Felix Nadar mise davanti al suo obiettivo i personaggi più famosi del XIX secolo.
Ma era anche un noto vignettista e adorava volare in mongolfiera.
Il processo fotografico durava ore. Così, nell’attesa, Nadar conversava con i suoi modelli: questi si rilassavano e finivano col mostrare il loro vero volto nella foto.
Nadar è “un uomo da prendere o lasciare, e lo si prende”. Non aveva dubbi lo scrittore Jules Verne, padre della moderna fantascienza.
Anche se, aggiungeva, tra il serio e il divertito, l’amico Charles Monselet “vi gratterà la testa con un chiodo, vi strofinerà uno zolfanello sul cappotto, vi ficcherà un grissino nell’orecchio”.
Ma chi era in realtà questo matto? Scopriamolo insieme.
1. Ma chi era in realtà questo matto?
Nadar è “un uomo da prendere o lasciare, e lo si prende”.
Non aveva dubbi lo scrittore Jules Verne, padre della moderna fantascienza.
Anche se, aggiungeva, tra il serio e il divertito, l’amico Charles Monselet “vi gratterà la testa con un chiodo, vi strofinerà uno zolfanello sul cappotto, vi ficcherà un grissino nell’orecchio”. Ma chi era in realtà questo matto?
Nadar, all’anagrafe Gaspard-Félix Tournachon (nato a Parigi nel 1820), non fu solo il più famoso fotografo dell’Ottocento, ma anche un eccentrico pioniere, pronto a gettarsi a capofitto in imprese più grandi di lui.
Felix respirava l’atmosfera esaltante del “più grande dei secoli scientifici”, come scrisse nelle sue memorie, le cui grandi scoperte in medicina, nei trasporti e nelle comunicazioni sono alla base del nostro vivere moderno. Ma per lui la fotografia rimaneva “la più straordinaria delle invenzioni”.
Nella sua lunga vita (morì a novant’anni, nel 1910) Felix espresse il suo talento anche come giornalista, scrittore, caricaturista e soprattutto come aeronauta, la sua seconda grande passione dopo la fotografia, in cui si distinse per coraggio e intraprendenza.
Per questo Jules Verne si ispirò a Felix per l’aspetto e il carattere dell’audace eroe del suo libro "Dalla Terra alla Luna", Michel Ardan, il cui cognome era l’anagramma di Nadar.
Felix era inconfondibile. Alto, gambe lunghe, capelli rossi che si muovevano come una criniera leonina e una fronte ampia dietro cui si nascondevano mille progetti da realizzare.
Se ne andava in giro spavaldo, le mani in tasca e un mezzo sorriso sulle labbra, dando del tu a tutti, indistintamente. Del resto, a Parigi era conosciutissimo e la sua casa-studio era sempre aperta per gli amici, giorno e notte.
Certo, non aveva un carattere facile, era ribelle a qualsiasi imposizione, “libero come pochi, nel totale disprezzo delle ambizioni comuni”, e così “maleducato da chiamare le cose col loro nome e le persone pure”, scrisse di sé.
Ma anche, a detta di tutti, brillante, spiritoso, generoso, sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà. Come non mancò di fare anche nel 1880 con Monet e gli impressionisti, ospitando nel suo studio fotografico i loro quadri che nessun altro voleva e che non piacevano neanche a lui.
2. La Bohème e i primi articoli
Gli inizi furono duri. A 17 anni si trovò senza soldi per la morte improvvisa di suo padre e fu costretto a interrompere gli studi di medicina.
Per guadagnare qualcosa fece di tutto, senza andare troppo per il sottile: quando non c’era di meglio si dedicava anche a contrabbando e bracconaggio.
Nel 1838 cominciò a scrivere i primi articoli di critica teatrale e, frequentando l’ambiente degli artisti, si infiammò con l’ardore dei diciott’anni per Jeanne Duval, un’attrice dal fascino esotico che sarà poi, per lunghi anni, croce e delizia di Charles Baudelaire (tra l’altro, suo grande amico, nella foto in alto a sinistra).
Nadar si fece molti amici nella gioventù letteraria bohèmienne di Parigi, tra cui Gérard de Nerval, Théodore de Banville ed Henri Murger, l’autore di Scene della vita di Bohème a cui Puccini si ispirò per la sua opera.
Si riunivano in una mansarda scalcinata dove, quando andava bene, mangiavano aringhe e patate, quando andava male rimanevano a bocca asciutta.
Per aiutarsi reciprocamente fondarono l’associazione dei Buveurs d’eau (Bevitori d’acqua), chiamata così perché non potevano permettersi di meglio.
Fu a quell’epoca che gli amici gli affibbiarono il curioso soprannome, Nadar, che divenne il suo marchio di fabbrica. Nel 1842, a 22 anni, cominciò a vedere la fine del tunnel: ottenne delle collaborazioni come giornalista, disegnatore e caricaturista con alcune riviste di Parigi.
E si rivelò particolarmente brillante. Ma la svolta fu nel 1854, quando Nadar ebbe l’idea che gli procurò la fama: il Panthéon Nadar. Si trattava di riunire in una grande litografia le caricature dei 300 letterati francesi più in vista del momento, tra cui Hugo, Balzac, Lamartine, Musset, George Sand e tanti altri.
Un lavoro impegnativo che suscitò molta curiosità e gli aprì le porte di tutti i personaggi più in vista della città. A Parigi c’era una grande attesa, tutti ne parlavano e gli amici andavano nello studio di Nadar per sbirciare le caricature che si accumulavano.
Se prima del Panthéon era solo un disegnatore di discreto successo, dopo averlo realizzato Felix diventò un uomo celebre. Ma non ricco: vendette infatti solo 130 copie.
Fu comunque l’inizio di una nuova vita, coronata nel 1854 dal matrimonio con Ernestine Lefèbvre, che gli darà un figlio, Paul, anche lui un futuro fotografo.
Nadar aveva 34 anni, Ernestine 18, e l’amica George Sand la definì una santa, perché aiutò il marito a conservare l’equilibrio mentale quando lui rischiava di perderlo, nel successo come nelle sconfitte.
3. L'arte e la luce
Sempre alla ricerca di nuove esperienze, Felix, senza tralasciare le altre sue attività, decise di dedicarsi alla fotografia:
“una scoperta meravigliosa”, scrisse, “la cui pratica è alla portata dell’ultimo imbecille...
La teoria fotografica si impara in un’ora... quello che non si impara ve lo dico io: è il sentimento della luce, è la valutazione artistica degli effetti prodotti da diverse fonti di luce”.
Aprì uno studio fotografico in Rue Saint-Lazare e fu in questo locale che realizzò le sue fotografie o meglio, i ritratti fotografici più belli, spesso veri capolavori.
Ritrasse tutti i personaggi più celebri del suo tempo. Baudelaire, Sarah Bernhardt, George Sand, Doré, Gautier, Corot, Courbet, Delacroix (nella foto) e tanti altri.
Felix, conversando amichevolmente, li faceva sentire a loro agio e poco alla volta (il processo fotografico durava delle ore) le persone si rilassavano e abbassavano le difese, rivelando il loro vero volto. Le sue fotografie erano moderne, essenziali, con uno sfondo neutro, senza tendaggi e vasi di fiori come succedeva con gli altri fotografi.
La luce laterale che filtrava nell’ambiente contribuiva a creare un’atmosfera intensa, con morbidi passaggi di tono. Il periodo aureo di Nadar fu quello dal 1853 al 1860.
Poi si trasferì in Boulevard des Capucines. Ma nel nuovo, lussuoso studio gli effetti magici della luce si dileguarono. La clientela era aumentata e il ritmo della stampa divenne quasi industriale, a scapito della qualità.
Nadar, che odiava la routine, sentiva il bisogno di nuovi stimoli e delegò ad altri il lavoro. Nonostante tutto, quello fu il periodo più florido della sua vita.
Nella foto sotto, da sinistra a destra, i ritratti fotografici di Jules Verne, Sarah Bernhardt e Claude Monet.
4. Un pioniere
Felix collezionò un impressionante numero di record fotografici, tutti regolarmente registrati: “Ne ho presi di brevetti! E per farne poi cosa?”, si diceva da solo.
Fu il primo a scattare fotografie aeree da un pallone frenato (1858) e a utilizzare la luce artificiale per le foto in studio (1861).
Primo nelle riprese sotterranee per immortalare il fascino delle catacombe e le mefitiche nuove fogne parigine (1865). Suo fu il primo servizio fotografico pubblicato su una rivista (Le Journal illustré, intervista al fisico centenario Chevreul, 1886).
Sua la prima fotografia sottomarina (1896), scattata a 76 anni da una camera impermeabile, a Marsiglia. Infine fu anche il primo a organizzare un servizio postale aereo con la mongolfiera Neptune (1870).
Nadar, sempre curioso di tutto, dedicò molto tempo (e il suo patrimonio) anche all’aeronautica, trascurando a un certo punto la fotografia.
La prima ascensione, su invito dell’aeronauta Louis Godard, fu nel 1857. Ci prese gusto e nel 1863 fece costruire Le Géant (Il gigante), il pallone aerostatico più grande del mondo (6.000 m3), con cui volò due volte.
Un’avventura che suscitò un grandissimo interesse in tutto il mondo, ma in cui lui e sua moglie rischiarono di morire (vedi sotto, il titolo 5). Victor Hugo, in quell’occasione, gli scrisse una lettera piena di ammirazione per aver “tentato uno dei più audaci esperimenti mai fatti”.
Ma i voli seguenti non ebbero il successo sperato e Nadar, rovinato, tornò alla fotografia. Nel 1870 ci riprovò ancora, quando i tedeschi assediarono Parigi. Felix, generoso come sempre, non esitò un minuto a dare il suo aiuto al Paese.
In quattro mesi fece costruire 66 palloni militari, messi subito a disposizione del Governo, con la funzione di sorvegliare i movimenti del nemico, realizzare rilievi cartografici e assicurare le comunicazioni oltre le linee nemiche.
E anche questa volta si indebitò fino al collo. Ma Nadar, che si cacciava in queste imprese sempre per una buona causa, non aveva difficoltà a trovare finanziatori pronti ad aiutarlo.
Aveva ragione Jules Verne quando diceva che Felix era un “Icaro con le ali di scorta”, perché in qualche modo riusciva sempre a rimettersi in piedi.
Nadar fino all’ultimo continuò a scrivere, ad appassionarsi alle grandi cause e a seguire con entusiasmo l’evoluzione dell’aeronautica. Il 25 luglio 1909, l’aviatore Louis Blériot attraversò la Manica con un monoplano da Calais a Dover.
Felix gli telegrafò entusiasta: “Commossa riconoscenza per la gioia di cui il suo trionfo colma l’antidiluviano..., prima che i suoi ottantanove anni scendano sotto terra”. Dopo pochi mesi, il 20 marzo 1910, il grande Nadar chiuse gli occhi per sempre.
5. Le Géant, la super mongolfiera
Il grandioso pallone aerostatico di Nadar, Le Géant, dodici volte più grande di quelli dell’epoca, era pronto per la sua seconda ascensione dallo Champ de Mars di Parigi, alla presenza di Napoleone III. Era il 18 ottobre 1863.
La navicella a due piani conteneva un letto, un lavabo, una camera oscura e una pressa da stampa: non rimaneva molto spazio per i 9 coraggiosi aeronauti che erano saliti a bordo, tra cui la moglie di Felix, Ernestine Lefèbvre.
All’ordine di Nadar, Le Géant cominciò l’ascesa. Il tempo era splendido e in 18 ore sorvolarono Belgio, Olanda e Germania.
Poi il pallone cominciò a salire troppo rapidamente e Nadar fece dare un colpo di valvola per diminuire l’andatura. Che cosa poi sia successo non è chiaro. Sta di fatto che la discesa si trasformò in una caduta rovinosa.
A terra, un vento violento trascinò in orizzontale la navicella per 16 km, andando a sbattere contro un albero, attraversando un torrente e rimbalzando più volte sul suolo.
La terribile corsa si concluse nei dintorni di Hannover (nella foto in alto a sinistra, una vignetta dell’incidente).
Tutti se la cavarono, ma Nadar ebbe le gambe fratturate e la moglie uno schiacciamento del torace.