A noi italiani la cucina etnica piace sempre di più.
Secondo i recenti dati della Fondazione Leone Moressa, in Italia si contano oggi più di 50mila ristoranti etnici, e stando a un sondaggio realizzato l’anno scorso dall’Osservatorio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), gli italiani che non hanno mai assaggiato del cibo etnico sono davvero pochi: appena il 15,3 per cento del campione.
L’84,7 per cento ha invece provato cibo etnico almeno una volta, spinto da familiari e amici, o da viaggi in paesi stranieri.
Uomini al 47,5 per cento e donne al 52,5, i consumatori di cibi etnici non si limitano a frequentare i ristoranti: dalla ricerca IZSVe emerge che acquistano prodotti etnici nei negozi e nei supermercati e cucinano piatti etnici anche a casa. Il trend è in crescita e non sembra destinato ad arrestarsi presto.
Il punto è: mangiare etnico è sempre sicuro dal punto di vista igienico e sempre sano dal punto di vista nutrizionale?
Ecco l’indispensabile guida ai pro e ai contro dei sapori esotici.
1. La cucina giapponese
Quella giapponese è una cucina sana perché sfrutta i prodotti stagionali, fa un uso moderato delle spezie, predilige cotture rapide e senza grassi aggiunti che la rendono adatta anche a un regime alimentare di tipo dietetico.
I suoi alimenti base sono pesce, riso, soia, alghe e verdure; non usa olio, grassi, latte e formaggi e limita l’impiego di carni bianche o rosse: ecco un’ottima alimentazione per il nostro cuore.
Sushi e sashimi, però, possono presentare alcuni rischi per la salute.
Nel pesce crudo, infatti, si possono annidare le larve di pericolosi parassiti come l’Anisakis e trovare diversi microrganismi che provocano infezioni, come Listeria, Escherichia coli, Salmonella.
Per proteggere la salute dei consumatori, la legge italiana stabilisce che i ristoranti passino il pesce crudo in un abbattitore di temperatura per 24 ore (a -20 °C si eliminano batteri e parassiti pericolosi).
Tuttavia, un’indagine della ASL di Bologna ha dimostrato che alcuni ristoranti non usano l’abbattitore o lo usano in modo improprio.
Perciò è necessario scegliere il ristorante giapponese con accortezza ed è consigliabile che le donne incinte, i bambini, gli anziani e le persone con problemi di salute si limitino al consumo di pesce, molluschi e crostacei ben cotti.
2. La cucina cinese
La cucina cinese che si può gustare da noi, e che è solo una piccola parte di quella che si può gustare in Cina, predilige riso, carni bianche di pollo e maiale, pesce e verdure, tè e alcune spezie benefiche come lo zenzero.
La cottura al vapore o in wok è rapida e fa sì che i cibi non perdano il loro sapore originario e il loro valore nutritivo.
Le fritture, invece, che generalmente non avvengono in olio extravergine d’oliva, possono dare origine a piatti pesanti, inadatti a chi è in regime ipocalorico.
Altro problema legato alla cucina cinese è l’uso intensivo del glutammato monosodico, il sale di sodio dell’acido glutammico, aggiunto agli alimenti come aromatizzante ed esaltatore di sapidità.
L’European Food Information Council (Eufic) lo considera innocuo, ma in passato era ritenuto il responsabile della “sindrome da ristorante cinese”, un disturbo portatore di bruciore, difficoltà respiratorie, nausea e sudorazione. Recenti test clinici hanno stabilito la sua innocenza.
Il glutammato riesce però ad attraversare la barriera ematoencefalica (deputata a proteggere il tessuto cerebrale da alcuni elementi chimici presenti nel sangue) e sebbene la sua neurotossicità non sia mai stata dimostrata, alcuni medici consigliano a chi soffre di malattie neuro-degenerative di astenersi dal consumo di questo aromatizzante.
3. La cucina araba e la cucina indiana
La cucina araba
La cucina araba è priva di carne di maiale ed è ricca di verdure, erbe aromatiche, spezie e sughi.
Attenzione però ai piatti super conditi, non adatti a chi è a dieta ipocalorica.
Quanto al kebab arabo e turco, è un prodotto generalmente sicuro: gran parte di quello venduto in Italia proviene congelato dalla Germania e le analisi a campione effettuate dalla ASL di Bologna hanno dimostrato che generalmente non contiene residui di antibiotici o altri farmaci vietati dalla legge.
Nel novembre e dicembre 2015, però, il Rasff (il sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi) ha segnalato la presenza di Salmonella in una partita di kebab proveniente proprio dalla Germania: un caso isolato, ma è sempre consigliabile servirsi in locali conosciuti e di specchiata igiene.
La cucina indiana
La cucina indiana riserva molte ricette a chi non consuma carne ed è ricca di una spezia benefica, la curcuma (presente nel curry).
Occorre però fare attenzione. Molti piatti indiani sono cucinati con il ghee, il burro chiarificato con un contenuto di grassi superiore a quello del burro standard a cui siamo abituati noi italiani.
Non contiene lattosio, ma è ricchissimo di acidi grassi saturi, che sono sicuramente sconsigliati dai cardiologi.
4. La cucina messicana
Molto amata in Italia, offre sapori intensi, decisi, con ricette piccanti grazie a peperoncino e salsa chili.
È tuttavia una cucina abbastanza calorica e chi deve perdere peso deve limitarsi nelle porzioni: sì a guacamole (crema a base di avocado) e tortillas, ma in dosi contenute.
Le quesadillas, tortillas con formaggio (queso), sono un buon piatto se prive di condimento (in genere vengono impadellate senza aggiunta di grassi), ma ipercaloriche se nel ripieno vengono aggiunti carne, verdure, altri condimenti e spezie, proprio come i tacos e le enchiladas (tortillas ripiene).
Saporiti ma ipercalorici anche i chimichanga, tortillas riempite con riso, formaggio e machaca (carne saltata in padella con burro, cipolla e peperoncini) e i burritos, tortillas di farina arrotilate e farcite con carne e verdure in salsa.
Non tutti i piatti sono piccanti, ma alcuni lo sono davvero tanto.
Meglio evitarli se avete problemi di colite, gastrite, ulcera, cistite o infezioni delle vie urinarie, emorroidi, ernia iatale; anche per le mamme in allattamento è preferibile scegliere piatti poco speziati e senza peperoncino.
5. Una prelibatezza per ogni cucina
- Manzo di Kobe
- È carne rossa percorsa da sottili strie di grasso che si sciolgono in cottura. Il risultato è un’esperienza celestiale per il palato, ma un chilo di filetto Wagyu Kobe oltrepassa i 1.000 euro di costo. - Anatra laccata pechinese
- Fino al 1864 l’anatra laccata (kao ya) era riservata alla corte e proibita alla gente comune.
Dopo essere stata immersa in acqua bollente, viene spennellata con uno sciroppo dolce a base di miele e appesa ad asciugare per 24 ore.
Tre cotture in 3 diversi forni a temperature differenti con una tecnica “a sospensione” fanno sì che il grasso coli lentamente e lasci la pelle croccante. - Tajine mrouzia
- Ricetta marocchina diffusa nel Mashreq (i paesi arabi nell’Africa settentrionale) come piatto delle grandi feste e dei matrimoni più sontuosi: carne di tenero agnello cotto con miele, prugne, uvetta e mandorle e profumato con un mix di spezie cotta nel tajin, contenitore in terracotta con un alto coperchio a tronco di cono. - Tamales
- Grossi involtini di pasta di mais avvolti in foglie di banano, ripieni di formaggio, carne in umido, verdure stufate, spezie e cotti al vapore. Tamal deriva dall’azteco tamalli, avvolto. Il mais messicano ha un colore e un sapore unico, diverso da quello europeo. - Malabar prawn curry
- Gamberoni sgusciati e marinati in un mix di spezie, cotti in una pentola di coccio con mango verde, tamarindo e chili verdi tritati. La salsa è un mix di spezie aromatiche (cumino, chili rosso, curcuma, coriandolo, trigonella, semi di
senape) sciolte in una candida crema di latte di cocco.