Siamo tutti più ignoranti di quel che crediamo, anche se non lo siamo tutti allo stesso modo (c’è chi lo è di più, naturalmente!)..
Molti non lo sanno, convinti di sapere tutto.
Nondimeno, sapere di non sapere, cioè essere consapevoli della propria ignoranza, è un vantaggio perché ci regala senso critico e ci stimola a sviluppare nuove conoscenze.
L’ignoranza più pericolosa, insomma, è quella inconsapevole, anche se non è l’unica: l’ignoranza, per quanto sembri incredibile, è davvero un fenomeno complesso.
1. Siamo tutti un po' ignoranti...
Siamo tutti più ignoranti di quel che crediamo.
Lo spiega Michael Smithson, professore di Psicologia presso l’Australian National University di Canberra (Australia), che dice:
«Quello che sappiamo è un sapere in gran parte assorbito da genitori, insegnanti, libri, trasmissioni televisive e altri media. Non è un sapere di prima mano, ma di seconda, terza o addirittura quarta mano. E ogni volta che un sapere viene riportato, si possono insinuare imprecisioni, errori, malintesi».
C’è anche una seconda ragione che ci spiega perché siamo più ignoranti di quel che crediamo. Dite la verità, vi ricordate davvero tutto quello che avete imparato a scuola o all’università?
No, certo, e di quanto ci ricordiamo, buona parte è invecchiato o è stato spazzato via: oggi la ricerca scientifica procede a passi rapidissimi e nuovi risultati hanno rimpiazzato quelli di vent’anni fa, soprattutto in discipline come le neuroscienze, la genetica, le biotecnologie, l’informatica, l’astrofisica.
Come se non bastasse, c’è anche una terza ragione che ci spiega perché sappiamo meno di quel che crediamo: molto spesso ci accontentiamo di convinzioni diffuse, ma del tutto prive di fondamento.
Crediamo, per esempio, che il sole sia giallo, che l’elmo con le corna fosse tipico dei Vichinghi, che gli astronauti dallo spazio vedano la Grande Muraglia cinese, che il dogma dell’Immacolata Concezione si riferisca alla verginità della Madonna, che gli antibiotici curino l’influenza, che i nostri sensi siano cinque e che il Nilo sia il fiume dell’Egitto. Non è vero niente!.
«In fine, va detto che abbiamo tutti la tendenza a sopravvalutare le nostre conoscenze e a credere di poter fare previsioni o stime accurate», aggiunge Michael Smithson.
«In un esperimento di qualche anno fa, è stato chiesto ad alcuni piloti di stimare il peso di un Boeing 767 a carico vuoto. Il 90 per cento di loro si è detto certo di aver centrato il valore; in realtà solo il 40 si è avvicinato al peso reale. Il restante 60 non solo non sapeva, ma non sapeva di non sapere».
La conclusione è facile: siamo tutti ignoranti, anche se non lo siamo tutti allo stesso modo (c’è chi lo è di più, naturalmente!). Nondimeno, sapere di non sapere, cioè essere consapevoli della propria ignoranza, è un vantaggio perché ci regala senso critico e ci stimola a sviluppare nuove conoscenze.
L’ignoranza più pericolosa, insomma, è quella inconsapevole, anche se non è l’unica: l’ignoranza, per quanto sembri incredibile, è davvero un fenomeno complesso.
2. Che cos’è l’ignoranza?
L’ignoranza non è la semplice mancanza di conoscenza né il semplice opposto della conoscenza.
Secondo la filosofa neozelandese Ann Kerwin, il sociologo tedesco Matthiias Gross, la sociologa statunitense Karin Knorr Cetina e lo psicologo australiano Michael Smithson, esiste l’ignoranza “consapevole” (quando sappiamo di non sapere) e quella “inconsapevole” (quando non sappiamo di non sapere), chiamata anche “meta-ignoranza” o “nescienza”.
Si parla inoltre di “conoscenza negativa” per indicare ciò che non potremmo mai sapere (la verità su come si sono conosciuti i nostri genitori, per esempio) o ciò che non vorremmo mai sapere (quanti di noi vorrebbero sapere in anticipo il giorno della propria morte? E quanti di noi si ostinano a ignorare i gravi danni che potrebbero insorgere fumando o bevendo troppo?).
Prendiamo invece in considerazione quello che la scienza oggi ignora; nel campo della fisica, per esempio, gli scienziati ignorano che cosa siano la materia oscura e l’energia oscura, più diffuse nel nostro universo di quanto non sia la materia convenzionale, quella di cui siamo fatti noi esseri umani, i pianeti e le stelle.
In campo medico, i ricercatori sanno di non sapere come curare alcune gravi malattie, dalla sclerosi multipla al morbo di Alzheimer. I meteorologi sanno prevedere l’arrivo dei cicloni, ma i geologi non riescono a prevedere quello dei terremoti.
Ignoriamo quasi tutto di quello che sta al centro della nostra galassia (un misterioso, enorme buco nero) e anche di quello che sta al centro della Terra (non sappiamo bene di che cosa sia composta la zona più interna e calda del nostro pianeta).
Questi limiti alle nostre conoscenze attuali sono importantissimi perché stimolano la ricerca scientifica attuale, dandole una direzione e ponendole delle sfide da superare o degli obiettivi verso cui tendere.
3. Non è sempre un male
La nostra società stigmatizza l’ignoranza e l’ignorante, condannandoli senza appello, ma da quel che s’è detto è chiaro che l’ignoranza non è sempre un male.
Ci sono situazioni in cui si rivela perniciosa (l’intolleranza e il razzismo nascono da molta ignoranza inconsapevole), e ci sono situazioni in cui si rivela benefica, utile, persino necessaria, com’è il caso della scienza.
Se sapessimo chi è il colpevole, ci divertirebbero ancora i romanzi o i film gialli? Allo stesso modo le grandi storie d’amore e persino le barzellette funzionano solo se noi restiamo in uno stato di “ignoranza temporanea”.
Pensiamo anche all’arte e al lavoro intellettuale e creativo: gli artisti usano l’incognito, il mistero, l’insoluto come una sfida per nutrire la creatività. Intere forme d’arte si sviluppano sull’ignoranza: in ogni improvvisazione, un musicista jazz non sa affatto che cosa creerà.
In fine, l’ignoranza può aiutarci a prendere decisioni. Le ragioni sono due.
Innanzitutto esiste il fenomeno del “sovraccarico cognitivo”: «Non tutte le informazioni sono essenziali per decidere e ci sono almeno due situazioni in cui more is worse (più è peggio)», spiega Michael Smithson.
Provate ad andare a comperare i cereali per la prima colazione in un supermercato del Midwest, negli Stati Uniti: ci sono centinaia di tipi e di marche diverse, scaffali interi ricolmi di un’immensa varietà di cereali cui non siamo affatto abituati. Questo sovraccarico di input ci paralizza: troppa informazione ci mette a disagio e non ci agevola nella scelta.
«In secondo luogo», prosegue Michael Smithson, «moltissimi studi psicologici svolti da esperti in teoria della decisione dimostrano che prendono decisioni migliori o fanno previsioni più azzeccate le persone che hanno meno informazioni. La ragione?
A contare non è la quantità delle informazioni, ma la loro qualità e pertinenza; chi dispone di tantissime informazioni, spesso è distratto da quelle meno importanti.
Uno studio effettuato dalla psicologa australiana Mary Omodei nel 2005 ha mostrato che gli esperti prendono migliori decisioni dei principianti o dei neofiti non perché abbiano più conoscenze, ma perché sanno quali conoscenze vadano prese in considerazione e quali ignorate».
4. Sociologia dell’ignoranza
Nel mondo accademico si sta sviluppando in questi anni una nuova disciplina, la sociology of ignorance (sociologia dell’ignoranza), di cui Matthias Gross, studioso tedesco che abbiamo citato, è uno dei massimi rappresentanti.
Come la conoscenza, anche l’ignoranza è un costrutto sociale: le persone di una stessa comunità culturale o di una stessa società condividono luoghi comuni, tabù e pregiudizi cognitivi e di conseguenza condividono certe forme di ignoranza.
Si possono analizzare le dinamiche sociali o le caratteristiche di alcune società analizzando il rapporto tra le conoscenze e le forme di ignoranza condivise.
Come si può facilmente intuire, l’ignoranza è anche un tema politico di primissimo piano: la conoscenza può infatti essere manipolata, distorta o persino occultata da governi, istituzioni pubbliche o soggetti privati per svariati motivi, dalla sicurezza nazionale alla volontà di coprire degli illeciti.
Nell’ultimo decennio, l’opinione pubblica è stata volutamente tenuta nell’ignoranza di molte cose e quando alcune di esse sono venute alla luce, oltre allo scandalo, sono nate molte discussioni e sono cambiati alcuni equilibri internazionali.
Pensate a quel che è successo dopo le rivelazioni sui metodi di tortura praticati dagli americani nella prigione irachena di Abu Ghraib (2004) o ai documenti top secret divulgati da Julian Assange di WikiLeaks (2009, nella foto piccola in alto a sinistra).
Pensate in fine anche a quanta ignoranza pesi su alcune stragi nella storia italiana più recente (da Ustica a Bologna, 1980). Non è difficile, quindi, concordare su un punto: l’ignoranza è davvero un tema troppo importante per essere ignorato.
5. Sette certezze... da mettere in discussione e tre libri che potremmo avere bisogno di leggere
- Sette certezze... da mettere in discussione
1) Il sole è giallo.
No, la sua luce è classificata come “bianca” e tale appare dallo spazio; è quando il sole è basso nel cielo che la sua luce appare gialla, arancione, rossa o magenta per via degli effetti atmosferici.
2) L’elmo con le corna era tipico dei Vichinghi.
No. Di corna, sugli elmi di questo popolo, non se ne è mai trovata alcuna traccia. Questa idea è uno stereotipo nato in pieno Ottocento.
3) Dallo spazio gli astronauti vedono la Grande Muraglia cinese.
No. L’unica cosa che gli astronauti in orbita vedono della Terra è la massa indistinta delle luci artificiali delle grandi città nell’emsfero al buio.
4) Il dogma dell’Immacolata Concezione si riferisce alla verginità della Madonna.
No, si riferisce al privilegio di essere nata immune dal peccato originale.
5) I nostri sensi sono cinque.
Aristotele ne individuò cinque (vista, udito, tatto, olfatto e gusto), ma oggi gli studiosi ne contano molti di più. Solo per citarne alcuni, noi umani possiamo percepire la sete e la fame, l’equilibrio e il movimento del nostro corpo in termini di accelerazione e cambiamento di direzione (equilibriocezione), il dolore (nocicezione), la posizione del corpo e delle sue diverse parti nello spazio (propriocezione), il caldo e il freddo (termocezione).
6) Gli antibiotici curano l’influenza.
No, essa è un’infezione virale e gli antibiotici curano solo le infezioni causate da batteri.
7) Il Nilo è il fiume dell’Egitto.
Questo fiume nasce in Ruanda, scorre attraverso l’Etiopia, l’Uganda, la Repubblica Democratica del Congo, il Sudan e in fine l’Egitto. Il paese in cui compie il tragitto più lungo è il Sudan, dove i suoi due maggiori affluenti, il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro, s’incontrano nei pressi di Khartoum.
- Tre libri che potremmo avere bisogno di leggere
L’edizione originale s’intitola The Book of General Ignorance, ma in Italia è stato tradotto come Il libro dell’ignoranza (Einaudi, 2009): è un libro-gioco che svela le nostre false conoscenze e ci rivela una serie di ignorate verità.
Lo hanno scritto due giornalisti della BBC inglese, John Mitchinson e John Lloyd, che hanno firmato anche Il libro dell’ignoranza sugli animali (2010) e Il secondo libro dell’ignoranza (2012), veri e propri best seller in tutta Europa.