Secondo gli psichiatri del Royal College of Psychiatrists, a una persona su cinque è capitato almeno una volta di sentirsi spossata e una su dieci dice di essere costantemente stanca.
È proprio la sensazione di affaticamento a motivare il 20 per cento delle visite mediche nei Paesi più avanzati, tanto che i clinici hanno inventato un nuovo acronimo per descrivere lo stato di stanchezza permanente: TATT (Tired All The Time).
Le nostre vite sono sempre più frenetiche: ma è proprio inevitabile sentirsi costantemente esausti?
Le ultime ricerche ci insegnano come vincere questa sensazione di affaticamento permanente.
Ma come si può sconfiggere la stanchezza e l’affaticamento permanente? Ecco tutti i consigli utili per ritrovare le energie perdute.
1. Sentirsi stanchi ha conseguenze preoccupanti
Secondo gli psichiatri del Royal College of Psychiatrists, a una persona su cinque è capitato almeno una volta di sentirsi spossata e una su dieci dice di essere costantemente stanca.
È proprio la sensazione di affaticamento a motivare il 20 per cento delle visite mediche nei Paesi più avanzati, tanto che i clinici hanno inventato un nuovo acronimo per descrivere lo stato di stanchezza permanente: TATT (Tired All The Time).
C’è poco da scherzare: la privazione del sonno comporta gravi rischi psicofisici. Secondo il Ministero del Trasporti, il 20 per cento circa degli incidenti sulle strade di grande percorrenza avviene proprio per sonnolenza.
Le persone in debito di sonno tendono anche a diventare più pessimiste, e questo, secondo l’Università della Pennsylvania, potrebbe incrementare la tendenza alla depressione. Non dormire a sufficienza, poi, farebbe aumentare il rischio di obesità, cardiopatie, diabete e ictus.
Anche quando si riposa a sufficienza, tuttavia, è possibile sentirsi stanchi, con conseguenze preoccupanti.
Una ricerca dell’Università dell’Alabama ha stabilito che continuare a lavorare quando si è senza energie fa aumentare la pressione sanguigna: le persone tendono infatti a compensare con sforzi maggiori le ridotte capacità di svolgere un compito.
C’è effettivamente chi soffre di sindrome da fatica cronica o Encefalomielite Mialgica (CFS/ ME), o di altre sindromi da affaticamento correlate per esempio a forme tumorali, con una grave riduzione della qualità della vita.
Ma milioni di altre persone riferiscono comunque una condizione di spossatezza ricorrente e apparentemente inspiegabile: che cosa non va? Siamo vittime del nostro stile di vita frenetico, che ci richiede di essere attivi 24 ore su 24?
Oppure per quale altro motivo ci sentiamo sempre sull’orlo del burnout (una forma di esaurimento dovuto allo stress)? Fino a oggi, si sapeva ben poco dei processi biologici che determinano la sensazione di affaticamento.
Soltanto negli ultimi decenni, le preoccupazioni relative alla diffusione di patologie croniche quali l’Encefalomielite Mialgica (CFS/ME) hanno favorito gli investimenti in ricerche volte a chiarirne le cause.
Sembra ormai accertato che, anche se lo spettro relativo ai tipi di stanchezza è piuttosto ampio, tutte le varie forme e le loro cause sembrano correlate.
Julia Newton, direttrice di un centro specializzato, il Newcastle Centre for Fatigue Research dell’Università di Newcastle, spiega l’origine del fenomeno con una classica curva di Gauss:
“A un’estremità del diagramma, si trovano le persone che hanno soltanto bisogno di dormire di più e organizzarsi meglio. All’estremità opposta, ci sono i pazienti con forme di affaticamento cronico, diagnosticate o meno. Tutti gli altri, invece, occupano la parte più ampia, la ‘campana’ della curva”.
È proprio questa la zona che presenta le maggiori complessità, in quanto questi quadri sintomatologici possono essere causati da un’associazione di diversi fattori, ambientali, personali e sanitari.
Recenti ricerche iniziano a confermare che la genetica, le funzioni cellulari, gli stati infiammatori e la risposta del cervello a stimoli luminosi possono essere tutte concause del rischio di esaurimento fisico, oggi così diffuso.
2. Sempre stanchi
A livello cellulare, gli scienziati si interessano sempre più di come i mitocondri (le “centrali energetiche” contenute in ogni cellula umana) concorrano a determinare i livelli di stanchezza nell’uomo.
Questi organelli, infatti, convertono ossigeno, zuccheri, lipidi e proteine in molecole di ATP, la fonte di energia utilizzata dall’organismo per alimentare i tessuti cerebrali e muscolari.
Le patologie mitocondriali provocano una condizione di affaticamento associata, secondo recenti ricerche, alla mancata produzione di determinati enzimi.
Ricerche sulla CFS/ME condotte dallo specialista americano Robert Naviaux hanno dimostrato che questo stato è caratterizzato proprio da alterazioni della funzionalità dei mitocondri.
Naviaux ritiene che tali variazioni possano essere innescate da fattori di stress quali infezioni o traumi sia fisici che psicologici.
L’esperto cita nuovi studi che confermano come sollecitazioni negative possano determinare modifiche al metabolismo con conseguenti stati di pseudo-ibernazione (torpore, diapausa ed estivazione).
“Si tratta di condizioni di conservazione energetica che consentono la sopravvivenza malgrado lo stress ambientale, a spese però della capacità di gestione energetica delle normali attività quotidiane”, ha spiegato Naviaux. “I mitocondri sono centraline di comando fondamentali per questi processi”.
L’esplorazione delle origini metaboliche dell’affaticamento può correlarsi ad altri studi che suggeriscono che, talvolta, la stanchezza ha basi organiche, anche se non diagnosticate.
Per esempio, recenti ricerche hanno segnalato che i casi di spossatezza più gravi sarebbero associati a un incremento dei livelli di leptina, un ormone prodotto dai tessuti adiposi che segnala al cervello il raggiungimento di riserve energetiche adeguate.
Si è dunque ipotizzato che un eccesso di leptina (forse causato da un accumulo di grasso corporeo) ci faccia sentire meno energici: poiché non abbiamo bisogno di altro cibo, il nostro organismo non ci spinge a uscire di casa per procurarcelo.
Ciò confermerebbe le evidenze secondo le quali digiunare a fasi alterne, riducendo le nostre riserve lipidiche, ci farebbe sentire più scattanti.
Altre ricerche indicano che le persone affette da CFS/ME, la Sindrome da Fatica Cronica ed Encefalomielite Mialgica, hanno effettivamente livelli elevati di leptina e altre sostanze analoghe, dette citochine, rilasciate dall’organismo in quadri infiammatori.
Questi mediatori, prodotti anch’essi nei tessuti adiposi, hanno un ruolo nella risposta immunitaria. Alcuni studi hanno dimostrato che lievi stati infiammatori privano i topi dell’energia necessaria a farli correre su una ruota.
Ciò suggerisce che l’infiammazione dei tessuti (che sia in risposta a un attacco virale, cronica, oppure dovuta a cattiva regolazione della produzione di citochine) possa essere sufficiente, da sola, a farci sentire esausti.
Alcuni scienziati olandesi hanno avviato un’importante sperimentazione per tentare di determinare se un particolare farmaco anti-infiammatorio, che inibisce uno specifico mediatore citochinico, possa alleviare i sintomi di CFS/ME.
Secondo Newton, è evidente che questi fattori di vulnerabilità organica possono essere alla base dell’affaticamento permanente percepito da alcuni pazienti, per quanto non in forma di malattia conclamata.
“La stanchezza continuamente riferita ai medici di base è sicuramente da mettere in relazione con patologie croniche: non si tratta di due manifestazioni totalmente distinte”, conferma l’esperta.
3. Dormire, la risposta naturale
Nuovi dati suggeriscono l’ipotesi che alcuni di noi, semplicemente, potrebbero essere nati con una predisposizione sia fisica sia psicologica alla stanchezza.
Ricercatori dell’Università di Edimburgo hanno analizzato il profilo genetico di 111.749 persone, che avevano detto di sentirsi affaticate nelle due settimane precedenti la raccolta di campioni per la UK Biobank (un progetto di ricerca nazionale in Gran Bretagna per la realizzazione di una banca dati allo scopo di studiare e prevenire molte malattie).
È stata così riscontrata un’affinità genetica tra coloro che riferivano la condizione di stanchezza e i soggetti inclini a sviluppare diabete, schizofrenia, ipercolesterolemia e obesità.
“Questo fa pensare a una correlazione, a livello di DNA, tra spossatezza e suscettibilità a fattori di stress fisiologico”, hanno concluso gli studiosi, guidati da Ian Deary.
Tuttavia, il team ha sostenuto anche che la maggior parte delle differenze nella sintomatologia riferibile all’affaticamento, descritte dai soggetti esaminati, potrebbero essere dovute a cause ambientali piuttosto che genetiche. In altre parole, il nostro stile di vita, e ciò che ci capita ogni giorno, sono elementi importantissimi.
Anche l’impatto dell’esposizione alla luce naturale sta diventando sempre più evidente. Per decenni, ci hanno detto che è fondamentale adottare abitudini regolari e dormire sempre alla stessa ora.
Oggi, le ultime ricerche confermano l’importanza di una regione del cervello detta nucleo soprachiasmatico (SCN), un grappolo di cellule localizzato nell’ipotalamo che risponde ai segnali luminosi inviati dagli occhi.
In presenza di luce diurna, il nucleo SCN trasmette messaggi ad altre aree cerebrali, che determinano la produzione di ormoni il cui scopo è farci sentire attivi. Di notte, invece, i segnali innescano il rilascio di altri ormoni, come la melatonina, che favoriscono il sonno.
Se abbiamo ritmi di vita regolari, il nostro cervello si abitua a rilasciare gli ormoni giusti al momento giusto; in caso contrario, vivremo in perpetuo conflitto con i nostri ritmi circadiani naturali.
La luce blu emanata dagli schermi di computer e smartphone imita quella naturale, e può confondere il nostro SCN, soprattutto se utilizziamo questi dispositivi nelle ore notturne: il cervello pensa che sia giorno, e per questo ci sentiamo vigili invece che assonnati, e non riposiamo affatto.
C’è crescente interesse, da parte del pubblico e della comunità scientifica, nei confronti dei cosiddetti “agenti cronobiotici”, che regolano il nostro orologio biologico mitigando i problemi legati al sonno, alla stanchezza e all’alterazione dell’umore.
Gli esiti degli studi sull’uso di melatonina in capsule per contrastare la sensazione di affaticamento sono ambigui, e i medici consigliano di non eccedere nell’assunzione di questi integratori.
Ma alcuni antidepressivi di ultima generazione, come l’agomelatina, agiscono regolando i ritmi circadiani ed è dimostrato che sono in grado di migliorare la funzionalità diurna, alleviando la stanchezza.
Alcuni di noi sono sfiniti per una ragione molto semplice: eppure, dice Newton, è l’ultima a cui pensiamo. Nella sua clinica specializzata di Newcastle, vede centinaia di pazienti il cui unico problema è fin troppo ovvio.
“È incredibile che così tante persone non associno l’affaticamento diurno alla scarsa qualità del sonno”, afferma la scienziata. “A volte è soltanto questione di dormire di più: molti di noi scelgono di rimanere attivi anche di notte, e non riposano adeguatamente”.
“I miei pazienti devono tenere un diario, e quando, dopo averlo controllato, chiedo loro: “Ma in tutto questo, quando è previsto il riposo?”, sono molto stupiti e mi dicono, “Mi riposo qui, quando sono su Facebook”.
Tocca a me disilluderli: “Mi dispiace, ma quello non è riposo... Purtroppo viviamo su un eterno tapis roulant: corriamo, corriamo, corriamo. A volte è semplicemente impossibile sostenere un ritmo simile, sia fisicamente sia mentalmente”.
4. Cause dell'affaticamento e come è possibile eliminarle
- LA TRAPPOLA DEL FINE SETTIMANA
Molti di noi approfittano del weekend per restare a letto più a lungo e compensare così le alzatacce obbligatorie nelle mattinate lavorative.
Ma andare a dormire e svegliarsi a orari diversi rispetto al solito può alterare i nostri ritmi circadiani, ovvero il rilascio ormonale modellato sulla naturale alternanza di sonno e veglia. Questo “jetlag” del fine settimana si associa a stanchezza, sonnolenza, cattivo umore e problemi di salute.
Un recente studio del programma di ricerca su salute e sonno, Sleep and Health Research Program, dell’Università dell’Arizona suggerisce che ogni ora di differenza tra routine settimanale e programma del weekend comporta un incremento dell’11 per cento del rischio di cardiopatie.
Il consiglio: evitare di far tardi la sera e poi dormire troppo a lungo nel fine settimana. Attenersi indicativamente agli orari abituali. Monitorare il ritmo sonno-veglia con un’apposita app o un dispositivo di tracciamento.
- LA MANCANZA DI ESERCIZIO FISICO
Fare troppo movimento può causare affaticamento a breve termine, ma la stanchezza abituale è invece spesso associata alla sedentarietà.
Un’analisi effettuata dall’Università della Georgia ha determinato che il 90 per cento degli studi concordano sul fatto che le persone che si allenano regolarmente sono meno affaticate dei soggetti di controllo, meno attivi.
L’esercizio fisico fa aumentare il rilascio di neurotrasmettitori che agiscono sui livelli energetici e sull’umore, come la dopamina, la norepinefrina e la serotonina.
Inoltre, regola l’attività di un’area del cervello, detta SCN, che sorveglia la produzione degli ormoni tipici degli stati di sonno e veglia.
Muoversi limita anche gli accumuli adiposi, che sembrano associati agli stati di fatica permanente.
Il consiglio: cerchiamo di scoprire quale attività fisica ci piace di più ed è più adatta al nostro stile di vita. Questo ci aiuterà a perseverare e a fare sempre del moto divertendoci!
- STARE SEMPRE IN LUOGHI CHIUSI
La luce, l’aria fresca e gli stimoli degli ambienti esterni sono tutti importanti per la salute del cervello e il buon funzionamento del nucleo soprachiasmatico: rimanere sempre confinati in luoghi chiusi può avere effetti negativi sull’umore e i livelli di energia.
Questo rischio è particolarmente elevato in inverno, quando le giornate sono corte, tendiamo a chiuderci in casa e occasionali sensazioni claustrofobiche possono evolvere in SAD, o disordine affettivo stagionale.
Questo disturbo si manifesta con depressione e sensazione di spossatezza, e si ritiene che sia causato dalla scarsa esposizione alla luce diurna, che altera la produzione cerebrale di alcune sostanze chimiche, come melatonina e serotonina, attive sui sintomi depressivi e sulla regolarità del sonno.
Il consiglio: imporsi di uscire all’aperto ogni due ore circa, anche soltanto per pochi minuti. Ci schiarirà le idee e allevierà la tendenza a letargia e affaticamento. È bene sfruttare anche la pausa pranzo per mangiare fuori, invece di restare alla scrivania.
5. Altre cause dell'affaticamento e come è possibile eliminarle
- FARE ERRORI ALIMENTARI
Essere sovrappeso fa aumentare la sensazione di stanchezza perché il nostro corpo deve “lavorare” di più per svolgere le attività quotidiane.
Inoltre, aumenta la tendenza a sviluppare una patologia detta “apnea ostruttiva notturna”, che comporta il collasso dei tessuti delle prime vie aeree durante il sonno, con conseguente ostruzione.
Le costanti interruzioni del riposo che ne derivano causano la stanchezza diurna.
Anche ciò che mangiamo è importante: livelli insufficienti di ferro e vitamine del gruppo B possono tradursi in sovraffaticamento.
Inoltre, una dieta ricca di carboidrati e zuccheri semplici, come dolciumi e biscotti, che vengono immediatamente “bruciati” dal nostro organismo, può metterci in crisi quando il picco energetico si azzera rapidamente, lasciandoci privi di energia a lungo termine.
Il consiglio: i nutrizionisti raccomandano di seguire una dieta bilanciata, comprensiva di carboidrati complessi come pane, riso e pasta integrali, legumi e cereali come l’avena che vengono metabolizzati lentamente dall’organismo, evitando il rischio di “crisi” energetiche.
- BERE CAFFÈ E ALCOLICI
La caffeina dà assuefazione, e uno dei sintomi più comuni di questa condizione è la stanchezza.
Una ricerca della Johns Hopkins Medical School ha dimostrato che, benché chi beve caffè sia convinto che la bevanda migliori le prestazioni e anche l’umore, in realtà il suo consumo serve soltanto a limitare gli effetti avversi dell’astinenza da caffeina, riportando l’organismo allo stato di funzionamento normale.
Anche l’alcol provoca affaticamento, disidratazione e disturbi del sonno. A lungo termine, può determinare ansia e depressione, condizioni legate a insonnia o letargia.
Il consiglio: la caffeina e le bevande alcoliche possono essere alla base della nostra mancanza di energie. Proviamo a evitarle per almeno una settimana, per superare la fase di astinenza e verificare se, effettivamente, poi ci sentiremo meglio.
- STUPEFACENTI E FARMACI
Le cosiddette droghe ricreative possono causare la sensazione di affaticamento, che compare anche tra gli effetti collaterali di farmaci quali le statine, gli antiallergici, e i principi attivi di terapie ormonali e antitumorali.
Secondo l’organismo informativo sugli stupefacenti Frank, la sensazione di euforia, o “high”, sperimentata in seguito al consumo di sostanze quali cocaina, speed ed ecstasy è spesso seguita da una fase di “down”, caratterizzata da stanchezza e depressione.
Scienziati dell’Imperial College di Londra hanno dimostrato che fumare marijuana, a lungo termine, riduce i livelli cerebrali di dopamina, una sostanza chimica che gioca un ruolo chiave ai fini della percezione di alcune sensazioni positive come motivazione, piacere e soddisfazione.
Questo può determinare mancanza di energia e motivazione.
Il consiglio: se dovete assumere farmaci, controllate i possibili effetti collaterali nelle avvertenze e parlatene con il medico o con il farmacista.
- ANSIA E DEPRESSIONE
La mancanza di sonno e la sensazione di fatica sono strettamente correlati a sintomi depressivi e ansiosi.
Alcuni ricercatori ritengono che la diffusione della depressione potrebbe essere il motivo alla base della costante stanchezza lamentata da tanti.
Studi effettuati dall’Istituto texano di neuroscienze A&M sembrano confermarlo. I ricercatori hanno misurato il livello di ossigenazione dei tessuti cerebrali mentre i soggetti esaminati eseguivano alcuni compiti sia fisici, sia mentali, scoprendo che si stancavano più velocemente durante attività mentali complesse, che assorbivano risorse cerebrali.
Stress e frustrazioni è probabile che facciano stancare più facilmente, dicono gli studiosi.
Il consiglio: esistono quiz che aiutano a valutare il nostro livello di stress e a chiarire se la nostra spossatezza ha origini psicologiche. Se sospettiamo sindromi depressive, meglio consultare un medico.