Saint-Rémy-de-Provence, piccolo comune francese di poco più di diecimila abitanti.
Qui c’è un antico monastero, divenuto ospedale psichiatrico nel 1800, dove è vissuto per un anno, dal maggio del 1889 al maggio del 1890, uno dei più grandi pittori di tutti i tempi. Vincent Van Gogh.
Un periodo di lucida follia nel corso del quale il geniale artista ha realizzato più di 100 dei suoi disegni e 143 dipinti a olio.
Tra le sue opere addirittura c’è chi è convinto che Van Gogh avesse rappresentato quella che, solo cinquant’anni dopo, si sarebbe rivelata un’importante scoperta scientifica. Ma perché l’artista si trovava in questo luogo?
Per capirlo dobbiamo ripercorrere gli ultimi anni di vita di uno dei più grandi geni della pittura, un uomo che ha trascorso un’esistenza difficile e sfortunata, ma che ha lasciato un segno profondo nella storia dell’arte di tutti i tempi.
1. Rinchiuso in manicomio
Quando Van Gogh decide volontariamente di essere internato nel monastero di Saint Paul de Mausole ha alle spalle uno degli episodi più devastanti della sua vita: l'amputazione dell’orecchio sinistro.
Era avvenuta dopo un litigio con il pittore Paul Gauguin, suo amico. Un evento inquietante ancora non del tutto chiarito.
Van Gogh aveva pregato Gauguin di raggiungerlo in Provenza. Qui aveva trovato la natura e i colo ri che stava cercando da tempo e voleva condividerli con il pittore parigino.
Gauguin arriva in Provenza il 29 ottobre del 1888. Il rapporto tra i due artisti si fa subito teso. Spesso, dopo aver bevuto, discutono animatamente. Finché una sera. Van Gogh rincorre il collega con un rasoio in mano.
Poi, in preda ad allucinazioni, decide di compiere un gesto di autolesionismo: si taglia metà dell'orecchio sinistro. Il mattino seguente il pittore olandese viene trovato dalla polizia in una pozza di sangue ed è subito trasportato in ospedale.
Gli esiti di questo tragico episodio sono stati rappresentati in diversi quadri dallo stesso Van Gogh. Ma è davvero così che si sono svolti i fatti?
Recentemente due studiosi tedeschi hanno proposto una nuova ricostruzione, ritenendo il racconto ufficiale pieno di contraddizioni e di punti oscuri. Secondo la nuova teoria, sarebbe stato Gauguin a mutilare il suo amico, esasperato dalle angosce maniacali di Van Gogh.
A scatenare il gesto di rabbia sarebbe la gelosia per la giovane e bellissima Rachele, una prostituta frequentata da entrambi i pittori. Van Gogh avrebbe poi coperto Gauguin nella speranza che l'amico non lo abbandonasse. Gauguin, invece, decide di tornare a Parigi il giorno seguente.
Quello di Van Gogh è stato un atto di follia, un incidente o un disperato desiderio di attirare l'attenzione? Fatto sta che da quando è accaduto, Van Gogh è stato ricoverato più volte in ospedale e ha alternato momenti di lucidità, a istanti di follia, rabbia e aggressività.
Nella foto sotto, una rara foto di Van Gogh del 1871.
2. Sorprendenti corrispondenze
Oggi è possibile visitare il monastero di Saint Paul de Mausole.
La stanza dove riposava Van Gogh, un po' più grande di una cella, è stata ricostruita fin nei minimi particolari.
Persino il letto è uno di quelli usati in questo nosocomio nel periodo in cui è stato internato il maestro. Una stanza molto angusta, in cui ha dipinto alcuni tra i suoi capolavori.
Come La camera di Vincent ad Arles, che mostra proprio la stanza da letto del pittore o lo splendido Vaso di Iris. Tra tutti, però, il più sorprendente è La notte stellata.
Le straordinarie pennellate circolari, l'intensità e il contrasto dei colori sembrano conferire una misteriosa energia al dipinto.
Non solo: senza saperlo, Van Gogh avrebbe espresso in questo quadro un vero e proprio principio della fisica, scoperto solo cinquant'anni più tardi.
È questa la conclusione di alcuni ricercatori messicani che hanno analizzato il quadro in maniera assolutamente scientifica.
La disposizione di luci e colori sulla tela non sarebbe casuale ma si avvicinerebbe in maniera sorprendente alla formula matematica del cosiddetto "flusso turbolento", calcolata dal russo Andrej Nikolaevic Kolmogorov nel 1941.
Gli stessi ricercatori hanno affermato che questa corrispondenza è riscontrabile nella storia dell'arte solo nei quadri di Van Gogh. In particolare, solo in quelli dipinti nei periodi in cui il pittore soffriva di disturbi mentali.
Nella foto sotto, La Camera di Vincent van Gogh ad Arles del 1888.
3. Vita tormentata
Ma di cosa soffriva esattamente? Diversi psichiatri hanno tentato di classificare i suoi disturbi, ma non sono giunti a una conclusione concorde.
Non era solo un pittore. Scriveva tantissimo e forse nulla come i suoi scritti ci possono far capire esattamente cosa ci fosse nella sua mente.
"Per il mio lavoro io rischio la vita e la mia ragione vi è quasi naufragata". Sono queste le ultime parole scritte da Van Gogh poco prima di morire.
Durante il corso della sua vita compose più di 900 lettere indirizzate per lo più al fratello Theo. In questi scritti emerge tutto il tormento per una vita spesa all'inseguimento della perfezione artistica.
In un'altra lettera leggiamo: "Da quando ho queste dannate crisi, quando sono all'aperto nei campi, la solitudine mi assale con una tale violenza.
Con il tempo, però, se ne andrà. Solo quando dipingo avverto un flebile sentore di vita. Ma temo di ave fallito, gettato via la vita.
Forse è questo il fatto che devo accettare e che non cambierà mai più".
4. Misteriosa e tragica fine di un genio
Molti eventi che circondano la mente e la vita del pittore olandese rimangono un enigma, così come un mistero è quello che avvolge la sua morte.
Il 27 luglio 1890, Van Gogh, che aveva terminato la sua permanenza in manicomio e raggiunto Auvers-sur-Oise, un villaggio a 30 chilometri da Parigi, esce per andare a dipingere in un prato, lasciandosi ispirare dai colori, dalle ombre e dai raggi di sole.
Poco più tardi viene trovato sofferente e sanguinane nella sua camera da letto. La versione ufficiale vuole che Van Gogh abbia confessato di essersi sparato un colpo di rivoltella per uccidersi.
Secondo una teoria più recente, al contrario, l'artista avrebbe incontrato alcuni ragazzi e, probabilmente, dopo un diverbio, sarebbe stato ferito da un colpo di fucile sparato da parte di uno di loro.
Fatto sta che Van Gogh non denuncerà mai questo giovanotto, rientrerà a casa e, nascondendo la sua ferita, inevitabilmente arriverà fino al momento della morte, il 29 luglio.
Vani sono stati gli interventi del fratello e di alcuni medici. Anche la sua fine così come la sua vita, dunque, ha diviso.
A cosa credere, al suicidio premeditato o a un suicidio quasi indotto da un incidente: non si sarebbe curato sapendo che in ogni caso la sua fine sarebbe dovuta arrivare.
Certo è che per quello che ha realizzato nel corso della sua esistenza, seppur breve e tormentata, Van Gogh può essere considerato un esempio lampante che unisce follia e creatività.
Nella foto sotto, Van Gogh che dipinge i giratoli. Un'opera del collega e amico Paul Gauguin oggi esposta al Van Gogh Museum di Amsterdam.
5. La matematica di un artista
Il concetto di flusso turbolento nella dinamica dei fluidi è uno modelli più difficili da comprendere.
Solo nel 1941, il matematico Andrej Nikolaevič Kolmogorov fornisce una prima teoria formale sulla turbolenza.
Senza entrare nei dettagli, esempi di simili fenomeni sono la formazione delle nuvole e le particelle di polvere interstellare. Proprio quest’ultima ha suggerito la somiglianza con i dipinti di Van Gogh.
Nel 2004 alcuni degli scienziati, osservando con il telescopio Hubble i mulinelli di una nube di polvere intorno a una stella, hanno notato una stretta somiglianza con La notte stellata di Van Gogh.
Qui le pennellate circolari creano un cielo notturno pieno di vortici, nubi e mulinelli.
Gli studiosi hanno approfondito e scoperto che i tratti circolari e i contrasti di luce si comportano in modo straordinariamente simile alla turbolenza fluida descritta dalla teoria di Kolmogorov.
Questo accade anche in altri dipinti dell’artista. In particolare in quelli del periodo di agitazione psicotica.
Curiosità: Van Gogh ha dipinto se stesso per ben 37 volte nell’arco della sua vita. La gran parte delle opere lo ritraggono con la barba, ma ne esistono versioni che lo vedono rasato e altre con una benda, in seguito all’amputazione dell’orecchio.
É interessante notare come una tecnica usata per La notte stellata, con tratti circolari e contrasti di luce, sia maggiormente presente negli autoritratti del periodo di permanenza in manicomio.