In natura il sovrappeso non esiste perché tutti gli esseri tendono naturalmente all’equilibrio: ciascuno ha il peso che deve avere.
Gli animali selvatici mangiano esattamente quanto serve loro per disporre delle energie necessarie al fine di procacciarsi altro cibo.
Affrontano quotidianamente imprevisti e novità, e per sopravvivere si adeguano e modificano il proprio comportamento: questa flessibilità impedisce ogni accumulo non funzionale di energie.
Anche gli animali che ingrassano in determinati periodi dell’anno lo fanno per un motivo preciso: creare riserve per i periodi di magra, quando la natura impone il letargo. Noi, viceversa, facciamo di tutto per evitare le novità, per proteggerci da qualsiasi imprevisto, anche minimo.
E per giunta accumuliamo al di là di qualsiasi necessità. Finché riusciamo a conservare una certa apertura mentale l’equilibrio regge; quando però questa condizione di staticità nei confronti della vita si trasferisce al mondo interiore e diventa uno stile di pensiero, allora corriamo rischi seri.
Diventiamo come animali sottratti alla natura, da allevamento, quelli che non a caso sono definiti “animali all’ingrasso”. Proprio come loro, perdiamo la naturale capacità di autoregolarci, di mangiare quello che serve restando nel nostro peso-forma. Per timore di affrontare la vita, rinunciamo alla natura per chiuderci in una gabbia!
Molte persone conducono vite che non sentono come proprie, nelle quali il talento personale non riesce a realizzarsi. In una tale quotidianità meccanica, stressata e “compressa”, le energie migliori rimangono intrappolate nel corpo, la vitalità profonda non fluisce e ristagna.
Se sai cosa ti succederà, tutti i giorni, è come se la vita fosse finita. L’esistenza si svolge allora dentro un perimetro mentale che non valichiamo mai. Non siamo più “in viaggio nella vita”, pronti a quanto di nuovo ci può accadere.
Anziché viaggiatori, diveniamo turisti: preferiamo i viaggi organizzati, dove tutto è regolato e previsto. Il mondo diventa scontato; è come se pensassimo che niente muterà, che nulla potrà sorprenderci: «Quello che dovevo fare ormai l’ho fatto». È la stasi esistenziale, la sedentarietà mentale.
Un simile modo d’essere sviluppa una ben precisa “chimica del cervello”, quella dell’accumulo, che a sua volta influisce sul metabolismo. Se non usi più le energie (mentali, creative, emotive), le stocchi e le immagazzini.
Dalle tue giornate spariscono le passioni, il sesso, l’entusiasmo: ti chiudi in una sorta di “cilindro” asessuato: «Se non desidero, a cosa mi serve un bel corpo? L’importante è mangiare, così non ci penso più. Non mi innamoro, non soffro, non corro rischi».
Il cibo, da carburante essenziale per la tua avventura nel mondo, diventa il surrogato delle emozioni perdute, la droga con cui anestetizzare la tua anima. Per questo tutto inizia a ruotare intorno al cibo: gli interessi, la socialità, i pensieri.
Il cibo colma tutto, è la risposta a tutto, è l’air-bag tra te e la vita. Ecco, allora, come dimagrire senza diete!
1. Sbarazzati di tutti i tuoi pesi mentali
Le persone che tendono a ingrassare hanno acquisito una visione statica della vita: per loro non succede mai niente di nuovo o di eccitante.
Questa mentalità è una zavorra analoga in tutto e per tutto a quella del grasso in eccesso, e si esprime in una routine piatta, nessuna piccola follia, nessun “colpo di testa” o cambiamento di programma, nessun azzardo: in questa palude di pensieri monotoni crescono i chili di troppo.
Come imparare a cogliere le diverse sfumature di un paesaggio che ci appare sempre identico? C’è una piccola tecnica che, nella sua semplicità, può costituire un primo passo capace di rimettere in moto la mente e aiutarla a “vedersi” in un’altra prospettiva.
Ciò è fondamentale perché rinnovare la mentalità, schiodarla da quel modo fisso di considerare se stessi, è la condizione necessaria per uscire dalla “psiche del sovrappeso” e attivare la “psiche bruciagrassi”, quella che, nel fuoco dell’entusiasmo e delle passioni, consuma tutti i chili di troppo.
Alleggerisci il tuo bagaglio! Prendi tre fogli bianchi e scrivi sul primo “com’ero”, sul secondo “come sono” e sul terzo “come vorrei essere”. Poi, pescandole da giornali e riviste, incolla sui fogli delle immagini che, a istinto, rispecchino i tre temi: il tuo passato, il tuo presente e il tuo futuro.
Osserva i fogli con calma: alcune figure sono esclusive del passato, altre si ripetono e rappresentano aspetti tutt’ora importanti nella tua vita e altre ancora indicano una direzione che
desideri intraprendere.
La vita si evolve e ti sposta continuamente. È il momento di scartare il superfluo - le immagini in cui non ti ritrovi più - per orientare la visuale sulle nuove possibilità che si stanno delineando per te, sulle figure che ti rivelano il nuovo che sta emergendo.
Anche le parole ingrassano, ecco quelle da non dire più:
• Fatalismo, rassegnazione. È un virus che invade la mente e spegne sul nascere qualsiasi moto vitale: tanto tutto andrà come le altre volte, niente può cambiare (...So che la mia vita non va bene, ma non ci sono soluzioni. La prossima volta che rinasco cambio tutto!)...
• Vittimismo, lamento! Il lamento costante, la protesta abituale verso il mondo, la sindrome di Calimero: sono tipici di chi immobilizza la propria vitalità e poi accusa gli altri per non sentirsi in colpa (...Non ho sogni, come farei poi a realizzarli con la vita che faccio?).
• Noia, abitudine! La percezione che nella vita non accade mai niente di interessante, di bello, di eccitante o di nuovo trasforma le giornate in una palude grigia, illuminata solo dal fuoco delle calorie (... Con mio marito ormai non c’è più niente da dire. Mi metto sul divano e mangio, sempre meglio che litigare. Ho accumulato 25 chili).
• Romanticismo, idealizzazione! Più si temono le relazioni reali, e più ci si rifugia in quelle ideali e fantasticate. L’amore deve essere assoluto o niente: questo pregiudizio porta a sbagliare partner, a sacrificarsi per chi non lo merita, oppure a vivere lunghi periodi di solitudine (...Aspetto quello giusto).
2. Riempi la tua giornata di piccole follie
Quando sei ingrassato? In che periodo della tua vita? È una domanda fondamentale perché in quel momento successo qualcosa al tuo modo di rapportarti alla vita.
Che cosa hai smesso di fare? Cosa hai perso per strada? Cosa hai cessato di esprimere di te?
Magari prima ti piaceva essere corteggiato, o amavi giocare, fantasticare, o avevi meno impegni, oppure eri più inaffidabile, più spericolato? Quando tutto questo è cambiato?
Molte persone ingrassano perché a un certo punto mettono “la testa a posto”, s’impongono di diventare responsabili, serie, ma confondono la maturità con la perdita di vitalità e la rinuncia alle proprie caratteristiche, alla propria diversità, alle proprie piccole stranezze. La maturità non è diventare seri, ma diventare se stessi!
Nutrirsi significa trasformare la materia in energia, in azione, per costruire ogni giorno la "propria opera". Tu che "opera" stai costruendo?
Se pensi che tutto sommato non stai facendo niente di importante, di piacevole, di appassionante, il cibo non diventa energia, ma resta lì e si accumula, trasformandosi in grasso di scorta.
Dai spazio nel tuo modo di essere, ripensa a ciò che ti piaceva fare in passato, a ciò che ti appassionava e riscoprilo, giorno dopo giorno. La vita è continua riscoperta, di noi stessi!
Asseconda l’istinto che esce dai binari: è lui che dà sapore alla vita! Chi ingrassa ha la tendenza a circoscrivere pensieri e comportamenti in un perimetro di abitudini ripetitive. Non “osa” più, con il risultato di restare incastrato in una vita scontata e senza sorprese.
Ecco perché a un certo punto entra in scena “quello che mangia”. Chi è? Uno “sconosciuto” che emerge da dentro sfuggendo al controllo, un estraneo che ha “fame di vita” e la ingurgita sotto forma di cibo, qualsiasi cibo, e ingrassa perché non gli viene permesso di manifestare in altro modo la sua energia.
Quando mangiare diventa il solo modo per esprimersi, il cibo diventa un’ossessione, e il grasso “occupa tutto lo spazio”, finendo per far espandere il corpo. Occorre prenderne atto senza innescare guerre interne, perché quell’estraneo, alla fine, sei sempre tu. Anzi, è la parte che senti più tua!
Per perdere peso devi smettere di nascondere la parte più importante di te, quella a cui non dai più spazio, e permetterle di scendere in campo. Proprio così: c’è un estraneo che ti abita, che vorrebbe fare tante cose, ma non può e allora si sfoga sul cibo. Ti servono le sue azioni, le azioni “dell’estraneo”.
Lasciagli spazio: ogni tanto asseconda l’impulso che esce dai soliti binari, il gesto che magari temi e senti come rischioso (ad esempio prendere la parola in una riunione e dire come la pensi quando di solito stai in silenzio, o ballare a una festa quando d’abitudine stai in disparte...).
Prendi gusto a queste azioni “estranee”. Vedrai che, in poco tempo, il tuo lato nascosto ti farà dimenticare la solita routine e ti porterà a trovare nuovi piaceri, nuovi entusiasmi propri della tua natura. E farà emergere la donna o l’uomo che adesso sono mascherati e sepolti dalle incombenze quotidiane e... dagli strati di grasso.
3. Fai pace col corpo e ritrova il piacere
Ribaltando il titolo di un vecchio film, possiamo dire: grasso non è bello! Ingrassando si perde la possibilità di vivere bene nel proprio corpo e si mette a rischio la salute.
Chi è grasso non si piace perché sente su di sé lo sguardo giudicante degli altri e in molti casi arriva perfino a odiarsi e a non riuscire a guardarsi allo specchio.
Per questo chi è grasso fa di tutto per sviare l’attenzione dal proprio fisico. Ad esempio cercando di riuscire piacevole “per altri motivi”: dolcezza, intelligenza, simpatia...
Oppure buttandola sul ridere, ripetendo che “si piace così”, recitando la parte del bonaccione per esorcizzare i chili in più, usando una corrosiva autoironia per prevenire i giudizi degli altri.
Non piacersi provoca un dolore talmente forte da innescare così un circolo vizioso: la vergogna viene dissimulata con l’autoironia, che però alimenta la tristezza, per consolarsi della quale ci si rifugia nel cibo, come se gli strati di grasso potessero isolarci dalla sofferenza.
Si può uscirne? Per fortuna sì, è sufficiente ritrovare un rapporto non conflittuale con se stessi. Chi è grasso deve tornare a “vivere nel proprio corpo” non come un recluso, ma come un abitante felice.
Occorre superare la diffidenza accumulata, stimolare le percezioni e ritrovare un corpo “che sente”, invece del mero contenitore, buono solo a riempirsi di cibo.
Cosa fare quando l’attacco di fame vuole travolgerti? Le diete fanno appello solo alla nostra parte razionale e per questo non funzionano: capire che l’eccesso di cibo fa male, infatti, non equivale a smettere di abbuffarsi, come ben sai.
Quando siamo vittime di un attacco di fame, invece di fare appello alle ragioni della testa, proviamo ad “ancorarci” al corpo. In che modo?
1. Quando ti assale il bisogno irresistibile di mangiare qualcosa, invece di buttarti sui primi cibi che trovi nel frigorifero, fermati, appoggia le mani sui fianchi o sulle cosce e stringi fra le dita la tua carne. Per qualche istante continua a stringere, a toccare le zone più “floride” di te: percepisci il tuo corpo e lascia che la sensazione di “avere un corpo”, un corpo pieno, ti colmi.
2. Ti accorgerai che il timore di rimanere senza cibo poco alla volta si allevierà. Quando temi di rimanere in riserva e di non trovare il nutrimento necessario, stringere la tua carne è come toccare con mano un serbatoio di energie.
3. A questo punto o l’attacco sarà passato e tu potrai riprendere l’attività interrotta, oppure alla fame si sarà sostituito un blando appetito, che soddisferai con un frutto o con uno yogurt.
4. Valorizza subito i tuoi punti di forza
Spesso dietro ai chili di troppo si nasconde un’eccessiva remissività.
Per le persone in sovrappeso sono tipici gli atteggiamenti di accondiscendenza, l’incapacità di valorizzare le proprie qualità, la tendenza a subire le aspettative degli altri, la costante ricerca dell’approvazione esterna.
Occorre recuperare i propri istinti, esprimere ciò che proviamo senza la paura di deludere le persone che ci stanno vicino: in fondo non possiamo votarci all’infelicità per piacere a tutti!
Un ottimo modo per recuperare il nostro lato autentico e primordiale è quello di immedesimarsi nell’animale selvatico con il quale sentiamo di avere una maggiore affinità, e portare nella vita di tutti i giorni un po’ della sua energia vitale.
Ritrova la tua originalità! Senza rifletterci, individua a pelle l’animale selvatico che ammiri maggiormente. Una volta scelto, cerca di raccogliere informazioni su di lui.
Se ne hai la possibilità osservalo nel suo ambiente, oppure cerca documentari o filmati che illustrino i suoi comportamenti e le sue caratteristiche. La timidezza del coniglio, la furbizia della volpe, la ferocia della tigre, la velocità dell’aquila...
Isola alcuni di questi atteggiamenti e ogni volta che puoi, durante la giornata, riporta alla mente l’immagine dell’animale che hai scelto e fantastica di comportarti “come fossi lui”.
Per esempio puoi camminare secondo la maniera sinuosa della pantera, “ruggire” come un leone quando senti che il tuo spazio vitale sta per essere invaso da uno scocciatore, isolarti o nasconderti come i gatti quando vogliono leccarsi le ferite o riposarsi.
Assumendo i suoi atteggiamenti, via via ritroverai la spontaneità dei tuoi gesti e vedrai che ti sarà più facile manifestare la tua natura più autentica. Poche cose ci fanno sentire appagati come valorizzarsi.
Aiuta a uscire dall’anonimato, dalla tendenza a nascondersi, dai vestiti “a sacco”, dalla continua mortificazione della propria specificità tipica di chi vive male il proprio corpo ingrassato.
Come fare? Tornando ad apprezzare la propria unicità, le caratteristiche personali! Anziché criticarci in continuazione prendiamo in considerazione il nostro punto di forza e valorizziamolo. Possono essere gli occhi, i capelli, le mani... Partiamo da lì!
Scegliamo un’acconciatura originale che ci piace, impariamo con un trucco adeguato a “far uscire” le nostre qualità, diamo spazio nel vestirci ai colori che ci intrigano e ci fanno sentire bene. Non esiste un unico prototipo di bellezza: esaltare la propria rinforza l’autostima e limita la fame emotiva.
"Devi fare sport"! È quello che si sente sempre dire una persona in sovrappeso. E ci prova, solo che dura poco, perché nessuno resiste molto a fare una cosa che non piace.
Così si sente peggio e ingrassa ancora di più, perché allo scarso movimento si aggiunge il senso di fallimento. Muoversi va bene, ma come? Con divertimento, senza costrizioni, obblighi o eccessiva fatica.
“Cambiare” è la parola d’ordine! Uscire, camminare, ballare, passeggiare col cane, qualsiasi cosa può servire, purché non sia vissuta come un dovere. Quando la nostra mente è assorbita da attività pratiche, non stiamo a rimuginare: facciamo e basta!
Si tratta di dar spazio a una mente più eccitata, più caotica, più mobile: in questo modo anche il corpo entra in un altro campo energetico, dove la fame viene sempre meno a importunarci, e così dimagriamo senza accorgercene, naturalmente.
5. Istruzioni per nutrirsi in modo naturale
- NON È VERO CHE HAI SEMPRE FAME. Impara di nuovo a mangiare solo quando hai appetito
«Ho sempre fame»: è la prima falsa idea da smontare. Quando senti il bisogno di abbuffarti non è vero appetito, piuttosto il bisogno di colmare prima possibile una voragine, un buco che non ha niente a che vedere con il naturale stimolo della fame.
In realtà il vero appetito non lo senti più, dato che non sai più ascoltare i tuoi segnali.
Per tornare al peso forma hai bisogno di entrare in contatto con la tua fame autentica e mangiare soltanto quando provi davvero appetito, non importa in che momento della giornata, se ai pasti principali o fuori orario: l’importante è che sia un tuo moto spontaneo.
Non ha senso sottoalimentarsi e tener duro per poi abbuffarsi come compensazione. Solo quando riuscirai ad abbandonarti al ritmo naturale del tuo corpo tornerai senza fatica al tuo peso ideale. Allenati a riconoscere i segnali:
• Per prima cosa sospendi ogni regime o programma alimentare prestabilito e prova a mettere tra parentesi anche abitudini e routine: la solita colazione, i soliti snack, i canonici orari così via. Ti insegnano a mangiare “a comando” allontanandoti da ciò che senti.
• Sperimenta poi un breve periodo di semi-digiuno: un giorno intero in cui assumere solo liquidi. Lo scopo non è dimagrire, ma tornare a percepire tutti i segnali provenienti dal proprio corpo. A partire dal mattino chiediti se hai davvero fame.
Quali sono le sensazioni precise? Prendi un biscotto e ascolta come reagisce il tuo corpo. Impara a distinguere le varie fasi, dal languorino al gorgoglio dello stomaco, dall’appetito alla fame moderata oppure vorace.
Allenati a distinguerle bene: l’ideale è mangiare quando si avverte un stimolo moderato, non quando la fame è impellente, ma per farlo bisogna tornare a... “riconoscerlo”.
- NON MANGIARE SEMPRE. Impara a capire quando sei sazio e a fermarti.
Per nutrirti in maniera consapevole devi essere cosciente del fatto che il tuo livello di appetito cambia già dopo qualche boccone e diminuisce fino ad esaurirsi completamente nel corso del pasto.
Se non te ne accorgi, se tratti il corpo come un secchio da riempire, è ovvio che non riuscirai a fermarti.
• Rimani quindi concentrato sulle tue sensazioni per percepire il momento in cui avvertirai le prime avvisaglie della sazietà. A quel punto smetti di mangiare: allontana da te il piatto, sentiti pure in diritto di avanzare l’eventuale cibo in eccesso.
Mangia finché hai appetito, ma quando questo non c’è più impara a fermarti. È questa la chiave del successo: chi mangia in modo consapevole, al di là di ciò che assume, si sazia più facilmente e in modo più duraturo.
• Fai attenzione alle diverse gradazioni e sfumature della sazietà. Impara a percepire e a distinguere la sensazione di appagamento dell’aver mangiato a sufficienza dalla sensazione di pienezza eccessiva. È molto importante, dato che una corretta percezione permette di posare la forchetta al momento giusto.
- I SEGNALI DELLA SAZIETÀ. Il cervello ti avvisa: “basta così”. Sei tu che non lo ascolti.
Le sensazioni di fame e di sazietà sono l’effetto di un complesso sistema di autoregolazione dell’organismo: quando l’energia inizia a calare il corpo invia segnali al cervello che dall’ipotalamo rimanda al corpo lo stimolo dell’appetito o, viceversa, dell’appagamento, attraverso un complesso sistema di rilascio di ormoni.
Tra le sostanze prodotte, la grelina e la leptina giocano un ruolo rilevante. La grelina aumenta progressivamente durante il digiuno, sollecitando il senso di fame, per diminuire in seguito all’ingestione di cibo. Il livello di leptina, al contrario, cresce durante i pasti producendo la sensazione di sazietà.
Quando si mangia più del necessario, la produzione di leptina viene accresciuta in modo notevole per segnalare la necessità di interrompere l’introito di alimenti e garantire così la stabilità del peso corporeo.
In chi soffre di sovrappeso l’attivazione fisiologica del senso di sazietà legata all’aumento della leptina avviene normalmente, ma il soggetto non ne ha una chiara percezione, o non vi presta la necessaria attenzione.
È come se questi segnali fossero sovrastati dal “rumore” prodotto dal bisogno emotivo di mangiare e dalla dipendenza dal cibo innescata dalle diete reiterate.