L’origine del Podenco Ibiceno (Ibizan hound) risale alla lontana epoca nella quale l’Europa non era che una tundra in parte occupata dai ghiacci, circa diecimila anni fa.
A quel tempo, il Sahara era verdeggiante, un’immensa savana nella quale pascolavano elefanti e giraffe, solcata da fiumi abbastanza grandi per ospitare ippopotami e coccodrilli e abitata, beninteso, da uomini, che cacciavano una selvaggina abbondante con l’aiuto di cani.
Questi cani, slanciati, con coda arrotolata e orecchie diritte, erano identici agli attuali Podenco Ibicenco, eccetto il modo di portare la coda. Un’incisione rupestre trovata nell’uadi Djerat (Tassili-n-Ajjer) attesta l’antichità di questo tipo canino, uno dei primi, se non il primo a essere addomesticato.
Il Podenco Ibicenco è un cane molto calmo, silenzioso, affettuoso con tutti quelli che conosce, in particolare con i bambini. Nei confronti degli estranei è piuttosto riservato, ma non aggressivo; in genere non dimostra qualità di guardiano.
Parecchi Podenco in genere vanno d’accordo senza problemi, salvo, forse, certi maschi, ma conviene evitare il contatto con cani di altre razze. Il Podenco mostra in modo evidente un temperamento indipendente, da grande cacciatore e, se si vogliono prevenire le fughe, sarà opportuno recintare in modo appropriato il giardino nel quale scorrazza.
La sua eleganza non esclude una spiccata rusticità. Si adatta ottimamente alla vita in appartamento, naturalmente a condizione che gli venga concesso con regolarità di galoppare in libertà in ampi spazi aperti. In un certo senso, la città è più indicata per lui della campagna, dove può essere attratto irresistibilmente dal desiderio di cacciare per conto proprio.
Ci si può chiedere quale sia il suo futuro in Occidente, dove è privato della sua vocazione originale. Se non altro a motivo del suo passato molto antico e prestigioso, questo cane in pratica “originale”, molto vicino allo stato selvatico, meno modellato dall’uomo che dalla natura, merita che gli si lasci un posto di spicco tra le altre razze. È anche un cane “volante”, aereo, un “cane canguro” decisamente spettacolare e bello.
È anche un po’ strano per lo sguardo ambrato indefinibile, la figura svelta, elegante ma anche asciutta, angolosa, le orecchie ritte, mobilissime, proprie di un animale dall’udito straordinariamente fine e, perciò, sensibilissimo a ogni forma di evento che noi non riusciamo a percepire. Questo cane è davvero diverso. Scopriamolo insieme.
PROFILO DEL PODENCO IBICENCO
GRUPPO: quinto.
ALTEZZA AL GARRESE: da 70 a 72 cm.
PESO: da 20 a 25 kg circa.
MANTELLO E COLORE: rosso, rosso e bianco, bianco.
DURATA MEDIA DELLA VITA : da dodici a quattordici anni.
CARATTERE: tranquillo, affettuoso, sportivo, un po’ riservato.
RAPPORTI CON 1 BAMBINI: ottimi
RAPPORTI CON GLI ALTRI CANI: buoni
ATTITUDINI: cane da compagnia; cane per conigli selvatici nel suo paese.
SPAZIO VITALE: si adatta all’appartamento se può galoppare regolarmente in tutta libertà.
AUMENTAZIONE: 400-450 g di alimento completo al giorno.
TOELETTATURA: nessuna.
1. Origine e storia (I)
Quando si consultano antiche opere riguardanti i cani, si può avere la sorpresa di vedervi il Podenco qualificato come “Levriero Francese”.
È ben vero che fu diffuso in Provenza e nel Rossiglione, ma lo fu ben prima, dall’antichità, in tutta la Penisola Iberica e nelle isole adiacenti.
Conosciuto anche sotto il nome di Cane delle Baleari, non è tuttavia autoctono di queste isole e neanche della Spagna. È, in realtà, per nascita, Africano puro.
Questo cane dall’aspetto curioso, che assomiglia notevolmente a un Levriero senza esserlo affatto, e non certo solo per le orecchie erette, ha percorso un lungo cammino, nello spazio e nel tempo. La sua origine risale infatti alla lontana epoca nella quale l’Europa non era che una tundra in parte occupata dai ghiacci, circa diecimila anni fa.
A quel tempo, il Sahara era verdeggiante, un’immensa savana nella quale pascolavano elefanti e giraffe, solcata da fiumi abbastanza grandi per ospitare ippopotami e coccodrilli e abitata, beninteso, da uomini, che cacciavano una selvaggina abbondante con l’aiuto di cani.
Questi cani, slanciati, con coda arrotolata e orecchie diritte, erano identici agli attuali Podenco Ibicenco, eccetto il modo di portare la coda. Un’incisione rupestre trovata nell’uadi Djerat (Tassili-n-Ajjer) attesta l’antichità di questo tipo canino, uno dei primi, se non il primo a essere addomesticato.
Ma fu addomesticato o si limitò a essere commensale dell’uomo? Per molti scienziati, come P. Pfeiffer ed E. Dechambre, uomini e cani non addomesticati unirono i loro sforzi in una sorta di patto comune per assicurarsi di che vivere, dato che tra predatori di ogni genere, come felini, sciacalli, iene o licaoni, la vita doveva essere ben difficile.
Questa associazione ebbe un tale successo da indurre la specie canina ad abbandonare lo stato selvaggio primitivo. Va detto, tuttavia, che questa è solo un’ipotesi, peraltro non accolta in modo unanime nella comunità scientifica.
Quanto all’aspetto levrieroide del cane neolitico sahariano, esso sarebbe in ogni modo non tanto il risultato di una selezione operata dall’uomo, quanto l’adattamento di questo cane alle vaste distese di erbe alte che, qualche migliaio di anni dopo, si trasformeranno prima in steppa e poi in deserto.
Tenendo conto dell’antichità della sua comparsa, alcuni addirittura suggeriscono che potrebbe essere il rappresentante di una specie differente di cane. Dechambre, per esempio, pare indeciso tra le due soluzioni (ignorando il suo passato neolitico, chiama il Levriero dalle orecchie diritte “Tesem”, che è il nome datogli dagli Egiziani):
«Se consideriamo i Tesem selvatici come una specie indipendente in particolare dai cani randagi, attribuiamo a questi Levrieri un’origine specifica particolare. Ma questi cani forse non erano che dei randagi evolutisi grazie ai loro habitat in una regione piatta e desertica».
In ogni caso, il Levriero dalle orecchie diritte venne ben presto adottato dagli Egiziani, fatto che gli è valso di essere chiamato ai nostri giorni Levriero Egiziano o, meglio, Tesem, in base alla trascrizione di tre geroglifici che si trovarono a fronte delle sue raffigurazioni. Lo si ritrova, infatti, fin dal periodo predinastico (IV millennio a.C.), come ai tempi di Narmer (o Menes), il primo re.
È ancor più frequente all’epoca della V dinastia che è quella, per esempio, cui risale la raffigurazione posta nella mastaba di Saqqara, che si può vedere ricostruita al Louvre, nella quale il Tesem assiste con curiosità alla nascita di un capretto. Il cane era addomesticato al punto da non divorare il neonato? O, più verosimilmente, l’artista ha voluto suggegire l’imminente pasto del cane?
Un altro affresco, contemporaneo del precedente, può far pensare a un’imperfetta domesticazione del Tesem: si vede un gruppo di cani tenuti sì al guinzaglio da un cacciatore ma come se fossero iene addomesticate, mentre un altro cane di piccola taglia rimane libero. La cosa non avrebbe nulla d’impossibile, poiché gli Egiziani hanno addomesticato una quantità impressionante di animali delle specie più diverse.
La molteplicità delle raffigurazioni del Tesem lasciateci dagli Egiziani nel corso della loro storia renderebbe certo fastidiosa la loro elencazione. Si fa solo notare che, se compare in numerose scene di caccia o di vita quotidiana, questo cane ebbe anche, con lo sciacallo e il cane randagio, il “privilegio” di rappresentare Anubi, il dio dei morti.
Infine, il Tesem venne spesso mummificato: Loret e Gaillard, due egittologi che agli inizi del secolo hanno studiato gli animali egiziani mummificati, ne hanno dato la seguente descrizione:
«Levriero alto sulle gambe, corpo allungato, assenza di ventre, petto stretto, colonna vertebrale abbastanza ricurva, testa lunga, fronte larga e convessa, coda lunga, arrotolata per un giro e mezzo, orecchie medie, diritte e a punta... pelo corto... grigio giallastro chiaro».
Gli Egiziani cercavano i loro Levrieri nelle regioni subdesertiche attigue, senza dubbio fino in Libia: si cita che essi ne importarono dalla “Terra di Punt”, ossia dall’Eritrea e dalla Somalia. Nel secondo millennio, gli Hykos fecero conoscere il loro cavallo, ma anche un altro Levriero, di origine asiatica, però, che progressivamente prese il posto del Tesem.
Un dipinto presente sulla tomba di Rekhmiré (un funzionario della XVIII dinastia) mostra questo nuovo Levriero, con orecchie e coda pendenti, che accompagna un cacciatore, il quale reca una gazzella e una lepre (due belle prede): questo consente al tempo stesso di datare l’arrivo e di apprezzare la rapidità superiore di questo Asiatico capace di catturare in corsa tanto la gazzella quanto la lepre.
Il Tesem avrebbe perciò conosciuto il declino se non avesse trovato un nuovo “sbocco” in altri paesi mediterranei. Questo sbocco consistette nella caccia al coniglio, selvaggina dalla carne delicata e molto apprezzata che, fino ad allora, era molto rara tranne che in Spagna (paese che sembra essere il luogo di nascita della specie).
Ma per svolgere questo nuovo compito, però, il Levriero Egiziano doveva penetrare nel mondo antico per farsi conoscere. Si ritiene solitamente che i Cretesi, circa duemila anni avanti Cristo, o i Fenici mille anni più tardi, furono gli artefici dell’esportazione del Tesem. Gli uni e gli altri erano grandi navigatori e mercanti e stabilirono relazioni tra l’Egitto e i vari paesi mediterranei.
Ora, a giusta ragione, la caccia al coniglio fa pendere la bilancia in favore dell’ipotesi fenicia e non si vede, del resto, per quale altra ragione il Tesem avrebbe potuto trovare la sua collocazione in un mondo nel quale cominciavano a diffondersi altri Levrieri più rapidi (non soltanto quelli giunti in Egitto dall’Asia ma anche quelli dei Celti).
2. Origine e storia (II)
Quando sbarcarono in Spagna, nel primo millennio avanti Cristo, i Fenici furono talmente colpiti dall’abbondanza di conigli in quella regione che la chiamarono “il Paese dei conigli” (I Shephan im, che è diventato Hispania in latino).
In un primo tempo, essi introdussero il coniglio in numerosi altri paesi e in particolare nelle isole, come le Baleari e la Sicilia.
Nessun dubbio che, in seguito, essi assicurarono la diffusione del Tesem, che si rivelò come il cane più idoneo a catturare il coniglio. E un fatto che i luoghi nei quali attualmente vive il Levriero dalle orecchie diritte corrispondono agli insediamenti delle colonie fenicie e all’area di diffusione del coniglio nel mondo antico.
L’idea di questa associazione Tesem-Fenici è rafforzata da una leggenda sorta a Ibiza, secondo la quale Annibaie, il grande generale cartaginese, sarebbe stato originario appunto di Ibiza e avrebbe considerato suoi cani preferiti i Levrieri di Ibiza.
Ora, Cartagine fu fondata dai Fenici e furono appunto loro (Poeni in latino) a opporsi ai Romani nelle famose guerre puniche, in cui si distinse in particolare Annibale.
Dopo i Fenici, vennero senza dubbio i Greci (sempre per via del commercio): il Levriero dalle orecchie diritte continuò a diffondersi e finì per essere conosciuto con la sua denominazione greca (Podenco deriva da podokès, che significa svelto).
In seguito si ritrova il Podenco presso i Romani, per i quali la carne di coniglio costituiva una prelibatezza: uno dei piatti tipici di quel tempo, chiamato laurices, era costituito da feti di coniglio aromatizzati con alloro.
I Romani apprezzarono a tal punto il Podenco che non ritennero necessario procurarsi gli altri Levrieri, asiatici o celti. Essi lo impiegarono per braccare la lepre; ciò richiedeva l’impiego di reti, come specifica Senofonte, poiché il Podenco non era abbastanza veloce per catturare la lepre, e altra selvaggina da pelo.
Il Podenco Ibicenco rappresenta oggi il tipo più vicino al Levriero dalle orecchie diritte dell’antichità. Infatti, l’isolamento delle isole Baleari lo ha preservato dagli incroci e il moltiplicarsi dei conigli, che non erano minacciati da predatori, ha reso la caccia di questa selvaggina sempre più intensa.
Infatti, da rari e ricercati, i conigli rapidamente sono diventati una piaga: già Strabone faceva presente che erano responsabili di molti danni nelle Baleari; Plinio, da parte sua, osservava che niente poteva riuscire a far scomparire il coniglio dall’ambiente nel quale si fosse insediato (non era a conoscenza della mixomatosi).
A quanto pare, sono ben pochi i documenti molto antichi sull’insediamento del Podenco nel sud della Francia. La prima citazione sembra quella presente nell’Encyclopédie, dove, dopo la descrizione di tre tipi di Levrieri diffusi in Europa, viene segnalato che il Podenco tende a sostituirli nel sud della Francia.
Si può pensare che sia arrivato attraverso la Catalogna nel Rossiglione, e poi nell’intera Provenza. Una fortuna fu per lui il divieto di cacciare con l’aiuto di Levrieri emanato nel 1844. In un primo tempo, infatti, non venne assimilato a questo tipo di cani.
Nel 1879, tuttavia, in seguito a ripetute lamentele da parte delle società di caccia, la corte d’appello d’Aix-en- Provence stabilì che il Podenco era un Levriero a tutti gli effetti e che pertanto non era autorizzato a cacciare. Diventò allora il cane dei bracconieri provenzali, ideale per cacciare senza fucile, senza rumore e anche di notte.
Inoltre, lo si incrociò con altri cani da caccia, senza dubbio per eludere la legge. Per questi motivi, il Podenco provenzale, chiamato Chanigue o Charnègre, si allontanò dal tipo delle Baleari. Paul Mégnin l’ha descritto come «di piccola taglia, un po’ massiccio e con andature meno distinte» (rispetto al Levriero in genere).
A motivo dell’attività svolta con i bracconieri, si fece pure una pessima fama: lo stesso autore afferma che il suo addestramento «è difficile, poiché è un cane cattivo, ringhioso, poco intelligente e molto avido quando è impegnato nel riporto, tanto che nella maggior parte dei casi il cacciatore arriva troppo tardi: la selvaggina è semidivorata».
È un ritratto invero poco lusinghiero. Fortunatamente, il Charnique in Francia non è che un lontano ricordo.
Il Podenco ha resistito meglio in Spagna, soprattutto in Catalogna, benché sia stato incrociato con altri cani, in particolare il Galgo, ma è finalmente a Ibiza che si è conservato nel modo migliore, poiché colà la caccia alla lepre e al coniglio, senza fucile ma con il contributo degli Eivissenc, il nome locale dei Levrieri delle Baleari, trova sempre numerosi cultori.
Questo tipo di caccia tradizionale va praticata in linea teorica solo in certi giorni della settimana e in momenti precisi della giornata: nelle tre ore che seguono la levata del sole e il suo tramonto. In realtà, sembra che vi sia un’ampia tolleranza, senza che si possa parlare di bracconaggio.
3. Comportamento
Il cacciatore, equipaggiato con un contenitore d’acqua per dissetare i cani, un furetto chiuso in gabbia nel caso in cui un coniglio riesca a rifugiarsi nella sua tana, delle reti e un bastone, il garro, si reca in auto con sei o sette Levrieri, con predominanza di femmine, nella gariga.
I cani restano legati fin quando non viene trovato un terreno adatto. Allora i cani vengono sguinzagliati, è l'amollada: un momento di follia, nel quale i cani saltellano, spiccano salti.
Poi viene la ricerca, la sercada, silenziosa, disturbata soltanto dall'aglapit, l’uggiolio del capo (il più delle volte una cagna anziana), al quale rispondono i fischi dell’uomo o i colpi del garro sulle pietre.
Infine, è il momento dell’inseguimento, l'encalc, sfrenato ma silenzioso; se i giovani seguono da vicino la preda, una vecchia cagna rotta alle astuzie può dirigersi dalla parte opposta, ossia verso la tana dove il coniglio cercherà di arrivare.
Come è stato indicato a proposito della sua origine, il Podenco Ibicenco non presenta più la coda arrotolata del suo antenato Tesem e per un motivo ben preciso. La coda dell’Eivissenc, nel linguaggio immaginoso del cacciatore di Ibiza, è la campana, che permette di seguire i movimenti del cane nascosto nella vegetazione.
Ecco perché, in azione, essa va portata abbastanza alta, piegata, diritta alla radice e con l’estremità sempre in movimento. La coda portata troppo curva sul dorso (la cuà anellada) costituisce un grave difetto che, talora, viene corretto tagliandone qualche centimetro.
Invece, una coda che presenti una piccola macchia all’estremità (la campanetta, ossia la campanella) è molto ricercata. In genere, i cacciatori di Ibiza mostrano di preferire i soggetti chiazzati invece di quelli unicolori rossi o bianchi.
Quello che colpisce subito nel Levriero d’Ibiza è la capacità di saltatore: più che al galoppo procede a balzi. È in grado di spiccare salti di 1,80 m, da fermo, che gli consentono di localizzare la selvaggina, di superare cespugli o di muoversi così rapidamente da cambiare all’istante direzione.
Si resta poi ammirati dal modo con cui impegna nel lavoro tutti i suoi sensi: la vista, naturalmente, e più ancora l’udito (è avvantaggiato dai padiglioni auricolari ritti, ben aperti e molto mobili) e l’olfatto, con il naso incollato al terreno. Infine, è notevole la sua capacità di lavorare in silenzio: soltanto il capobranco si permette talvolta un leggero uggiolio.
Checché se ne pensi, occorre che questi cani diano prova di molta intelligenza per cercare, inseguire, prendere e riportare il coniglio senza alcun intervento da parte dell’uomo.
Tuttalpiù, quest’ultimo per rispondere al capobranco, e quasi dialogare con lui, si serve di fiaschi o brevi gridi, oppure getta pietre o batte con il garro su un sasso, senza, però, mai intervenire direttamente. Il Podenco Ibicenco non è né ringhioso né cattivo: tuttavia, non è consigliabile far lavorare parecchi maschi insieme perché non si aiutano tra loro.
In casa, è un cane molto calmo, silenzioso, affettuoso con tutti quelli che conosce, in particolare con i bambini. Nei confronti degli estranei è piuttosto riservato, ma non aggressivo; in genere non dimostra qualità di guardiano.
Parecchi Podenco in genere vanno d’accordo senza problemi, salvo, forse, certi maschi, ma conviene evitare il contatto con cani di altre razze.
Il Podenco mostra in modo evidente un temperamento indipendente, da grande cacciatore e, se si vogliono prevenire le fughe, sarà opportuno recintare in modo appropriato il giardino nel quale scorrazza. La sua eleganza non esclude una spiccata rusticità.
Si adatta ottimamente alla vita in appartamento, naturalmente a condizione che gli venga concesso con regolarità di galoppare in libertà in ampi spazi aperti.
In un certo senso, la città è più indicata per lui della campagna, dove può essere attratto irresistibilmente dal desiderio di cacciare per conto proprio. Ci si può chiedere quale sia il suo futuro in Occidente, dove è privato della sua vocazione originale.
Se non altro a motivo del suo passato molto antico e prestigioso, questo cane in pratica “originale”, molto vicino allo stato selvatico, meno modellato dall’uomo che dalla natura, merita che gli si lasci un posto di spicco tra le altre razze. È anche un cane “volante”, aereo, un “cane canguro” decisamente spettacolare e bello.
È anche un po’ strano per lo sguardo ambrato indefinibile, la figura svelta, elegante ma anche asciutta, angolosa, le orecchie ritte, mobilissime, proprie di un animale dall’udito straordinariamente fine e, perciò, sensibilissimo a ogni forma di evento che noi non riusciamo a percepire.
Questo cane è davvero diverso: non è stato forse suggerito che i suoi antenati appartenessero a una specie distinta? Nel nostro paese non esiste una società specializzata che tuteli la razza.
4. Cani primitivi e razze affini
- Cani primitivi e levrieri
Fino al 1989 il Podenco Ibicenco e le razze affini hanno fatto parte del 10° gruppo della Nomenclatura delle razze canine della FCl, ossia dei Levrieri, nella sezione «Razze appartenenti ai Levrieri (cani da caccia dalle orecchie diritte), cani da coniglio selvatico».
Dal 1990 sono stati trasferiti nel 5° gruppo, comprendente i Cani di tipo spitz e di tipo primitivo. Così, i Podenco e altri sono diventati cani «primitivi».
La loro vocazione per la caccia ne esce rafforzata. Eccetto il Cane dei Faraoni, che è classificato con il Canaan Dog, tutti i Podenco ed affini occupano infatti una sezione distinta, «Tipo primitivo — Cani da caccia».
Contrariamente ai Levrieri, i Podenco non hanno bisogno dell'uomo o di altri cani per cercare e localizzare la selvaggina, grazie al fiuto e all'udito di notevole acuità, sono, inoltre, capaci di cadere in ferma.
Peraltro, alcuni cooperano con i cacciatori muniti di fucile: è il caso del Cirneco dell'Etna. Talvolta spossano anche la grossa selvaggina inseguendola, come fossero cani da muta: è il caso dei Podenco della Penisola Iberica.
Dal punto di vista morfologico, si differenziano inoltre dalle linee classiche dei cani del 10° gruppo.
Peraltro, il professore svizzero Seiferle, anatomista di grande fama, aveva concluso in uno studio apparso nel 1951 che il Podenco era, senza dubbio, una prefigurazione del Levriero, senza però poter essere assolutamente assimilato a esso.
- Razze affini
Si conoscono oggi quattro altre razze discendenti da Anubi, dio dei morti e accompagnatore delle anime nell'antico Egitto dei faraoni.
Infatti, tutti i cani chiamati Podenco, dall'Estremadura all'Andalusia, costituiscono altrettante varietà locali che non è possibile considerare come razze distinte.
Invece, quelli del Portogallo sono riconosciuti come appartenenti a una razza a parte, il Podengo Portuguès. Ne esistono tre varietà di taglia: il grande, il solo affine all’ibicenco, meno di razza, il medio e il piccolo, suddivisi in soggetti a pelo corto e soggetti a pelo duro.
Le altre tre razze sono insulari. È questo, infatti, il caso del Podenco delle Canarie. Si tratta di un cane ancora del tutto sconosciuto in Italia. Il cane dei faraoni viene da Malta e da Gozo (la più settentrionale delle isole maltesi), il suo nome locale è «Tal-Fenek»: fenek significa coniglio.
Questa razza è arrivata in Gran Bretagna nel 1970 e il Kennel Club le ha concesso un registro separato a partire dal 1975. Da allora si è diffuso in altri paesi europei, per esempio in Danimarca, e negli Stati Uniti.
Di taglia inferiore all’lbicenco (l’altezza ideale per un maschio è di 56 cm), se ne differenzia altresì per il mantello sempre unicolore (sono consentiti alcuni segni bianchi sull’estremità della coda e dei piedi così come una stella sul petto).
Nell'isola natale, oltre all’inseguimento del coniglio, pare che garantisca la guardia alle case (lo si tiene sulle terrazze, per impedire che scappi). Si dice che per ricostituire questa razza i Britannici siano ricorsi a qualche Cirneco dell'Etna.
Quest'ultimo, per la taglia, è il più modesto della famiglia: il maschio misura tra 46 e 60 centimetri al garrese, come indica il nome, cacciava sulle pendici rocciose dell’Etna. La cinofilia italiana non lo considera come un Levriero, perché segue le tracce della selvaggina e cade in ferma.
Viene utilizzato per la caccia al coniglio, ma anche per la selvaggina di penna, li cane siciliano non si distingue solo per la piccola taglia, ma anche per il colore del mantello che può assumere diverse tonalità di fulvo, isabella o sabbia, tanto unicolori, quanto in associazione con del bianco.
È esistito infine un altro Levriero dalle orecchie diritte sull'isola di Lampedusa (posta tra Malta e la Tunisia), ma non è certo che ve ne siano ancora. Altri Podenco si trovano o si trovavano in Egitto, in Tunisia e in Algeria.
5. Lo Standard delle razza
FCI Standard n° 89/ 04.02.2000
PODENCO IBICENCO
ORIGINE : Spagna (Isole Baleari)
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE 26.05.1982
UTILIZZAZIONE : il Podenco Ibicenco è soprattutto usato per cacciare conigli senza fucile, di giorno e di notte. Grazie al suo ottimo olfatto, che, con l’udito, egli usa più della vista, sente e scova conigli con facilità, anche nel fitto sottobosco. Agile e pronto, cattura alla svelta la sua preda, specialmente quando caccia con altri cani. Quando un cane segnala la selvaggina, viene circondato da tutti gli altri, che si tengono ad un certa distanza e restano in attesa. Abbaiano solo quando vedono o sentono il selvatico e quando lo hanno circondato. Sia quando segnalano che quando catturano la preda tutti i cani scodinzolano velocemente, ma non mantengono a lungo il loro atteggiamento d’attesa. Il Podengo Ibicenco è anche utilizzato per la caccia alla lepre e alla grossa selvaggina. È anche un buon cane da riporto. Salvo rare eccezioni, solo le femmine vengono usate per formare una muta o, al massimo, di maschi se ne aggiunge solo uno, visto che non si adattano a lavorare assieme e litigano fra loro. Quando una muta ha catturato molte migliaia di conigli, può succedere, con questa razza, che qualche cane di questa stessa muta non voglia più andare a caccia fino a che non abbia goduto di un giusto riposo. L’espressione spagnola “enconillarse” (andare a riposare), deriva proprio da qui.
CLASSIFICAZIONE F.C.I.: Gruppo 5 Cani di tipo Spitz e di tipo primitivo
Sezione 7 Tipo primitivo da caccia
Senza prova di lavoro
PROPORZIONI IMPORTANTI: la distanza dalla punta del muso agli occhi è uguale a quella dagli occhi all’occipite.
TESTA: nell’insieme la testa, lunga e fine, ha l’aspetto di cono troncato vicino alla base; del tutto scarna e piuttosto piccola in confronto al corpo
REGIONE DEL CRANIO
Cranio: lungo e piatto (dolicocefalo). Occipite prominente. Fronte stretta e piana
Stop: appena definito
REGIONE DEL MUSO
Tartufo: color carne. Narici aperte. Canna nasale leggermente arcuata
Muso: la canna nasale e il tartufo sporgono sopra la mascella inferiore; stretto e lungo, color carne in armonia col colore del mantello
Labbra: fini, aderenti, color carne
Denti: perfetta chiusura combaciante, chiusura a forbice; denti bianchi e regolari
Occhi: obliqui, piccoli, ambra chiaro (ricorda il caramello. Il colore ambra può essere più o meno intenso a seconda del colore del mantello). Pur senza sembrare molto fiera, l’espressione mostra intelligenza ma anche paura e diffidenza.
Orecchi: sempre rigidi e mobilissimi. Puntati in avanti o di lato orizzontalmente o tenuti girati all’indietro. Eretti quando il cane è animato. Il centro della loro base è posto a livello degli occhi; hanno forma di romboide allungato, troncato a un terzo della sua diagonale lunga. Sono fini, senza pelo all’interno, e di media e non esagerata dimensione.
COLLO: molto asciutto, sia nella sua parte superiore che nella inferiore. La sua lunghezza è uguale a un quarto della lunghezza del corpo; leggermente arcuato e muscoloso. La pelle è tesa, liscia, senza giogaia. Normalmente il pelo è più lungo e fitto nella regione dell’inserzione col tronco, specialmente nella varietà a pelo liscio.
CORPO: nell’insieme, il tronco è simmetrico, leggermente convesso e di proporzioni medie e regolari; compatto e leggermente più lungo dell’altezza al garrese, senza però che ne siano fissati esattamente i limiti.
Garrese: ben definito, alto, asciutto e lungo.
Dorso: lungo, diritto e flessibile. Muscoli forti, ma piatti
Rene: arcuato, di media larghezza, forte e fermo.
Groppa: molto spiovente con struttura ossea evidente; mostra muscoli molto forti e duri.
Torace: profondo, stretto e lungo, ma non arriva ai gomiti. Lo sterno è appuntito e molto prominente. Costole piatte.
Ventre: rilevato ma non troppo.
CODA: inserita bassa; ci deve essere un po’ di pelo più lungo e ruvido, leggermente sollevato (come spighe di grano) verso la punta; lunga. Quando è tirata tra le gambe, dovrebbe raggiungere la spina. Leggermente più grossa alla radice, si assottiglia gradualmente verso la punta. A riposo pende naturalmente; in movimento è portata a falce più o meno curva. È preferibile che non sia portata diritta o troppo arrotolata sul dorso.
ARTI
ANTERIORI: verticali e simmetrici. Visti dal davanti, gli anteriori sono molto ravvicinati; del tutto vigorosi, con lunghe gambe che danno l’impressione di un animale snello, veloce, ma forte.
Spalla: obliqua, forte e molto mobile
Braccio: molto lungo, diritto, forte e posizionato molto vicino all’altro
Gomito: largo, ben distanziato dal corpo, parallelo al piano mediano del corpo, ma mai rilasciato.
Avambraccio: si allarga verso il metacarpo
Metacarpo: forte, fermo, ampio e ben diritto.
POSTERIORI: verticali con lunga muscolatura piatta e forte.
Garretti: molto angolati, ampi, discesi, verticali, non rigirati in fuori né in dentro
PIEDI: tendenza al piede di lepre. Dita lunghe e serrate. Molto pelo fra le dita; unghie molto forti e normalmente bianche, talvolta in armonia con colore del mantello. Cuscinetti molto duri.
ANDATURA: il movimento preferito è un trotto sospeso. Il galoppo è molto veloce e dà l’impressione di grande agilità.
PELLE: tesa, molto aderente; pigmento rossastro, ma può essere di un altro colore quando il mantello è diverso.
MANTELLO
PELO: liscio ruvido o lungo
Liscio: non dovrebbe essere serico, ma forte e brillante
Ruvido: dovrebbe essere duro e molto fitto, un po’ più corto sulla testa e negli orecchi, e più lungo nella parte posteriore delle cosce e nella parte inferiore della coda. La barba è molto apprezzata.
Il pelo lungo è più morbido e deve avere almeno 5 cm. di lunghezza ed essere abbondante sulla testa.
COLORE: preferiti sono: il bianco e rosso, il monocolore bianco,il monocolore rosso. Si ammette il fulvo in un soggetto eccezionale, ma nei soggetti a pelo liscio questo colore non è accettato.
ALTEZZA
Maschi: 66 a 72 cm
Femmine: 60 a 67 cm
Senza eccessiva severità, i cani che sono vicini alle misure richieste possono essere accettati, purché siano ben proporzionati ed armoniosi.
DIFETTI: Qualsiasi deviazione da quanto sopra deve essere considerato difetto, e la severità con cui va penalizzato deve essere proporzionata alla sua gravità.
DIFETTI GRAVI:
• Testa corta e larga
• Stop molto marcato
• Mancanza di un premolare
• Orecchie cadenti
• Torace a botte
• Gomiti in fuori
• Posteriore vaccino
• Anteriore mancino
• Incrocia gli arti in movimento
DIFETTI ELIMINATORI:
• Cranio a scalinata (piano del cranio troppo alto in relazione alla canna nasale)
• Pigmento marrone o macchie nere sul tartufo.
• Qualsiasi forma di prognatismo.
• Palpebre e labbra: marrone rossiccio
• Qualsiasi carattere che denoti incroci con il Galgo o altro tipo di levriere: cioè
- orecchie piegate
- occhi scuri
- groppa larga
- sterno poco marcato
- estremità anteriori molto scostate cosce arrotondate e larghe, con vene sporgenti.
N.B. I maschi devono avere due testicoli apparentemente normali completamente discesi nello scroto