«Milioni di disabili (e le rispettive famiglie) mettono in atto ogni giorno sforzi eccezionali per vivere “normalmente”, un diritto peraltro sancito anche dalle Nazioni Unite», scrive il giornalista e scrittore Roberto Zucchi nel suo Potere H. I disabili che hanno fatto la Storia (Il Prato Edizioni), un saggio che, attraversando i secoli, i luoghi e le culture, racconta storie di eroici disabili.
Ma nel corso delle varie epoche alcuni di loro hanno fatto di più, aggiungendo alla lotta quotidiana il “genio specifico”: il tratto tipico delle personalità eccezionali destinate a lasciare un segno indelebile nella Storia.
Le vite di questi disabili, che si sono distinti in settori diversi, dalla cultura alla politica passando per la scienza e lo sport, sono testimonianze della loro caparbietà e genialità e assumono un significato importante all’interno di quel lungo (e ancora non concluso) iter che è la storia dell’integrazione: dall’accettazione della “diversità” all’inserimento nella società e alla progressiva normalizzazione.
Ecco 8 straordinarie persone disabili che hanno lasciato il segno nella Storia.
1. Alex Zanardi e Louis Braille
- Alex Zanardi: quando il coraggio diventa un mito
Alex Zanardi è un famoso pilota automobilistico che il 15 settembre 2001, durante una gara sul circuito di Lausitzring, in Germania, perde entrambe le gambe a causa di uno spaventoso incidente.
«Quando mi sono svegliato in ospedale, ho guardato la metà di me che restava, non quella che mancava», dice questo coraggioso sportivo nato a Castel Maggiore (Bologna) il 23 ottobre 1966.
La sua passione per i motori inizia all’età di 14 anni con il primo kart regalato dal padre: da allora Alex non ha mai smesso di correre. Anche nella sua seconda vita, pur se in altra maniera.
Tornato in pista con una macchina dotata di comandi manuali, Zanardi vince il primo Mondiale Turismo nel 2005, a cui seguono altri titoli italiani ed europei. Non solo.
Appassionato di handbike, la bici-carrozzina rasoterra a tre ruote i cui pedali si azionano con le braccia, si aggiudica innumerevoli gare e maratone, otto campionati del mondo, quattro medaglie d’oro e due d’argento alle Paralimpiadi.
L’ultima sfida vinta è l’Ironman nel 2017: 42 chilometri di corsa (in carrozzina), 180 di ciclismo (con l’handbike) e quattro a nuoto.
Alex è il primo disabile al mondo a entrare nel ristretto club di quelli che hanno concluso il micidiale triathlon in meno di nove ore.
- Louis Braille, cieco dalla infanzia, inventa il linguaggio universale dei non vedenti
Il francese Louis Braille, nato nel 1809, si ferisce gravemente all’occhio destro con un punteruolo a 3 anni: in seguito, continuando a grattarsi la ferita, coperta solo da una benda, la fa infettare e ben presto l’infezione si trasmette anche all’occhio sinistro, facendo precipitare Louis nella cecità completa.
Studente della prima scuola per ciechi, l’Institut National de Jeunes Aveugles, Braille immagina un sistema fatto di puntini in rilievo che rappresentino le lettere dell’alfabeto, la punteggiatura, i numeri o le note musicali, in modo tale da poter “leggere” con i polpastrelli e “scrivere” con una punta su una griglia sostenuta da una tavoletta.
Nel 1829, a soli 20 anni, presenta ufficialmente il suo “codice” che diverrà il linguaggio universale dei non vedenti.
Docente e inventore della prima macchina per scrivere per ciechi, scompare il 6 gennaio 1852.
2. Ludwig Van Beethoven e Helen Keller
- Ludwig Van Beethoven, diventato sordo scrive l’Inno alla gioia
Ludwig Van Beethoven nasce a Bonn (Germania) il 16 dicembre 1770 da una famiglia di umili origini contadine fiamminghe amante della musica.
Le sette note scorrono nel suo sangue e lui non tarda a mostrare la sua bravura e il suo spirito di innovazione: «Il suo primo concerto pubblico a Vienna, il 29 marzo 1795, è un trionfo», scrive Zucchi.
«Ovunque il suo virtuosismo e la vibrante passione delle composizioni gli procurano l’entusiasmo del pubblico».
Ma è proprio durante questo periodo radioso che si manifestano le prime avvisaglie dei futuri problemi di salute: inizialmente avverte dei fruscii che in seguito si trasformano in rumori e scrosci sempre più frequenti.
Nessuno riesce ad aiutarlo e ancora oggi non si sa se è stata una labirintite cronica, una otospongiosi o il morbo di Paget a portarlo alla completa perdita dell’udito nel 1819.
Costretto a comunicare per scritto, tramite i celebri “quaderni di conversazione”, Beethoven non si arrende e benché psicologicamente provato e infelice, compone una delle sue opere più note, la celebre Nona sinfonia con il famoso Inno alla gioia, che viene eseguita la prima volta nel 1824 segnando l’apice della sua carriera.
Muore tre anni dopo, il 26 marzo 1827, all’età di 56 anni.
- Helen Keller, la prima laureata cieca e sorda dalla nascita
Helen Keller nasce il 27 giugno del 1880 a Tuscumbia, Alabama (USA): a 19 mesi perde di colpo vista e udito a causa di quella che probabilmente è una meningite fulminante.
Un incubo dal quale però la piccola Helen inizia a uscire grazie alla caparbietà della madre, che contatta Anne Sullivan, un ipovedente destinata a diventare l’istruttrice di Hellen e sua amica prediletta.
Grazie a lei la giovane impara a “sentire” le altre persone con “il metodo Tadoma: toccare le labbra e la gola di chi sta parlando”.
Decisa e tenace, Helen Keller è “la prima donna sordo-cieca al mondo a laurearsi magna cum laude in Arte.
Non solo: sa leggere in Braille in inglese, francese, tedesco, greco e latino; ha imparato il linguaggio dei segni, a parlare correttamente e ad “ascoltare” sfiorando con le dita le labbra di chi parla; percepisce perfino la musica appoggiando i polpastrelli su una cassa armonica.
La sua autobiografia The story of my life (1903) la fa conoscere al mondo mentre lei, instancabile, non si ferma un attimo nella sua lotta contro i pregiudizi sociali e contro la guerra, a favore dei diritti umani, delle cause dei disabili, del voto alle donne, delle libertà individuali, perfino del controllo delle nascite.
Dopo aver scritto dodici libri e centinaia di articoli, creato fondazioni e ricevuto la Medaglia della Libertà, la più alta onorificenza civile degli Stati Uniti, muore il 1° giugno 1968.
3. Franklin Delano Roosevelt, dalla sua sedia a rotelle risolleva l’America
Franklin Delano Roosevelt, unico presidente degli Stati Uniti rieletto per quattro volte e uno dei protagonisti del XX secolo, vede la luce vicino a New York il 30 gennaio 1882.
Laureato in storia ad Harvard e in giurisprudenza alla Colombia University e appassionato di politica, nel 1910 è eletto senatore per il Partito Democratico e in seguito viceministro della Marina dal 1913 al 1920.
Nell’agosto 1921, mentre è in vacanza, «le gambe non lo reggono più e ha la febbre alta.
Passano le settimane e si susseguono i consulti medici, fino alla diagnosi definitiva. Una mazzata: paralisi degli arti inferiori causata da poliomielite».
Combattivo e deciso a non farsi prevaricare dalla situazione, Roosevelt si affida a una complessa intelaiatura di acciaio che va dalle scarpe alla pancia, fatta su misura, per potersi muovere aiutato da qualcuno.
La sua carriera politica non conosce sosta e, dopo due mandati come governatore di New York, nel 1932 diventa presidente degli Stati Uniti.
Con il suo New Deal, un piano di moderne riforme in ogni settore della società, dall’agricoltura alla finanza, dall’industria alle arti, rinnova il modo di far politica e traghetta gli USA fuori dalla Grande Depressione del 1929.
Dopo la vittoria della Seconda Guerra Mondiale al fianco degli alleati e la Conferenza di Yalta con Stalin e Churchill, Roosevelt muore per una massiccia emorragia cerebrale il 12 aprile 1945.
È stato il primo a promuovere una politica della disabilità, pur facendo il possibile per nascondere la propria».
4. Stephen Hawking: non siate disabili nello spirito come lo siete nel corpo
Nasce in Inghilterra l’8 gennaio 1942 Stephen Hawking, cosmologo, fisico teorico e matematico e il più noto malato di sclerosi laterale amiotrofica al mondo.
Tutto ha inizio sui 13 anni con lunghe febbri che i medici catalogano come “disfunzioni ghiandolari tipiche della crescita”.
Ma quando, sei anni dopo, Hawking, studente a Cambridge, si sottopone a una serie di esami per capire il motivo di alcune cadute, il responso è netto: SLA.
Si tratta di quella grave malattia degenerativa dei motoneuroni, che colpisce una persona su 50.000 e a causa della quale i muscoli si contraggono e s’irrigidiscono senza controllo così da “strangolare” dolorosamente il fisico, deformandolo e provocando la graduale perdita della parola, della deglutizione e, infine, della respirazione.
Secondo i medici, Hawking sarebbe sopravvissuto al massimo due anni, ma non è andata così perché la forma di SLA da cui era affetto si è dimostrata meno aggressiva della norma, anche se non meno crudele.
Nonostante tutto, Hawkings riesce a portare avanti i suoi studi e varcare le frontiere della cosmologia con lo studio, diventando un punto di riferimento mondiale.
La malattia non placa l’anima bramosa di sfide dello scienziato: va in Antartide, naviga in un sottomarino e prova l’emozione di un volo a gravità zero nell’attesa di imbarcarsi un giorno su uno shuttle privato della Virgin Galactic per andare a vedere da vicino quel cielo che tanto aveva studiato.
Deceduto il 14 marzo 2018, si è speso molto per i diritti dei disabili incitandoli a non mollare mai: «Concentratevi sulle cose che la vostra malattia non intacca e non rimpiangete quelle con cui interferisce. Non siate disabili nello spirito così come lo siete nel corpo».
5. Erik Weihenmayer e Pascal Duquenne
- Erik Weihenmayer, il primo alpinista cieco che è arrivato sulla cima dell’Everest
L’americano Erik Weihenmayer (1968) nel 2001 ha raggiunto questo strepitoso risultato grazie a una tecnica da lui stesso messa a punto per scalare.
In discesa si fa indirizzare da un compagno di cordata orientandosi grazie al suono di un campanello, mentre in salita cerca gli appoggi a tentoni, valuta la tenuta della roccia grazie alla sensibilità delle sue mani o assaggiandola letteralmente con la lingua per comprenderne la consistenza.
Inoltre Eric “parla” alla montagna, misurando così lo spazio circostante attraverso il rimbombo della voce e ottenendo un modello tridimensionale della parete su cui si sta arrampicando.
- Pascal Duquenne, Palma d’oro al festival del cinema di Cannes
Al Festival di Cannes del 1996 il premio come miglior attore è andato al belga Pascal Duquenne, protagonista del film di Jaco van Dormael L’ottavo giorno e affetto da sindrome di Down.
Aspetto, questo, che non gli ha impedito di seguire la sua passione per la recitazione: a 15 anni è membro del Creham, una compagnia di attori con handicap mentali che gira tra Belgio, Francia e Svizzera mettendo in scena delle commedie appositamente scritte per loro.
È durante uno di questi spettacoli che Pascal viene notato da Jaco van Dormael, un regista belga di teatro per ragazzi che lo scrittura per una parte secondaria nel suo primo lungometraggio (Toto le heros, del 1991) e quindi come co-protagonista del secondo, Le huitième jour.
Nel 2000 Duquenne fonda l’associazione Le 8eme jour che si occupa di trovare e adattare edifici nei quali i disabili mentali meno gravi di Bruxelles possano vivere in autonomia.
Duquenne prosegue quindi la sua carriera di attore al cinema, in televisione e in teatro e diventa anche pittore.