La scoperta, nell’ottobre 2017, di uno strano oggetto a forma di sigaro che sfreccia attraverso il nostro Sistema Solare ha fatto sbizzarrire la fantasia.
È un asteroide? Una cometa? O un’astronave aliena, inviata qui in missione di ricognizione?
Chiamato ‘Oumuamua, è entrato a far parte di un gruppo di enigmi cosmici e stranezze celesti che lasciano perplessi gli astronomi e che ora vi raccontiamo…
Ecco alcuni tra gli oggetti più misteriosi dell’Universo. Scopriamoli insieme.
1. ‘Oumuamua
Le pagine dei libri di fantasia sono piene di intrusi alieni che vengono a spiare noi esseri umani via via che diventiamo una razza tecnologicamente progredita.
Quindi non sorprende l’eccitazione suscitata il 19 ottobre 2017 dalla scoperta dell’astronomo Robert Weryk, che usando il telescopio Pan-STARRS dell’Osservatorio Haleakalā, nelle Hawaii, ha individuato un oggetto che sfrecciava attraverso il Sistema Solare.
L’oggetto, chiamato ‘Oumuamua (che in hawaiano significa “messaggero”), ha l’aspetto di un cetriolo spaziale: è lungo un chilometro ma largo non più di 167 metri.
Procede così velocemente che non è possibile che sia in orbita attorno al Sole: l’unica possibilità è che sia un intruso che si è formato al di fuori del nostro Sistema Solare e che successivamente ha percorso la distanza che lo separava da noi.
Si stima che sia entrato nel Sistema Solare nell’Ottocento, ma gli astronomi non sanno esattamente per quanto tempo avesse vagato per lo Spazio prima di arrivare dalle nostre parti.
Nell’agosto 2018 uno studio basato sui dati del telescopio Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea ha identificato quattro stelle vicino a cui sarebbe passato fra uno e sette milioni di anni fa. Forse una di queste è la sua stella d’origine.
Allora, che cos’è ‘Oumuamua? Sulle prime si riteneva che fosse un asteroide, ma un’osservazione più attenta del suo modo di muoversi ha fatto notare qualcosa di strano: la gravità del Sole non è l'unico fattore che influenza la sua traiettoria attraverso lo Spazio.
Ciò ha spinto alcuni ricercatori, tra cui Avi Loeb della Harvard University, a ipotizzare che possa trattarsi di una sonda spaziale aliena. Se fosse dotato di una vela solare, la pressione del vento solare potrebbe contribuire a modificarne la traiettoria.
Questa idea è stata però molto criticata, e la cosa più probabile è in realtà che l’oggetto sia qualcosa di completamente naturale.
“La maggior parte degli indizi fa pensare a una cometa”, afferma Colin Snodgrass, astronomo presso la Open University. Potrebbero essere i piccoli getti di gas che si formano quando il ghiaccio della cometa viene riscaldato dal Sole a farla deviare dalla sua traiettoria gravitazionale naturale.
“Ha però alcune proprietà insolite rispetto alle comete del nostro Sistema Solare”, aggiunge Snodgrass. “Stiamo ancora cercando di capire a cosa siano dovute”. Tipicamente, le comete riflettono circa il 4 per cento della luce che le colpisce, mentre ‘Oumuamua ne riflette più del doppio.
Purtroppo non ci è più possibile compiere ulteriori osservazioni. ‘Oumuamua è ora nel Sistema Solare esterno: è arrivato oltre Giove lungo una traiettoria che lo sta portando molto distante da noi e questo lo rende troppo fioco perché lo si possa osservare.
Misteri e ipotesi su questo oggetto continueranno però a dar da pensare agli astronomi.
2. Il Pianeta Nove
È possibile che vicino a noi si nasconda un mondo enorme?
Gli astronomi sono sempre più certi che esista un grande pianeta in orbita attorno al Sole, ben oltre Nettuno, un cosiddetto “Pianeta Nove”.
Non sarebbe la prima volta che viene modificato l’elenco dei mondi in orbita attorno al Sole. Quando nel 1801 venne scoperto Cerere, il più grande asteroide del Sistema Solare, fu inizialmente classificato come pianeta, ma successivamente declassato.
Anche Plutone fu ammesso al club dei pianeti al momento della sua scoperta, nel 1930, per poi esserne espulso nel 2006 e relegato allo stato di pianeta nano.
I primi indizi della presenza di un ulteriore membro della confraternita planetaria del Sole sono giunti nel 2014, quando l’astronomo americano Scott Sheppard scoprì un piccolo possibile pianeta nano chiamato 2012 VP113, in orbita attorno al Sole a una distanza circa 250 volte maggiore di quella fra la Terra e la nostra Stella.
La sua orbita allungata e significativamente inclinata rispetto a quelle dei pianeti si fece notare immediatamente. “Nel Sistema Solare non c’è attualmente nulla di conosciuto che possa causare l’orbita di 2012 VP113”, dice Sheppard.
Qualche oggetto con un allineamento insolito si potrebbe liquidare come una coincidenza improbabile, ma ormai ne sono stati scoperti in totale 10, in gran parte grazie al lavoro degli astronomi Mike Brown e Konstantin Batygin, presso il California Institute of Technology.
Con tutti questi oggetti dotati di proprietà orbitali simili, la probabilità che il loro allineamento sia un caso scende ad appena lo 0,0001 per cento. La spiegazione più convincente è che ci sia un pianeta a noi invisibile che tiene vicini questi oggetti con la sua gravità.
Quando scoprì 2012 VP113, Sheppard era sicuro al 60 per cento che esistesse un nono pianeta; adesso si dice sicuro all’85 per cento.
Affinché un pianeta abbia questa influenza, però, deve avere una massa 10 volte maggiore di quella della Terra, impiegare almeno 10.000 anni per compiere un’orbita attorno al Sole e trovarsi oltre 200 volte più lontano rispetto a noi.
Questa enorme distanza rende difficile rintracciarlo e fotografarlo. Per poterlo vedere, la luce deve arrivare dal Sole fino al nono pianeta e deve tornare indietro, ma diventa via via più fioca.
Gli astronomi sono riusciti a restringere l’area di ricerca usando dati della missione Cassini su Saturno per escludere certe parti del Sistema Solare esterno. Se il pianeta nove fosse in quelle zone, allora la sonda avrebbe rilevato piccole discrepanze gravitazionali.
C’è stata una piccola battuta d’arresto nel settembre 2018, quando nuovi studi hanno dimostrato che un’altra tecnica per escludere alcune parti del cielo non era valida, ma la caccia continua.
“Finora abbiamo coperto circa il 30 per cento dell’area principale in cui potrebbe trovarsi il pianeta”, conclude Sheppard. Ci vorranno altri quattro anni per coprire il resto.
3. La stella di Tabby
Oumuamua non è l'unico oggetto che ha fatto pensare a una tecnologia aliena: gli extraterrestri sono stati menzionati anche per il misterioso oscuramento della stella di Tabby.
Situata a circa 1500 anni luce dalla Terra, nella costellazione del Cigno, prende il nome dall’astronoma Tabetha Boyajian, l’autrice principale di uno studio del 2015 che ha mostrato come la sua luminosità, di tanto in tanto, si riduca rapidamente del 22 per cento.
La luminosità generale della stella è anche stata vista scemare più lentamente nel corso di vari decenni.
La variazione a breve termine è stata rilevata dal telescopio spaziale Kepler, il cui compito era quello di individuare pianeti extrasolari analizzando la luce di stelle lontane e cercando i cali di luminosità dati dal passaggio di un pianeta davanti al suo astro.
A differenza però dell’oscuramento della stella di Tabby, l'attenuazione causata dai pianeti è periodica, dato che si verifica ogni volta che il mondo alieno completa un’orbita, ed è anche limitata (normalmente inferiore all’1 per cento).
“La stella di Tabby ha invece un comportamento strano”, dice l’astrofisica Eva Bodman dell’Arizona State University. Quindi che cos’altro potrebbe offuscare la stella?
Un’ipotesi è che uno sciame di comete penetri nelle regioni interne del sistema solare della stella, producendo così enormi quantità di polvere. Sarebbe questa polvere distribuita in modo non uniforme a impedire a una parte della sua luce di raggiungerci, causando rapidi cambiamenti di luminosità.
Ma questo non spiegherebbe l’altro fenomeno di attenuazione a lungo termine, nel corso dei decenni: la polvere delle comete si dissipa in pochi mesi. Per questo, altri sostengono che potrebbe essere responsabile di queste variazioni una megastruttura costruita da alieni progrediti per raccogliere l’energia della stella.
Se questa struttura tecnologica fosse distribuita in modo non uniforme attorno ad essa, ne causerebbe periodici oscuramenti durante l’orbita, e bloccherebbe tanta più luce quanto più procede la costruzione (il che spiegherebbe il calo di luminosità a lungo termine).
Bodman respinge questa ipotesi: “È un’idea divertente, ma è stata del tutto esclusa”. Le osservazioni dell’oscuramento a breve termine mostrano, infatti, che la luce viene bloccata all’estremità azzurra dello spettro piuttosto che all’estremità rossa.
La luce azzurra ha una lunghezza d’onda più corta, e questo è esattamente ciò che succederebbe se a disperderla fossero minuscoli granelli di polvere (la luce viene diffusa di più quando interagisce con oggetti di dimensioni simili alla sua lunghezza d’onda).
L’analisi dello spettro luminoso collegato all’offuscamento a lungo termine fa pensare invece a granelli di polvere più grandi: potremmo quindi essere in presenza di una nube complessa di granelli di polvere di dimensioni diverse che blocca quantità variabili di luce man mano che il suo orientamento cambia nel tempo. In ogni caso, l’origine di tutta questa polvere rimane ancora misteriosa.
Le prime osservazioni delle variazioni a lungo termine della stella di Tabby sono cominciate alla fine dell’Ottocento. La polvere non dovrebbe persistere su tempi così lunghi, e quindi sembra che qualche processo stia reintegrando la polvere man mano che viene spinta via dalla pressione della luce della stella.
“La verità è che non c’è ancora una spiegazione soddisfacente per quello che sta succedendo”, conclude Bodman.
4. Elst-Pizarro
Normalmente è facile distinguere tra asteroidi e comete.
Gli asteroidi sono massi solidi di roccia e metallo, capaci di abbattersi sui pianeti e uccidere diverse forme di vita come è successo ai dinosauri.
Di solito li si trova nel Sistema Solare interno, in particolare nella cosiddetta fascia degli asteroidi tra Marte e Giove.
Le comete, invece, sono corpi ghiacciati che si formano alla periferia del Sistema Solare; nelle rare incursioni verso il Sole, i loro corpi congelati si sciolgono parzialmente per la radiazione solare e creano code spettacolari.
Un oggetto noto come Elst-Pizarro, però, si rifiuta di farsi incasellare in una di queste due categorie.
Quando fu scoperto, nel 1979, la sua orbita all’interno della fascia degli asteroidi portò a classificarlo come asteroide; quando però è stato esaminato più da vicino nel 1996, si è visto che aveva una coda, come le comete.
Sulle prime si è pensato che la coda fosse formata da detriti di una collisione, e non generata dal calore del Sole, ma la luminosità e la struttura della coda cambiavano nel tempo, facendo pensare a un processo in corso piuttosto che a un evento una volta e basta.
Anche la rotazione rapida dell’oggetto – che completa un giro completo su sé stesso in appena 3,5 ore – lo fa somigliare a una cometa.
Una possibilità, tuttavia, è che una collisione abbia messo allo scoperto del ghiaccio che si trovava sotto la superficie del corpo e che si sta perdendo lentamente nello Spazio.
In questo caso Elst-Pizarro sarebbe un asteroide mascherato da cometa, fino a quando non si sarà liberato di tutto il ghiaccio esposto e tornerà a essere di nuovo un normale asteroide.
Le controversie continuano a infuriare: si sperava che il lancio della sonda Castalia nel 2028 mettesse la parola fine al dibattito guardando le cose più da vicino.
La missione non è però riuscita per ora a ottenere i finanziamenti dell’Agenzia Spaziale Europea e così il mistero continua.
5. La Galassia X e la nebulosa Rettangolo Rosso
- La Galassia X
Gli astronomi sono abili nel trovare nuovi oggetti individuandone gli effetti su corpi vicini più facilmente osservabili.
Nettuno fu scoperto grazie alla sua influenza su Urano mentre i buchi neri si manifestano grazie alle stelle che attraggono nella loro orbita.
Così, quando nel 2009 sono state osservate strane increspature nel disco della Via Lattea, si è subito pensato a qualche “disturbatore invisibile”.
Nel 2015 è stato trovato il colpevole: una galassia nana oscura in orbita attorno alla Via Lattea, che altererebbe sottilmente il moto della nostra galassia con la sua attrazione gravitazionale.
Possiamo vedere questa galassia solo grazie a quattro stelle luminose che brillano dall’oscurità, mentre per il resto si nasconde nell’ombra.
Per essere così difficile da rilevare, la “Galassia X” deve essere fatta in gran parte di materia oscura, la colla invisibile che lega insieme le galassie.
Nelle normali galassie questa materia oscura è punteggiata di stelle visibili e di gas caldo, sparsi come luci di un albero di Natale. Nella Galassia X, invece, è come se tutte le luci fossero spente.
Nel 2016 si è scoperto che una galassia delle dimensioni della Via Lattea, nota come Dragonfly 44, è composta per il 99,99 per cento di materia oscura.
Si aggiunge a Segue 1, una galassia nana scoperta nel 2006 di cui si è successivamente capito che contiene 1000 volte più materia oscura che materia ordinaria. Per fare un confronto, nella nostra Via Lattea il rapporto è di circa 20 a 1.
Si sa poco delle origini di queste galassie spettrali, ma studiarle può aiutarci a capire la natura stessa della materia oscura.
- La nebulosa Rettangolo Rosso
All’interno della nostra galassia esistono nubi di gas con forme strane e meravigliose, ma una nebulosa in particolare lascia sconcertati gli astronomi per la sua forma stranamente geometrica.
Situata nella costellazione dell’unicorno (Monoceros), la nebulosa Rettangolo Rosso si trova a 2300 anni luce di distanza da noi.
La sua forma caratteristica potrebbe essere dovuta al fatto che al suo interno si trovano due stelle: se le onde d’urto dalle due stelle colpiscono un anello di polvere che le circonda, è possibile che diano luogo a due coni di polvere luminosa, e visti insieme questi due coni sembrano un rettangolo.
Il mistero si infittisce perché la nebulosa esibisce anche un raro fenomeno detto “emissione rossa estesa”, grazie a cui la sua polvere ha una luminosità stranamente rossastra.
Non si sa di preciso quale ne sia la causa, ma alcuni ricercatori sostengono che sia dovuto all’intensa luce ultravioletta proveniente dalle stelle, che interagisce con le molecole ricche di carbonio nella polvere.