Un giorno di luglio del 1938 un’automobile si avvicina alla stazione ferroviaria di Berlino.
Ne esce una donna. Mostra i documenti di viaggio alle guardie armate in uniforme nazista. È minuta e sottile, e sembra nervosa.
Sul treno saluta un uomo che viaggerà insieme a lei alla volta di Groningen, nei Paesi Bassi. Sono forse amanti? In realtà, non è un incontro romantico ma una missione di salvataggio.
La donna è austriaca, si chiama Lise Meitner, ed è una dei più brillanti scienziati nucleari che lavorano in Germania.
È di origine ebraica e sta fuggendo dal regime di Adolf Hitler ma deve farlo al più presto: i gerarchi nazisti hanno introdotto il divieto per tutti gli scienziati di lasciare il Paese e hanno proibito alla Meitner di ottenere i documenti che le permetterebbero di partire.
Al confine olandese una pattuglia militare tedesca perlustra le carrozze del treno controllando i passeggeri.
Il compagno di viaggio della Meitner, un chimico danese di nome Dirk Coster, ha ottenuto dalle autorità olandesi l’autorizzazione per far entrare la donna nel Paese, ma l’unico documento che ha la fisica è il suo passaporto austriaco, ed è scaduto.
“Ero così spaventata che mi si era quasi fermato il cuore”, ricordò in seguito la Meitner. “Sapevo che i nazisti avevano dichiarato aperta la caccia agli ebrei e che li cercavano ovunque. Rimasi seduta ad aspettare per dieci minuti, ma mi sembrarono delle ore. Poi tornò uno degli agenti nazisti e mi restituì il passaporto senza dire una parola”.
Pochi minuti dopo aveva superato il confine olandese. Una volta giunti a Groningen, Coster inviò un telegramma in codice al collaboratore della Meitner a Berlino, il chimico Otto Hahn, con scritto che il “bambino era arrivato”.
Alcuni anni prima, nel 1933, quando Hitler prese il potere, i suoi programmi antisemiti privarono la scienza tedesca di molti grandi ricercatori.
Il caso più famoso è quello di Albert Einstein, che era negli Stati Uniti per un giro di conferenze quando venne annunciato il risultato delle elezioni, e non tornò più indietro. Ma pochi sarebbero stati tanto preziosi per la Germania come la Meitner.
Pochi mesi dopo la sua drammatica fuga dalla Germania nazista, quando la scienziata viveva in Svezia, apprese gli ultimi risultati che Hahn aveva ottenuto nelle sue ricerche sul decadimento radioattivo dell’uranio.
E capì una cosa che Hahn non aveva colto: l’uranio subiva una fissione nucleare, scindendosi a metà e liberando una parte della sua enorme riserva di energia nucleare.
Sette anni dopo, il 6 agosto 1945, lo stesso processo della fissione nucleare nell’uranio si attivò all’interno di Little Boy, la bomba sganciata sulla città giapponese di Hiroshima.
Il resto, si potrebbe dire, è storia, a parte il fatto che è una storia troppo presente ancor oggi, quando sul mondo incombe ancora una volta la minaccia di un conflitto nucleare. Fu l’intuizione della Meitner a dare avvio all’era nucleare.
Ma chi era Lise Meitner, la misconosciuta fisica austriaca che diede il via all’era nucleare? Scopriamolo insieme.
1. Un campo avvincente
La carriera della Meitner iniziò nel 1901, quando decise di studiare fisica presso l’Università di Vienna.
Dopo aver conseguito il dottorato, nel 1907 si trasferì a Berlino per proseguire gli studi, ma a quell’epoca la Prussia (uno degli storici Stati tedeschi, la cui capitale era appunto Berlino) non ammetteva le donne all’università.
Questa norma cambiò l’anno successivo, ma l’atteggiamento verso il gentil sesso rimase immutato. Hahn conobbe la Meitner quell’autunno e decisero di fare ricerca insieme.
Le donne, però, non potevano entrare nell’istituto di chimica dove lavorava Hahn, secondo una diceria che circolava nei corridoi, perché il direttore era convinto che si sarebbero date fuoco ai capelli.
Come compromesso, alla Meitner fu assegnato uno studio nel seminterrato, ma le era proibito salire ai piani superiori, anche per parlare con Hahn.
Nel 1912 Hahn e la Meitner si trasferirono all’Istituto Kaiser Wilhelm per la chimica (KWIC) per studiare la radioattività. Si era agli inizi del Novecento, e la radioattività era un campo avvincente per gli scienziati, perché offriva le giuste conoscenze per capire di che cosa sono fatti gli atomi.
Ci si era resi conto che essi hanno una struttura interna, costituita da un nucleo densissimo, carico positivamente, composto di protoni e neutroni, circondato da particelle cariche negativamente dette elettroni.
Era stato scoperto da poco anche il decadimento nucleare e il fatto che le reazioni nucleari innescate dalle collisioni di particelle subatomiche con atomi potevano trasformare un elemento chimico in un altro.
In quel periodo vennero identificati diversi nuovi elementi: nel 1917 Meitner e Hahn scoprirono il protoattinio.
2. Vivere sotto la svastica
Durante il tempo trascorso presso il KWIC, la determinazione e l’intelletto della Meitner la portarono a una posizione di grande rispetto tra gli accademici.
Negli anni Trenta era considerata una dei più importanti scienziati nucleari tedeschi. Ma poi cambiò tutto. Nel gennaio del 1933 venne nominato cancelliere Adolf Hitler, che agì rapidamente per trasformare la Germania da una democrazia in una dittatura.
Nell’aprile dello stesso anno i nazisti espulsero gli ebrei da tutte le posizioni di potere e di responsabilità, comprese le cariche accademiche. Eppure, in qualche modo, la Meitner riuscì a conservare un posto universitario per altri cinque anni.
Fu allontanata dall’Università di Berlino, le fu proibito di parlare in occasione di convegni scientifici, e fu quasi completamente cancellata dalla narrazione ufficiale della fisica nucleare tedesca dell’epoca, tanto che le sue scoperte congiunte insieme a Hahn furono attribuite a lui soltanto.
Riuscì però a continuare a svolgere attivamente ricerca presso il KWIC. Hahn e la Meitner, assistiti da un giovane chimico tedesco di nome Fritz Strassmann, iniziarono a raccogliere prove di nuovi tipi di sostanze radioattive create a partire dall’uranio, tra le quali c’erano forse elementi fino ad allora sconosciuti.
Ma quando la Germania si annetté l’Austria, con l’Anschluss del marzo 1938, essere un’ebrea austriaca a Berlino non era più solo anomalo ma anche pericoloso. Gli ebrei a Vienna venivano trascinati fuori dalle case, malmenati brutalmente e molti furono uccisi.
Chi a Berlino simpatizzava per il nazismo non si preoccupava più di moderare i termini: Kurt Hess, collega della Meitner e nazista convinto, disse di lei che “l’ebrea mette in pericolo questo istituto”.
Hahn, che da vent’anni era il collega più vicino alla Meitner, capitolò, dicendole che doveva lasciare l’istituto. “In sostanza mi ha cacciata via”, scrisse amaramente la Meitner nel suo diario.
Era il momento di andarsene, e subito. Dirk Coster, che lavorava presso l’Università di Groningen, stava organizzando un soccorso di emergenza per gli scienziati profughi dalla Germania e l’11 luglio 1938 ricevette la conferma ufficiale che la Meitner sarebbe stata accolta nei Paesi Bassi.
Due giorni dopo, la accompagnava nella fuga da Berlino. Nella foto sotto, Adolf Hitler al raduno di Norimberga del 1933. Il partito nazista organizzò questi eventi propagandistici annuali dal 1923 al 1938.
3. Al via la fissione nucleare
Dopo la fuga della Meitner dalla Germania, Hahn e Strassmann continuarono gli esperimenti con l’uranio, ma senza l’esperienza della collega avevano difficoltà a interpretare ciò che vedevano.
Si accorsero che l’uranio, bombardato con i neutroni, si poteva trasformare in sostanze radioattive che sembravano chimicamente simili al bario, un elemento molto più leggero.
Scrissero alla Meitner, trasferitasi nel frattempo a Stoccolma, la quale rispose che non sembrava credibile. Si riteneva che le trasmutazioni radioattive avvenissero solo gradualmente: un decadimento radioattivo avrebbe trasformato un elemento in un altro con una massa molto simile, mentre il bario aveva circa la metà della massa dell’uranio.
Quel Natale, durante una vacanza in un tranquillo villaggio svedese, la Meitner parlò di quei curiosi risultati con il nipote venuto a trovarla, il fisico Otto Frisch. Anche lui era in esilio dalla Germania e in quel momento lavorava a Copenaghen.
Giunsero a una conclusione che contravveniva a tutto ciò che si sapeva sulla trasmutazione nucleare; si convinsero che i nuclei dell’uranio si erano più o meno divisi a metà, il che faceva presagire un enorme rilascio di energia nucleare.
Cercando un nome da dare a questo fenomeno, Frisch pensò alla divisione delle cellule viventi e prese in prestito il termine usato dai biologi: l’uranio subiva una fissione nucleare.
Entro la fine dell’aprile 1939, i fisici tedeschi avevano comunicato al governo nazista le potenzialità della fissione nucleare per fornire energia ed esplosivi, e le autorità dichiararono che queste ricerche dovevano rimanere segrete.
Ma la notizia si era già diffusa, e in agosto Einstein e altri scienziati scrissero una lettera al presidente americano Roosevelt avvertendolo della fattibilità di una bomba atomica.
o stesso anno, il fisico tedesco Werner Heisenberg scrisse una relazione per i funzionari nazisti sulla possibilità di liberare energia mediante fissione controllata in un reattore nucleare alimentato con uranio, e forse anche in una bomba.
Heisenberg venne incaricato delle ricerche per sfruttare questa energia nucleare, ma giunta la fine della guerra gli scienziati tedeschi, a corto di finanziamenti e ostacolati dai bombardamenti alleati, non si erano avvicinati di molto né a un reattore nucleare né a una bomba.
Rimasero sorpresi quanto il resto del mondo, quando vennero a sapere, nell’agosto del 1945, del bombardamento di Hiroshima (foto sotto). Questa potenza distruttiva non era però l’unica caratteristica della fissione nucleare.
Durante la guerra, gli scienziati che lavoravano sotto la direzione di Enrico Fermi, a Chicago, avevano capito come governare la fissione in modo che non diventasse un processo incontrollato.
L’uranio rilasciava l’energia nucleare solo gradualmente, generando calore che si poteva usare per far bollire l’acqua e alimentare le turbine che generano energia elettrica. Il successo di Fermi, ispirato dalle scoperte della Meitner, portò all’avvento dell’energia nucleare.
Ancora oggi la maggior parte delle centrali nucleari si basano sulla fissione dell’uranio per produrre energia, ma si spera un giorno di poter sfruttare la fusione nucleare, il processo che alimenta il Sole, in cui nuclei atomici molto leggeri rilasciano energia quando si uniscono insieme.
I problemi della fissione nucleare, in particolare la produzione di pericolose scorie, sono ben noti, ma di fronte al riscaldamento globale causato in parte dalla combustione di combustibili fossili a base di carbonio, come il petrolio e il carbone, alcuni ambientalisti considerano oggi il nucleare come una parziale soluzione ai problemi che stiamo creando al clima della Terra.
4. La morale della scienza tedesca
La Meitner si rifiutò di prendere parte al Progetto Manhattan, con il quale gli Alleati svilupparono la bomba atomica. “Non avrò nulla a che fare con una bomba!”, dichiarò.
Essere celebrata in America dopo il conflitto come la “madre ebrea della bomba”, che in qualche modo avrebbe impedito che il segreto arrivasse a Hitler, la avvilì.
Spese gran parte delle sue energie nell’immediato dopoguerra per convincere i suoi ex colleghi in Germania a riconoscere e ad accettare la loro parte di responsabilità per essere rimasti in silenzio durante gli orrori che avevano avuto luogo nel Terzo Reich, su cui molti scienziati avrebbero voluto stendere un velo.
L’avanzata degli Alleati in Germania aveva rivelato quegli orrori, li aveva mostrati al mondo e aveva fatto capire alla Meitner da che cosa era scampata. Quando le truppe arrivarono ai campi di concentramento di Dachau e di Buchenwald, pianse mentre ascoltava i resoconti radiofonici.
“Qualcuno”, scrisse a Hahn, internato nel Cambridgeshire nel giugno 1945, “dovrebbe costringere un uomo come Heisenberg e molti milioni di altri a guardare quei campi e le persone martirizzate”. Hahn ci mise molti anni per ammettere la propria colpevolezza.
Nel 1958 scrisse alla Meitner in occasione dell’80° compleanno di lei: “Sapevamo tutti che si verificavano delle ingiustizie, ma non volevamo vederlo, ingannavamo noi stessi... Quando giunse il 1933 seguii una bandiera che avremmo dovuto strappare immediatamente. Non l’ho fatto, e ora me ne devo accollare la responsabilità”.
Ringraziò la Meitner per “aver cercato di farci capire, per averci guidato con un tatto eccezionale” verso il riconoscimento di come i fisici tedeschi avevano lavorato sotto un regime mostruoso, e per molti versi al suo servizio.
Delle belle parole che in seguito furono concesse agli scienziati che avevano lavorato nella Germania nazista, poche sono eloquenti quanto quelle dell’epitaffio della Meitner nello Hampshire, in Inghilterra meridionale, dove morì nel 1968. Esse la definiscono “una fisica che non perse mai la propria umanità”.
5. Cronologia e funzionamento della fissione nucleare
- Come funziona la fissione nucleare
1. Un neutrone da una sorgente di neutroni si scontra con un nucleo di uranio-235. L’uranio assorbe il neutrone e diventa uranio-236, che è instabile e si scinde in due elementi, cripton e bario.
2. Quando si formano il cripton e il bario, vengono espulsi simultaneamente due o tre neutroni e viene rilasciata una quantità significativa di energia. I neutroni poi interagiscono con altri nuclei di uranio, scindendoli a loro volta.
3. La reazione a catena prosegue, con altri neutroni che interagiscono con i nuclei di uranio. In una centrale nucleare il numero di neutroni liberi nel reattore viene controllato usando barre per assorbire i neutroni. In una bomba non c’è nessun controllo e quindi la reazione a catena procede senza restrizioni e libera enormi quantità di energia.
- Cronologia della fissione nucleare
1896: Studiando i raggi X, lo scienziato francese Henri Becquerel osserva che le radiazioni provenienti dall’uranio scuriscono le lastre fotografiche.
1898-1902: A Parigi, Marie e Pierre Curie capiscono che queste emissioni insolite sono un nuovo tipo di “raggio” energetico, un fenomeno che chiamano “radioattività”.
1904: In Canada Ernest Rutherford dimostra che alcuni “raggi” radioattivi sono in realtà particelle: frammenti, si scopre, di nuclei atomici che decadono.
1933: Lo scienziato ungherese Leo Szilard comprende che se le emissioni di atomi che decadono radioattivamente innescano il decadimento in altri atomi, il risultato potrebbe essere una reazione a catena.
1938: Otto Hahn e Fritz Strassmann osservano la fissione dell’uranio, ma non riescono a interpretare questi risultati. Lise Meitner e Otto Frisch arrivano alla conclusione che gli atomi di uranio si scindono a metà e rilasciano una grande quantità di energia.
1939: A Parigi Frédéric Joliot-Curie mostra che la fissione nucleare dell’uranio genera neutroni, creando le condizioni per una reazione a catena che potrebbe portare a un rilascio duraturo di energia o a un’esplosione.
1942: Enrico Fermi, uno scienziato italiano che lavora a Chicago, crea la prima “pila atomica”, un reattore che usa la fissione nucleare dell’uranio per generare energia termica.
1942-1945: A Los Alamos, nel Nuovo Messico, il Progetto Manhattan, autorizzato dal presidente statunitense Franklin Roosevelt, sviluppa la bomba atomica.
6 Agosto 1945: Little Boy, una bomba atomica che sfrutta la fissione incontrollata dell’uranio, annienta Hiroshima in Giappone. Una seconda bomba viene sganciata su Nagasaki tre giorni dopo, e il 15 agosto il Giappone si arrende.
2017: La Corea del Nord conduce una serie di test missilistici e nucleari, riportando al centro dell’attenzione le armi nucleari.