I mammut erano animali enormi, antichi padroni della steppa. Ma circa 5mila anni fa si trovarono confinati in poche isole dell’Artico.
Soli, su un’isola piccola e gelida, a poca distanza dal Polo Nord, facevano parte di una piccola tribù che ha visto sparire lentamente cibo e acqua.
Fino alla morte per sete, circa 5.600 anni fa. È stata questa la poco invidiabile fine di alcuni tra gli ultimi mammut, rimasti isolati su Saint Paul, un frammento di terra nel tratto di mare di Bering, tra l’attuale Alaska e la penisola di Kamchatka.
Dopo la loro scoperta, per anni ci si è chiesti come fossero finiti là in quell’epoca, quando in Europa si sviluppava la civiltà minoica all’isola di Creta in Grecia, e che cosa fosse accaduto loro.
Ora la risposta è stata trovata da un gruppo di ricercatori Usa e canadesi: a portarli a quel punto «è stata una combinazione fra il loro comportamento e i cambiamenti ambientali», afferma Russ Graham, docente di geologia alla Pennsylvania State University (Usa), che ha condotto le ricerche.
«Ai mammut, come ai moderni elefanti, piaceva “fare gruppo” nei pressi delle raccolte d’acqua, e in questo modo schiacciarono la vegetazione e aumentarono l’erosione delle rive, intorbidando l’acqua».
In conclusione, contribuirono loro stessi alla loro fine. Ma che cosa accadde e perché? Scopriamolo insieme.
1. Migrazioni colossali
Ma che animali erano i mammut, questi antichi padroni delle pianure del Nord? Come vivevano? Che rapporti ebbero con i nostri antenati?
E perché ebbero una fine così ingloriosa? La specie, il Mammuthus primigenius, è l’ultima di una antichissima stirpe che popolò i territori a nord dell’Asia, dell’Europa e dell’America.
Erano così importanti che l’ecosistema dove vivevano è stato chiamato “steppa a mammut”.
Circa 24.500 anni fa, durante il periodo di massima espansione dei ghiacciai dell’ultima glaciazione (il cosiddetto Ultimo massimo glaciale), la steppa a mammut copriva un’area enorme, dalla Spagna alla Cina, toccando anche le coste atlantiche dell’attuale Canada.
Una distesa quasi senza fine. Era un ambiente freddo e arido, ma ricco di nutrienti (erbe e arbusti) e poteva sostenere una gran quantità di animali.
Cavalli selvatici, buoi muschiati, alci e bisonti si spostavano in branchi alla ricerca del cibo e dell’acqua, si difendevano dall’assalto dei lupi e delle aquile, delle tigri dai denti a sciabola e, quando arrivò, dell’uomo.
L’estate, anche se breve, era ricca di sole e dell’acqua necessaria per far crescere la vegetazione. Era un vero paradiso terrestre, quanto a ricchezza biologica, anche se forse un po’ freddino.
Gli autentici dominatori della steppa erano ovviamente gli animali da cui l’ambiente, o meglio il bioma, prende il nome, cioè i mammut.
2. Guidati dalla matriarca
La loro storia parte dal Mammuthus subplanifrons, una specie che abitava l’Africa circa 5 milioni di anni fa.
La stirpe iniziò a spostarsi dall’Africa verso nord e invadere l’Europa e l’Asia 3 milioni di anni fa.
Da allora nacquero altre forme, adattate agli ambienti nordici e freddi: orecchie più piccole per disperdere meno calore, pelo più lungo e folto per proteggersi dal freddo, un ricco strato di grasso sotto la pelle.
Ecco che, circa 200.000 anni fa – nello stesso periodo della nascita della nostra specie – compare in Europa Mammuthus primigenius. Alti alla spalla fino a 3,4 m, e pesanti 6 tonnellate, erano grandi più o meno come un elefante africano odierno.
Se il loro corpo era fatto apposta per sopravvivere nell’ambiente tipico della Siberia, quello che non sembra diverso dagli elefanti era il comportamento: come base fondamentale della vita familiare c’era il branco.
A capo una matriarca, che guidava l’intera tribù alla ricerca di cibo e acqua, basandosi sulle sue conoscenze che aveva acquisito nella lunga vita (poteva raggiungere i 60 anni). La mole proteggeva gli adulti dai predatori.
I piccoli erano svezzati un po’ più tardi dei moderni elefanti, e a circa tre anni iniziavano a mangiare l’erba delicatamente raccolta con la punta della proboscide.
3. A migliaia
Creature dalle dimensioni notevoli, i Mammut vissero fino a 3500 anni fa circa.
Di loro si hanno ricostruzioni precise, grazie anche ai numerosi ritrovamenti fossili. Pare che fossero dotati di lunghe zanne ricurve e bianche e di un vello che ricopriva l’intero corpo.
Particolarmente famosa è la specie di mammut lanosi, dotati appunto di una fitta lana che ne ricopriva tutto il corpo e che li aiutava a fronteggiare il freddo pungente che caratterizzò tutta l’Era Glaciale.
Per quanto esistessero diverse tipologie di mammut, il più grande conosciuto era il Sungari (Mammuthus sungari ) e poteva raggiungere l’altezza di 5 metri al garrese. Il peso orientativo di queste mastodontiche creature doveva aggirarsi intorno alle 6 – 8 tonnellate.
Leggendo la descrizione della vita di un mammut sembra quasi che la specie sia ancora viva; e in realtà si sanno moltissime cose di questi animali, perché nella steppa c’erano migliaia e migliaia di mammut.
Le condizioni in cui vivevano hanno fatto sì che molti di loro si siano conservati perfettamente nel ghiaccio e nel permafrost siberiano. Tanto che è stato possibile estrarre corpi quasi interi, studiarne l’anatomia dei muscoli (e non solo delle ossa), la dieta, il comportamento.
Oltre ai mammut, nell’era glaciale, c’erano anche i mastodonti. L’aspetto era simile, ma questi ultimi erano solo lontanamente imparentati con i primi, e quindi anche con gli elefanti che conosciamo.
I mastodonti (il genere è Mammut, diverso da Mammuthus) abitavano prima di tutto solo l’America Centrale e Settentrionale. La loro famiglia (Mammutidae) si differenziò dagli Elephantidae, cui appartenevano appunto elefanti e mammut, circa 27 milioni di anni fa.
La specie si estinse alla fine del Pleistocene, da 11.000 a 10.000 anni fa. Come per i suoi parenti, si pensa che alla scomparsa abbiano contribuito i cacciatori umani.
4. Col latte in pancia
Uno degli esempi più belli e completi è la piccola Lyuba (nella foto accanto), estratta dal ghiaccio nel 2007 e ora in mostra al Royal British Columbia Museum, a Victoria, in Canada.
Morta per annegamento 41.800 anni fa, a poco più di un mese di vita, Lyuba è stata ritrovata nella penisola di Yamal, nell’Artico russo.
Era così perfetta che è stato possibile ritrovare nel suo stomaco il latte materno e una parte del materiale fecale, che probabilmente aveva ingerito (come fanno molti animali) per arricchire il suo microbioma, cioè i batteri dell’intestino, che aiutano gli erbivori a digerire la cellulosa delle piante.
Sebbene le loro carcasse non siano così complete, anche dai suoi parenti è stato possibile studiare i muscoli e lo stomaco, le zanne e il pelo, addirittura il Dna.
Un lungo lavoro di Vincent Lynch, genetista dell’Università di Chicago, in Illinois (Usa), ha chiarito quali siano le differenze tra i mammut e gli elefanti indiani, che sono i loro parenti attuali geneticamente più simili.
Il risultato? Sono stati scoperti 1.642 geni in cui il Dna dell’uno era diverso da quello dell’altro. Le proteine modificate sono implicate nello sviluppo della pelle e dei peli, nell’accumulo di grasso e nel metabolismo, fino ai sensori della temperatura.
Ci sono addirittura geni che modificano l’orologio biologico. Il giorno in Siberia non è, come in Africa, fatto di 12 ore di luce e 12 di buio, la lunghezza varia moltissimo dall’estate all’inverno.
5. Nelle caverne e poi la fine
La specie era perfetta per sopravvivere nelle fredde ma ricche aree del Nord. E infatti la sua scomparsa è stata a lungo un mistero.
È vero, le temperature erano aumentate e l’ambiente era cambiato, ma non tanto da spazzare via in poche migliaia di anni una stirpe di dominatori.
Sono però arrivati gli uomini, e hanno iniziato a cacciarli con lance e frecce, come testimoniano i ritrovamenti e i dipinti nelle caverne francesi e spagnole, dalla più antica, Chauvet, ad Altamira o Lascaux.
Secondo alcuni ricercatori russi, la scomparsa è stata una questione ecologica. La combinazione di cambiamento del clima e caccia, con la diminuzione dei grossi erbivori, come rinoceronti e cavalli, distrusse il delicato equilibrio della “steppa a mammut”.
L’ambiente si trasformò da una distesa d’erba in boschetti e arbusti che hanno cambiato il suolo. Scomparsa la steppa, i mammut, uno a uno, rimasero senza cibo. Solo qualche piccola tribù sopravvisse, aggirandosi al nord del loro (una volta) vastissimo areale.
E a poco a poco i piccoli gruppi rimasero solo in frammenti di terra dispersi nella Siberia del Nord o nel mare di Bering, come Saint Paul o Wrangel, cioè l’isola dell’Artico russo dove sono stati trovati gli ultimi mammut in assoluto di cui si abbia testimonianza, risalenti a 4.500 anni fa.
A quel punto bastò poco, come dimostra quest’ultima ricerca: un lago inquinato o una tribù di uomini, per far scomparire questi antichi protagonisti. E lasciare malinconicamente l’intero pianeta a disposizione dei loro cacciatori.