Tanti italiani si sono appassionati alla vicenda di M49, l’orso evaso dalla prigione nella quale era stato messo per volontà del presidente della Provincia autonoma di Trento.
Accusato di aver predato alcuni capi di bestiame, catturato, è riuscito a oltrepassare tre recinzioni alte quattro metri elettrificate con 7000 volt di potenza.
La sua “fuga per la libertà” ha tenuto con il fiato sospeso migliaia di persone, rendendolo simbolo della ribellione al dominio dell’uomo sulla Natura. Il caso dell’orso M49 è solo l’ultimo esempio.
Dopo lupi, tigri, giraffe e mille altre specie, tutte vittime dell’uomo al centro del mondo, che sta diventando un pericolo. Per gli animali, per sé e per la Terra!
1. Accuse alla provincia di Trento ed errori umani
M49 è stato definito, dagli uomini che ne hanno decretato la sorte, un orso “dannoso”.
Con un brutto vizio: abitare in montagna e volersi procurare il cibo. “È vero”, ha ironizzato Francesco Mongioì della Lac di Trento.
“M49 ha dimostrato di essere un orso po’ troppo intraprendente che approfitta di bestiame, specie se negligentemente incustodito. E dannoso, perché mangia le bestie prima che il macellaio le scanni per poi venderle a pezzi e impacchettate al supermercato. A parte questo vizietto di sgranocchiare pecore o mucche non custodite, però, ha dimostrato di non essere pericoloso, di avere paura dell’uomo e di evitare di avvicinarglisi”.
Insomma, un rompiscatole ma schivo. Con il quale è possibile convivere, se ci si impegna un pochino. Impegno che, secondo molti, la Provincia di Trento non ha messo.
“Gli allevatori ricevono sovvenzioni pubbliche per diversi motivi: uno dei quali è che devono sorvegliare gli animali garantendo la presenza sul pascolo almeno una volta al giorno. Non sempre ciò si realizza. Un’amministrazione avveduta sollecita gli allevatori a migliorare le misure di prevenzione, a usare le recinzioni, i cani da guardiania e gli altri metodi di difesa e, infine, a fornire i dati per usufruire dei rimborsi in caso di predazione. Pochi spiccioli molto ben spesi. Ma non è stato fatto”, accusa Mongioì. Più facile togliere di mezzo l’orso.
“Un’amministrazione discutibile”, hanno aggiunto le associazioni ecoanimaliste del Coordinamento Life for Ursos, “ha lasciato che l’orso predasse, ha lasciato montare le paure irrazionali della popolazione, ha lasciato prosperare odio e livore contro la fauna selvatica dipingendola come il mostro di Frankenstein, ha promosso il risentimento di alcune categorie economiche contro qualunque disturbo procurato dalla fauna selvatica: orsi, lupi, linci, volpi, corvi, cormorani o passerotti che siano. Nessuna creatura deve restare oltre al bestiame domestico sui pascoli, belli e vuoti di biodiversità come una insulsa cartolina”, è l’accusa.
Ma gli orsi, secondo il presidente della Provincia di Trento, il leghista Maurizio Fugatti, rischiano anche di essere pericolosi per l’uomo. E quindi vanno tolti di mezzo.
“Un dato lo smentisce”, ribatte la portavoce di Gaia Animali & Ambiente, Emanuela Pagliara. “Gli esseri umani uccisi da un orso, in Italia, ammontano a zero. Gli esseri umani uccisi dai cacciatori in Italia dal 2007 a oggi sono 350. Chiediamo che ci si occupi di abolire la caccia, molto più pericolosa, prima di eliminare gli orsi, evidentemente più innocui”.
2. L'invasione dell'uomo che si sente al centro del mondo
L’antropocentrismo è la tendenza a considerare l’uomo, e tutto ciò che gli è proprio, come centrale nell’universo.
A esso si contrappone il biocentrismo, una concezione filosofica apparsa negli anni Settanta, secondo la quale l’uomo è solo uno degli innumerevoli elementi dell’universo e, quindi, è tenuto a rispettare tutte le altre forme di vita e a vivere in armonia con animali e vegetali.
Il biocentrismo rivendica il valore della vita. Sostiene che tutti gli esseri viventi hanno lo stesso diritto a esistere, a svilupparsi e a esprimersi. L’attività umana deve, quindi, cercare di causare il minore impatto possibile sulle altre specie e sul pianeta.
Il problema sembra essere proprio questo: l’uomo si è autoproclamato dominatore della Terra. Tutti gli animali che “disturbano” sono catalogati come nocivi. E vanno rimossi. È la base dell’antropocentrismo.
Così i cinghiali e le cornacchie vanno cacciati, gli animali selvatici che competono con i cacciatori vengono fatti fuori a suon di bocconi avvelenati, le nutrie vanno eradicate. E gli orsi “fastidiosi” vanno abbattuti o imprigionati.
Decide l’uomo chi muore e chi merita di vivere. Le specie animali da eliminare mutano a seconda dei momenti. Per molti secoli l’uomo ha ingaggiato contro il lupo una lotta senza tregua. Chi ammazzava un lupo riceveva incentivi economici. Risultato: nel 1970 in Italia erano quasi estinti, ne restava un centinaio.
A quel punto c’è stata un’inversione di rotta. Da nocivo, il lupo è diventato un importante bioindicatore sullo stato di salute dell’ambiente. È diventato specie protetta. Oggi la popolazione di lupi è in aumento. E già ci sono voci prepotenti che ne chiedono nuovamente lo sterminio al grido di “al lupo, al lupo”.
Il problema è semplice: l’uomo sta progressivamente invadendo tutti gli habitat degli altri animali. Sette miliardi di esseri umani, in costante crescita, stanno occupando - con le loro attività sempre più tecnologiche e “pesanti”- tutti, o quasi, gli spazi disponibili.
Dall’Amazzonia alle foreste asiatiche fino ai boschi del Trentino. Chi entra in conflitto con l’uomo muore. E si estingue dalla faccia della Terra. Oppure, se ci riesce, si adegua.
Un recente studio pubblicato sulla rivista “Science” mostra che una quantità di specie diurne come volpi, cervi e cinghiali sta diventando notturna per evitare il rischio di avvicinarsi all’uomo.
I ricercatori hanno analizzato 76 studi su 62 specie di mammiferi di sei continenti che, dall’opossum all’elefante, hanno cambiato i loro comportamenti in risposta alle attività umane come caccia, agricoltura, urbanizzazione e industrializzazione.
Per seguire gli animali nei loro movimenti sono state utilizzate tecnologie diverse, dai tracciatori gps alle fotocamere con sensori di movimento. Al sopraggiungere della notte, gli animali diventano più attivi rispetto a prima dell’arrivo dell’uomo, uscendo allo scoperto per cacciare e foraggiarsi col buio.
Ma c’è un ma: un aumento delle attività notturne, se da un lato ottiene il successo immediato di evitare o ridurre le interazioni con l’invasore uomo, dall’altro non garantisce la certezza di sopravvivenza all’invasione di ogni habitat da parte degli esseri umani.
3. La giraffa Marius, gli zoo e i circhi
Dove l’antropocentrismo si manifesta con evidenza è negli zoo.
Un episodio, di cui si è parlato in mezzo mondo pochi anni fa, ha fatto discutere del rapporto tra noi, gli animali e la scienza. Il protagonista si chiamava Marius, aveva due anni, stava bene.
Era una giraffa. Viveva allo zoo di Copenaghen, in Danimarca, dove è stato ucciso dai responsabili del parco zoologico, è stato successivamente sottoposto a un’autopsia pubblica- cui hanno potuto assistere i visitatori di ogni età, quindi, anche bambini - e, infine, è stato dato in pasto ad alcuni leoni detenuti nella struttura.
Vari zoo e riserve di animali avevano dato la loro disponibilità a ospitare la giraffa nei loro spazi, per evitare il suo abbattimento. Il direttore di uno zoo nei Paesi Bassi, Robert Krijuff, si era offerto poco prima dell’uccisione di Marius di prendersene cura e di ospitarlo nella sua struttura.
Alla Bbc ha spiegato di essere rimasto incredulo per quanto accaduto: “Ci siamo offerti per salvare la sua vita. Gli zoo devono cambiare il modo in cui gestiscono queste cose”.
I curatori dello zoo danese hanno respinto le critiche, ricordando che ogni anno il parco zoologico gestisce tra le venti e le trenta uccisioni di animali per evitare che l’endogamia -riproduzione sessuale tra esemplari della stessa specie - possa portare a un indebolimento dei suoi “ospiti”.
La riproduzione tra animali che sono parenti stretti porta a un peggioramento del loro patrimonio genetico. Marius era nato da due parenti stretti e se si fosse riprodotto avrebbe portato a una nuova generazione più debole.
Insomma: negli zoo gli animali servono per guadagnare, poi si buttano quando diventano un peso. Marius è stato abbattuto con una pistola a proiettile captivo, strumento che fa penetrare nel cranio una punta di ferro lunga 6 centimetri, lo stesso sistema adottato per l’abbattimento dei bovini e dei cavalli.
Esponenti dell’ecologia profonda sostengono che gli zoo dovrebbero cambiare radicalmente: cessare di essere luoghi di conservazione di animali esotici da esposizione e diventare solo rifugio per animali sequestrati o impossibilitati a essere reinseriti in natura. Come quelli provenienti dal progressivo smantellamento dei circhi.
Circhi, basta sfruttamento animale! Già, i circhi. Il vecchio e anacronistico circo di stampo ottocentesco, quello che mostra animali esotici, donne cannone e donne barbute come fenomeni da baraccone, è destinato lentamente a scomparire.
Il circo moderno non trasporta tristi e sfruttati animali, non ha elefanti costretti a esibirsi stancamente, non ha tigri in gabbia che saltano nel cerchio di fuoco, non ha scimpanzé costretti a fare i clown, non ha orsi che ballano sui palloni.
E perciò non ha nemmeno domatori con la frusta, non ha ammaestratori coi bastoni, non ha addestratori con scariche di corrente e pungoli d’acciaio. I protagonisti del circo moderno sono acrobati, contorsionisti, equilibristi, giocolieri, mimi, ballerini e clown.
Come il celebre “Cirque du soleil”, il circo solare, divertente, artistico, poetico e ispirato, che sempre più decisamente sostituisce il vecchio e superato circo delle gabbie, delle torture, delle scariche di corrente, dei forconi, degli uncini e dei maltrattamenti.
Per ora, tuttavia, il circo tradizionale sopravvive. Anche grazie a contributi statali. E a chi si ostina a visitarlo.
4. Un milione di specie estinte nei prossimi anni per colpa dell'uomo
È solo l’inizio, quello che stiamo vivendo, ma in tempi brevi un milione di animali e vegetali scompariranno dalla Terra e dagli oceani.
Per colpa dell’uomo, responsabile di un’offensiva nei confronti della biodiversità che gli scienziati definiscono “senza precedenti”.
Questo è il dato shock annunciato dalla piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi (Ipbes), l’organismo Onu sulla biodiversità che ad aprile 2019 si è riunito a Parigi per una settimana, presenti i rappresentanti di 130 Paesi.
Sparirebbe, secondo i ricercatori, l’equivalente di 1/8 di tutte le specie che popolano il pianeta. Gli scienziati dell’Ipbes dalla capitale francese hanno chiesto ai leader mondiali di passare all’azione quanto prima, perché non tutto è perduto.
Secondo gli esperti l’unica speranza per evitare il peggio è quella di porre fine allo sfruttamento intensivo degli ecosistemi per le attività umane.
“La salute degli ecosistemi da cui dipendiamo, così come di tutte le altre specie, si sta deteriorando più velocemente che mai”, ha denunciato il britannico Robert Watson, presidente dell’Ipbes, al termine dei lavori presso la Casa dell’Unesco a Parigi. Il rapporto di 1800 pagine, frutto di tre anni di censimenti e di analisi di dati da parte di diverse centinaia di esperti, rivela cose spaventose.
In Europa un terzo delle api e degli insetti è a rischio estinzione, come lo sono allodole, scoiattoli rossi, pipistrelli e ricci. Numerosi scienziati affermano che la Terra è all’inizio della sesta estinzione di massa della sua storia: la prima attribuita all’uomo e alle sue attività.
Negli ultimi secoli per mano dell’uomo sono già scomparse 680 specie di vertebrati. “Non è troppo tardi per agire, ma solo se cominciamo da subito e a tutti i livelli, da quello locale a quello mondiale”, ha concluso Watson.
La causa della perdita accelerata della biodiversità sono i comportamenti umani. Per evitare un disastro ecologico servono veloci interventi politici per regolamentare lo sfruttamento delle terre e delle risorse naturali (il tutto anticipato da deforestazioni, miniere, agricoltura intensiva, caccia e pesca).
Ma occorre anche limitare l’uso di pesticidi, lottare contro l’inquinamento, e una più razionale urbanizzazione umana. “Le attività antropiche hanno già alterato gravemente tre quarti delle superfici terrestri, il 40 per cento degli ecosistemi marini e la metà di quelli di acqua dolce”, avverte il rapporto Onu.
Oltre alla mano dell’uomo, entrano in gioco, seppur in modo meno influente, i cambiamenti climatici (anch’essi causati in parte dai comportamenti umani), responsabili di un’ulteriore accelerazione nella scomparsa di alcune specie.
5. Il massacro delle tigri e la sperimentazione animale
Ogni settimana due tigri vengono uccise dal commercio illegale di pelle e ossa.
Ancora oggi nel mondo asiatico parti di tigri come ossa, pelle, vibrisse, coda, cistifellea e tanti organi vengono usati nella cosiddetta “medicina tradizionale”.
È così che questi meravigliosi felini scompaiono, giorno dopo giorno. Nel 2010, da un censimento svolto in India, Russia, Nepal, Bangladesh e Bhutan risultavano sopravvissute in natura soltanto 3.200 tigri: oltre il 97% in meno rispetto alla fine del secolo scorso.
Il Wwf ha lanciato una grande sfida: raddoppiare il numero di tigri entro il 2022. Oggi la stima globale di tigri selvagge è 3.890 individui.
Le strategie di tutela e conservazione di questo nobile esemplare tendono sia a misure di emergenza per salvare le tigri in pericolo, sia ad azioni a lungo termine per assicurare loro un futuro. Per info e per aiutare a fermare il mas- sacro delle tigri: https://www.wwf.it/tigre/
Gli animali sono sempre stati sacrificati dall’uomo per il suo “progresso”. Dalle esecuzioni di gatti randagi (e un cavallo e un’elefantessa) promosse da Thomas Edison ai primordi dell’era della luce elettrica e dell’invenzione della sedia elettrica, alla cagnetta Laika, lanciata dai russi nello spazio dentro alla navicella Sputnik.
L’ultimo episodio che ha fatto clamore, in ordine di tempo, è quello dei macachi che le Università di Torino e Parma vogliono utilizzare per esperimenti sulla cecità. A luglio 2019 si è svolto a Parma un partecipato corteo di protesta, che verrà ripetuto a settembre.
Il Ministero della Salute ha recentemente pubblicato i numeri degli animali utilizzati in Italia nel 2017 a fini sperimentali: in totale 580.073 individui in un solo anno. Le scimmie sono tra le specie il cui utilizzo e uccisione è in crescita: raddoppiate, salgono a 586. In aumento anche i cani, 639, e i conigli. Sono 1.598 gli animali ancora utilizzati a fini didattici.
Uccidiamo, dopo averli imprigionati, miliardi di animali ogni anno per farli finire nel piatto e mangiarli. Solo per i consumi italiani di carne e pesce, ecco alcune cifre: 500 milioni di polli da carne, 40 milioni fra tacchini, faraone, anatre e oche, 10 milioni di conigli, 30 milioni di galline ovaiole non più produttive, 13 milioni di maiali, 4,5 milioni fra vitelli, manzi, vacche, bufali, 7,8 milioni di pecore e capre.
A questi si aggiungono 30 milioni di pulcini maschi di razza ovaiola, inutili per la produzione di uova, soppressi alla nascita buttandoli nei trituratori. Vale la pena provare ad avvicinarsi alla dieta vegetariana. È sana, salutare, gustosa, nutriente. Ed etica, pacifica e gentile, sobria e non sanguinolenta.
Che fare? L’umanità deve cambiare rotta. Crescere di meno. Consumare di meno. Rispettare di più: sé stessa e le altre specie che popolano il pianeta Terra. Perché non provarci? Sarebbe meglio per tutti.