area alberata o un bosco vero e proprio, ai cui margini essi creeranno un effetto fantastico nei mesi meno felici.
Anche in altre situazioni, vanno piantati a macchie, possibilmente sotto la chioma di alberi o arbusti a foglia caduca, ma anche in aiuole di piccole dimensioni, oppure in terreni che d'estate sono coperti di felci e infine nelle tasche riparate di giardini rocciosi.
Comunque, si eviti di inserirli in un prato, perché non sopportano i tagli e il terreno compattato.
L'uso delle bulbose invernali, tuttavia, non finisce qui, perché da tempo l'uomo ha messo a punto gli accorgimenti più opportuni per poterle ammirare anche all'interno degli appartamenti: la tecnica della cosiddetta "forzatura" ci consente così di ingentilire e profumare le nostre case anche in pieno inverno.
A tale scopo sono stati individuati alcuni generi di piante che in natura fioriscono a primavera - quali i giacinti, i narcisi, i tulipani, gli Hippeastrum, i crochi primaverili e alcuni tipi di iris - la cui fioritura può essere artificiosamente anticipata.
In sostanza, si tratta di far credere ai bulbi trattenuti in casa che la primavera è già arrivata, semplicemente alterando le condizioni di luce e di temperatura, dapprima precipitandoli in un letargo precoce rispetto al normale, poi destandoli dal sonno alcuni mesi o settimane prima del dovuto.
Una volta ottenuta la fioritura, saremo in grado di sfruttare le piante così "ingannate" collocandole sui nostri davanzali interni, sui mobili e sulle tavole, già a partire da dicembre sino a toccare la reale primavera.
■ Ovviamente, per ciascun genere si devono seguire norme diverse, sia prima sia dopo la forzatura. Per esempio, sappiamo che i bulbi di Hippeastrum possono essere conservati con successo anche per anni, mentre i narcisi tazetta, se coltivati in casa senza l'uso della terra, vanno eliminati al termine del loro compito, perché avranno esaurito tutte le sostanze nutritive.
■ Come regola generale, poi, va osservato che tutti i bulbi di piante primaverili rustiche (quindi quasi tutte quelle sopra elencate) possono subire un solo processo di forzatura, dopo di che potranno essere recuperati piantandoli in giardino, dove torneranno a fiorire dopo un paio di anni, avendo riacquistato le forze con l'accumulo di sostanze nutritive.