Quando si parla di orto urbano non si parla solo di una moda, ma di un’esigenza che viene riscoperta oggi, ma che ha radici molto profonde.
Oggi si parla di avere ortaggi a km0, di mangiare sano, di mangiare senza l’interferenza di pericolosi agenti chimici. E anche di risparmiare dove si può.
Da qui il tentativo di coltivare in vaso o sfruttando qualsiasi spazio utile intorno o sopra la casa. Ma, come dicevamo, questa pratica ha radici antiche.
Le città medioevali, minacciate regolarmente da possibili assedi, avevano come punto di forza, proprio la possibilità di coltivare dentro le mura il necessario per sopravvivere.
Abbiamo in Italia molti esempi a riguardo: Orvieto, costruita su una sorta di colonna di tufo, poteva resistere anni dagli assedi proprio in virtù del fatto che ogni casa era provvista di quello che oggi definiremmo “orto urbano”.
L’economia del tempo non prevedeva spazi inutilizzati e non produttivi e la coltivazione in proprio degli ortaggi minimi, indispensabili alla sopravvivenza costituiva una “conditio sine qua non” per la maggior parte delle abitazioni.
Oggi le condizioni sono fortunatamente diverse, ma i principi che possono muovere all’impiego di spazi altrimenti inutilizzati sono gli stessi. Possiamo impiegare vasi appositamente realizzati per la coltivazione in vaso, ma, sostanzialmente, qualsiasi contenitore.
Le piante chiedono poco, ma possono dare tanto, specialmente se impariamo ad assecondarne i ritmi e a soddisfarne le scarse esigenze.
Un terrazzo o un balcone ben esposto, ma anche i pochi metri quadrati davanti a casa o lungo la discesa del box possono bastare a fornirci più di quanto immaginiamo.
E poi c’è l’enorme piacere di mangiare qualcosa che abbiamo seminato, curato, annaffiato e protetto, che abbiamo visto crescere sotto i nostri occhi, che sappiamo essere assolutamente sano.
Oggi scopriremo tutti i segreti per avere un orto perfetto ed efficiente sul nostro balcone di casa.
1. La produzione, i problemi, l'esposizione e il carico sul terrazzo
- La produzione
Primo obiettivo di qualsiasi coltivazione, sia essa in vaso o in piena terra, è la produzione, ovvero ottenere quanto basta a ripagarsi dei costi iniziali.
Diciamo: “va bene la soddisfazione di mangiare un pomodoro coltivato sul balcone, ma sarebbe costato meno acquistarlo nella zona di origine”.
Al di là delle facili facezie, il concetto deve rimanere sempre ben presente se non vogliamo farci prendere la mano, cercando di coltivare, ad esempio, ortaggi che occupano più spazio di quanto rendono.
Ci spieghiamo: coltivare una zucca in vaso può rappresentare una bella sfida, ma dobbiamo chiederci quanto avremmo potuto coltivare nello stesso spazio, e quanto ci avrebbe reso.
Il nostro consiglio perciò, nell’appprocciarsi alla coltivazione in terrazzo, è utilizzare inizialmente ciò che abbiamo. Prima di acquistare contenitori dedicati o fioriere, sfruttiamo i vasi che abbiamo a disposizione.
Concentriamo il nostro investimento sul terriccio, che fa veramente la differenza e rimandiamo le spese a quando, con un minimo di esperienza, ci sentiremo di ottenere di più.
Col tempo scopriremo quali varietà ci conviene coltivare, quante piante ci conviene avere per soddisfare le nostre esigenze, quanto spazio vale la pena dedicare ad ogni specie. Impareremo anche che, sempre con un minimo di esperienza, potremo, anche al Nord, coltivare ortaggi per dieci mesi all’anno ottenendo molto più di quanto ci aspettiamo.
- I problemi
La coltivazione in vaso non è scevra da problemi. In un orto normale, la massa di terra è tale da conservare più facilmente l’umidità di cui le piante hanno bisogno.
Inoltre la naturale chimica del terreno rigenera anno dopo anno la terra applicando delle normali tecniche di rotazione delle specie. In vaso il terreno è poco, e questo potrebbe non essere un problema, ma si asciuga velocemente e, altrettanto rapidamente, perde i nutrienti.
Le continue annaffiature necessarie a mantenere umido il terreno dilava le sostanze nutritive trascinandole verso il fondo e disperdendole.
Da qui la necessità di supportare le coltivazioni con costanti apporti di concime. Tutte cose risolvibili, anche in modo naturale, senza far uso di prodotti chimici.
- L’esposizione
Quello a cui non possiamo porre rimedio è l’esposizione. Qualsiasi tipo di coltura richiede una buona esposizione.
Questo non significa necessariamente un terrazzo a Sud, ma una luminosità costante per molte ore al giorno.
Alcune piante vogliono vedere il sole direttamente (pensiamo al pomodoro, alla melanzana, al peperone, al melone), ma nella maggior parte dei casi una forte luminosità è sufficiente.
Se il nostro terrazzo si trova al posto del tetto, nessun problema: è la condizione migliore. Se abbiamo invece un balcone aggettante, la sua esposizione deve essere verso Sud o Sud-Est.
Se abbiamo un’esposizione a Nord possiamo comunque cimentarci con alcuni ortaggi da foglia e da radice, anche se la produzione sarà comunque inferiore alle attese.
Possiamo in alcuni casi migliorare l’esposizione alzando i vasi. Se abbiamo un parapetto, ad esempio, prendiamo in considerazione l’idea di sollevare i vasi in modo che le piante vedano più facilmente la luce.
Oltre ad accedere più facilmente alle piante, raddoppieremo quasi l’esposizione in termini di ore di luce e quantità.
- Il carico sul terrazzo
Tra i mobili e i vasi che mettiamo sul terrazzo dobbiamo distinguere tra carichi provvisori e carichi permanenti.
I primi sono quelli il cui peso idealmente si muove sulla soletta: è il caso delle persone, ma anche di sedie o carrelli, ma anche un
tavolo se viene posizionato solo per un breve periodo. Sono permanenti invece i mobiletti, i vasi e le fioriere, i barbecue in muratura, una piscina, qualunque cosa sia destinata a gravare costantemente sulla soletta.
I carichi permanenti sono i più insidiosi perché finiscono con l’essere considerati parte integrante del terrazzo: quando si sommano ai carichi provvisori si rischia facilmente di superare i limiti.
Un esempio: il terrazzo può reggere una piccola piscina piena d’acqua, ma non quando ci si immerge in due. Un barbecue in muratura può arrivare a pesare più di 250 chili: se ci si avvicina in due adulti, si supera facilmente il carico massimo.
- Quanto pesa la terra
La domanda che sorge spontanea è: quanto pesa un vaso pieno di terra bagnata?
Per saperlo dobbiamo calcolarne il volume interno considerando che lasceremo senz’altro qualche centimetro alla base per il drenaggio (l’argilla espansa pesa pochissimo) e qualche centimetro utile dal bordo estremo.
Questo ci porterà a sapere quanta terra è necessaria per riempirlo correttamente.
2. La scelta del terriccio
Diciamo subito che sarebbe un errore riempire i nostri vasi con del terriccio prelevato da un orto o da un giardino.
Questo infatti può contenere molte muffe e larve (microscopiche) di parassiti contro cui le nostre piante non potrebbero difendersi.
Dobbiamo considerare il nostro orto sul terrazzo come un’area protetta: se vi portiamo accidentalmente un parassita, avremo scarse probabilità di portarvi anche il suo antagonista e saremo costretti a ricorrere a dei prodotti chimici per eliminarlo. Usiamo perciò terriccio di sacco, nuovo, da rinnovare possibilmente ogni anno.
Com’è fatto? Il terriccio usato nei vasi è omogeneo con una macrostruttura porosa e molto leggera e soffice. Consente alle radici di muoversi liberamente e all’acqua di invadere tutti gli spazi per infiltrazione e imbibizione (come fosse una spugna) e di drenare facilmente.
Si tratta del cosiddetto “terriccio universale”, caratterizzato da una composizione che soddisfa le esigenze di tutte le piante. Questo terriccio risulta essere una buona base di partenza, modificabile in caratteristiche e contenuti nutritivi a seconda della coltivazione da attuare.
Può essere modificato aggiungendovi materiali inerti per modificarne la porosità e la ritenzione idrica oppure aggiungendovi concimi indicati per una determinata coltivazione. Un buon terriccio è composto sostanzialmente da torbe bionde unite a sostanze inerti come sabbia o perlite e vermiculite.
Mentre la torba è sostanzialmente materia vegetale e come tale fornisce nutrimento alla pianta e assicura la corretta ritenzione idrica, le sostanze minerali permettono il drenaggio e l’areazione delle radici.
Il corretto bilanciamento tra ritenzione idrica e drenaggio permette di ottenere l’equilibrio ideale in cui le radici possano stare sempre in un substrato umido, ma non impregnato.
L’umidità d’altronde è fondamentale per permettere alle radici di assorbire i minerali di cui la pianta ha bisogno per vivere e svilupparsi. La qualità di un terriccio sta nella qualità delle torbe utilizzate e nel giusto mix tra queste e gli elementi inerti.
Possiamo altresì correggere un terriccio universale migliorandone la permeabilità (basta aggiungere sabbia fine) oppure la ritenzione (aggiungendo torba bionda). Questo può essere utile per adattare la terra alla specie coltivata.
Piante come il pomodoro o lo zucchino che amano un terreno sempre umido troveranno vantaggio nel disporre di un terreno ricco di torba. Piante da radice o da bulbo, come la cipolla, l’aglio, la carota, cresceranno meglio in un terreno leggero, quasi sabbioso.
Come si usa? Il terriccio dei vasi va sostituito tutti gli anni perché, dopo una stagione, è depauperato di gran parte delle sostanze utili. Questo rappresenta senza dubbio la maggiore spesa per chiunque desideri coltivare qualcosa in vaso, sia che si tratti di fiori sia che si tratti di ortaggi.
Se d’altronde in un orto o in un giardino la terra si rigenera grazie all’azione dei microorganismi normalmente presenti e all’aggiunta di continuo materiale di rinnovo (foglie, rami, erba, etc.), nei vasi questo non avviene e il terreno viene sfruttato fino a diventare inservibile.
Non basta aggiungere concime, perché quello che viene a mancare è la struttura stessa del terreno, la sua capacità di trattenere liquidi, ma anche le sostanze utili. Come rigenerarlo?
Finché si tratta di pochi vasi, si può pensare di acquistarlo ogni anno e sostituirlo completamente. Ma quando parliamo di vasche, fioriere o mastelli, la sostituzione della terra diventa pesante e costosa. Possiamo allora cercare di rigenerarlo aggiungendo materia organica fino a ripristinarne le caratteristiche.
Se disponiamo di fioriere (pensiamo a quelle da 30x100 cm per esempio) possiamo, in autunno, una volta esaurite le colture, mettere del letame pellettato sul terreno e utilizzare il vaso come una pattumiera, mettendoci gli avanzi verdi della cucina.
Gettiamo cioè nel vaso le bucce e gli avanzi di pulizia delle verdure, frutta avanzata, verdure cotte o crude. Facciamolo per un mese, coprendo ogni volta questi avanzi con un poco di terra prelevata dal vaso stesso.
Questo materiale, decomponendosi, si mescolerà alla terra arricchendola di fibre e sali minerali preziosi. È un po’ quanto avviene nel compostaggio, ma più in piccolo. Il nostro terriccio sfruttato, apparirà invece “grasso” a primavera.
Un altro sistema consiste nel raccogliere le foglie secche; possiamo farlo in un bosco, in un giardino, dovunque, in autunno, ve ne siano. Mescoliamo queste foglie secche al terriccio dei vasi; mettiamone un po’, annaffiamo e attendiamo.
Dopo una settimana vedremo che il livello nei vasi si sarà abbassato, segno che le foglie si stanno decomponendo. Aggiungiamone ancora, annaffiamo e proseguiamo così per tutto l’autunno, finché ci sono foglie secche.
Di tanto in tanto, mescoliamo la terra nei vasi in modo da ossigenare le foglie presenti e accelerarne la decomposizione. A primavera avremo a disposizione un terreno leggero e ricco di materia organica di prima qualità.
3. Il ruolo del concime
- Un terreno fertile
Un terreno si definisce fertile quando è ricco di sostanza organica ed elementi nutrienti utili per lo sviluppo della pianta.
È un terreno di colore prevalentemente scuro e con una consistenza quasi grassa; stretto nel pugno, tende a sporcare la mano, ma a scivolare tra le dita senza agglomerarsi.
Si parla di terreno di medio impasto, capace di ritenere l’umidità senza impregnarsi. Questa caratteristica è il risultato della presenza di materia vegetale decomposta o in decomposizione, materia che conserva al proprio interno proprio tutti gli elementi di cui la pianta ha bisogno per crescere.
La materia vegetale può essere anche il risultato della deiezione degli erbivori che, con il loro particolare apparato digestivo, hanno scisso i componenti vegetali riducendoli agli elementi costitutivi di base; hanno cioè elaborato e trasformato la cellulosa e la lignina in modo che fossero nuovamente riutilizzabili e assimilabili dalle radici.
- I minerali
Oltre alla materia organica vera e propria, la terra deve contenere una serie di minerali, in minore o maggiore quantità, comunque utili per soddisfare il normale fabbisogno della pianta.
Questi composti sono normalmente suddivisi in macroelementi, mesoelementi e microelementi, dove il suffisso non si riferisce alle dimensioni dell’elemento quanto alla sua quantità percentuale necessaria.
I macroelementi (Azoto, Fosforo e Potassio) sono quelli principali, fondamentali per qualsiasi funzione vitale della pianta. Sono gli elementi costitutivi di qualsiasi concime, indicati con la sigla NPK (secondo i tre simboli chimici) sulle confezioni.
Un concime 8-4-4 è un composto che contiene l’8% di Azoto e il 4% di ognuno degli altri due elementi.
Altri tredici composti contribuiscono alla salute dei vegetali perché responsabili di questa o quell’altra funzione. La loro presenza può essere anche molto modesta, ma comunque determinante.
- I macroelementi
I macroelementi sono quelli costitutivi delle piante, quelli la cui assenza determinano il rapido decadimento e morte della pianta stessa.
Il primo posto è occupato dall’Azoto (N) presente nei tessuti vegetali fino al 5%.
Elemento fondamentale, è presente sotto forma di proteine destinate a determinare il metabolismo della pianta e la realizzazione della fotosintesi. Partecipa alla costituzione della clorofilla e svolge anche un importante ruolo nell’accumulo di sostanze di riserva.
L’Azoto esercita sui vegetali una potente azione di stimolo della crescita: una pianta ben provvista di Azoto cresce rapidamente per la veloce moltiplicazione cellulare e l’allungamento dei tessuti più giovani.
La pianta ha un metabolismo veloce, presenta foglie di colore verde intenso e ha tutte le premesse per una produzione estesa.
Il Fosforo ha diversi ruoli nel metabolismo dei vegetali, tutti molto importanti. Svolge una funzione strutturale entrando a far parte della composizione di molte sostanze biologiche, una funzione energetica in quanto elemento trasportatore dell’energia chimica in tutti gli organi della pianta, e una funzione enzimatica intervenendo direttamente sul metabolismo dei carboidrati.
I sintomi più evidenti di una sua carenza sono una ridotta crescita e una drastica diminuzione dello sviluppo di semi e frutti che risultano anche di qualità scadente.
Le funzioni del Potassio sono per lo più collegate alla sua presenza nelle soluzioni cellulari. Come tale partecipa fattivamente alla sintesi delle proteine e regola l’equilibrio tra la produzione di carboidrati e le proteine stesse.
Sovraintende inoltre al processo di traspirazione ed è responsabile della resistenza della pianta al gelo o alla siccità. Non ultimo, regola il processo fotosintetico e incide in modo determinante sulla consistenza e sapore dei frutti.
- La concimazione di base
Nella concimazione si distingue una concimazione di base che si fa prima di seminare o trapiantare e una concimazione di copertura, quella che si fa durante la coltivazione.
Con la prima apportiamo sostanza organica e concimi minerali che contengono Fosforo e Potassio.
Tra i concimi una volta era il letame a farla da padrone, ma oggi questo concime non è di facile reperimento se non in forma pellettata o sfarinata.
Si tratta di una forma disidratata del letame naturale che conserva tutte le prerogative e risulta anche di più facile distribuzione, soprattutto in vaso e nei piccoli spazi.
Usiamolo perciò per arricchire il terreno prima di qualsiasi trapianto e forniremo così tutti gli elementi nutritivi necessari per un rapido attecchimento e l’immediato sviluppo della pianta. Prevediamone una manciata ogni 5 litri di terriccio.
- La concimazione di copertura
Mentre Fosforo e Potassio rimangono nel terreno a lungo e vengono solo dilavati dalle annaffiature, l’Azoto è un elemento molto volatile e tende a scomparire in poche settimane.
La sua funzione è però determinante per l’accrescimento fogliare delle piante ed è quindi utile, un mese dopo il trapianto, distribuirne di nuovo per dare una marcia in più agli ortaggi.
Se questi sono poi da foglia (spinaci, cavoli, insalata, aromatiche) l’Azoto diventa tanto più importante.
Le piante destinate invece a fiorire e a produrre un frutto o una bacca (pomodoro, peperone, melanzana) possono invece richiedere un apporto ulteriore di Potassio e Fosforo.
La concimazione di copertura diventa allora un modo per sostenere le piante nella produzione di fiori e frutti.
Nella coltivazione in vaso possiamo fornire facilmente questi elementi usando un fertilizzante liquido da mescolare all’acqua delle annaffiature, mediamente ogni 10-15 giorni.
Per scegliere il prodotto giusto da somministrare, consideriamo che un concime per piante verdi è normalmente ricco di azoto, mentre uno per piante da fiore ha una prevalenza di potassio e fosforo.
Non esageriamo con i concimi: devono servire per sopperire a quanto dilavato dal terreno. In nessun caso bisogna superare le dosi consigliate ed è comunque bene interrompere le somministrazioni due settimane prima del raccolto per evitare di averne traccia nell’ortaggio.
4. L’arte di annaffiare
- L’arte di annaffiare
L’acqua è il mezzo con il quale le piante assorbono gli elementi necessari alla crescita.
Dal terreno, attraverso i peli radicali e le radichette, gli elementi chimici disciolti nell’acqua entrano in circolo e raggiungono i tessuti.
L’acqua deve essere normalmente presente nel terreno o le radici seccano; per contro, se eccessiva, impedisce alle radici di respirare e la pianta soffoca.
Bisogna dunque, oltre a sapere quanto e quando bagnare, scegliere l’acqua giusta, perché purtroppo, può veicolare facilmente agenti inquinanti.
Acqua piovana: paragonabile all’acqua distillata (priva di sali), è la migliore acqua con cui possiamo annaffiare le nostre piante.
Acqua di raccolta: in una cisterna alimentata dalle falde del tetto; contiene elementi minerali e materiali come argilla e sabbia.
Acqua pura: impoverisce i terreni permeabili perché defluendo con facilità asporta i sali solubilizzati.
Acqua povera di ossigeno (detta riducente): proviene da terreni paludosi o da stagni ed è ricca di sostanza organica. Va esclusa dall’irrigazione se non adeguatamente ossigenata.
Acqua dura: ricca di carbonati di calcio e magnesio; sui terreni acidi, svolge un’azione tamponante e correttiva, ma a lungo andare produce fenomeni indesiderati.
Acqua dolce: corregge l’alcalinità (basicità) dei terreni molto alti di pH.
- Innaffiare le ortive
Le ortive amano i terreni con un pH 6-6,7 e l’acqua piovana, essendo ricca di acido carbonico, presenta un pH simile.
Il fabbisogno specifico di ciascuna ortiva è soggetto a numerose variabili e cambia nei diversi momenti del ciclo produttivo.
Quelle a crescita lenta e quelle coltivate nel periodo autunno-vernino sono meno avide di acqua.
Quelle da foglia (lattughe e cavoli) desiderano irrigazioni abbondanti e regolari, altrimenti forniscono foglie poco sviluppate e dure.
Quelle da radice che danno prodotti asciutti e di sapore pungente, hanno bisogno di irrigazioni regolari.
Quelle da frutto, come il pomodoro, hanno bisogno di irrigazioni abbondanti a inizio accrescimento e minori ma costanti in fase di maturazione dei frutti.
Con la pratica e l’osservazione attenta del comportamento degli ortaggi e delle condizioni del terreno, si riesce a regolarle.
Non è difficile giudicare il grado di imbibizione della terra: sotto la pressione della mano deve cedere leggermente senza trasudare acqua, né tantomeno gocciolare.
Non si somministra mai un volume di acqua superiore a quello necessario e sufficiente a sfruttare la capacità idrica del terreno che deve rimanere grumoso e soffice, esente da pericolosi ristagni.
- Un terreno idratato
È importante considerare, per valutare quanto si deve bagnare una pianta, che il terreno deve essere umido, non fradicio. In questo la qualità del terreno gioca un ruolo fondamentale.
Se il terriccio che usiamo è ricco di torba, questa si idraterà come una spugna e rilascerà l’acqua poco alla volta mantenendo il terreno e le radici sempre umide per lungo tempo.
Se, diversamente, il terreno è sfruttato e povero di materia organica, l’acqua defluirà velocemente e il terriccio risulterà facilmente asciutto. Idealmente ogni vaso ha bisogno dell’acqua necessaria a ripristinare quella che evapora più quella che traspira attraverso le foglie della pianta.
Le specie a foglia larga (lattuga) consumano più acqua di quelle con foglie aghiformi (rosmarino).
- Con l’annaffiatoio
Se bagniamo le piante con l’annaffiatoio, procuriamocene uno a becco lungo e stretto. È importante perché è bene annaffiare versando l’acqua vicino al fusto della pianta senza bagnare le foglie.
Non è fondamentale versarla a pioggia, ma è importante che l’acqua versata inumidisca la terra, soprattutto vicino alle radici.
- A goccia
Un sistema di irrigazione a goccia permette una distribuzione ottimale dell’acqua e ottimizza il consumo idrico.
Consiste nel somministrare piccole quantità di acqua mediante una rete di tubazioni munita di numerosi ugelli detti gocciolatori. La somministrazione può avvenire ininterrottamente o a intermittenza (a “sorsi”).
Presenta numerosi vantaggi come la possibilità di erogare l’acqua limitatamente allo spazio esplorato dalle radici, la quasi totale assenza di erbe infestanti tra le file degli ortaggi, la facilità di programmazione, la possibilità di attuare ferti-irrigazione, indirizzando i concimi disciolti nell’acqua di bagnatura direttamente agli apparati radicali.
Richiede l’utilizzo di un tubo portante da 13mm da collegare direttamente al rubinetto, e un tubo detto capillare, da 4,6 mm su cui sono montati i gocciolatori.
Questi sono messi con un sostegno vicino alla pianta e lasciano cadere l’acqua vicino al fusto nella quantità necessaria.
5. Problemi e soluzioni
- Problemi e soluzioni
Generalmente nella coltivazione in contenitore è raro che crescano molte infestanti.
Le uniche malerbe che potrebbero formarsi all’interno dei vasi sono quelle annuali (sia monocotiledoni sia dicotiledoni) ma, soprattutto, quelle appartenenti alla famiglia delle graminacee, facilmente propagabili anche attraverso il vento e adattabili a quasi tutti i tipi di terreno.
Il terriccio utilizzato per la coltivazione in contenitori è esente da semi di infestanti, pertanto l’unico modo con cui si possono propagare e presentare è attraverso il vento, i concimi organici inquinati da semi estranei come compost, letame non maturo, con l’aiuto di mammiferi, volatili e formiche, con l’impianto di ortive non selezionate.
Quindi, le più comuni infestanti da terrazzo sono:
• graminacee (gramigna, fienarola)
• composite (margherita e tarassaco)
• leguminose (trifoglio).
- La “lotta” preventiva
Nella coltivazione di un orto sul balcone sarà sufficiente attuare dei controlli preventivi, in quanto la superficie coltivata e l’ambiente di coltivazione sono più controllabili e molto ridotti.
Di solito, per ambiente di coltivazione si intende il substrato di coltivazione, i contenitori, i concimi, l’acqua, le piantine, le sementi, insomma tutto quello che “compone” il nostro orto.
La migliore prevenzione che possiamo fare e a cui dobbiamo abituarci è l’osservazione quotidiana delle nostre piante, soprattutto delle foglie, per rilevare qualsiasi anomalia.
- Lotta ai parassiti
Sono uno degli incubi per chi coltiva, anche se in misura minore per chi ha un orto sul terrazzo. Parliamo dei parassiti che attaccano le nostre piante e che solo un intervento drastico riesce a eliminare.
Pidocchi, cocciniglie, acari e chi più ne ha più ne metta, perché l’elenco potrebbe essere infinito.
Come ogni anno, appena inizia il caldo, si rinnova la lotta a questi parassiti, che può essere biologica, naturale (con l’ausilio di altri insetti antagonisti e innocui per le piante) o chimica, a base di insetticidi.
Se quest’ultima è la scelta o la nostra necessità rivolgiamoci a prodotti sicuri, che si trovano nei migliori centri di giardinaggio: è una regola per la salute degli ortaggi e nostra.
- Insetticidi e antiparassitari
Gli insetticidi che si trovano in commercio possono essere in polvere o spray. Prima di acquistare un prodotto individuiamo con certezza il parassita da combattere.
Al momento di utilizzare il prodotto, prepariamoci adeguatamente anche con gli accessori di protezione: occhiali, guanti e mascherina.
Anche il tempo ha la sua importanza: non deve piovere, ma neanche fare troppo caldo. L’ideale è una giornata un po’ nuvolosa ma senza vento. Naturalmente queste operazioni vanno fatte senza la presenza di bambini e animali.
- Riconoscere i parassiti
Gli afidi, chiamati anche pidocchi delle piante, sono una grande famiglia di insetti. Hanno piccole dimensioni e si adattano bene ai vegetali che li ospitano.
a) Afide del finocchio: appartenente al genere Dysaphis come pure l’afide nero della mela.
b) Afide ceroso del cavolo (Brevicoryne brassicae): è verdognolo e coperto da una polvere cerosa bianca. Si localizza sulle foglie ed è vettore dei virus responsabili del mosaico e della maculatura anulare nera.
c) Cocciniglia: sono insetti che si nutrono della linfa. Le cocciniglie sono riconoscibili dagli altri insetti perché tendono a ricoprirsi di sostanze cerose di protezione.
d) Dorifera della patata: è un insetto appartenente alla famiglia dei coleotteri. è polifago, cioè mangia di tutto: foglie, fiori e frutti compromettendo lo stato della pianta. è un parassita delle solanacee: patata e pomodoro.
- Iniziamo sempre dall’osservazione
Non possono parlare ma non per questo non sanno comunicarci quando hanno bisogno di un intervento speciale.
Basta osservare le foglie e l’aspetto di tutta la pianta per riconoscere i sintomi.
Osservando le foglie si possono capire molte cose. Se sono verdi, lucide, carnose, vuole dire che la piante sta bene, altrimenti...
• Foglie accartocciate: secchezza del terriccio, esagerata esposizione al sole, radici malate.
• Foglie gialle: indicano eccesso di annaffiature, oppure mancanza di azoto o di luce.
• Foglie sbiadite: possibile mancanza di ferro o magnesio.
• Foglie smangiate: presenza di un parassita, una larva o un insetto.
- Prevenire è curare
Proteggere e curare le piante ci permette di ottenere raccolti saporiti. La prevenzione, il controllo e la lavorazione del terreno, con la rotazione delle colture, sono i primi e fondamentali passi per assicurarsi un raccolto sano.
Tuttavia se non riusciamo a dedicarci a un’orticoltura completamente biologica, possiamo trovare in commercio tutti i prodotti che ci possono aiutare in caso di bisogno.
Naturalmente è meglio leggere bene l’etichetta e affidarsi alle marche che offrono prodotti testati, sicuri e di qualità certificata.
- Il controllo e il contrasto
Si possono attuare dei controlli preventivi e mettere in atto azioni di contrasto.
• Utilizziamo terricci acquistati in negozi specializzati.
• Usiamo sementi certificate.
• Scegliamo piantine selezionate.
• Utilizziamo concimi, anche organici, purché non inquinati, ben decomposti e maturati.
• Se si utilizzano miscele di terra da giardino e terricci commerciali, accertiamoci della provenienza della terra e teniamo sotto controllo l’eventuale proliferazione di malerbe.
• Manteniamo più pulito possibile il terreno da malerbe e da semi infestanti.
• Uno dei vettori di sementi più importante è il letame; se non è ben maturo rischia di contenere grandi quantità di semi, che gli animali hanno ingerito.
• Altri vettori sono l’acqua d’irrigazione. Se si tratta di acqua riciclata è meglio filtrarla o lasciarla decantare.
• Utilizziamo pacciamature e cortecce diserbanti può aiutare a circoscrivere il “problema infestanti”.
- Muffe e batteri
a) Peronospora (peperone) (Phytophthora capsici)
Causa marciume del colletto e del fusto e macchie idroponiche sui frutti non ancora maturi. Eliminiamo le parti malate ed evitiamo il ristagno d’acqua.
b) Marciume (pomodoro) (Fusarium oxysporum).
E' verdognolo e coperto da una polvere cerosa bianca. Si localizza sulle foglie ed è vettore dei virus responsabili del mosaico e della maculatura anulare nera.
c) Oidio o mal bianco
Sono molte le piante colpite dal micelio bianco. Oltre alla zucchina, anche piselli o ribes. Dobbiamo ridurre le irrigazioni ed eliminare le foglie malate.
d) Virosi della patata
Il fungo che la causa rimane nel terreno come micelio o sclerozio finché le condizioni climatiche ne aiutano la ripresa. Attacca tuberi, fusto, germogli, radici con macchie brune irregolari che si estendono nei tessuti.