Normalmente è considerato fastidioso, certamente rumoroso, in alcuni casi persino contrario alle norme del buon vivere civile.
E, di conseguenza, si cerca di fare il possibile perché non venga emesso, distraendo il nostro amico, proponendogli di fare altro o spostandolo dal contesto che lo sta inducendo ad agire così.
È l’abbaio, quella vocalizzazione che, a parte qualche rara eccezione, riguarda l’universo delle razze canine, una sorta di “marchio di fabbrica” che non si ritrova in molte altre specie.
Abbaiare, per il cane, è un comportamento innato che, però, risponde a esigenze diverse.
E all’interno delle razze, e dei ceppi, vi sono soggetti più inclini all’impiego di questa modalità vocale, a differenza di altri che sembrano votati al silenzio o quasi.
Ebbene, pur dovendo considerare le caratteristiche di ciascun individuo, possiamo affermare che anche l’impiego della voce fa parte delle attività del cane, in quanto tali messe in atto dal nostro amico per raggiungere un adeguato grado di appagamento.
In altre parole l’abbaio, in certe circostanze, può divenire persino necessario, addirittura utile e liberatorio!
Scopriamo insieme il perché… e impariamo a riconoscere i diversi tipi di abbaio e il loro significato, insegnando al nostro amico a emettere vocalizzi a comando.
1. Un effetto della selezione, si comporta come il cucciolo di lupo
Facendo un paragone con il progenitore selvatico del nostro amico, il lupo, notiamo che il repertorio comunicativo di quest’ultimo prevede un impiego assai ridotto delle vocalizzazioni.
Infatti, a eccezione dell’ululato utilizzato in differenti momenti della vita di branco, i segnali vocali sono spesso sostituiti da quelli posturali e facciali, aggiungendovi quando necessario espressioni di ringhio, uggiolio o gemito.
In particolare, l’abbaio si ritrova nel lupo solamente nelle situazioni di improvvisa allerta, a differenza del cane domestico ormai abituato a produrre abbai in molteplici e differenti condizioni.
Una tale differenza comunicativa è dovuta proprio alla “selezione artificiale”, cioè a quel processo di mantenimento ed esclusione di caratteri genetici trasmessi da una generazione all’altra per volontà dell’uomo.
Quest’ultimo, infatti, sulla base delle funzioni cui destinare le diverse razze, avrebbe mantenuto e incrementato certi modelli comportamentali a scapito di altri, ritenendo l’abbaio fondamentale per lo svolgimento di compiti quali la guardia, la conduzione e alcune tecniche di caccia.
Così facendo, generazione dopo generazione, la predisposizione all’uso della voce sarebbe stata conservata ed evidenziata: in questo modo, il cane sarebbe divenuto sempre più una specie differente rispetto al suo progenitore selvatico.
Possiamo, inoltre, affermare che l’impiego della voce sia un effetto della cosiddetta neotenia, secondo cui il cane mantiene, in età adulta, le caratteristiche del lupo nei suoi primi mesi di vita.
Infatti, nell’ambito dell’impiego della voce, si può osservare come i cuccioli di lupo facciano largo uso delle vocalizzazioni che, al contrario, si riducono progressivamente nel corso della giovinezza e della maturità.
L’abbaio è utile in molte situazioni, dalla guardia alla caccia. Ecco perché è stato “mantenuto” nella selezione operata dall’uomo.
2. C’è abbaio e abbaio, per salutare, chiedere, avvertire...
L’abbaio, che rientra nei segnali vocali, può presentare differenti tipologie in base alla funzione per cui è emesso.
Infatti, il nostro amico può decidere di esprimersi con la voce per controllare e difendere il proprio territorio, per richiedere ed esigere qualcosa, per evidenziare il suo stato di solitudine, per aggredire “a distanza”, per salutare un membro del branco o, ancora, per redarguire un conspecifico.
Vi saranno, dunque, differenze di tonalità, durata, numero di singoli vocalizzi e di intervalli tra un vocalizzo e l’altro.
A titolo di esempio, l’abbaio di guardia presenta tonalità medio-basse, con sequenze di tre-quattro ripetizioni, cui seguono silenzi di breve durata.
Nel caso della richiesta, invece, la tonalità è più alta, la sequenza può anche essere unica e composta da un numero di vocalizzi molto elevato, senza nemmeno una pausa di attesa.
Ancora, nel caso della solitudine, l’abbaio può essere assimilato a una specie di latrato e, accanto a una tonalità alta, può durare anche diversi minuti.
Di tonalità bassa è l’abbaio che prelude a una possibile aggressione e il numero delle ripetizioni è direttamente proporzionale alla distanza dello stimolo che sta minacciando il nostro amico.
Al contrario, l’abbaio di saluto non si prolunga eccessivamente, lasciando spazio poi a contatti fisici e a posture di benvenuto.
Infine, il rimbrotto della madre verso i cuccioli, o di un adulto verso un soggetto di pari età, non supera le due-tre ripetizioni, essendo in genere sufficiente per ottenere un cambio di comportamento.
Non dobbiamo scordare i cosiddetti abbai di caccia, manifestati di regola da più cani insieme e votati all’inseguimento di una preda percepita con l’olfatto. Dunque, ecco tanti modi per considerarsi cani!
3. Un “programma motore”: è istintivo e varia in base alla razza
L'abbaio non si impara, si emette.
Ciò significa che il nostro amico non ha bisogno di un processo di apprendimento per riuscire ad abbaiare, essendo questa capacità già iscritta nei suoi geni.
Per questa ragione, possiamo annoverare l’abbaio tra i “programmi motore”, quelle azioni istintive appartenenti a una certa specie.
Le modalità di espressione dell’abbaio possono poi variare nel corso dello sviluppo: in genere, in età infantile i vocalizzi si limitano alle richieste mentre l’abbaio di allerta e di “guardia” emerge solo in seguito all’avvenuta maturità sessuale.
Ciò è dovuto a particolari cambiamenti biochimici e ormonali che intervengono nel corso dello sviluppo psicofisico di ogni soggetto.
Possiamo così immaginare che all’interno di ogni cane ci siano alcune “finestre” chiuse che, solo passato un certo tempo e dinanzi a determinati stimoli, decidono di aprirsi.
Trattandosi di un’espressione istintiva, l’abbaio si colloca al terzo livello della cosiddetta piramide dei bisogni del cane, cioè sul gradino dei bisogni biologici e istintivi.
Parlando di bisogni, questi devono essere soddisfatti alla stessa stregua di altre necessità, come correre, predare, mangiare, bere, dormire, interagire con altri simili e così via.
È importante, tuttavia, comprendere i momenti e i modi con cui il nostro amico può esprimersi con la voce, raggiungendo un pieno appagamento.
Allo stesso tempo, dobbiamo comprendere la cosiddetta filogenesi di chi ci troviamo di fronte, cioè capire e approfondire le funzioni per cui quell’individuo e quella razza sono stati selezionati.
Ne deriva che un cane da pastore difensore delle greggi avrà bisogno di esprimere possibili abbai durante la guardia del territorio; al contrario, un cane abituato a condurre gli armenti potrebbe abbaiare proprio durante lo spostamento del “branco” umano.
Ancora, un segugio avrà l’esigenza di vocalizzare non appena avrà percepito una preda, mentre alcuni cani nordici amano “urlare al mondo” il piacere di correre.
4. Basta un po’ di attività in più
In alcuni casi, l’impiego della voce può essere sintomo di malessere, noia, disappunto o disperazione.
Il cane, quasi senza volerlo, comunica a se stesso e al mondo la sua spiacevole condizione, spesso correlata alla solitudine e all’inattività.
Nel primo caso, trattandosi di un animale sociale, potrebbe non tollerare le eccessive ore di solitudine, in casa o in giardino, sfogandosi proprio con la voce.
Ciò gli serve da autoconsolazione, nonché per richiamare a sé coloro che lo hanno lasciato solo. Anche quando l’attività complessiva giornaliera è insufficiente, la voce può servire da strumento di “compensazione”, con cui cercare di ridurre lo stress da inattività.
Invece di utilizzare strumenti coercitivi per contrastare l’uso della voce, in tutti questi casi è opportuno abituare il nostro amico a rimanere serenamente da solo per un certo tempo; noi dovremo, però, garantirgli, prima e dopo, un adeguato soddisfacimento psicofisico.
In questo modo, le voci di protesta saranno sostituite da un buon sonno ristoratore! A volte un abbaio può salvare una vita! È il caso dei cani addestrati alla ricerca di dispersi in superficie o sotto le macerie.
Dopo aver percepito la presenza della persona, emettono una serie di vocalizzi per avvertire il conduttore del ritrovamento. Questa tecnica di segnalazione si basa su un preesistente processo di condizionamento diretto a collegare la produzione dell’abbaio a una conseguenza positiva.
In questi casi, infatti, il cane impara che, emettendo vocalizzi dinanzi a un umano accovacciato o sdraiato, riceverà da quest’ultimo un premio, si tratti di cibo o di un gioco.
Così facendo, avvenuto il cosiddetto scovo, il cane effettuerà una serie di abbai di richiesta, che nel tempo dovranno essere emessi in numero sempre maggiore.
Si tratta di tonalità medio-alte, con unità di voce molto vicine tra loro, con l’obiettivo di permettere al conduttore di raggiungere il luogo del ritrovamento. La difficoltà di esprimere la voce dinanzi a un estraneo, chiamato figurante, necessita di un prolungato addestramento.
Per questa ragione, durante le prime sessioni di addestramento il figurante sarà lo stesso proprietario che, esibito un gustoso boccone, lo rilascerà solamente dinanzi a una decisa vocalizzazione. Solo in seguito, la stessa procedura sarà svolta nei confronti di perfetti estranei.
5. Anche a comando , lui è appagato, noi siamo sereni
Se non è necessario insegnare al nostro cane ad abbaiare, vista la sua abilità innata a utilizzare la voce, possiamo tuttavia chiedergli di farlo attraverso una precisa parola.
Le prime volte, esibendo un bocconcino gustoso, aspettiamo che emetta un vocalizzo: a questo punto, associamo subito un certo termine e facciamo seguire la lode e il rilascio del premio.
Dopo un certo numero di ripetizioni, è arrivato il momento di invertire la rotta: pronunciamo il comando, esibendo il possibile rinforzo e, ottenuta la risposta, gratifichiamo il nostro amico.
Così facendo, il cane imparerà ad associare il nostro “codice” al comportamento di vocalizzazione, ben sapendo che potrà ottenere l’ambito premio.
Infine, non dovremo nemmeno esibire il boccone, essendo sufficiente la sola parola per perseguire ciò che vogliamo, estraendolo così dalla tasca solo dopo aver lodato a lungo il cane.
Ottenuto questo risultato, possiamo introdurre un altro codice vocale per richiedere l’interruzione della vocalizzazione, che si tratti di una parola specifica o del generico segnale di conclusione di un comportamento. Il repertorio completo è, quindi, composto dalla richiesta di abbaiare, dal suo rinforzo e dalla parola di conclusione.
Questa tecnica ci permette di soddisfare il bisogno di esprimere la voce da parte del nostro amico, gestendo noi stessi il quando e il come, evitando così che tale scelta spetti esclusivamente al cane.
Infatti, ben sapendo che i comportamenti richiesti riducono la probabilità di essere attivati spontaneamente, riusciamo a prevenire l’insorgenza dei vocalizzi nelle situazioni inopportune.