Ex avvocato, Wilhelm Stieber scoprì da poliziotto la sua vera vocazione con le indagini segrete, al di fuori della legge.
Con mezzi spregiudicati servì egregiamente il governo prussiano e quando fu ingaggiato da Bismarck ebbe un ruolo importate nella vittoria contro la Francia di Napoleone III.
Ma chi era veramente Wilhelm Stieber, l’uomo che inventò i Servizi Segreti?Scopriamolo insieme.
1. Wilhelm Stieber e la nascita dei Servizi Segreti
Nel 1844 il 26enne Wilhelm Stieber trovò la sua strada nel mondo, spianando quella dei molti che l’avrebbero percorsa dopo di lui: una professione nuova, la spia a tempo pieno, l’agente segreto al servizio dello Stato.
Nato nel 1818 in Sassonia, ma vissuto sempre a Berlino, sembrava destinato a seguire le orme del padre, pastore protestante, che gli aveva anche pagato gli studi di teologia all’Università della capitale prussiana.
La legge divina, tuttavia, non suscitava in lui particolare interesse, mentre era interessato alle leggi degli uomini, e così il giovane Stieber, di nascosto dal genitore, si dedicò agli studi di Giurisprudenza, con l’intenzione di diventare avvocato penalista.
Quando rivelò al padre il suo inganno venne però da questi diseredato e privato di ogni sostegno. Il giovane fu così costretto a guadagnarsi da vivere, ma pur dando prova di essere un valente avvocato, i suoi guadagni erano scarsi e aleatori per l’infimo livello sociale dei delinquenti comuni che assisteva, e così, nel 1844, Stieber si candidò e ottenne un posto come ispettore di polizia a Berlino.
Al suo primo incarico ebbe subito l’opportunità di mettersi in luce. Il Ministro degli Interni lo inviò sotto copertura in Slesia per condurre un’indagine su una presunta cospirazione di lavoratori.
Fingendosi un pittore paesaggista di nome Schmidt, percorse indisturbato il territorio con cavalletto, tele e colori, chiacchierando con le persone del posto e conquistandone la fiducia; riuscì così a identificare rapidamente i capi della cosiddetta “Rivolta dei tessitori slesiani” (4-6 giugno 1844), facendoli arrestare.
Calvizia precoce, baffi sottili e radi, un fisico insignificante, occhi glaciali e piccoli dietro spessi occhiali da miope: Wilhelm Stieber non era dotato del fascino personale di un James Bond, ma di questi aveva i nervi d’acciaio, la tenacia e la risolutezza.
Questi tratti del suo carattere lo avrebbero portato a inventare il ruolo della spia moderna: non un romantico avventuriero, ma un uomo freddo e calcolatore per il quale il fine giustifica ogni mezzo disponibile.
Nacquero così i Servizi Segreti fondati su vaste reti di spie, capaci di creare non solo indagini sommerse, ma anche campagne di propaganda e disinformazione.
Stieber non si fermò davanti a nulla per arricchire di preziose informazioni i suoi voluminosi schedari, fonte di ricatti che facilitavano le sue imprese. Ed era anche sufficientemente coraggioso da impegnarsi personalmente agendo egli stesso come infiltrato.
Dietro quell’apparenza insignificante si nascondeva l’animo di un grande giocatore, con il gusto eccitante per il rischio e il pericolo.
Nella foto sotto, nel dipinto di Anton von Werner è rappresentato l’arrivo di re Guglielmo I, il 9 agosto 1870, a Saarbrücken, liberata dalle truppe di occupazione francesi.
2. Salvò il re, ma fu forse un trucco
Fu durante i disordini del 1848 – anno di rivoluzioni in tutta Europa – che Stieber ottenne la propria consacrazione, dando la prova definitiva della sua prontezza di spirito e della sua spregiudicatezza.
Con Berlino sull’orlo della ribellione, il re Federico Guglielmo IV (sul trono dal 1840) ebbe la cattiva idea di uscire a cavallo da solo per le strade della capitale, convinto di poter riportare l’ordine tra i suoi sudditi con la sola forza della sua autorevolezza.
Invece fu rapidamente circondato da una folla di vocianti malintenzionati pronti ad aggredirlo.
Ci sono diverse versioni di ciò che accadde: Stieber ricorda nelle sue memorie di aver strappato la bandiera a uno dei manifestanti e, sventolando quella con una mano mentre teneva stretti i finimenti del cavallo del re con l’altra, condusse il sovrano in salvo fendendo la folla al grido: «Il re è al nostro fianco! Fate largo al nostro re!».
Voci forse maligne suggerirono che fosse stato lo stesso Stieber a organizzare l’agguato al re, allo scopo di diventare il suo salvatore e guadagnarsi così la sua benevolenza. Sarebbe stato dunque un assaggio dei suoi trucchi magistrali.
Comunque sia andata, nel novembre 1850 si inaugurò nel Ministero degli Interni prussiano una sezione di “Polizia Criminale” con giurisdizione interdistrettuale, affidata al comando di Wilhelm Stieber. A soli 32 anni era giunto al vertice di un incarico delicatissimo per la sicurezza dello Stato in un momento profondamente critico.
La Germania, come gli altri Paesi europei, era infatti alle prese con i primi sommovimenti politici e sociali. Karl Marx, esule a Londra, organizzava la Lega dei comunisti diffondendo le sue idee rivoluzionarie grazie al giornale “Vorwärts!” (Avanti!) e su di lui si concentrarono ovviamente le attenzioni della polizia tedesca (nella foto in alto a sinistra, una pagina del quotidiano "Vorwärts", che diffondeva le idee di Karl Marx.).
Stieber riuscì a beffare il filosofo tedesco: si presentò a lui fingendosi un giornalista e medico che doveva portare notizie a un suo parente membro della Lega dei comunisti. Marx abboccò all’amo indirizzandolo ad un esponente della Lega a Parigi che teneva l’archivio dell’organizzazione, ed era anche il suo medico di fiducia.
Non solo: credendo di parlare con un dottore, Marx gli rivelò dettagli sulle sue condizioni di salute, che servirono poi a Stieber per guadagnarsi la fiducia del medico del filosofo, facendosi consegnare, assieme alle medicine di cui questi aveva necessità, anche l’elenco completo dei membri della Lega.
Nella foto sotto, "La battaglia di Dybbøl", episodio della guerra con la Danimarca, voluta da Bismarck per approfittare della crisi dinastica danese. Ne uscì vincitore, anche grazie alle informazioni di Stieber.
3. Donne facili dalla doppia professione
Con queste brillanti premesse, la carriera di Stieber fu rapida, nel 1853 era già a capo dei servizi di sicurezza prussiani. Tra le sue prime iniziative una in particolare era destinata ad avere un grande successo.
Durante i suoi trascorsi da avvocato prima e da poliziotto poi, aveva avuto modo di frequentare la malavita berlinese, traendo da questa esperienza un grande patrimonio di conoscenze.
In particolare, aveva notato come le prostitute fossero abili nel carpire informazioni ai clienti, spesso usandole per ricattare i più facoltosi. Molte di loro erano abbastanza spregiudicate e intelligenti, talune capaci di citare a memoria versi classici in greco e latino, o in grado di sembrare esperte in materia economica, militare e giuridica.
Molti clienti delle prostitute, del resto, hanno una certa propensione, nel talamo clandestino, a lasciarsi andare a confidenze dettate spesso dalla vanità.
«Mi sembravano predestinate a diventare spie», scrisse nelle sue memorie, e in questo ruolo le reclutò non solo mettendole a libro paga, ma facendo costituire, a beneficio dell’intera categoria, un fondo per il loro recupero.
Grazie alla sua rete di spie-prostitute, in breve Stieber fu in possesso di una mole di informazioni delicatissime sulle personalità più eminenti della società prussiana, così come sugli ambasciatori e altri rappresentanti di Paesi esteri: tutto accuratamente schedato in un archivio aggiornato quotidianamente.
In seguito, aprì a Berlino il bordello più elegante e lussuoso della città, “La Casa Verde”, nel quale tutto il personale di servizio era formato da spie. Il potere concentrato nelle sue mani divenne enorme, ma crebbe parallelamente anche l’odio verso di lui da parte delle vittime, violate nei loro vizi privati.
Quando il re Federico Guglielmo IV, suo estimatore e protettore, fu dichiarato incapace di intendere, Stieber, rimasto senza protezione, capì di essere alla mercé dei suoi tanti e potenti nemici, che non aspettavano altro.
La reggenza del futuro re e imperatore Guglielmo I – conservatore, ma più rispettoso delle prerogative costituzionali – comportò infatti come prima conseguenza una ventata di moralità: il cinico e onnipotente Stieber fu arrestato e imprigionato.
Ma aveva le sue armi: minacciando di rendere pubblici i suoi voluminosi e compromettenti dossier si fece rimettere in libertà, anche se rimosso dall’incarico e a stipendio dimezzato.
L’ormai ex capo delle spie prussiane non era però individuo da arrendersi tanto facilmente, e neppure uomo dei cui talenti la Prussia potesse fare a meno, soprattutto considerando l’ambiziosa agenda del Primo ministro Otto von Bismarck.
3 guerre in 6 anni erano destinate infatti a cambiare il volto dell’Europa, portando all’unificazione della Germania: in questo processo Stieber ebbe un ruolo tanto oscuro quanto importante.
La sua riabilitazione avvenne nel 1863, quando sventò un complotto per assassinare proprio Bismarck. Forse si trattò ancora una volta di un trucco, ma Bismarck prese la cosa molto sul serio e da quel momento Stieber divenne il suo uomo di fiducia, in grado di risolvere tutti i suoi problemi.
Stieber ebbe così carta bianca e ne approfittò ampiamente, a beneficio della Germania e dei grandiosi progetti di Bismarck. Il Cancelliere prussiano per parte sua era forse l’unico uomo al mondo a comprendere il valore di Stieber e l’inestimabile utilità nel suo poco nobile lavoro.
Se gli altezzosi ufficiali dell’esercito si rifiutavano ostentatamente di dividere il tavolo con una spia, Otto von Bismarck riservava a Stieber l’onore di cenare privatamente con lui.
Nella foto sotto e in alto a sinistra, ritratti ufficiali di Otto von Bismarck.
4. L’Austria, nemica sotto osservazione
In base alla sua esperienza, Stieber giunse alla conclusione che i metodi tradizionali di spionaggio producevano solo risultati limitati e talvolta insoddisfacenti.
Le spie dilettanti non possedevano le conoscenze tecniche per comprendere la reale rilevanza delle informazioni che dovevano ottenere, né la portata di quelle di cui entravano in possesso.
Inoltre, in epoche precedenti erano state impiegate un numero limitato di spie, facilitando il compito dei servizi di controspionaggio nemico che potevano concentrare le proprie risorse su pochi bersagli.
I servizi segreti prussiani furono riorganizzati in sezioni specializzate, compresa una espressamente dedicata alla crittografia. Dopo la facile vittoria contro la Danimarca del 1864, nelle guerre contro l’Impero austroungarico (1866) e contro la Francia (1870-71) Stieber ebbe una libertà d’azione totale e fondi generosi a disposizione.
Per opera sua, la nemica Austria fu coperta da una fitta rete di cellule spionistiche assoldate localmente, in modo da non suscitare sospetti: ogni informazione veniva poi vagliata attentamente e archiviata dagli uffici di Berlino, costruendo un quadro completo e dettagliato della situazione politica e militare dello stato avversario.
Tra le spie assoldate molti furono i giornalisti, che per la loro professione erano contemporaneamente insospettabili cacciatori di notizie e ben introdotti nelle alte sfere, oltre che “opinion maker”, con una certa influenza nelle alte sfere.
Grazie a questo vasto apparato, l’opinione pubblica austriaca fu così fortemente influenzata dai giornali, rendendo impopolare la guerra, risultato ottenuto anche grazie all’agenzia di stampa tedesca Wolff, segretamente finanziata dal governo prussiano.
Stieber fu dunque un precursore delle pratiche di disinformazione per minare alla base il morale e la coesione politica del nemico, ma altrettanto innovativo fu il suo uso delle tecniche di propaganda praticato dall’Ufficio centrale delle informazioni da lui costituito: i quotidiani prussiani furono imbeccati con notizie entusiasmanti sulla conduzione della guerra per rinvigorire il consenso da parte della popolazione prussiana.
Fu però nella guerra contro la Francia che Stieber superò se stesso, grazie anche a risorse economiche praticamente illimitate: in preparazione della Guerra franco-prussiana Bismarck gli consegnò addirittura l’intero tesoro dello stato dell’Hannover, da poco federato alla Prussia, in modo che non apparisse traccia di questi fondi neri nel bilancio statale controllato dal Parlamento.
Nella foto sotto, “La battaglia di Hradec Kralove, 3 luglio 1866”, opera di Georg Bleibtreu. Il re prussiano Guglielmo I, Bismarck e il generale Moltke osservano le loro truppe, che ottennero una schiacciante vittoria. Nella foto piccola in alto a sinistra, il re Federico Guglielmo IV.
5. Come si incastra un imperatore
Stieber giunse in Francia sotto le mentite spoglie di un giornalista, anche questa volta usando il nome Schmidt, e si mise subito all’opera.
In preparazione della guerra, setacciò il Paese alla ricerca di persone in posti chiave che avessero problemi economici, fossero insoddisfatte della loro condizione o della loro carriera.
Quindi fondò una banca allo scopo di offrire loro prestiti a condizioni estremamente favorevoli. In tanti caddero nella sua trappola, giornalisti, politici, alti funzionari, militari, imprenditori: tutti preziosi collaboratori.
Spesso non era nemmeno necessario guadagnare la loro complicità: molti francesi erano così risentiti e avversi a Napoleone III che ritenevano patriottico collaborare alla sua caduta. Una rete di 15mila spie produsse una tale mole di informazioni prima e durante il conflitto da costringere Stieber a lavorare per 22 ore al giorno.
Con suprema astuzia il capo delle spie tedesche aveva scelto i propri informatori francesi tra personalità insospettabili: sul suo libro paga aveva ad esempio il capo cocchiere del Ministro della Guerra francese, che non solo accompagnava il suo padrone in tutte le ispezioni alle truppe e alle installazioni militari, ma ascoltava anche le conversazioni che avvenivano nella sua carrozza. E riferiva puntualmente.
Con questi mezzi e tale impegno, i risultati non tardarono ad arrivare. Il primo fu forse anche il più importante: Stieber ebbe la certezza che le truppe francesi erano sparpagliate in tutto il mondo per difendere le colonie o proteggere lo Stato Pontificio dagli italiani.
Se la Francia fosse scesa in guerra, ci sarebbe voluto parecchio tempo prima di raccogliere sufficienti soldati per la difesa del suolo nazionale. Stieber calcolò – non discostandosi troppo dal vero – che ci sarebbero volute due intere settimane per mobilitare contro la Germania anche solo 100mila uomini, e quando Bismarck ne fu informato confidò alla sua spia che queste notizie rappresentavano «un vero e proprio invito per lo stivale del soldato tedesco».
Inutile dire che il destinatario del calcio era Napoleone III (nella foto in alto a sinistra). Il ruolo di Stieber anche durante il conflitto fu essenziale, così pure nella sua conclusione. Stieber aveva infatti infiltrato un proprio informatore anche nel quartier generale del maresciallo Mac-Mahon, che riferì ai prussiani il piano francese per liberare dall'assedio la fortezza di Metz.
Questa informazione permise ai prussiani guidati da Helmuth von Moltke di prenderli in trappola costringendoli a rinchiudersi nella fortezza di Sedan. Ma anche a Sedan erano all’opera gli agenti di Stieber che riportarono al loro capo l’incredibile notizia che l’imperatore Napoleone III era anch’egli intrappolato nella fortezza con i suoi soldati.
L’imperatore francese fu costretto ad arrendersi il 2 settembre 1870 insieme a 104mila uomini: era non solo la fine per la Francia, ma l’ultimo tassello del progetto di Bismarck per un impero prussiano-germanico. Tra l’altro, la fine dell’ultimo Bonaparte ebbe la conseguenza, per il nuovo Regno d’Italia, di potersi annettere indisturbato lo Stato Pontificio.
Non c’è dubbio che la Germania sarebbe stata unificata anche senza le oscure manovre di Stieber, ma certo il suo contributo fu tanto importante quanto poco riconosciuto: coi suoi metodi aveva fatto guadagnare ai Servizi Segreti tedeschi una fama sinistra che allarmò l’intera Europa.
Nelle cancellerie e nelle corti si diffuse una vera ossessione per lo spionaggio e si corse ai ripari replicando le istituzioni e i metodi di cui Stieber era stato il precursore, inaugurando così l’era degli intrighi spie contro spie.
I meriti dell’artefice di questa vera e propria rivoluzione nell’Intelligence non furono però mai riconosciuti. Nemmeno i suoi compatrioti, per i quali Stieber tanto si spese, furono particolarmente orgogliosi di lui, tanto che si disse sarcasticamente che quando morì, nel 1892, i tedeschi accompagnarono il feretro non per piangerlo, ma per assicurarsi che fosse morto.
Nella foto sotto, ritratto del kaiser Guglielmo I, re di Prussia e di Germania.