Un secolo fa il miglior agente segreto di Sua Maestà non beveva Martini, non aveva la licenza di uccidere e non frequentava i casinò.
Adorava invece il tè delle 5, indossava eleganti abitini francesi e bazzicava i deserti. Si chiamava Bell, Gertrude Bell.
Era una donna minuta, capelli rossi e viso severo, archeologa, viaggiatrice e spia in Medio Oriente durante la Prima guerra mondiale.
Una collega e amica di Thomas Edward Lawrence, quel “Lawrence d’Arabia” che guidò la rivolta araba contro gli ottomani.
Ma chi era veramente Gertrude Bell? Scopriamo insieme la vita e le avventure della “regina o figlia del deserto” che invento uno Stato, l’Iraq!
1. Misconosciuta
Il destino delle spie non è uguale per tutti.
Grazie alle sue gesta avventurose, Lawrence ha ispirato un celebre film, interpretato da Peter O’ Toole, che l’ha reso famoso in tutto il mondo.
Anche la vita di Gertrude, trascorsa in buona parte a compilare rapporti e a studiare carte geografiche, ha attirato il regista Werner Herzog che girò il film biografico "The Queen of the Desert" basato sulla vita di Gertrude Bell, "la regina senza corona dell'Iraq".
Ad interpretare il ruolo dell'eroina in gonnella è la splendida Nicole Kidman.
Di recente, anche le registe Sabine Krayenbühl e Zeva Oelbaum girarono "Letters from Baghdad" consegnandoci non soltanto un film biografico, ma anche un pregevole esempio di ricostruzione storica.
Krayenbühl e Oelbaum ci consegnano la storia di una donna che ha vissuto gran parte della propria vita nei deserti dell’anima e che è stata capace non solo di affrontarli, ma anche di ricavarne testimonianze di bellezza commoventi.
Senza la Bell, infatti, la storia del Medio Oriente avrebbe preso una piega del tutto diversa: basti dire che oggi non staremmo a discutere del futuro iracheno, perché l’Iraq non esisterebbe neppure.
Tutto cominciò nel settembre del 1914: il primo conflitto mondiale era appena scoppiato e l’ormai debole Impero ottomano si era alleato con i tedeschi, principali nemici di Londra.
Edward Grey, ministro degli Esteri inglese, non poteva lasciare che Berlino mettesse le mani sui pozzi di petrolio del sud dell’Iran e sulle raffinerie di Bassora (nell’attuale Iraq).
L’oro nero era vitale già novant’anni fa, almeno per gli inglesi: Winston Churchill, allora ministro della Marina militare, aveva investito in nuove navi alimentate a petrolio invece che a carbone.
Londra attivò i suoi migliori 007: Lawrence andò in Palestina, la Bell al Cairo e poi a Bassora come spia e agente di collegamento. Ma come poteva una donna giocare un ruolo simile nello scacchiere dell’impero più conservatore e misogino del mondo?
Nata nel 1868 da una famiglia altolocata, si sentiva a suo agio nella cultura maschile dominante. Era un’antifemminista, contraria al voto alle donne, convinta che nessuna fosse all’altezza di un uomo. Nessuna eccetto lei, ovviamente.
2. Altera
Del resto, che Gertrude non fosse una ragazza come le altre lo si era visto fin da quando, ammessa a 16 anni a Oxford, era stata la prima studentessa a laurearsi in Storia moderna, fra l'altro contraddicendo le tesi dei docenti durante gli esami.
Eccelleva in tutto, salvo che in simpatia: agli occhi di parenti e amici era un’intellettuale snob, dotata di un’autostima esagerata e di un’alterigia che scoraggiava i corteggiatori.
I pochi che resistevano venivano respinti, bollati come noiosi e superficiali. Il padre e la matrigna decisero così di farle trascorrere qualche mese a Bucarest,in Romania.
Un po' di vita mondana era quello che ci voleva, pensavano, per smussare il suo carattere spigoloso. Ma anziché da un futuro marito, la Bell fu sedotta dal fascino dell’Oriente.
Visitò Istanbul e Teheran, si appasssionò allo studio del persiano e a fine Ottocento si trasferì a Gerusalemme per imparare l’arabo e conoscere il deserto, unico suo vero amore.
Un amore ricambiato, tanto che i beduini, incantati da quella straniera, la chiamarono El Khatun(“La Signora”). Cavalcava come un uomo, vestita con kefiah e soprabito.
Tra il 1900 e il 1912, armata di taccuini e macchina fotografica, viaggiò da Gerusalemme a Damasco, da Antiochia a Najaf, tracciò schizzi di città perdute e scattò migliaia di foto che poi raccolse in saggi e libri di viaggio.
Dormì tra le mura di Babilonia e visitò gli scavi di Ur, la città biblica che avrebbe dato i natali ad Abramo. Fu il primo europeo ad addentrarsi in luoghi pericolosi come il Neged, l’altopiano desertico dell’Arabia Saudita, sfidando i divieti delle autorità ottomane.
Malgrado tutto, non rinunciò mai, neanche dopo lo scoppio della guerra, alle porcellane per la tavola, agli abiti francesi, alle sottogonne in cui avvolgeva i fucili per evitare che i funzionari turchi li scovassero nei suoi bauli.
3. Stima e rispetto
Fu viaggiando così, come un’avventurosa signora inglese, che Gertrude riuscì a incontrare i capi delle tribù arabe, cenando anche nelle loro tende.
Dove le veniva spesso offerta la parte più pregiata del montone arrosto, l’occhio.
Delle tante notizie che raccoglieva, Gertrude teneva al corrente famigliari e amici, tra cui il giornalista del Times Valentine Chirol, che da buon informatore del governo le passava a chi di dovere.
Così El Khatun fece fruttare in guerra la stima che si era guadagnata presso gli arabi in tempo di pace. La parte più difficile, in realtà, fu ottenere il rispetto degli ufficiali britannici.
Inutilmente lord Harding, viceré dell’India, consigliava ai suoi di prendere miss Bell sul serio perché “ha il cervello di un uomo”. I militari mal digerivano quella donna.
Ma dovevano far buon viso a cattivo gioco: solo lei era in grado di disegnare le mappe che li avrebbero guidati a Baghdad e che forse furono indispensabili allo stesso Lawrence durante la rivolta araba del 1917-18.
Il grande successo della Bell fu però la creazione a tavolino dell’Iraq. Quando la guerra finì, anche a Baghdad si affermò il principio dell’autodeterminazione dei popoli del presidente Usa Woodrow Wilson.
Ma era un’autodeterminazione pilotata: infatti, penna e calamaio alla mano, fu proprio Gertrude a tracciare i confini di uno Stato che non c’era.
“È un gioco divertente se conosci il Paese profondamente come lo conosco io" scrisse al padre mentre tracciava le frontiere che avrebbero racchiuso le province di Mosul, Baghdad e Bassora.
Il “gioco” era meno divertente per le popolazioni locali, ciascuna delle quali vedeva l’autodeterminazione a modo suo: gli arabi sunniti volevano un regno nazionale, gli sciiti uno Stato teocratico, i curdi l’indipendenza regionale.
Ma, purtroppo, prevalse il cinismo della Gran Bretagna che voleva uno Stato funzionale ai suoi interessi. La Bell considerava gli arabi sciiti inaffidabili e puntò sui sunniti (sia arabi sia curdi) per mettere i primi in minoranza.
4. Strategico
La Gran Bretagna voleva proteggere le vie d’accesso all’India e mantenere il controllo su un territorio ricco di petrolio.
Perciò era indispensabile il controllo della Mesopotamia. E per farlo riunì in un unico Paese tre province che sotto la dominazione ottomana erano sempre rimaste separate.
Inizialmente scettica sull’ipotesi dell’autogoverno, in un secondo momento la Bell si convinse della necessità di affidare il potere a un re arabo fedele all’Inghilterra.
Lawrence (nella foto accanto insieme alla Bell) le suggerì che la scelta migliore sarebbe stato l’emiro Faisal, figlio di Hussein Ibn Ali, “custode della Mecca” e discendente del profeta Maometto.
Che fra l’altro doveva essere solo la pedina di un gioco più ampio che coinvolgeva anche altri due Paesi (Arabia e Giordania) affidati al padre del sovrano e a un fratello. L’intrigante Gertrude prese allora Faisal sotto la sua ala protettrice, cercandogli alleati e creandogli intorno consenso.
Voleva convincere gli iracheni che il nuovo re non veniva imposto dall’Inghilterra ma era davvero l’uomo giusto. Furono gli anni del massimo splendore per la “figlia del deserto”, regina senza corona dell’Iraq.
Carta geografica alla mano, illustrava a Faisal tutto quello che avrebbe dovuto sapere sul suo nuovo regno, consigliandolo persino sull’arredamento della reggia. “Siete un’irachena, siete una beduina” le disse una volta l’apprendista re.
Per la 53enne Certrude, "zitella" inglese che adorava i cappellini e gli abiti di seta, che non aveva amici ma solo colleghi, quelle parole furono il complimento più apprezzato.
5. Suicidio?
Ma il potere appena acquisito iniziò presto a scivolarle tra le dita.
La sua forza dipendeva dalla presenza dell’amministrazione inglese e con il nuovo governo avrebbe potuto fare ben poco se non occuparsi del Museo archeologico di Baghdad, da lei fondato.
“La mia vita qui è in piena solitudine: non so cosa fare nei pomeriggi” confidò alla matrigna. “A parte il museo questa vita non mi diverte affatto”. Il caldo torrido e le avventure l’avevano indebolita. Cadde in depressione e, per la prima volta nella sua vita, pensò di lasciare l'Oriente.
Una sera, tre giorni prima del suo cinquantottesimo compleanno, prese una dose di sonniferi più forte del solito. Si addormentò, per non svegliarsi più, fra l'11 e il 12 luglio 1926. I funerali si svolsero alla presenza di una folla immensa che s’interrogava: fatalità o suicidio?
Il rapporto compilato dalle autorità parlò di morte per cause naturali, ma le ultime lettere di Gertrude testimoniano la sua depressione. Era stata messa da parte. E per una donna così decisionista non fu certo facile accettarlo.
I suoi familiari ricevettero lettere di cordoglio dai più alti funzionari dell’impero e persino dal re d’Inghilterra. Tra quelle arrivate dal Medio Oriente una era firmata dal nobile sciita Haji Nahji: “Era mia dimostrazione di fedeltà mandare le primizie del mio giardino a miss Bell; ora non so dove dovrò mandarle".
Le prove di fedeltà sono continuate nel tempo: da 82 anni una famiglia araba (i Mansur) si occupa di sorvegliare e mantenere in ordine la tomba della "Signora", nel cimitero inglese di Baghdad (nella foto). L’ha fatto anche durante l’ultima guerra irachena del 2003, mentre cadevano le bombe.
Single per scelta o zitella triste? In realtà l’avventurosa Gertrude soffriva per la mancanza di un marito, sognava il matrimonio per due volte ci andò anche vicina.
Il suo primo amore, a 23 anni, fu il diplomatico Henry Cadogan. Lei lo considerava "una persona incantevole" ma il padre negò il consenso: Henry non era un buon partito.
Pur soffrendo molto, Gertrude accettò questa decisione, sperando che il suo amato ottenesse una promozione. Ma Cadogan morì poco tempo dopo.
Gertrude attese 20 anni prima di innamorarsi di nuovo, quando conobbe un capitano dell'esercito colto e intelligente, Richard Doughty-Wylie, con cui condivideva la passione per l’Oriente.
Fra loro c'era solo un problema: Judith, la moglie di Richard. I due amanti vissero una passione sotterranea, senza osare sfidare le regole della società.
Lei gli inviava il diario dei suoi viaggi, lui le spediva romantiche lettere. Allo scoppio della guerra il capitano Doughty-Wylie fu mandato sul fronte turco e morì nel maggio 1915. A Gertrude non rimasero che il lavoro e l’amore per il deserto.