In che modo sarebbe andata la storia se Hitler non avesse fermato le sue divisioni corazzate a Dunkerque?
Perché Mussolini non ha conquistato Malta e non ha pianificato meglio la Campagna di Grecia?
Ecco quali furono le scelte più discutibili e gli evidenti sbagli strategici dei protagonisti del conflitto.
1. Il ritardo alleato nel difendere la Scandinavia
Ormai non c'era più nulla da fare.
Le truppe alleate 18 giugno del 1940 si reimbarcarono in fretta e furia e si lasciarono alle spalle la Norvegia, ennesima preda dei nazisti.
Due mesi prima i soldati di Londra e Parigi si erano precipitati nel Paese scandinavo per proteggerlo da Hitler, ma avevano fallito il loro compito.
Lì, all’inizio della Seconda guerra mondiale, si era giocata una importante mossa strategica e la partita fu decisa dagli atteggiamenti opposti che tennero Berlino da una parte e Londra e Parigi dall’altra nei confronti dei Paesi scandinavi, teoricamente neutrali.
Rispettando le regole della diplomazia internazionale Londra e Parigi furono battute sul tempo dai nazisti che da quelle regole invece non si sentivano vincolati.
La Norvegia era molto importante perché offriva due vantaggi significativi:
- da una parte, il transito del ferro svedese verso le industrie belliche tedesche, attraverso il porto di Narvik quando il Mar Baltico era ghiacciato,
- dall’altra la presenza dei porti che guardavano sulla Gran Bretagna da nord e consentivano uno sbocco meno controllabile della Manica verso l’Oceano Atlantico e le sue rotte commerciali.
Tedeschi e anglo-francesi per mesi cercarono di tirare dalla propria parte Oslo, o almeno di garantirsi una sua neutralità. Ma presto fu chiaro a tutti che la Norvegia non era in grado di tutelare con le proprie forze la sua neutralità.
Per questi motivi inglesi e francesi pensarono di mandare truppe a “ proteggere” e presidiare il Paese. Churchill da tempo era un sostenitore dell’intervento armato, ma fu ascoltato troppo tardi.
Dal canto suo, il generale tedesco Nikolaus von Falkenhorst predispose la prima operazione combinata della storia militare moderna, con l'impiego contemporaneo e massiccio di forze di mare, di ciclo e di terra per prendere la Norvegia.
L’attacco riuscì ad anticipare di un soffio il progettato sbarco britannico. Il 9 aprile le squadre navali tedesche iniziarono le operazioni di invasione. Solo il 15 aprile gli anglo-francesi sbarcarono a loro volta per affiancare le forze norvegesi che a fatica resistevano.
Ma la pianificazione alleata, oltre che poco tempestiva, era stata anche male organizzata, e ai soldati mancava persino l’equipaggiamento necessario per combattere e operare in zone con un clima che poteva essere molto rigido.
I nazisti invece si erano tempestivamente assicurati il controllo delle ferrovie e la superiorità aerea. Ouest’ultima, in particolare, risultò decisiva consentendo di martellare le truppe nemiche e di tenere a bada le navi inglesi.
A Lillehammer, il 21 aprile si verificò il primo scontro fra truppe tedesche e britanniche della Seconda guerra mondiale: una battaglia molto accanita, durata 24 ore, dopo la quale i soldati britannici e norvegesi, soccombenti, cominciarono a ritirarsi dalla città.
Nei giorni seguenti i tedeschi espugnarono una a una le postazioni in mano ai nemici nel resto della Norvegia, rimanendo padroni del Paese che fu abbandonato dagli anglo-francesi a giugno. Il loro intervento troppo tardivo si era rivelato inutile.
CHE COSA SAREBBE SUCCESSO SE...
Senza la conquista della Norvegia Hitler avrebbe perso i preziosi rifornimenti di minerali ferrosi dalla Svezia, vedendo accresciute le difficoltà tedesche nell’approvvigionamento di materie prime.
Questo avrebbe senz’altro influenzato le scelte strategiche e le condotte di guerra di Hitler che in seguito dovette comunque fare i conti con la scarsità di risorse.
Inoltre la Norvegia giocò un ruolo importante nella Battaglia dell’Atlantico, in cui gli u-boot tedeschi misero a dura prova le rotte di rifornimento verso Gran Bretagna e Unione Sovietica.
Se a controllare la Norvegia fosse stata Londra invece di Berlino tutto l’equilibrio sui mari sarebbe cambiato a svantaggio della Germania.
2. L'ordine di Hitler di non annientare gli inglesi a Dunkerque
Le promesse del capo della Luftwaffe Hermann Wilhelm Göring, l’illusione di Hitler di lasciare una porta aperta alla Gran Bretagna, le preoccupazioni del comandante del fronte occidentale Gerd von Rundstedt: furono questi gli elementi che resero possibile “il miracolo di Dunkerque”.
Domenica 26 maggio 1940 - quando l'esercito francese era in rotta sul fronte nord dell'invasione nazista - scattò l’Operazione Dynamo, ossia il tentativo britannico di salvare quanti più soldati possibile reimbarcandoli in fretta e furia per l'Inghilterra.
Le truppe anglo-francesi in ritirata furono ammassate nella sacca di Dunkerque, che venne presto circondata dalle divisioni tedesche. Le quali, però, si fermarono a pochi chilometri dal porto.
Il motivo resta un mistero. La controversa decisione fu presa da Adolf Hitler in persona, ma non si sono mai capite le vere ragioni di quella rinuncia a dare il colpo di grazia ai nemici in fuga.
Forse il generale von Rundstedt lo convinse che fosse meglio far riposare le truppe e dare tregua anche ai panzer che si erano logorati nella corsa sfrenata iniziata due settimane prima.
Certamente Hermann Göring rassicurò il Führer sul fatto che la sua aviazione sarebbe bastata da sola ad annientare i nemici. Hitler aveva anche un altro scopo: mirava a convincere Londra a trovare un accordo con lui, e anche per questo probabilmente preferì non infierire sui soldati inglesi.
Quei giorni di pausa consentirono quindi alla Gran Bretagna di allestire una flotta improvvisata con qualsiasi natante disponibile. Così, contro ogni previsione degli stessi strateghi britannici, il 2 giugno fu evacuato l’ultimo dei 338mila soldati.
Fra loro anche i 120mila francesi che sarebbero andati a costituire il nucleo della Francia Libera guidata dal generale Charles De Gaule. Si può tranquillamente dire che l’errore di Dunkerque decise le sorti della guerra.
CHE COSA SAREBBE SUCCESSO SE...
Sbaragliare le truppe anglo francesi ammassate a Dunkerque avrebbe messo una seria ipoteca sulla guerra.
Così facendo Hitler avrebbe tolto dal conflitto centinaia di migliaia di soldati nemici esperti e ben addestrati, che in seguito furono utilizzati con successo in battaglia dagli alleati. Gli stessi francesi costituirono il nucleo della successiva riscossa della Francia.
Ma soprattutto l’annientamento del corpo di spedizione britannico avrebbe rappresentato un colpo psicologico rilevante nell’ambito della guerra di nervi che Hitler conduceva con l’Inghilterra per indurla a chiedere la pace.
3. L'ordine di Mussolini di attaccare la Grecia d'inverno
Fu Adolf Hitler a sostenere che l’attacco italiano non concordato alla Grecia aveva influito negativamente sull'Operazione Barbarossa (l’invasione dell’Unione Sovietica) ritardandola di quel tanto che bastava per impedire ai tedeschi di conquistare Mosca.
Gli storici per la verità hanno molti dubbi su tale interpretazione, ma questo era il parere del Führer. Quel che è certo è che l ’aggressione alla Grecia fu un coacervo di errori clamorosi che cambiarono definitivamente il ruolo dell’Italia nella guerra e nel mondo.
L’attacco fu voluto da Mussolini in persona, anche per condurre una guerra parallela rispetto alla Germania, rendendo a Hitler la scortesia di prendere iniziative senza avvisare prima l’alleato.
Gli italiani avviarono le operazioni militari il 26 ottobre, alla vigilia della stagione fredda che avrebbe reso difficile combattere sulle montagne dell’Epiro, dove si concentrarono muovendosi dall’Albania.
Inoltre furono schierati meno soldati di quanti ritenuti necessari (una decina di divisioni rispetto alle 20 preventivate) e con una logistica disastrosa: i porti albanesi erano sovraffollati e in piena confusione, le strade impraticabili, i mezzi di trasporto inadatti.
L’aviazione italiana non riuscì mai a farsi valere a causa del maltempo invernale. Il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano sostenne che i greci erano stati corrotti e avrebbero ceduto di schianto, ma i fatti gli diedero torto.
Bulgaria e Turchia non intervennero a sostegno dell’Italia, come auspicato. Dato l'ultimatum al governo del premier greco Ioannis Metaxas e di conseguenza sferrato l’attacco, l’Italia vide presto svanire l’illusione di “spezzare le reni alla Grecia”.
Anzi, subì un devastante contrattacco che portò i greci fino all’interno dell’Albania. Sull’onda del fallimento italiano, in Jugoslavia ci fu un colpo di Stato anti-Asse. A quel punto i tedeschi furono costretti a intervenire nei Balcani.
Li soggiogarono rapidamente, ma ritardarono di qualche settimana l’attacco all’Unione Sovietica. Ebbero così meno tempo a disposizione per l’invasione prima di rimanere intrappolati nell’inverno russo. Nel frattempo, ogni residua credibilità dell’Italia era svanita.
CHE COSA SAREBBE SUCCESSO SE...
La campagna di Grecia si sarebbe potuta vincere. Bastava pianificarla meglio e non inanellare tutti gli errori che furono compiuti, a partire dalla smobilitazione delle divisioni di riserva che inspiegabilmente fu compiuta in estate.
Se l’Italia avesse controllato la Grecia avrebbe avuto un maggior impatto sul Mediterraneo, con ripercussioni anche sulla guerra in Nord Africa.
Inoltre avrebbe forse portato la Turchia dalla parte dell’Asse, e a quel punto si sarebbe aperta un’altra strada per il Medio Oriente e per il Caucaso, con le loro riserve petrolifere.
Infine, vincendo in Grecia, l’Italia non sarebbe diventata una vassalla di Hitler, come invece accadde.
Per quanto riguarda la Germania, poi, se non avesse avuto necessità di intervenire nei Balcani avrebbe potuto concentrarsi prima e di più sulla Campagna di Russia.
Alcuni pensano che avrebbe preso Mosca, e che questo sarebbe stato un colpo letale per Stalin. Ma forse l’Urss non si sarebbe comunque arresa.
4. La decisione del Giappone di coinvolgere gli Stati Uniti nella guerra
Berlino, Roma e Tokyo erano convinte che prima o poi la guerra contro gli Stati Uniti sarebbe scoppiata.
L’America in qualche modo aveva già fatto la sua scelta di campo con i rifornimenti massicci a Gran Bretagna e Unione Sovietica, ma allo stesso tempo negli USA nel 1941 il partito neutralista era forte e nella Carta Atlantica di agosto di quell'anno non si faceva cenno a un intervento militare diretto degli americani nei teatri di guerra.
Per Germania, Giappone e Italia non era quindi strettamente necessario estendere lo scontro agli USA. Hitler aveva sempre pensato che rinviare il più possibile la discesa in guerra del colosso americano sarebbe stato un vantaggio.
Il leader nazista aveva più volte esposto la sua idea sulla necessità di eliminare uno a uno gli avversari europei prima che scendessero in campo gli USA. Inoltre per lui c’era una remota possibilità di accordo con gli americani per spartirsi i continenti a danno delle vecchie potenze coloniali europee.
Lo stesso Patto Tripartito, dividendo le sfere di influenza mondiali fra Germania, Italia e Giappone, lasciava scoperte le Americhe.
Dal canto suo il Giappone era già impegnato nella guerra in Cina, e forse avrebbe potuto dedicarsi a occupare i possedimenti coloniali inglesi, francesi e olandesi in Asia senza prendere l’iniziativa di coinvolgere gli Stati Uniti.
Ma il Giappone sospettava che, nel caso di attacco ai domini anglo-olandesi, gli americani non sarebbero stati a guardare e sapeva che gli Stati Uniti avevano iniziato una politica di riarmo a partire dal 1940.
Fu così che il 7 dicembre 1941 decise di colpire a sorpresa Pearl Harbor. Ma anche a quel punto Germania e Italia non erano costrette a sfidare Washington: il Patto Tripartito con il Giappone non prevedeva una dichiarazione di guerra automatica.
A dimostrarlo, c’è il fatto che Tokyo non aggredì mai l’Unione Sovietica per appoggiare gli alleati europei. Nonostante ciò l'11 dicembre 1941 anche Germania e Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti. Perché lo fecero resta ancora un enigma.
CHE COSA SAREBBE SUCCESSO SE...
La battaglia di Pearl Harbor mise le premesse della sconfitta delle forze del Patto Roma-Berlino- Tokyo. Pearl Harbor determinò l’entrata nel conflitto di quella potenza che poi ne avrebbe segnato militarmente l’esito.
Negli Stati Uniti esisteva ancora un forte spirito isolazionista, e senza l’attacco giapponese l’entrata in guerra di Washington sarebbe stata ritardata.
A quel punto forse i giapponesi avrebbero avuto mano libera in Asia, mentre in Africa e in Europa gli italo-tedeschi non avrebbero dovuto preoccuparsi dell’intervento statunitense.
Per esempio non ci sarebbe stata l’Operazione Torch, con cui alla fine del 1942 le forze Alleate sbarcarono in Marocco e provocarono la definitiva sconfitta dell’Asse in Africa.
E da lì, quindi, le stesse truppe non avrebbero invaso la Sicilia nel luglio 1943, provocando il 25 di quel mese la caduta del regime fascista.
5. L'ordine di Hitler alla VI armata di non ritirarsi da Stalingrado
Tre milioni di soldati furono coinvolti nella battaglia di Stalingrado, probabilmente la più grande di tutta la storia.
Due milioni di questi finirono morti, feriti, dispersi o prigionieri.
Con quello scontro le sorti della Seconda guerra mondiale cambiarono, almeno sul fronte orientale, e l'iniziativa passò dai tedeschi ai russi.
La battaglia si svolse fra la fine di agosto del 1942 e il febbraio 1943 : Hitler decise che la conquista di Stalingrado, centro industriale sul Volga che portava il nome del dittatore sovietico, aveva un significato simbolico fondamentale.
Per questo, vi impiegò la VI armata del generale Friedrich Paulus, coperta ai lati da romeni, italiani (oltre 220mila), ungheresi e altri alleati. Stalin, per motivi opposti, la pensava nella stessa maniera: anche per lui Stalingrado non doveva cadere, a costo di trasformarsi in un inferno.
Lo scontro infuriò per mesi, casa per casa, con enormi perdite da ambo le parti. Quando i russi sfondarono i fronti sui due fianchi della città circondandola, una tenaglia si chiuse intorno alla VI armata di Paulus, con oltre 250mila militari intrappolati.
Era il momento di ritirarsi. Anche perché alla città si avvicinavano le truppe del generale Erich von Manstein, per provare a congiungere le divisioni tedesche e salvare il salvabile.
Sarebbe stato possibile far sopravvivere una parte degli uomini, ma mentre il tentativo di von Manstein di spezzare l'accerchiamento non riuscì, le forze di Paulus rimasero inchiodate a Stalingrado per esplicito volere di Hitler, il quale diede ordine di resistere fino all'ultimo uomo.
Anzi, quando tutto era ormai perso, il Führer promosse Paulus feldmaresciallo. Temeva infatti che si facesse catturare vivo, e promuovendolo sperava che il suo onore gli impedisse la resa, visto che questa sorte non era fino a quel momento mai toccata a nessun ufficiale tedesco così alto in grado.
Per lui Hitler auspicava un suicidio da giocare almeno sul piano della propaganda. Ma Paulus, fino ad allora sempre ligio agli ordini, scelse di salvarsi e il 2 febbraio si consegnò ai sovietici.
Dei suoi uomini, centomila erano morti e altrettanti furono fatti prigionieri. La maggior parte non tornò mai più in Germania.
CHE COSA SAREBBE SUCCESSO SE...
Se Hitler avesse permesso di salvare i soldati della VI armata forse non sarebbe cambiato del tutto l’esito della guerra in Russia, ma certo ci sarebbero state delle conseguenze.
La più importante di ordine psicologico. Stalingrado fu la prima grande sconfitta tedesca, e la prima grande vittoria sovietica. Un risultato meno netto dell’annientamento di un’intera armata sarebbe stato gestito diversamente da entrambe le parti.
Anche perché i russi non riuscirono nel loro grande piano di accerchiare l’intero fronte sud. E i tedeschi dimostrarono di essere in grado di rispondere ai sovietici ancora nel 1943.
Se a quanto accadde si fosse aggiunta la disponibilità della VI armata e una condizione psicologica non appesantita da un sentimento di disfatta (cui da parte sovietica si contrapponeva il mito della grande guerra patriottica costruito proprio su Stalingrado) la resistenza tedesca sul fronte orientale sarebbe potuta durare più a lungo.