Malaria, diarrea, colera e altre infezioni tipiche dei Paesi caldi colpiscono più di un miliardo di persone. Ma la medicina sta trovando farmaci e vaccini per combatterle.
Anche grazie a loro, la malaria e altre malattie tipiche dei Paesi in via di sviluppo potrebbero essere presto sconfitte.
Sono i tre scienziati che nel 2015 sono stati insigniti del Premio Nobel per la Medicina: l’irlandese William C. Campbell e il giapponese Satoshi Òmura “per le loro scoperte su una nuova terapia contro le infezioni causate da parassiti vermiformi”, e la cinese Tu Youyou, “per le sue ricerche su una nuova terapia contro la malaria”.
Campbell e Òmura hanno scoperto l’ivermectina, composto in grado di uccidere le larve dei parassiti che causano la “cecità dei fiumi” e la “filariosi linfatica”, gravi malattie parassitane piuttosto comuni in Africa, Asia e America Centromeridionale.
Youyou ha invece individuato nell’artemisinina, principio attivo estratto dalla pianta Artemisia annua, un trattamento efficace contro la malaria, una delle malattie più diffuse nelle regioni povere del pianeta.
L’impiego della ivermectina e della artemisinina ha portatoa una forte diminuzione dell’incidenza e della mortalità di queste malattie. Nonostante questo, la lotta continua. Le patologie che proliferano tra le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo sono molte (alcune decine) e hanno caratteristiche molto diverse tra loro.
Ci sono le cosiddette “malattie tropicali neglette”, che raggruppano 17 patologie differenti tra loro, ma sono tutte provocate da virus, batteri, protozoi e vermi tipici di climi caldi.
Vengono chiamate neglette, cioè dimenticate, perché l’interesse, l’investimento e l’approccio per curarle e prevenirle sono stati e spesso sono tutfora insufficienti. Nei Paesi occidentali, ammalarsi di queste parassitasi e infezioni è raro, mentre in Africa, in Asia e in Centro e Sud America è un rischio quotidiano.
Dalla malattia del sonno alla lebbra, dalla rabbia all’ulcera del Burnii, dalla malattia di Chagas alla schistosomiasi: le malattie tropicali neglette, secondo i dati dell’Oms (Organizzazione mondiale del la sanità), colpiscono più di 1 miliardo di persone in 149 Paesi del mondo.
Vediamo quali sono le principali e a che punto sono le ricerche per debellarle.
1. Dengue e poliomielite
- Dengue
Anche la dengue è nella lista: questa febbre, endemica in Sud e in Centro America, in Africa e in Asia, è provocata da un virus inoculato nell’uomo da alcune specie di zanzare del genere Aedes e per combatterla occorre prevenirla, principalmente bonificando i territori per diminuire il numero di insetti e usando i repellenti.
Da pochi mesi, però, è disponibile un vaccino, battezzato dai produttori Dengvaxia.
Il Messico è stato il primo Paese al mondo a iniziare una campagna di vaccinazione.
Negli ultimi 40 anni, infatti, l’incidenza della febbre dengue è aumentata: a oggi si stima che circa 390 milioni di persone ne siano infette.
Sono stati segnalati casi anche negli Stati Uniti e in Europa, a causa dei sempre più numerosi viaggiatori che visitano i luoghi dove è endemica e tornano a casa con la malattia che, però, non è trasmissibile da uomo a uomo. - Poliomielite
Diversi passi avanti, sono stati già fatti anche nelle cure di altre malattie endemiche.
Proprio grazie all’uso dell’ivermectina, studiata dagli scienziati che hanno vinto il Nobel l’anno scorso, l’oncocercosi, detta “cecità dei fiumi”, provocata dal nematode Onchocerca volvulus, che viene iniettato da un moscerino nel sangue delle persone, è stata recentemente debellata in Ecuador e in altri tre Paesi latinoamericani.
Un’altra buona notizia riguarda l’incidenza della poliomielite che, secondo gli ultimi dati dell’Oms, è diminuita del 99% dal 1988 a oggi, grazie allo sforzo globale per la vaccinazione. Solo in Pakistan e Afghanistan la malattia è ancora presente.
Anche per la dracunculiasi, o verme di Guinea, la partita è stata quasi vinta, grazie a una massiccia campagna sanitaria: dai 3 milioni di casi negli anni ’80 alla manciata di persone affette dal nematode Dracunculus medinensis in Ciad,in Sudan e in Mali.
2. Malaria
Notizie positive anche sulla malaria, trasmessa all’uomo dalla puntura delle zanzare che hanno nel loro organismo il protozoo plasmodio, diminuita dal 2000 al 2015 del 37%, mentre la mortalità è calata del 60%.
Nonostante questi risultati, ottenuti grazie a progetti globali, come la distribuzione capillare di zanzariere imbevute di insetticida e la terapia a base di artemisinina, la malaria colpisce ancora più di 200 milioni di persone in un anno.
Ma, finalmente, dopo tre decenni di ricerca, è stato sviluppato il primo vaccino che protegge dal Plasmodium falciparum: si chiama Mosquirix, o vaccino RTS, S/AS01, e previene la malaria nel 56% dei bambini tra i 7 e i 17 mesi e nel 31% dei bimbi tra le 6 e le 12 settimane.
Nonostante non immunizzi completamente dalla malattia, l'Organizzazione mondiale per la sanità ha deciso che i benefici del trattamento vaccinale sono significativi e ne raccomanda caldamente la diffusione.
Del resto, per sconfiggere questa malattia non si studiano solo vaccini ma anche altri metodi, per ora in Case di sperimentazione; zanzare modificate geneticamente resistenti al plasmodio, e perfino piccoli droni capaci di localizzare e catturare in modo selettivo sciami di zanzare.
Un progetto, quest'ultimo, portato avanti da Microsoft, che si propone di pattugliare a bassa quota i cieli delle zone più isolate del pianeta, per individuare non solo le zanzare portatrici di malaria, ma anche quelle della dengue.
Tra l’altro, è stato scoperto recentemente da alcuni ricercatori della Swedish University of Agricultural Sciences e dell’Addis Ababa University, in Etiopia, che le zanzare non pungono le galline.
Dall’osservazione di questo comportamento gli scienziati si sono chiesti cosa possa allontanare così gli insetti, che di solito “pasteggiano” in modo indiscriminato con il sangue di animali e umani.
Hanno così estratto dalle piume di questi uccelli domestici un rudimentale repellente e dopo diversi test sono giunti alla conclusione che alcuni odori del pollame allontanano le zanzare.
Forse si arriverà presto a sintetizzare un repellente dall’odore forse non troppo piacevole, ma efficace.
3. Diarrea acuta
Tra le altre malattie tropicali che mietono parecchie vittime ci sono anche il colera (infezione dell’intestino tenue causata dal batterio Vibrio cholerae), la febbre gialla, endemica in ben 34 Paesi africani e in 13 nazioni del Sud e del Centro America, il tifo, che provoca ogni anno da 100 mila a 200 mila decessi, soprattutto nell’Africa subsahariana e nel Sudest asiatico.
Ma il numero più alto di vittime nei Paesi poveri è forse dovuto alla “banale” diarrea acuta, disturbo provocato dai numerosi agenti infettivi che proliferano nei cibi mal conservati e nell’acqua non potabile.
Escherichia coli, Entamoeba histolytica, Clostridium difficile sono solo alcuni tra i microrganismi che uccidono 760 mila bambini sotto i cinque anni ogni anno, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale per la sanità.
Per debellarla, basterebbe migliorare le condizioni sanitarie, innanzitutto l’igiene. Del resto, molte delle patologie che uccidono ancora nei Paesi in via di sviluppo erano comuni anche in Occidente.
Basti pensare alla malaria, che era presente in Italia ed è stata debellata grazie alle bonifiche. O all’Aids, sindrome per la quale nei Paesi ricchi quasi non si muore più, grazie alla somministrazione della terapia antirvirovirale.
O al morbillo, malattia infettiva molto contagiosa causata da un virus del genere Morbiilivirus, che in Occidente, grazie al vaccino, è quasi scomparsa, mentre nel “mondo povero" uccide 314 individui, soprattutto bambini, ogni giorno.
Il problema è proprio che sussistono e crescono intollerabili diseguaglianze di accesso alla salute e ai servizi sanitari, che in molte zone del mondo rendono difficile mettersi al riparo da malattie in gran parte prevenibili e curabili.
Tant'è vero che anche la lunghezza della vita media dipende moltissimo da dove si vive: secondo il rapporto dell'Organizzazione mondiale per la sanità, l'aspettativa di vita per i bambini nati in 29 Paesi ad alto reddito raggiunge gli 80 anni, mentre per quelli nati in 22 Paesi dell'Africa subsahariana è inferiore a 60 anni. Un dato che andrebbe al più presto corretto.
4. E non mancano le malattie "da ricchi"
Oltre alle merci e alle persone, “migrano' anche gli stili di vita e i comportamenti a rischio, come il fumo e la vita sedentaria, che sono alla base dell'insorgenza delle malattie croniche (diabete, affezioni cardiovascolari e cancro).
Molti studi condotti negli ultimi anni hanno dimostrato che queste patologie, finora per lo più prerogativa dei Paesi ricchi, stanno aumentando la loro incidenza anche in quelli a reddito medio basso.
OBESITÀ. Questo trend preoccupa molto perché, oltre ad aggiungersi alle malattie infettive, quelle croniche incidono sui sistemi sanitari già scarsi dei Paesi poveri.
Anche l'obesità è in crescita, a causa del consumo di bibite zuccherate e cibo grasso a basso costo, soprattutto nelle città e nelle zone urbanizzate.
Uno studio condotto dall'inglese Overseas Development Institute ha evidenziato che negli ultimi 30 anni nelle nazioni in via di sviluppo il numero di persone obese e in sovrappeso è aumentato da 250 milioni a un miliardo.
Il problema è in crescita anche tra i bambini: in Africa il numero di piccoli obesi o in sovrappeso è quasi raddoppiato dal 1990, da 5,4 milioni sono passati ad addirittura 10,6 milioni.
5. I migranti portano le malattie?
Nel 2014 sono giunti in Italia 170 mila migranti, nel 2015 erano 130 mila, nei primi 10 mesi del 2016 sono stati 140 mila.
Da quando è iniziato l’esodo, molte persone sono spaventate dall’idea che i migranti possano portare infezioni e malattie che in Occidente non ci sono più.
Questa paura è però infondata: chi parte per raggiungere l'Europa, affrontando i rischi di un viaggio pericoloso, è solitamente in buona salute. E i dati raccolti in questi anni confermano l’ipotesi.
Tra coloro che arrivano nei centri di accoglienza, sono pochissimi quelli a cui vengono diagnosticati, per esempio, la tubercolosi o il morbillo, peraltro subito trattati con gli appositi farmaci.
Inoltre, alcune di queste patologie, anche se drasticamente diminuite, in Europa non sono del tutto scomparse, indipendentemente daH’immigrazione.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, non c ’è quindi correlazione tra il flusso dei migranti e l’importazione di malattie infettive.
Nel nostro continente, la maggior parte dei casi di “malattie tropicali” sono associati invece ai viaggi che i cittadini europei fanno all’estero.