Il periodo più oscuro della storia della Germania e del mondo comincia nel 1933 e termina nel 1945 con il suicidio di Hitler, l’uomo che convinse i tedeschi ad avallare la rifondazione e militarizzazione del Paese, la teoria della superiorità della razza ariana, lo sterminio degli ebrei e la guerra.
Il 27 gennaio 1945 furono abbattuti i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz rivelando l’orrore del genocidio nazista. Dal 2005 si commemorano le vittime dello sterminio e tutti coloro che hanno protetto i perseguitati anche a rischio della propria vita.
Ogni anno, il 27 gennaio, in tutta Italia (e nel resto del mondo) si celebra la Giornata della memoria.
La liberazione del Lager simbolo dell’universo concentrazionario nazista è diventata l’occasione per “non dimenticare” lo sterminio di quasi sei milioni di ebrei, oltre ai migliaia di zingari, omosessuali, oppositori politici, che Hitler aveva condannato come «Uentermenschen», sottouomini.
Un’operazione non facile, tutt’altro. Ma doverosa. E’ un pezzo agghiacciante della nostra storia che non può essere dimenticata.
Scopriamo le verità e i miti di quegli anni orribili e i loro protagonisti.
1. La “giusta” soluzione
Alle 21.30 del 27 febbraio 1933 Berlino venne illuminata dalle altissime fiamme che stavano avvolgendo l’edificio del Reichstag, il Parlamento tedesco.
Adolf Hitler, Cancelliere della Germania, si precipitò sul posto con i suoi più stretti collaboratori, che accusarono Marinus van de Lubbe, un poveraccio con problemi mentali, iscritto al partito comunista olandese.
Nel giro di pochi giorni, sfruttando l’emozione suscitata dall’incendio, Hitler fece votare dei provvedimenti che misero fine alla democrazia in Germania.
Nel 1934 si autonominò Führer, facendo rinascere il Reich tedesco. Oggi gli storici sono convinti che l’incendio sia stato provocato dagli stessi nazisti.
Fino ad allora la scalata al potere di Hitler aveva una parvenza di legalità: il partito nazista aveva vinto con il 44 per cento dei voti le elezioni del luglio 1932.
Ma dopo l’incendio Hitler dichiarò illegali tutti i partiti e realizzò il progetto prefigurato nel suo saggio del 1925 Mein Kampf (La mia battaglia): rifondare la Germania e trasformarla in una potenza militare basata sull’unità del popolo ariano.
La comunità doveva accettare la militarizzazione e avere fede assoluta nel Führer. Gli ebrei erano presentati come una “razza” inferiore, causa di tutti i mali della Germania, e solo cacciandoli si poteva sperare di rinascere.
Col tempo, Hitler passò dall’idea di una semplice deportazione al piano di una totale eliminazione fisica.
Hitler si presentò come la soluzione giusta per uscire dalla crisi economica del 1929: nel 1932 i disoccupati tedeschi avevano raggiunto i 6 milioni e i partiti tradizionali non offrivano una risposta credibile.
Hitler denunciò i trattati di pace del 1919 (accontentando chi si sentiva umiliato dalla sconfitta), riarmò i corpi militari, rivitalizzò l’industria e firmò trattati economici con i deboli Paesi dell’Europa orientale creando un Lebensraum (spazio vitale) economico a est.
I tedeschi vedevano i loro redditi assieme ai vantaggi sociali (le pensioni, per esempio, o le colonie estive per i bambini). In politica estera fu recuperata la Renania (1936) e annessa l’Austria (il cosiddetto Anschluss) e i Sudeti (un territorio della attuale Cekia). Il popolo tedesco andò in delirio.
2. Errori tattici in guerra
Francia e Inghilterra volevano evitare la guerra, ma quando, nel 1939, Hitler pretese di annettersi anche il “corridoio di Danzica” (una striscia di territorio assegnato alla Polonia per consentirle l’accesso al mare, tra la Germania e la Prussia orientale, anch’essa tedesca), si irrigidirono.
Convinto che si trattasse solo di un bluff, Hitler invase la Polonia il 2 settembre 1939 e, con sua enorme sorpresa, Francia e Inghilterra gli dichiararono guerra.
Per qualche tempo la superiorità della Wermacht sembrò inarrestabile: Polonia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Belgio, Francia furono occupate in poche settimane. Dall’Italia, Mussolini ne rimase abbagliato e dichiarò anch’egli guerra a Francia e Inghilterra nella certezza che sarebbe subito finita.
Invece l’Inghilterra di Churchill salvò le sue truppe a Dunkerque, spingendo Hitler a commettere un grave errore strategico: il 21 giugno 1941 attaccò l’URSS, convinto che la resistenza inglese (come ai tempi di Napoleone) si basasse sulla speranza di un aiuto da oriente (Churchill puntava invece al soccorso degli Stati Uniti).
Il secondo e decisivo errore di Hitler fu di dichiarare guerra anche agli USA dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour il 7 dicembre 1941, nella speranza che i giapponesi avrebbero restituito la “cortesia” dichiarando guerra all’URSS.
Tokyo si guardò bene dal compiere una simile follia e la Germania si ritrovò in guerra praticamente contro tutto il mondo: era solo una questione di tempo perché venisse sconfitta.
Gli Alleati volevano arrivare alla distruzione totale del nazismo, ma Hitler non si arrendeva: si aggrappò alle mitiche “armi segrete” (i missili V2, la bomba atomica, gli aerei a reazione, i sottomarini Elektro-Boot velocissimi in immersione) e, totalmente sganciato dalla realtà, continuò a ordinare contrattacchi anche quando le truppe sovietiche arrivarono alle porte di Berlino. Qui si uccise il 30 aprile 1945 nel suo bunker.
3. Hitler: un soldato inglese gli risparmiò la vita
Nato nel 1889 a Braunau am Inn, un piccolo borgo austriaco al confine con la Germania, Adolf Hitler combatté nella Prima guerra mondiale come caporale, svolgendo le funzioni di staffetta portaordini.
Venne ferito due volte: la seconda durante la battaglia di Cambrai il 28 settembre 1918, quando il soldato inglese Henry Tandey gli risparmiò la vita pensando che non sarebbe più stato una minaccia.
«Dio sa quanto mi dispiace averlo risparmiato», avrebbe dichiarato in seguito Tandey.
Dopo la guerra, manifestando idee sempre più antisemite, Hitler si unì a un piccolissimo partito nazionalista (il Partito Tedesco dei Lavoratori) diventandone il leader nel 1920 e cambiandone il nome in Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, più noto come Partito nazista.
Nel 1923 tentò di imitare la marcia su Roma di Mussolini con un putsch (colpo di stato) a Monaco di Baviera, che però fallì: Hitler fu incarcerato e, ispirandosi al libro antisemita del magnate automobilistico Henry Ford, scrisse Mein Kampf (La mia battaglia) in cui anticipava tutti i punti chiave della sua politica.
Tuttavia il Partito nazista rimase del tutto marginale nella vita politica tedesca fino alla crisi del 1929 e anche nelle elezioni del 1930 ebbe solo il 18 per cento dei consensi.
Fu dopo le elezioni del novembre 1932 che Hitler riuscì a essere nominato Cancelliere: l’incendio del Reichstag del febbraio 1933 fu l’occasione che gli permise di impadronirsi del potere assoluto.
4. Goebbels e Göring
- Goebbels il dottore
Nato nel 1897 a Rheydt, in Renania, Joseph Goebbels fu Ministro della Propaganda (1933-1945).
Era uno dei pochi gerarchi con una formazione culturale (aveva una laurea in letteratura e Hitler lo chiamava Herr Docktor, signor dottore), che usò per sfruttare i media dell’epoca (cinema, radio, stampa) e convincere il popolo tedesco a seguire il nazismo.
Applicò a ogni campo la rigida “morale” nazista, esiliando centinaia di artisti e facendo bruciare in piazza milioni di libri, specialmente di autori ebrei.
Il suo ruolo fu essenziale nella seconda parte del conflitto, quando dovette convincere i tedeschi a resistere nonostante le sorti della guerra volgessero al peggio: tra le sue strategie comunicative, c’era quella di fornire notizie parziali sugli avvenimenti, alludendo continuamente al futuro del Reich e alle miracolose armi segrete di Hitler.
Questi al momento del suicidio lo nominò Cancelliere, ma Goebbels si tolse la vita il primo maggio 1945 dopo aver sparato alla moglie, che a sua volta aveva ucciso i loro sei figli con capsule di cianuro.
- Göring creò i campi
Nato nel 1893 a Rosheim, Hermann Göring si arruolò in aviazione diventando un asso della Prima guerra mondiale, al termine della quale sposò una nobildonna svedese.
Diventò subito uno stretto collaboratore di Hitler, giocando un ruolo importante grazie alle conoscenze altolocate.
Nel putsch di Monaco fu ferito all’inguine, diventando morfinomane per le grandi quantità di morfina che dovettero essergli somministrate.
Quando Hitler prese il potere, Göring divenne Maresciallo del Reich: ricostruì l’aviazione (Luftwaffe), creò la polizia segreta, inventò i campi di concentramento.
Amava il lusso e razziava opere d’arte nei Paesi occupati per la sua collezione.
Sembra sia stato lui a voler distruggere con la sola aviazione le forze alleate a Dunkerque, fallendo. Anche per questo nel 1941 il suo prestigio svanì.
Nel maggio 1945 si consegnò agli americani dopo aver tentato un colpo di stato contro il Führer.
Fu processato a Norimberga e condannato a morte: poche ore prima dell’esecuzione ingerì una pastiglia di cianuro. Il corpo fu cremato e le ceneri disperse in un fiume vicino.
5. Himmler e Borman
- Himmler fondò le SS
Nato nel 1900 a Monaco di Baviera in una famiglia benestante, Heinrich Himmler non partecipò al Primo conflitto mondiale per ragioni di età.
Fu tra i primi a iscriversi al Partito Nazista (tessera n. 156) ma la sua carriera politica decollò solo dopo il 1925.
Nel 1929 divenne il capo delle nascenti SchutzStaffel (Squadre di protezione), guardie del corpo di Hitler: le famigerate SS, inizialmente parte delle SA (Sturmabtailungen, Squadre d’assalto), la milizia armata del partito nazista che arrivò a contare 3 milioni di membri, contro le poche centinaia di SS.
Presto però il capo delle SA, Ernst Röhm, fu accusato di tradimento e ucciso con tutti i capi delle SA il 30 giugno 1934, la “notte dei lunghi coltelli”, dalle SS di Himmler che divenne, nel 1941, uno dei possibili successori di Hitler come Göring.
Nominato ministro degli Interni nel 1943, organizzò la morte di 6 milioni di ebrei. Era un fanatico dell’occulto e si riteneva l’incarnazione di Enrico I l’Uccellatore, primo re tedesco (876-936).
Nel maggio 1945 fu catturato dagli inglesi mentre fuggiva in incognito e si uccise con una pastiglia di cianuro.
- Borman il segretario
Nato a Wegebleben nel 1900, Martin Borman partecipò all’ultima fase della Grande Guerra.
Si avvicinò al partito nazista nel 1927, entrando nel reparto amministrativo delle SS e scalando rapidamente la gerarchia. Sostenne la repressione di ogni fede religiosa.
Nel 1943 divenne il segretario personale di Hitler, acquistando poteri sempre più ampi man mano che lui si chiudeva in se stesso e gli demandava la firma di atti importanti, come quello del 1° luglio 1943 che assegnava a Eichmann il controllo assoluto sugli ebrei.
La sua morte è misteriosa. Forse perì in battaglia per lo scoppio di una granata il 1° maggio 1945 oppure si suicidò col cianuro.
C’è chi invece sostiene di averlo avvistato in Sudamerica nel 1979; secondo altri, morì di tumore nel 1959 in Paraguay.