In una scena del film In Time durante uno sfarzoso ricevimento il padrone di casa fa conoscere a Justin Timberlake, per l’occasione in smoking, tre belle ventenni dai capelli rossi: “Le presento mia suocera Clara, mia moglie Michelle e mia figlia Silvia”.
Se la realtà imiterà la finzione, il futuro si preannuncia complicato. Il thriller fantascientifico è ambientato alla fine del XXI secolo, quando avremo imparato come disattivare il “gene dell’invecchiamento”.
La buona notizia è che nel film il processo d’invecchiamento fisico si ferma per tutti all’età di venticinque anni.
Il rovescio della medaglia è che le persone sono geneticamente programmate per vivere un altro anno appena, a meno che non riescano, lecitamente o meno, a conquistare altro tempo.
Una tipica fantasia hollywoodiana al limite del ridicolo e senza alcun fondamento scientifico? Pare di no, secondo autorevoli ricercatori convinti che i primi trattamenti anti-età saranno disponibili tra pochi anni.
“In effetti, alcuni aspetti del film sono plausibili”, dice David Sinclair, professore di genetica presso la Harvard Medical School di Boston.
Uno dei geni ricollegabili all’invecchiamento è il “klotho” ma la ricerca sugli umani si concentra in particolare su proteine fondamentali per la difesa cellulare dette “sirtuine”. Sinclair ha dimostrato che i farmaci che innalzano i livelli di sirtuine possono prolungare la vita degli animali.
“Ormai incrementare del 15 per cento circa l’arco di vita dei topi è diventato routine”, aggiunge. “Credo che, entro la fine del decennio, si disporrà di un farmaco testato in grado di estendere di una decina d’anni la vita degli umani”.
Per prolungare il ciclo vitale non basta fermare l’invecchiamento, perché l’età avanzata non è tra le cause di morte scientificamente riconosciute.
Sono infatti le patologie legate all’età, come i carcinomi, gli ictus e le cardiopatie, a figurare sui certificati come causa del decesso. Definire l’invecchiamento è un vero rompicapo: il puzzle, però, si arricchisce via via di pezzi sempre nuovi.
Gli scienziati sono già riusciti a rallentare e persino invertire il processo d’invecchiamento nei topi: scopriamo allora se i trattamenti anti-età funzioneranno un giorno anche per gli umani!
1. Che cos’è l’invecchiamento?
Le teorie sull’invecchiamento si suddividono in due categorie:
secondo alcune, i sistemi ormonali e immunologici sono programmati per deteriorarsi; altre invece sottolineano l’impatto di fattori ambientali quali lo stress, l’alimentazione e l’esercizio fisico.
“L’invecchiamento non è un processo unico”, spiega Tim Spector (nella foto accanto), professore di epidemiologia genetica presso il King’s College di Londra.
“È causato dal graduale decadimento dei meccanismi riparativi, che altera le capacità di autoriparazione e sostituzione cellulare dell’organismo”. Uno degli elementi che richiedono riparazioni è il DNA.
Il materiale genetico contenuto in ciascuna delle nostre cellule è avvolto a spirale a formare 23 coppie di cromosomi; questi hanno alle estremità dei cappucci protettivi formati da sequenze genetiche ripetute, detti telomeri, che tendono ad accorciarsi a ogni divisione cellulare: quando i telomeri raggiungono una certa lunghezza, la cellula smette di dividersi e muore.
Molti scienziati definiscono il meccanismo telomerico un orologio biologico che, in quanto tale, rappresenta un buon bersaglio per gli interventi anti-età. Nel 2010 Spector e colleghi hanno pubblicato informazioni dettagliate sul primo gene associato alla lunghezza del DNA telomerico negli umani, noto come TERC.
Ogni individuo può presentare diverse copie del gene TERC: in media, una sola copia equivale a un’età genetica superiore di 3,6 anni rispetto a zero copie, mentre due copie di TERC aggiungono dai 6 ai 7 anni all’età biologica. Questi dati sono stati confermati da risultati analoghi osservati in alcune specie animali.
Il TERC gioca inoltre un ruolo nella produzione dell’enzima telomerasi, che favorisce la riparazione telomerica. Di recente è stato identificato un altro gene associato alla lunghezza dei telomeri e, secondo Spector, presto ne verranno individuati molti altri.
“Ora che sappiamo dell’esistenza di circa 10 geni in grado di influenzare la lunghezza telomerica credo che assisteremo allo sviluppo di farmaci idonei a manipolarli”. Diventerebbe così possibile “spegnere” uno o più geni dell’invecchiamento.
2. Cibo e invecchiamento
La restrizione calorica è uno dei pochi interventi in campo dietetico in grado di incrementare l’aspettativa di vita di una grande varietà di specie viventi.
Le ricerche sugli umani continuano ma già si dice che alla base del ciclo vitale particolarmente lungo degli abitanti delle isole Ryukyu, in Giappone, ci sia anche un regime alimentare tradizionalmente povero di calorie.
La sostanza più promettente dal punto di vista della promozione della longevità è probabilmente il resveratrolo, un composto individuato nella buccia dell’uva rossa.
Tra il 2003 e il 2006, David Sinclair (nella foto) e altri scienziati ne hanno dimostrato l’azione protettiva contro gli effetti dannosi di diete a elevato contenuto di grassi nei lieviti, nei nematodi, nei moscerini della frutta e nei topi.
Sinclair ha scoperto che la restrizione calorica e il resveratrolo agiscono in maniera analoga, innescando la produzione della proteina SIRT1, in grado di influenzare il metabolismo e di preservare la salute cellulare. SIRT1 è una delle sette sirtuine, le proteine presenti con funzioni simili nei mammiferi.
Nel 2004 Sinclair è stato tra i fondatori della società di biotecnologia Sirtris Pharmaceuticals, dedita allo sviluppo di attivatori delle sirtuine per scopi terapeutici. Sirtris è stata poi rilevata da GlaxoSmithKline per circa 450 milioni di euro nel 2008.
Alcuni test indicano che i benefici del resveratrolo utilizzato come farmaco sono limitati, in quanto sarebbero necessari dosaggi molto elevati per lunghi periodi.
Tuttavia tre attivatori sintetici delle sirtuine (STAC, Sirtuin Activating Compounds) messi a punto da Sirtris sono ora giunti alla fase di sperimentazione sugli umani. Sinclair rivela che due di essi sembrano avere proprietà anti-infiammatorie.
La materia, però, è altamente controversa: alcuni scienziati sostengono che i presunti benefici di alcuni STAC siano da attribuirsi a errori strutturali insiti negli esperimenti di laboratorio sugli animali.
Per questo si attende con impazienza la pubblicazione dei risultati di test condotti somministrando uno dei farmaci sperimentali di Sirtris a topi sani.
3. Rallentare il processo di invecchiamento
Ma rallentare il processo di invecchiamento non significa invertirlo.
Lo scorso anno, invece, ricercatori della Harvard Medical School hanno annunciato di essere riusciti a far regredire con successo i processi degenerativi dovuti all’età nei topi.
Lo scienziato Ronald DePinho e i suoi colleghi hanno utilizzato topi geneticamente modificati, con telomeri corti ottenuti alterando il gene della telomerasi, produttore dell’enzima di riparazione telomerica.
Una volta raggiunta la maturità, i topi GM denotavano problemi attribuibili all’invecchiamento precoce, quali ridotta sensibilità olfattoria, infertilità, danni intestinali e riduzione della massa cerebrale. Somministrando, però, a questi topi un farmaco denominato 4-OHT si è ottenuta la riattivazione dell’enzima telomerasi.
“Ci aspettavamo un rallentamento o una stabilizzazione del processo di invecchiamento”, dice DePinho. “Invece abbiamo assistito a una massiccia inversione dei segni e dei sintomi dell’età avanzata. Ciò che abbiamo fatto equivale a prendere una persona di ottanta o novant’anni e riportarla indietro alla mezza età”.
Dopo l’esperimento, l’arco di vita dei topi è stato di durata normale. Il passo successivo, preannuncia DePinho, sarà l’applicazione della medesima tecnica a topi non ingegnerizzati.
“Giocare” con i telomeri, però, può essere rischioso. Le cellule tumorali sono in grado di suddividersi continuamente agendo sul gene della telomerasi, pertanto i benefici risultano superiori ai rischi soltanto se la telomerasi viene attivata in determinati momenti e in determinati tessuti.
Le ricerche condotte suggeriscono che l’attivazione della produzione di telomerasi protegge gli organismi animali dal cancro; se, però, è presente un tumore in fase iniziale, l’enzima può invece accelerarne la diffusione.
La relazione scoperta tra telomeri corti e malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di tumore significa che i test che calcolano l’età biologica degli individui in base alla lunghezza dei telomeri potrebbero essere utilizzati dai medici per individuare, tra i propri pazienti, i candidati ideali per certe terapie.
Due società hanno già messo a punto test di misurazione della lunghezza telomerica: Life Length, che ha sede in Spagna, e Telome Health, fondata negli USA da Elizabeth Blackburn, Nobel per la Medicina ex aequo nel 2009 proprio grazie alla scoperta dei telomeri.
A questo punto, la domanda da diversi milioni di dollari è: come intervenire sui meccanismi dell’invecchiamento? Una delle strade percorribili prevede l’inserimento, la modifica o la rimozione di geni dalle cellule.
Le sperimentazioni genetiche terapeutiche, sospese in seguito a un decesso nel 1999, sono ora riprese. Molti ricercatori sono convinti che i trattamenti anti-età saranno disponibili sotto forma di farmaci che avranno come bersaglio l’attività di un gene.
“Sappiamo che anche certi alimenti possono attivare o disattivare questi geni”, dice Tim Spector. “È dunque perfettamente plausibile che arriveremo a mettere a punto un cocktail di sostanze chimiche o integratori alimentari per ottenere lo stesso effetto”.
4. Le possibili conseguenze
Il 31 ottobre 2011 la popolazione mondiale ha toccato quota sette miliardi.
Esistono già forti timori per il sovraffollamento, l’esaurimento delle risorse e l’aggravarsi dell’inquinamento: cosa accadrebbe se dovessimo fare i conti anche con il prolungamento del ciclo vitale umano?
Ricercatori dell’Università di Chicago hanno di recente valutato gli effetti di un allungamento significativo dell’arco di vita sulla popolazione totale, calcolando il possibile impatto dell’immortalità in Svezia, un Paese caro ai demografi grazie alla disponibilità di lunghe serie storiche di dati.
Hanno così dimostrato che, se l’invecchiamento degli svedesi si arrestasse del tutto, la popolazione crescerebbe soltanto del 22 per cento nei prossimi cent’anni. L’impulso più forte alla crescita demografica viene infatti dall’incremento delle nascite, piuttosto che dalla contrazione dei decessi.
Inoltre, il tasso di natalità tende a ridursi quando aumentano il benessere e il livello di istruzione: presumendo che saranno i Paesi più ricchi a beneficiare per primi dei trattamenti anti-età, il boom demografico potrebbe dunque rivelarsi un problema meno grave del previsto.
L’impatto ambientale e l’esaurimento delle risorse associati a un incremento della popolazione sono stati sovrastimati in passato, per esempio da Paul Ehrlich, autore nel 1968 della celebre opera La Bomba Demografica.
“Oggi vediamo il problema alla luce delle moderne tecnologie e dei recenti dati sul consumo delle risorse disponibili”, dice DePinho. “Le fonti di energia rinnovabili e le tecniche di coltivazione avanzate possono aiutarci a gestire la situazione secondo modalità finora imprevedibili”.
Forse l’aspetto più intrigante del film In Time è il concetto provocatorio secondo cui saranno i più benestanti ad avvalersi dei ritrovati anti-invecchiamento frutto del progresso scientifico.
I dati dell’Ufficio Statistico Nazionale britannico mostrano che l’aspettativa di vita delle donne appartenenti, per nascita o per matrimonio, alla classe sociale più elevata è passata da 82,6 anni nel 2001 a ben 85,1 nel 2005, mentre l’aspettativa di vita delle donne che si collocano nella fascia sociale più bassa è arrivata soltanto a 78,1 anni partendo da 77,9.
Gli specialisti sono ben consapevoli di alcuni di questi aspetti. “Forse, tra meno di dieci anni, la ricerca renderà disponibile il primo farmaco anti-età, anche se non sappiamo ancora quanto costerà”, conclude David Sinclair.
“Inizialmente, ci saranno persone che non potranno permetterselo. Mi fa comunque piacere vedere più informazione e più interesse intorno a questo argomento: è importante capirne le implicazioni, non soltanto mediche ma anche etiche e sociali”.
5. Vivere per sempre... a costo di morirne e organismi immortali
- Vivere per sempre... a costo di morirne!
Alcuni ipotesi di come si potrebbe prolungare la durata della vita:
- Restrizione calorica
La riduzione dell’apporto energetico ha comportato un allungamento della vita del 40 per cento nei topi e del 20 per cento nelle scimmie.
Gli studi sulla restrizione calorica nell’uomo non hanno fornito risultati conclusivi.
Visti gli effetti collaterali (sensazione di fame permanente, riduzione di energia e libido), gli scienziati stanno tentando di provocare una risposta dell’organismo simile a quella indotta dalla restrizione calorica senza però ridurre davvero l’apporto di calorie.
- Crionica (nella foto)
I crionicisti ritengono che le strutture cellulari depositarie dell’identità umana non abbiano bisogno, per sopravvivere, di attività cerebrale continua; di conseguenza, la personalità potrebbe essere preservata congelando il corpo con azoto liquido a -130 °C subito dopo la morte.
I sostenitori della crionica sperano che le tecnologie future consentiranno un’inversione delle cause che hanno determinato la morte del paziente, che potrebbe così essere riportato in vita.
- Upload del cervello
Se il cervello umano può essere inteso come un insieme finito di informazioni, basterà un potente computer per copiare l’intera quantità di memoria di una persona.
Chi conosce la Legge di Moore sa che la potenza dei processori raddoppia ogni due anni circa.
I futurologi hanno pareri leggermente diversi ma, in ogni caso, pare che sarà possibile fare un upload di tutte le informazioni contenute nel nostro cervello tra il 2040 e il 2050. - Organismi immortali
- Meduse
La specie Turritopsis nutricula può regredire dallo stadio adulto a quello polipoide giovanile grazie a un processo che comporta la trasformazione cellulare.
- Anemoni di mare
Colonie di anemoni marini sono state tenute sotto osservazione in laboratorio per quasi un secolo: sono in grado di rigenerare parti vitali e non mostrano alcun segno di invecchiamento.
- Pino dai coni setolosi
L’organismo vivente più vecchio del mondo è un albero nato in California 4.843 anni fa. Questo esemplare di bristlecone pine o pino dai coni setolosi è stato battezzato Matusalemme, come il personaggio biblico che visse fino a 969 anni.