Nel 1854 fu l’ammiraglio Robert Fitzroy ad allestire a Londra il primo ufficio meteorologico del mondo.
Fu anche il primo a pubblicare le previsioni del tempo sul giornale.
Il limite attuale per previsioni affidabili è di 4 giorni, ma la scienza italiana promette di fare meglio a breve: arriva a Bologna un supercalcolatore che consente di elaborare un maggior numero di dati utili in tempi più veloci, mentre il satellite Aeolus misura i venti e osserva la Terra come mai prima.
Così la tecnologia ci proteggerà dalle catastrofi naturali. Scopriamo insieme tutto sul meteo: passato e futuro nelle previsioni meteorologiche.
1. Il meteo... nella storia
Se dobbiamo a Robert Fitzroy (foto accanto), ex ammiraglio britannico famoso per aver comandato tra il 1831 e il 1835 la HMS Beagle nel secondo viaggio di Charles Darwin nei mari del Sud, l’allestimento del primo ufficio meteorologico del mondo, l’osservazione del tempo radica nella notte dei tempi.
Imponenti e mutevoli quali sono, i fenomeni meteorologici dovevano colpire profondamente la fantasia dell’uomo primitivo, inducendolo a ritenerli manifestazioni divine.
Ma è solo con l’avvento dell’agricoltura che i primi gruppi sedentari cominciano a rivolgere sistematicamente lo sguardo al cielo per formulare utili correlazioni tra le posizioni dei corpi celesti come il Sole e la Luna e le condizioni atmosferiche dei giorni successivi.
Già in alcuni testi egizi e babilonesi di 4.000 anni fa compaiono quelle che, probabilmente, sono le prime previsioni meteorologiche della storia.
Vi si legge per esempio che “se un alone scuro circonda la luna, il mese porterà pioggia o sarà foriero di molte nubi”: un tentativo empirico di prevedere le evoluzioni del tempo basato sull’esperienza collettiva di generazioni di cacciatori, pescatori, mandriani.
Nei secoli successivi sono i navigatori fenici a raccogliere informazioni sugli aspetti del tempo a grande scala, scoprendo per esempio l’esistenza dei venti periodici come i monsoni.
L’interesse per il tempo atmosferico cresce soprattutto nell’antichità classica. In Grecia ci sono divinità per ogni manifestazione meteorologica: Zeus si “occupava” di fulmini e pioggia, Eolo del vento, Poseidone delle tempeste, Demetra dell’avvicendarsi delle stagioni.
Ma si devono al filosofo Aristotele (383 – 322 a.C.) i primi studi sui movimenti dell’aria, delle nebbie, delle temperature: di tutti quegli eventi, cioè, che prima di lui erano stati interpretati come espressione della volontà degli dei.
La stessa parola meteorologia, la cui radice metéoros significa “che è in alto, elevato”, viene da lui usata per la prima volta come titolo di un trattato riguardante i fenomeni naturali.
Anche se, secondo l’etimologia, il suo compito avrebbe dovuto consistere nello studiare quanto accade nel cielo, in pratica l’opera tratta di un più ampio insieme di fenomeni naturali: dall’origine delle comete alla natura dei fulmini, dei venti, dei terremoti, dei vulcani e delle maree, fino alla formazione dei fiumi, delle montagne, delle rocce, dei minerali e dei metalli.
Passano centinaia di anni prima che le previsioni meteorologiche si basino su conoscenze tecnico-scientifiche. I primi progressi in questo campo si verificano tra il Cinquecento e il Seicento quando, grazie a tre italiani, diventano disponibili strumenti più accurati.
Si deve infatti a Leonardo la progettazione, intorno al 1500, di un igrometro per misurare l’umidità dell’aria, a Galileo la fabbricazione nel 1607 di un termometro, e a Evangelista Torricelli l’invenzione del barometro nel 1643.
Ma è l’Ottocento il secolo al quale è attribuita la nascita ufficiale della meteorologia grazie a un’invenzione del 1843, destinata a cambiare il modo di vedere il mondo: il telegrafo elettrico Morse.
Quel congegno che si diffonde in tutti i continenti ed è in grado di creare in tempo reale una fitta rete di connessioni è così descritto su un quotidiano inglese del 1848: «Arriva il telegrafo a dire in un istante il carattere del tempo simultaneamente in tutti gli angoli della nostra isola... l’elettricità diventa l’ancella del mercurio».
È il 1854 quando il governo inglese, sperando di trovare un modo per limitare i naufragi causati dalle tempeste, si rivolge a lui perché crei un servizio che fornisca informazioni utili a prevederne l’arrivo, evitando perdite di vite e di merci.
Nasce così il primo ufficio meteorologico del mondo. Conta in tutto solo tre dipendenti e in un primo tempo si limita ad archiviare le carte nautiche e ad annotare su un registro le osservazioni dei venti e delle piogge. Ma una terribile tempesta nel Mare d’Irlanda fra il 25 e il 26 ottobre 1859 fa naufragare 200 navi.
Stimolato dal disastro, Fitzroy compie uno storico salto: grazie al telegrafo e ai suoi barometri distribuiti in vari porti, collega le stazioni a terra in modo che trasmettano a ore fisse la situazione meteo, la temperatura e la pressione atmosferica delle rispettive zone.
Su questa base, Fitzroy stila dei bollettini del tempo per il giorno dopo, coniando il rivoluzionario termine di weather forecast (previsione del tempo): le prime previsioni meteorologiche giornaliere.
Saranno pubblicate sul quotidiano londinese The Times dal 1861. Spesso le indicazioni di Fitzroy fanno sì che sui moli, in caso di tempesta prevista, siano innalzati segnali di divieto di uscita in mare. Gli armatori però detestano essere costretti a tenere le navi ferme inutilmente, ritenendo gli avvisi poco affidabili.
La loro ostilità e la gran mole di lavoro minano in breve la salute fisica e mentale di Fitzroy che una domenica del 1865 si chiude in bagno e si taglia la gola con un rasoio. Un anno dopo la morte di Fitzroy il suo ufficio viene chiuso.
Lui però contava già molti seguaci, fra cui figurava il connazionale James Glaisher. Sarà lui nel 1862 ad avventurarsi in cielo fino a 9.000 metri di altitudine a bordo di una mongolfiera per misurare temperatura, pressione e umidità e rilevarne le diminuzioni all’aumento della quota.
Si apre così l’era delle esplorazioni nella libera atmosfera eseguite non solo tramite il lancio di palloni muniti di equipaggio, ma anche con altri sistemi.
Negli anni successivi vengono proposte varie soluzioni per migliorare e semplificare le osservazioni sul vento in alta quota: dall’adozione di cervi volanti all’impiego di palloni pilota, di palloni frenanti e di palloni sonda muniti di strumenti multipli e registratori.
Sono i precursori dei futuri satelliti meteorologici, il primo dei quali, lo statunitense Tiros-1, è stato lanciato il 1° aprile 1960.
Il primo passo verso una teoria matematica della previsione del tempo era intanto stato compiuto: nel 1904 il fisico norvegese Vilhelm Bjerknes aveva trovato le equazioni che legano pressione, temperatura, umidità e velocità del vento.
Data l’enorme complessità dei fattori in gioco, il problema era risolverle. Soltanto l’avvento del computer ha reso possibile simularle in maniera approssimativa ed effettuare le moderne previsioni a breve termine.
2. Le previsioni meteo
Un recente sondaggio condotto dalla società di ricerche di mercato Ipsos su un campione rappresentativo di italiani ha evidenziato che ben il 63 per cento consulta i bollettini meteorologici almeno una volta al giorno e di questi il 26 lo fa più volte utilizzando i cellulari.
Classificate fra le trasmissioni televisive di maggior successo, le previsioni del tempo non servono solo a programmare meglio le giornate, ma possono salvare vite umane e fornire informazioni preziose per gestire trasporti, turismo, agricoltura.
Ma con quale attendibilità? E, soprattutto, quanto in là sono in grado di spingersi nel futuro? Per Jeffrey B. Halverson, esperto di sistemi ambientali all’Università del Maryland, la capacità di previsione migliora di circa un giorno ogni dieci anni.
In altre parole, se dieci anni fa una previsione elaborata con discreta accuratezza arrivava a tre giorni, oggi si spinge fino a quattro. Una previsione consiste sempre in un’ipotesi, o stima, di quello che avverrà.
Prevedere che tempo farà significa infatti valutare il comportamento dell’atmosfera del nostro pianeta: un sistema in movimento rispondente a leggi precise che non siamo in grado di calcolare.
Ci sono miliardi e miliardi di particelle d’aria: se di ognuna conoscessimo la traiettoria potremmo fare previsioni a 3 anni con la precisione di 1 minuto e di 1 metro. Ma ciò non è possibile e dobbiamo limitarci a un arco di tempo molto più ristretto.
Curiosità: i nomi delle nuvole derivano dal latino... Si deve al chimico britannico Luke Howard nel 1802 l’invenzione dei nomi di origine latina con cui ancora oggi chiamiamo le nuvole: cirri (nuvole bianche e allungate), cumuli (nuvole a grumi o a grappoli, bianche o grigie a seconda che siano illuminate o in ombra), nembi (quelle grigie da cui piove) e strati (grandi e piatte).
Questa classificazione ha subìto diverse modifiche e ora si distinguono 10 diversi generi di nubi: i cirri, i cirrocumuli, i cirrostrati, gli altocumuli, gli altostrati, gli stratocumuli, gli strati, i nembostrati, i cumuli e i cumulonembi.
I 10 generi sono a loro volta suddivisi in “specie”, che descrivono forma e struttura interna, e “varietà”, che descrivono trasparenza e disposizione.
Il catalogo più aggiornato delle varie formazioni nuvolose, pubblicato nel 2017 dall’Organizzazione meteorologica mondiale, è l’Atlante Internazionale delle Nubi: una raccolta che annovera anche nubi mai classificate prima come quelle dovute alle attività umane.
3. L’aiuto dei modelli
Su quali elementi si basa il meteorologo per dirci se ci sarà il sole o pioverà?
Oggi si parte quasi esclusivamente dall’analisi di quanto producono vari modelli matematici, che cercano di rappresentare a livello globale lo stato dell’atmosfera attraverso milioni di equazioni.
Particolarmente validi sono il Global Forecast System (GFS) e il Navy Operational Global Atmospheric Prediction System (NOGAPS) della Marina Militare americana e l’European Center Medium Weather Forecast (ECMWF).
Quest’ultimo è elaborato dal Centro europeo di Reading, in Inghilterra, un’organizzazione intergovernativa sostenuta da 20 Stati membri europei e 14 Stati cooperativi.
Nella sua sede si trova uno dei maggiori supercomputer del continente che ha il compito di elaborare le migliaia di dati provenienti dalle stazioni meteo di terra, acqua, aria e dai satelliti meteorologici. Da queste elaborazioni scaturiscono delle “mappe” relative a venti, piogge, pressione atmosferica.
Mappe che vengono diffuse ogni sei ore da linee di telecomunicazione ad alta velocità ai sistemi informatici dei servizi meteorologici nazionali degli stati sostenitori: alla mezzanotte, alle 6 del mattino, a mezzogiorno e alle 6 del pomeriggio.
I colori raffigurati sulle mappe indicano la quantità di aria calda o fredda presente nell’alta atmosfera con i relativi valori di pressione: dal rosso scuro, che indica temperature altissime, attraverso l’arancione, il giallo, il verde scuro, si scende fino al fucsia e al viola, che indicano masse d’aria polare freddissima.
Dalla lettura di queste mappe si può dedurre, a grandi linee, che tempo farà nel breve e medio termine. Questo calcolo è piuttosto preciso nelle 24 ore, ma via via che ci si allontana l’attendibilità della previsione diminuisce molto velocemente.
A due giorni, infatti, le previsioni sono ancora abbastanza buone, a tre giorni sono decenti, mentre a cinque si ha appena una vaga idea di quello che potrà succedere.
Curiosità: la scala dei venti... Per permettere la diffusione di informazioni affidabili e comprensibili sulle condizioni di navigazione, nel 1805 l’ammiraglio inglese Francis Beaufort mise a punto una “scala” che misura la velocità del vento.
La scala è suddivisa in gradi da 0 a 12: naturalmente, più alto è il grado della scala più il vento è potente.
La classificazione di Beaufort è stata adottata dall’ammiragliato britannico nel 1838 e in seguito da tutti gli altri Paesi.
4. Il meteo di domani
Uno degli obiettivi della meteorologia odierna, dunque, è quello di migliorare la raccolta dei dati.
Una mano la darà Aeolus, il satellite europeo lanciato il 22 agosto scorso.
Come indica il suo nome, misurerà i venti intorno al nostro pianeta come nessun’altra missione spaziale ha mai fatto prima.
Grazie allo strumento di fabbricazione italiana Aladin, infatti, la sonda emette un raggio laser che viene riflesso dalle particelle di polveri e gocce d’acqua presenti nella parte alta dell’atmosfera terrestre: un’operazione che consente di determinare la velocità dei venti che le trasportano per effettuare previsioni del tempo molto più accurate e puntuali di quelle eseguite finora.
Infatti, a differenza degli altri satelliti per l’osservazione della Terra, attivi a una quota di circa 800 chilometri, Aeolus le orbiterà intorno molto più da vicino, a 320 chilometri, con 16 passaggi al giorno al ritmo di uno ogni 90 minuti. Il satellite sarà pienamente operativo fra marzo e aprile.
«Ma già un primo pacchetto dei dati raccolti», ha dichiarato la ricercatrice della missione Anne Grete Straume, «si è rivelato promettente. Il satellite ha evidenziato la presenza al Polo Sud di un vortice stratosferico che ha un ruolo importante nell’assottigliamento dello strato di ozono antartico».
Da Aeolus ci si aspetta anche che renda più precise le previsioni per l’Italia, la cui struttura fisica presenta non pochi problemi per il meteorologo.
È il caso della catena alpina, un ostacolo alle perturbazioni di difficile valutazione dato che i modelli attuali non tengono conto delle varie altezze delle sue montagne ma le simulano con un’orografia costante di 700 metri.
Ed è il caso anche delle perturbazioni atlantiche che, trovando prima la terra poi il Mediterraneo di circa 4 °C più caldo dell’oceano, possono talvolta rendere imprevedibile il loro evolversi sulla nostra penisola.
Arriva a Bologna un supercalcolatore! Una città italiana sta per diventare la nuova “capitale del meteo”.
Entro il 2020, infatti, il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine lascerà Reading (Regno Unito) per trasferirsi a Bologna, nella sede del futuro Tecnopolo (foto sotto).
Nei capannoni disegnati quasi settant’anni fa dall’architetto Pier Luigi Nervi per l’allora Manifattura Tabacchi sarà ospitato uno dei più grandi supercomputer del mondo.
«La sua potenza di calcolo ci consentirà di lavorare meglio, più presto e più velocemente. Sarà così possibile affinare le previsioni di eventi particolarmente critici come tempeste di vento, inondazioni e ondate di calore e permettere ai servizi di emergenza nazionali di proteggere meglio vite umane e proprietà in un clima sempre più mutevole», dice la direttrice generale del centro, Florence Rabier.
5. Cinque parole chiave della meteorologia
- Pressione atmosferica
È la pressione esercitata da una colonna d’aria su una superficie di 1 metro quadrato.
Si misura in hectopascal (hPa) e il suo valore medio a livello del mare è di 1013,25 hPa.
I suoi valori sono indicati in meteorologia attraverso le isobare: linee immaginarie che congiungono su una mappa tutti i punti di uguale pressione atmosferica, utili per identificare le zone di bassa pressione (cicloni) e quelle di alta pressione (anticicloni) e prevedere quindi le condizioni del tempo.
- Fronte
È la superficie di contatto tra due masse d’aria aventi caratteristiche di temperatura, pressione e umidità differenti.
Si ha un fronte caldo quando una massa d’aria più calda e quindi anche più umida si avvicina a una più fredda e meno umida.
In questo caso l’aria calda, più leggera, sale sopra quella fredda raffreddandosi e causando piogge leggere o nevicate al passaggio del fronte.
Si ha un fronte freddo quando una massa d’aria fredda, quindi meno umida ma più densa, si avvicina a una massa più calda e pertanto più leggera e più umida.
In questo caso l’aria fredda si incunea sotto quella calda, facendola salire e generando fenomeni anche violenti, come temporali, vento forte e bufere anche di neve.
Quando nessuna delle due masse d’aria a contatto riesce a sostituire l’altra, si ha un fronte stazionario, una situazione di stallo con eventuali fenomeni che possono durare anche molti giorni.
Si ha infine un fronte occluso quando un fronte freddo, quindi più veloce, raggiunge un fronte caldo. I fenomeni del fronte occluso sono molto violenti e persistenti.
- Anticiclone delle Azzorre
È uno dei nuclei di alta pressione permanenti nella fascia subtropicale. Condiziona il tempo in Europa soprattutto con i suoi spostamenti verso il nostro continente.
- Inversione termica
Più frequente in inverno, è un fenomeno per cui l’aria, invece che diventare più fredda, si fa più calda salendo di quota.
È dovuta al fatto che spesso durante il giorno i raggi solari non riescono a riscaldare il suolo, sia per la loro ridotta inclinazione sia per la breve durata del giorno.
Così l’aria a contatto con il terreno si raffredda rapidamente, raggiungendo temperature inferiori rispetto agli strati sovrastanti. Il fenomeno può essere accompagnato dalla formazione di nebbia fitta e persistente.
- Temperatura percepita
È un’espressione impropria utilizzata per descrivere la sensazione di disagio sperimentabile in certe condizioni.
In realtà la temperatura è una sola, quella segnata dal termometro, e ogni persona la percepisce in funzione di diversi fattori: dal grado di umidità al vento, all’attività fisica svolta e anche al tipo di abbigliamento.