Vita dura senza i fiammiferi! E senza occhiali, mutande, carta igienica, spazzolini da denti o frigoriferi.
Avete mai pensato come sarebbe la vostra vita senza questi umili e geniali attrezzi?
I nostri avi lo hanno fatto, destreggiandosi tra mille difficoltà.
Ecco 7 attrezzi geniali che ci hanno cambiato la vita!
1. I fiammiferi
Il primo fiammifero a sfregamento, costituito da un bastoncino di legno con una capocchia contenente una miscela di solfuro di antimonio e clorato di potassio, fu inventato dal chimico inglese John Walker nel 1827.
Venne migliorato nel 1831 da Charles Sauria e nel 1836 dall’ungherese Jànos Irinyi; i fiammiferi svedesi, assai più sicuri, sono stati inventati invece nel 1844 da Gustaf Erik Pasch e perfezionati da Johan Edvard Lundstro, dieci anni più tardi.
E PRIMA?
Per secoli, accendere una stufa o un camino fu un’impresa, tant’è vero che nel Medioevo nelle cucine dei ricchi castelli il fuoco non veniva mai spento.
Dall’antichità romana sino a tutto il Settecento si accese con l’acciarino e la pietra focaia.
Il primo era uno strumento di acciaio: battuto e sfregato sulla pietra focaia, faceva scaturire le scintille necessarie per appiccare la fiamma all’esca la quale, a sua volta, poteva essere un pezzo di stoffa, un bastoncino di legno secco o, in epoca moderna, del cotone impregnato di salnitro.
La pietra focaia, invece, era una varietà di calcedonio (selce), roccia sedimentaria comune su Alpi e Appennino, compatta, opaca, di colore variabile.
Prima dell’uso dell’acciarino, tecnologia che, pur nella sua semplicità, richiedeva la capacità di lavorare l’acciaio, il fuoco era prodotto attraverso lo sfregamento di due legni di diversa durezza; con il calore determinato dall’attrito si accendeva l’esca la quale, in tempi primitivi, era costituita da vegetali secchi, tife, funghi o pelo animale essiccato.
2. Lo spazzolino da denti
Lo inventò l’inglese William Addis nel 1780: era in avorio od osso di bue, con setole in pelo di maiale o cinghiale.
Nacquero anche le polveri dentifricie da sfregare sui denti, scomode e di pessimo sapore.
E PRIMA?
Per rimuovere il cibo dagli interstizi dentali si è usato di tutto: penne d’uccello, aculei di porcospino, ossa di animali appuntite.
In Europa, in epoca moderna i denti si pulivano strofinandoli con una pezzuola intinta in un miscuglio abrasivo di cenere e sale e per rimuovere i residui di cibo tra gli interstizi si usavano gli stuzzicadenti in legno.
Durante gli scavi archeologici nell’antica città sumera di Ur, in Mesopotamia, sono venuti alla luce degli stuzzicadenti d’oro e probabilmente il loro uso era pratica comune anche presso i nobili Assiri e Babilonesi.
Gli Antichi Egizi si pulivano con le dita, passandosi sui denti e sulle gengive una speciale pasta (farina di germe di grano, con ocra e miele, polvere di pietra macinata, resina di terebinto miscelata a malachite).
Uno dei più famosi testi di medicina indiana, il Charata Samhita, prescrive invece di spazzolare i denti con un rametto di neem, un albero locale; prima dell’uso, consiglia di ciucciarne un’estremità per trasformarla in una spazzolina con cui nettare denti e lingua, mentre l’altra estremità va appuntita con un coltellino per poter rimuovere il cibo.
I medici indù, inoltre, consigliavano una polvere abrasiva a base di carbone di legna, miele, olio, pepe, zenzero e salgemma.
I Cinesi, oltre a sbiancarsi i denti con acido cloridrico, avevano elaborato un attrezzo in bambù, con un’estremità arrotondata e con setole di maiale.
3. Le mutande
I primi slip comparvero intorno al 1906 come indumento intimo per sportivi.
Erano in ruvida maglia di lana. I primi slip di cotone apparvero in Francia nel 1918, grazie a Étienne Valton, figlio di un fabbricante francese di maglieria che stufo di avere la pelle irritata inventò la morbida maglina di cotone bianco.
L’ingegnosa creazione dei boxer, invece, si deve a Jacob Golomb, fondatore dell’azienda Everlast, che nel 1925 prende ispirazione dai pantaloncini dei professionisti di boxe per disegnare calzoncini intimi sorretti da un geniale elastico.
E PRIMA?
Le donne vissute dal Medioevo all’Ottocento non portavano brache né mutande.
È vero che in un documento del 1568, contenente la lista degli indumenti della regina di Scozia Maria Stuarda (1542-1587), si parla di 4 paia di mutandoni e che Caterina de’ Medici (1519-1589), regina di Francia, le portava di cotone e di fustagno; tuttavia, tra Cinque e Seicento, a usare i mutandoni erano soprattutto le attrici e le prostitute.
A Venezia, le donne di piacere erano obbligate a portare la braghessa per ragioni igieniche. Poche aristocratiche avrebbero osato indossare le “briglie da culo”, com’erano allora chiamate le mutande.
Per secoli, le donne si abituarono a sporcare di sangue mestruale le lunghe camiciole che s’indossavano a pelle, sotto le vesti. Quanto agli uomini, nell’Ottocento, era la camicia, piuttosto lunga, a rientrare nei pantaloni, avvolgendo e proteggendo genitali e natiche.
Nacque così l’espressione “essere culo e camicia con qualcuno”, cioè avere con qualcuno un rapporto molto stretto. Nel XIX secolo si diffusero i mutandoni di lana che servivano a proteggere le gambe dal freddo e non si portavano d’estate.
4. Il frigorifero e la carta igienica
- Il frigorifero
Lo ha brevettato nel 1851 l’americano John Gorrie; era un gigantesco apparecchio che produceva ghiaccio con un compressore a gas a ciclo chiuso.
Altri poi lo perfezionarono e nel 1913 fu messo in vendita per uso privato.
Una notevole innovazione si deve ad Albert Einstein e al suo allievo Leo Szilard: nel 1930 brevettarono il primo eco-frigo che refrigera senza usare energia elettrica.
E PRIMA?
Sino all’Ottocento i cibi deteriorabili si conservavano sotto sale, in salamoia, essiccandoli e affumicandoli. Il latte era fatto cagliare e conservato come formaggio; il panetto di burro era immerso in un vasetto d’acqua fresca.
In molte zone d’Italia, soprattutto in collina o in montagna, si costruirono enormi ghiacciaie: pozzi o costruzioni in pietra in cui la neve era ammassata, pressata, isolata con strati di paglia e conservata sino a farla ghiacciare.
In altre zone, si facevano deviare le acque dei fiumi in vasche di pietra e si aspettava l’arrivo del gelo: il ghiaccio veniva spaccato con picconi e conservato a strati nelle ghiacciaie.
Prelevato a blocchi, era venduto a ospedali, caserme, alberghi o a privati che avevano una ghiacciaia domestica: era un mobiletto in legno grande come un comodino, foderato di zinco all’interno.
Il ghiaccio lo si acquistava a stecche dall’uomo del ghiaccio, lo si infilava in un sacco di tela e lo si portava di corsa a casa.
- La carta igienica
È stata inventata nel VI secolo dai Cinesi ma noi occidentali non l’abbiamo ereditata da loro: dobbiamo ringraziare un americano, Joseph Gayetty, che mise in commercio la “carta medicata”, imbevuta di aloe lenitiva, nel 1857.
E PRIMA?
Prima della moderna invenzione del rotolo, i nativi nordamericani e i Maya hanno utilizzato per secoli le pannocchie sgranate di mais, le popolazioni nordiche la neve d’inverno, muschi e licheni d’estate, mentre gli abitanti delle coste tropicali alghe e gusci di conchiglie.
I Vichinghi usavano gli scarti della lavorazione di lana ovina, le antiche tribù arabe si pulivano con la mano sinistra e abbondanti lavaggi d’acqua, i Giapponesi del periodo Nara (VIII secolo) con speciali bacchette in legno dalla forma piatta.
Nelle latrine pubbliche dell’antica Roma si usavano speciali spugne, inserite all’estremità di un manico di legno e imbevute di acqua fresca, resa disponibile da un apposito canale scavato nel pavimento.
In epoca medievale, nei rudimentali gabinetti di monasteri e castelli era sempre ammassato un mucchietto di fieno o paglia.
In tempi più recenti, sino a metà Ottocento, gli Europei hanno usato foglie secche, ciuffi d’erba, stracci, carta di giornale e pagine di libri.
5. Il preservativo e gli occhiali da vista
- Il preservativo
È entrato tardi nelle nostre vite, grazie a Charles Goodyear (quello dei pneumatici).
Era il 1839 quando scoprì il metodo di vulcanizzare la gomma, rendendola elastica e non soggetta a rotture.
Nel 1844, nacque il primo preservativo in gomma che iniziò a essere prodotto industrialmente negli anni Venti del Novecento. Era ancora grosso e spesso. Nel secondo dopoguerra si fabbricarono i primi sottili prototipi in lattice.
E PRIMA?
Gli antichi Egizi lo fabbricavano con vescica e intestini di animali, i Romani con budella di capre, pecore e agnelli: in misura unica, era usato più volte fino a quando si disfaceva.
Andava peggio nell’Asia antica: i Cinesi per secoli usarono rotoli di carta di seta oleata, mentre i giapponesi si accontentavano di cilindretti in cuoio o in guscio di testuggine.
Fino al Settecento, i preservativi erano di lino (foto), velluto e seta: grossi e ruvidi, erano difficili da infilare e tendevano a srotolarsi dopo pochi secondi, tanto da dover essere “allacciati” con cordicelle o nastrini.
- Gli occhiali da vista
Secondo alcuni studi, nelle società occidentali quasi il 70 per cento delle persone usa gli occhiali.
Le prime lenti e i primi “dischi per gli occhi” sono stati creati tra il 1268 e il 1289; da chi, però, non si sa. Per la montatura odierna, dotata di stanghette che si ancorano dietro alle orecchie, bisogna aspettare il 1730.
E PRIMA?
Di una “pietra per leggere”, cioè di una rudimentale lente d’ingrandimento costituita da una pietra trasparente come il quarzo o preziosa come lo smeraldo e capace di ingrandire le parole da leggere, si comincia a parlare nell’antica Roma tra I e II secolo; si tratta però di una rarità destinata a incuriosire e a divertire gli imperatori.
Per secoli, i romani delle classi superiori, ricchi di mezzi ma scarsi di vista, si comprano schiavi in grado di leggere a voce alta documenti e libri.
E chi non può permettersi questi “occhiali” viventi? Fa a meno di leggere, ovviamente. Nei Capitolari delle Arti Veneziane, risalenti al 1284, vengono già distinti gli occhiali, detti rodoli da ogli per lezer, dalle lenti d’ingrandimento, dette alla latina lapides ad legendum (pietre per leggere): dunque all’epoca a Venezia si fabbricavano già i primi occhiali con lenti correttive verosimilmente in vetro.
Qualche anno dopo, sappiamo che anche a Firenze e a Pisa si costruivano ocularia con lenti in quarzo.