Secondo gli psicologi, le coccole sono indispensabili sia nella prima infanzia per crescere sani e forti sia da adulti: stimolano infatti la produzione di ossitocina, l’ormone che favorisce l’attaccamento, e rafforzano i legami tra le persone, generando fiducia e contrastando lo stress.
Senza coccole i bambini non crescono bene. Un recente studio condotto dall’Università della British Columbia (Canada) ha dimostrato che quelli che vengono coccolati poco possono sviluppare forme di disagio psichico e disadattamento.
Hanno un impatto sull’umore: stimolano infatti la produzione di ossitocina, che produce sensazioni di benessere e aiuta il cervello a ridurre i livelli di cortisolo, connesso allo stress. Ecco perché abbiamo sempre tanto bisogno delle coccole…
1. Il Dna ne risente
Tra le volontarie dell’associazione CucciolO, che a Bologna raggruppa i genitori di bimbi nati pretermine, ci sono madri che hanno perso un figlio e altre semplicemente spinte dal desiderio di dare una mano a piccoli bisognosi di cure.
Dal 1995 si danno il cambio presso il Policlinico Sant’Orsola per colmare il vuoto lasciato da genitori che non possono essere sempre presenti.
Come? Coccolando questi bimbi e dando loro così un contatto fisico importante perché crescano sani e forti.
Tra queste volontarie c’è anche la scrittrice Silvia Avallone, che lo scorso novembre ha raccontato al Corriere della sera la sua esperienza: «Vengo tra queste culle, lascio tutta la mia vita fuori e torno a casa felice». Sì perché di queste coccole hanno bisogno i bambini, ma anche le volontarie.
Senza coccole i bambini non crescono bene. Un recente studio condotto dall’Università della British Columbia (Canada) ha dimostrato che quelli che vengono coccolati poco possono sviluppare forme di disagio psichico e disadattamento.
Ciò si manifesta anche a livello genetico: durante lo studio, ai genitori di 94 neonati è stato chiesto di annotare modalità e durata dei momenti di intimità fisica con i loro piccoli. Quattro anni e mezzo dopo il Dna dei bambini è stato analizzato e confrontato a quello prelevato a inizio esperimento.
Tra i più coccolati e quelli meno le differenze erano consistenti e riguardavano in particolare cinque regioni specifiche del Dna, due delle quali coinvolte nel funzionamento del sistema immunitario e del metabolismo.
Cosa ciò significhi in termini di salute non è ancora chiaro, tuttavia questi risultati potrebbero indicare un diverso sviluppo psicofisico.
2. Meno stress, più benessere e un senso di protezione
- Meno stress, più benessere
Sappiamo di certo però che durante l’infanzia, ma anche da adulti, le coccole hanno un impatto sull’umore: stimolano infatti la produzione di ossitocina, che produce sensazioni di benessere e aiuta il cervello a ridurre i livelli di cortisolo, connesso allo stress.
La funzione protettrice delle coccole e dell’ossitocina riguarderebbe però anche lo sviluppo cognitivo: l’ossitocina potrebbe aiutare chi soffre di autismo a socializzare.
Lo riporta uno studio pubblicato su Science da ricercatori dell’Università Emory (Usa) che hanno studiato il comportamento delle arvicole della prateria, una specie della famiglia dei roditori, dimostrando come questi animali tendenzialmente monogami esprimano empatia nei confronti dei loro simili sofferenti grazie proprio all’ossitocina.
In fondo già negli anni Cinquanta lo psicoanalista austriaco René Spitz aveva osservato, in bambini di un anno separati dalla madre perché ospedalizzati, l’insorgere della cosiddetta depressione anaclitica, caratterizzata da un crollo psicofisico prodotto proprio dalla mancanza di contatti fisici. - Un senso di protezione
Alla nascita, infatti, il contatto fisico con la madre ci garantisce nutrimento e rassicurazione.
Nel corso dello sviluppo esso influenza i nostri stili di attaccamento, cioè i modi di relazionarci con gli altri, e ci trasmette senso di protezione e cura.
Non a caso i contatti fisici sono frequenti nei momenti di sofferenza o di pericolo anche da adulti. Il contatto del corpo attiva alcuni dei sistemi motivazionali interpersonali, alla base cioè delle relazioni sociali.
Da un punto di vista evolutivo le coccole derivano infatti dal grooming, la pratica igienica presente in molte specie animali che consiste nel reciproco pulirsi il mantello.
«Questo comportamento studiato nei pipistrelli e nelle scimmie», ci spiega David Linden, professore di neuroscienze all’Università Johns Hopkins (Usa) e autore di Touch: the science of the hand, heart, and mind (Il tocco: la scienza della mano, del cuore e della mente), «assolve alle stesse funzioni sociali delle coccole e di altre forme di contatto fisico tra umani.
Entrambi servono a dire all’altro “sono dalla tua parte, puoi darti di me”».
3. Siamo (quasi) come scimmie ma non bisogna esagerare
- Siamo (quasi) come scimmie
Come le coccole, anche il grooming tranquillizza.
Uno studio del 2010 condotto sui cebi dai cornetti, un gruppo di scimmie sudamericane, dai ricercatori dell’Unità di primatologia dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr di Roma mostrava che il grooming si fa più frequente poco prima della somministrazione dei pasti da parte dei ricercatori.
La ragione è semplice: si tratta di un comportamento istintivo che allenta le tensioni inevitabili durante i momenti di spartizione del cibo.
Nel corso dell’evoluzione questa forma di pulizia reciproca ha dunque assunto anche un significato comportamentale che è arrivato sino all’uomo con un valore di accudimento del tutto simile: fare le coccole ai piccoli è quindi un modo per rafforzare il legame e infondere l’affetto e la sicurezza necessari a crescere. - Non bisogna esagerare
Il punto è che, come per tutte le forme di accudimento, anche le coccole vanno dosate. Un eccesso può essere dannoso per il bambino.
Osserviamo un bimbo che cerca coccole dalla mamma: quando questa lo prende in braccio, poco dopo lui inizierà a dimenarsi perché vuole staccarsi.
Una volta stabilito il contatto fisico, il bambino ha bisogno infatti di tornare a esplorare il mondo: le coccole rappresentano per lui la prova che in caso di emergenza la mamma è disponibile.
Ed è giusto così: le coccole non devono limitare il bambino nel desiderio di staccarsi dalla mamma e diventare autonomo. In questo senso il difficile lavoro di madre sta nel dosare la giusta quantità di vicinanza fisica: l’eccesso può risultare dannoso tanto quanto la carenza.
4. Perché alcuni non amano le coccole
- Perché alcuni non le amano
Non stupisce quindi che alcune persone siano refrattarie al contatto fisico: bambini così introversi da non lasciarsi toccare o adulti che non amano le coccole con il partner. Non esistono persone che nascono con il rifiuto delle coccole.
Esistono però persone che si sono dovute difendere dalla carenza o dall’eccessiva invadenza e che quindi non hanno avuto modo di apprezzarne il valore.
È proprio nella coppia infatti che spesso emergono difficoltà sedimentatesi durante l’infanzia.
Un abbraccio può quasi spaventare persone il cui corpo conserva una memoria del tipo di contatto che hanno o non hanno ricevuto durante l’infanzia. - Per una relazione duratura puntiamo sulle carezze
Le coccole hanno un’importanza diversa ma ugualmente forte tanto nei bambini quanto negli adulti.
Quello che cambia è il tipo di contatto fisico e l’eventuale finalizzazione, ma il piacere e l’effetto tranquillizzante rimane inalterato.
Anzi, secondo uno studio condotto nel 2011 dall’Università dell’Indiana (Usa) sarebbero proprio le coccole ad assicurare la tenuta delle relazioni sentimentali sul lungo periodo.
Sulla base di dati provenienti da un migliaio di coppie che vivono in Usa, Brasile, Germania, Spagna e Giappone, gli studiosi hanno dimostrato inoltre che la tenerezza è più importante per i maschi.
Infine una ricerca di tre anni fa della Pennsylvania State e della Brigham Young University (Usa) ha rilevato, sulla base di interviste a 400 coppie eterosessuali conviventi, che l’intimità fisica rende più soddisfacenti il rapporto garantendo stabilità alla relazione, una migliore comunicazione e meno conflitti.
Non a caso molte terapie sessuali fanno uso delle coccole, anche slegate dal sesso.
L’importante è che il contatto dolce si affianchi a quest’ultimo e non lo sostituisca, come capita talvolta dopo anni di relazione.
5.
Tutti i tipi di contatto fisico riducono lo stress grazie all’ossitocina, ormone che potenzia il sistema immunitario, riduce la pressione sanguigna e il battito cardiaco.
«Non sappiamo ancora come questo avvenga esattamente», ammette il neurologo David Linden.
È certo però che i contatti fisici facciano bene alla mente, tanto da rappresentare una forma alternativa di psicoterapia. Lo sostiene da anni Paolo Cericola, ideatore della coccoloterapia, una pratica di rilassamento profondo.
«Ci si immerge in una piscina d’acqua termale e nei primi 10-15 minuti si stabilisce il contatto fisico cullando dolcemente il soggetto», spiega Ceriola. «Poi si scende sott’acqua per alcuni istanti dove l’apnea ricrea la condizione vissuta nel grembo materno».
Il “coccolato" viene cullato e massaggiato dolcemente prima di essere spinto dolcemente sott’acqua. Imparando a lasciarsi andare con fiducia il corpo si rilassa profondamente e si ha il risultato di sentirsi liberi e a proprio agio quasi come se si fosse ancora (o di nuovo) nel grembo materno.
In una seconda fase, il "coccolato" viene spinto delicatamente sott'acqua dove potrà sperimentare il respiro profondo e i suoi benefici e poi fatto riemergere.
Con questo metodo egli si sentirà sostenuto e protetto, proprio come nel grembo materno, e riuscirà ad entrare in contatto con la parte più profonda e celata di se stesso, scoprendo e superando fobie e paure incomprensibili. Il terapeuta aiuta soltanto il paziente a sbloccarsi, ma il lavoro vero e proprio è autonomo e personale.
Avvolto nel silenzio e nel tepore dell'acqua calda, il coccolato si abbandona, il corpo rilascia le tensioni accumulate e si percepisce uno stato di benessere e di serenità che arriva dall'interno; si torna indietro con la memoria fino a far fluire nuovamente energie rimaste bloccate da tempo.
Anche se le scuole di psicoterapia per lo più non prevedono contatti tra terapeuti e pazienti, alcuni orientamenti hanno dimostrato la funzione positiva del contatto fisico.