L’Egitto è un territorio in gran parte occupato dal deserto.
Solamente la stretta striscia di terra lungo le sponde del fiume Nilo è fertile.
Circa 5000 anni fa alcune popolazioni si sono fermate a vivere lungo il fiume Nilo. Gli Egizi svilupparono una delle più importanti civiltà fluviali della storia.
Grazie alle caratteristiche naturali del territorio e alla loro capacità di sfruttare la ricchezza del fiume, crearono un regno ricco e fiorente, organizzato secondo una rigida gerarchia dominata dal faraone, il capo assoluto, considerato una divinità.
Secondo gli Egizi, il faraone era un dio che discendeva dal cielo per regnare su di loro, e proprio per questa ragione si consideravano un popolo eletto.
Fino a quando stava sul trono, il faraone veniva identificato con il dio Horus, che si manifestava agli uomini come un falco, mentre al momento della morte era considerato come Osiride, il padre di Horus, un dio che moriva per poi rinascere nell’aldilà: il nuovo faraone era a sua volta Horus e così per sempre.
Sono tanti i misteri collegati ai faraoni.. Noi oggi cercheremo di dare risposta ad alcuni di essi. Scopriamo insieme.
1. Pepi I governò veramente 94 anni?
Questo faraone, della VI dinastia, sali al trono che era ancora un bimbo (aveva sei anni nel 2270 a.C.).
L'Egitto dell'Antico Regno viveva il suo massimo splendore e Pepi restò al potere per 94 anni.
O almeno così scrisse il sacerdote Manetone (nella foto il piccolo Pepi, incoronato a soli sei anni, in braccio alla madre, la regina Ankhenesmerira.).
Tutto vero? Gli egittologi sono scettici sulla cifra esatta. Ma Pepi regnò davvero a lungo.
I "conteggi del bestiame" fatti a suo nome furono infatti 31, l'equivalente di 62 anni di regno (al tempo le tasse, diciamo così, si pagavano ogni due anni).
I conti quindi non tornano, perché resta un buco di 32 anni di governo. Da dove spunta allora una cifra così esagerata?
Dai metodi di conteggio degli anni di regno dei faraoni, che hanno fatto venire più di un mal di testa agli studiosi. Alcuni egittologi, usando diversi sistemi, sono arrivati alla ragguardevole cifra di circa 50 anni. Ma non di più.
Altrettanto misterioso è il bilancio di quel governo. Successo o disastro? È vero che per l'Egitto l'Antico Regno fu un'età gloriosa, ma l'epoca di Pepi ne segnò la fine.
Il faraone inamovibile aveva un tallone d'Achille: i governatori locali, che lasciò diventare troppo indipendenti. Così, dopo di lui, l'Antico Regno imboccò la via della decadenza.
2. Chi fu il primo faraone dell'Egitto?
Narmer è considerato il primo faraone d'Egitto, fondatore della prima dinastia.
Fu lui, oltre 5mila anni fa, a unificare Basso e Alto Egitto (ovvero la parte settentrionale e meridionale del Nilo).
E la sua dinastia segnò l'inizio della storia egizia, con la posa della prima pietra, nella capitale Menfi, di templi da dove esercitare il potere politico e religioso.
Ma chi dominava la Valle di Nilo, prima di lui? Prima dei faraoni, i capi della civiltà stanziata lungo il grande fiume erano coloro che sapevano controllare le piene costruendo sbarramenti e canali.
I loro simboli di potere erano la mazza di comando e una coda di toro alla cintura. A Hierakonpolis (Alto Egitto) è stata ritrovata la testa di una di queste mazze, raffigurante quello che viene identificato come il leggendario re Scorpione (e che per alcuni non sarebbe altri che lo stesso Narmer).
Probabilmente si tratta del primo "re idraulico" capace di imporre il proprio dominio sulle comunità sparse tra Alto e Basso Egitto. È raffigurato con un gonnellino a cui è appesa appunto una coda di toro e con una zappa in mano, nell'atto di scavare un canale.
Nello stesso sito è stata rinvenuta la cosiddetta Tavoletta di Narmer, del 3000 a.C. circa, considerata la più antica testimonianza della storia egizia.
La tavola, scolpita sui due lati, riassume la storia di un condottiero, ancora una volta Narmer, raffigurato da una parte con la corona dell’Alto Egitto, dall'altra con quella del Basso Egitto, mentre sottomette i popoli delle due regioni.
Dominate le piene del Nilo e introdotta l'agricoltura, il passaggio dalla Preistoria alla Storia scattò con l'architettura, quando si cominciarono a costruire palazzi realizzati per governare e amministrare il culto, e con la conseguente invenzione della scrittura.
L'etimologia della parola faraone, deriva proprio dal termine "palazzo reale", Par-o in egizio che nella Bibbia si trasformò in Fara-o e passò a indicare il re d'Egitto. Il titolo fu attribuito per la prima volta a Narmer.
Mentre "Egitto" (che gli Egizi chiamavano Kemet)deriva da Aigyptos, forma greca del babilonese Hikupta,nome dell'antico tempio di Menfi (nella foto la testa di mazza raffigurante, secondo la leggenda, il re Scorpione, o Narmer).
3. Tutankhamon aveva un pugnale extraterrestre?
Ecco un vero paradosso della Storia: un faraone bambino sale al trono a nove anni e muore meno che ventenne (era circa il 1318 a.C.), non combatte nemmeno una battaglia e non fa costruire grandi templi, eppure è famoso come Napoleone.
La fama del figlio di Akhenaton si deve a due fatti. O meglio, a un fatto e a molte congetture.
Il fatto è la scoperta della sua tomba intatta, nel 1922, da parte dell'egittologo inglese Howard Carter. Se Tut (come lo chiamano amichevolmente gli studiosi) è cosi celebre si deve soprattutto al tesoro estratto dalla sua camera sepolcrale.
Tra gli oggetti più enigmatici di quel tesoro c'è un pugnale in ferro (nell'antico Egitto un metallo raro, più prezioso dell'oro) infilato tra le bende della mummia. Secondo una recente indagine scientifica fu forgiato con ferro ricavato da un meteorite.
La scoperta si deve a una équipe italo- egiziana, che ha sottoposto il reperto ai raggi X.
L'ipotesi avanzata dal team e avvalorata dall'analisi supervisionata da Francesco Porcelli, fisico del Politecnico di Torino, è che la lama fosse stata ricavata dal minerale fuso rimasto dopo un impatto meteoritico: un evento registrato anche nei papiri dell'epoca, dove si legge di un "ferro caduto dal cielo".
L'idea di analizzare il ferro è venuta dopo che, nel 2010, nel deserto egiziano è stato individuato un raro cratere da impatto, di medie dimensioni.
Il responso è stato chiaro: il ferro della lama contiene nichel al 10% e cobalto allo 0,6%, ossia le concentrazioni tipiche dei meteoriti. Il coltello è davvero "extraterrestre".
Sul versante delle congetture, invece, tutto ruota intorno alla morte del giovane. Per decenni si è pensato che Tut fosse stato assassinato con un colpo alla base del cranio.
Uno studio del 2003, però, ha dimostrato che le lesioni, rivelate dai raggi X, sarebbero posteriori al decesso e dovute a un maldestro processo d'imbalsamazione.
Ma che cosa uccise, allora, il giovane faraone? Negli anni si sono avanzate varie ipotesi: un tumore al surrene o al cervello, anomalie ghiandolari, tubercolosi, epilessia, malattie ossee. Le analisi basate sulle Tac hanno però escluso la maggior parte di queste patologie. E pure l'avvelenamento.
Continua invece a circolare un'ipotesi da soap opera: la madre di Tutankhamon sarebbe stata una sorella di Akhenaton e il faraone, nato da un incesto, sarebbe stato tormentato da difetti genetici e malformazioni.
In realtà, sua madre pare fosse Kiya, seconda moglie di Akhenaton. E a ucciderlo, con ogni probabilità, non furono tare genetiche, bensì la malaria, di cui la mum mia conserva le tracce.
4. E' vero che Cheope era un tiranno?
Resta in gran parte un illustre sconosciuto il faraone che, 5mila anni fa, fece costruire la Grande Piramide di Giza, una delle Sette meraviglie del mondo antico.
Della sua mummia non c'è traccia: abbiamo soltanto una statuetta in avorio alta 7 centimetri per farci un'idea del suo aspetto.
Un po' poco per chi, nelle intenzioni dei suoi architetti, doveva sembrare un gigante della Storia. Resta,invece, la fama tramandata dal greco Erodoto: un despota senza scrupoli.
La leggenda narra che per finanziare il suo monumento funebre, alto 147 metri (per il quale mobilitò 1Omila uomini e impiegò oltre due milioni di blocchi di calcare) costrinse la figlia a prostituirsi. Del fatto che le cose siano andate davvero cosi, però, non ci sono prove.
Verosimile invece che la costruzione della Grande Piramide fosse un progetto su scala nazionale, al quale famiglie da tutto l'Egitto dovettero contribuire con cibo (cereali e birra) e manodopera (nella foto l'unica rappresentazione di Cheope, una statuetta alta circa 7 cm, al Museo Egizio del Cairo).
5. Perché Djoser volle la prima piramide e le imprese compiute da Sesostri I sono vere?
- Perché Djoser volle la prima piramide?
Anche la fama di questo faraone di 4.600 anni fa, come nel caso di Tutankhamon, è legata più alla sua morte che a quello che fece in vita.
E in particolare al lavoro del suo architetto, Imhotep, che era anche medico e astrologo. E al quale fu riservato un culto semidivino.
Come mai Djoser finì, per primo, seppellito sotto una piramide a gradoni, a Saqqara?
Quel monumento funebre rivoluzionò la storia dell'architettura: fino ad allora, infatti, le tombe reali egizie erano costituite da stanze scavate nel terreno e ricoperte di mattoni crudi.
Imhotep scelse invece di usare la pietra e di costruire non una sola mastaba (la stanza a forma di parallelepipedo che copriva la camera funeraria), ma ben cinque, una sopra l'altra.
Secondo un'ipotesi, la piramide simboleggiava l'unione tra Cielo e Terra. E i gradoni sarebbero serviti a Djoser, una volta morto, per raggiungere le stelle (nella foto una statuetta di Imhotep, progettista della piramide di Saqqara). - Sesostri I: tre faraoni in uno?
La leggenda narra che il sovrano sedò le rivolte dei Libi e dei Nubiani, strinse alleanze commerciali fin sul Mar Nero, fece erigere templi, costruire dighe e scavare canali (come quello di collegamento tra il Mar Rosso e il Nilo).
Amministrò equamente la giustizia e liberò i prigionieri di guerra, diventando così simbolo di pace e serenità della XII dinastia (1870 a.C. circa): una specie di supereroe egizio.
La verità storica è che la sua figura leggendaria riunisce le imprese di tre grandi sovrani: Sesostri I, II e Amenemhat.
Quello che c'è di sicuro è che il regno di questo faraone, paragonato dagli antichi Greci ad Alessandro Magno, fu tormentato da continue congiure di palazzo.
Ne resta testimonianza in un'opera letteraria dell'epoca: il "Racconto di Sinuhe", storia di un cortigiano in fuga dai disordini politici che dopo un esilio di 25 anni riesce a tornare in patria.