Ogni giorno ce ne diamo uno (cominciare una dieta, iscriversi in palestra), ma poi qualche cosa va storto e non riusciamo a raggiungerlo (cediamo di fronte a un cioccolatino, paghiamo un abbonamento per non andare mai ad allenarci).
Ecco che cosa ci influenza e ci spinge a mollare prima di raggiungere ciò che ci siamo prefissati.
1. Ti dico come sono
Da oggi dieta. Poi basta un cioccolatino a farci desistere. O l’abbonamento in palestra: fatto e mai utilizzato.
Succede: ci prefissiamo un obiettivo, prendiamo una decisione e poi qualcosa va storto e ci ritroviamo a non fare ciò che avevamo deciso.
Perché? Il più delle volte intervengono elementi di cui ignoriamo l’importanza e che, invece, ci influenzano. Francesca Gino, docente di Economia aziendale alla Harvard Business School e autrice del libro La scelta giusta (Sperling & Kupfer), fa luce sui fattori che condizionano le nostre decisioni, dei quali spesso neanche ci accorgiamo.
Capita che adottiamo un atteggiamento auto-comunicante, e cioè che prendiamo decisioni per comunicare a noi stessi, e di riflesso agli altri, che persone siamo. Un esempio? Fare la fila per ore per comprare il nuovo telefonino o un oggetto di culto.
Qualche anno fa a Disneyland-Tokyo, migliaia di visitatori ogni giorno facevano code in media di quattro ore per acquistare un braccialetto, dove far incidere il nome della persona amata.
Alcuni ricercatori si domandarono perché la Disney, nel rispetto dei criteri domanda-offerta, non aprisse altri negozi per smistare le file, vista la richiesta.
Risposta: era proprio fare la fila che rendeva così ambito l’oggetto perché farsi un dono simile simboleggiava il legame amoroso e, quindi, in base all’atteggiamento autocomunicante, non era tanto l’oggetto in sé, ma il comportamento (fare una coda chilometrica) che comunicava l’amore per il partner.
Prefissare un obiettivo e poi ignorare i consigli altrui perché troppo sicuri di noi stessi può farci prendere la decisione sbagliata. Secondo l’esperta, siamo egocentrici e pensare di avere sempre ragione ci preclude la possibilità di dare ascolto ad altri.
Nel 1997 fu chiesto a mille cittadini americani: «Chi ha più possibilità di andare in paradiso?». Risposte: Madre Teresa, il cestista dei Bulls Michael Jordan e Bill Clinton. Ma prima di questi tre personaggi, oltre l’80 per cento degli intervistati si autocandidò pensando di meritare un posto in paradiso più di chiunque altro.
La convinzione di essere superiori può essere utile per combattere lo stress e motivarci, ma ci fa anche rischiare di ignorare consigli validi e prendere decisioni sbagliate.
Francesca Gino ha studiato anche la trasmissione televisiva Affari Tuoi, dove i concorrenti devono decidere in modo casuale quali pacchi aprire: dentro possono trovare premi miseri o ricchi, fino a centinaia di migliaia di euro.
Nel gioco, il concorrente riceve offerte che possono essere superiori o inferiori al premio che ha nella sua scatola e può decidere se accettarle o meno, non sapendo cosa troverà dentro al suo pacco.
Secondo i dati raccolti in oltre cento puntate, per un totale di 400 decisioni prese, la maggior parte dei concorrenti ha ignorato i suggerimenti del pubblico che, a posteriori, invece, si sono rivelati la scelta giusta. Nella foto sotto, lunga coda di fronte ai negozi che vendono costosi oggetti di moda.
2. Potere e emozioni
Rifiutano i consigli soprattutto le persone di potere, o che credono di averlo, secondo l’esperta, che ha condotto uno studio per scoprire quanto la condizione di autorità o supremazia influenzi gli atteggiamenti.
Avere potere accentua la sicurezza e, di conseguenza, la tendenza a ignorare i consigli.
Attenzione, però. Se i suggerimenti sono a pagamento allora siamo più disposti ad accettarli, e più costano più aumentano le possibilità di seguirli.
Per questo pensiamo che una consulenza dispendiosa sia più efficace di una più economica e se un medico ci dice, gratis, che dobbiamo fare un esame e uno specialista privato, a pagamento, ci dice di farne un altro, con ogni probabilità seguiremo il consiglio del secondo.
Il meccanismo psicologico che scatta è: se è costoso sarà vero. Ed ecco che magari ci allontaniamo dal nostro obiettivo.
Stavolta gliene diciamo quattro. Ci armiamo di coraggio, ma poi sale l’ansia e il proposito scompare. L’emozione influenza le nostre decisioni.
Per capirlo, Scott Wiltermuth dell’Università della Southern California e Lara Tiedens della Stanford University hanno proposto due filmati a due gruppi di studenti: un video sul bullismo per il primo, un documentario naturalistico per il secondo.
Poi è stato chiesto a entrambi i gruppi di valutare nuove idee per migliorare il campus universitario o di proporre dei progetti. Chi aveva visionato il primo filmato era incline a valutare le idee degli altri e meno propositivo.
Perché? Per poter giudicare gli altri e criticare i progetti. La rabbia indotta, infatti, aveva provocato il desiderio di “colpire” il prossimo. Mai fare valutazioni in momenti di rabbia o quando siamo dominati dalle emozioni, quindi.
Si chiama contagio emotivo e lo sa bene il team della Ducati Corse: qualche anno fa i piloti erano considerati “i sensori più costosi” perché le loro valutazioni servivano ad apportare eventuali correzioni ai mezzi.
A fine corsa, i piloti suggerivano variazioni e modifiche che si rivelavano spesso inutili e non coincidevano con i dati ottenuti attraverso sensori tecnologici e simulazioni.
L’emozione comprometteva l’oggettività. Una giornata storta, una situazione psicologica particolare e le valutazioni erano condizionate.
3. Mettersi nei panni degli altri conviene
Mettersi nei panni degli altri aiuta a prendere decisioni migliori.
Per scoprire quanto vi immedesimate negli altri provate a fare questo giochino: disegnatevi sulla fronte una E in stampatello.
Come l’avete scritta? Frontale a voi, E, oppure rivolta verso un ipotetico pubblico, quindi al contrario? Nel primo caso non siete molto inclini a considerare la prospettiva degli altri, nel secondo siete più predisposti a immedesimarvi.
Secondo Francesca Gino, una grande azienda come Tim avrebbe dovuto affidarsi a più persone del secondo gruppo per la realizzazione degli spot di qualche anno fa.
L’operatore telefonico, infatti, nel 2010 decise di affidare la campagna pubblicitaria alla showgirl Belén Rodriguez, il cui atteggiamento troppo sexy e disinibito non piacque alla clientela, in particolare alle famiglie, che così decisero di cessare il contratto.
Un autogol clamoroso costato 700 milioni di euro (tanto calarono i profitti) che si sarebbe potuto evitare studiando più attentamente il tipico consumatore Tim.
Un esempio positivo, invece, lo ha fornito l’azienda Vitality che nel 2010 ha messo in commercio la GlowCap, un contenitore per medicine che, con un segnale, avvisa il paziente di prendere i farmaci.
Una dimenticanza che costa ogni anno al sistema sanitario americano circa 290 miliardi di dollari in spese mediche extra. L’azienda si è messa nei panni del paziente: da una parte contribuisce alla sua salute, dall’altra favorisce un minore dispendio di risorse pubbliche.
Così ci convincono a fare di testa loro:
- Secondo Francesca Gino i rapporti sociali e di appartenenza condizionano le interpretazioni dei fatti. Provate a pensarci: Inter e Milan giocano il derby, scatta un diverbio in campo e i dati per stimare chi ha ragione sono pochi. Difficile rimanere obiettivi: se siete interisti avrà ragione il neroazzurro, se tifate Milan sarà il rossonero. Più condividiamo punti di contatto con una persona più siamo inclini a emularla e più predisposti a imitarne il modo di fare, anche se questo significa comportarsi in modo disonesto.
- Scatta la cosiddetta empatia psicologica che può anche avere effetti positivi, come si deduce da questo esperimento: un albergo negli Stati Uniti risparmia circa 2 dollari al giorno se una persona riutilizza lo stesso asciugamano. Per cercare di contenere questa spesa sono stati messi cartelli con scritte differenti nelle stanze.
La prima tipologia diceva: «Riutilizza il tuo asciugamano per difendere l’ambiente». La seconda: «Il 75% degli ospiti riutilizza l’asciugamano, unisciti a loro per difendere l’ambiente». La terza: «Il 75% degli ospiti di questa stanza ha riutilizzato l’asciugamano per difendere l’ambiente».
Chi credete che abbia evitato di farsi cambiare le salviette? La percentuale maggiore (oltre il 50%) è stata totalizzata nell’ultimo caso, poi nel secondo e infine nel primo. Aver creato un legame con altri aveva sviluppato l’empatia psicologica.
- Lo sanno bene i siti di vendite che suggeriscono altri acquisti con la frase: «Chi ha comprato questo libro ha anche comprato questi articoli». È il tentativo di stabilire un legame sociale e, quindi, farvi mettere nel carrello un altro articolo. Così se avevate l’obiettivo di comprare una cosa sola rischiate, invece, di spendere molto di più.
4. Anche il meteo può far “saltare” l’obiettivo
Secondo le ricerche, certe circostanze suggestionano le nostre scelte e comportamenti senza che noi ce ne accorgiamo. Ecco 10 casi:
- Una giornata di sole può farci cambiare idea in un attimo.
- Nelle giornate uggiose siamo più predisposti a dare giudizi negativi.
- Ricevere un “grazie” ci fa lavorare meglio, ancora di più se associato a un sorriso.
- Un dono inaspettato stimola la dopamina e quindi creatività e produttività.
- Indossare imitazioni incentiva a essere disonesti.
- Bastano un paio di occhiali da sole per incoraggiare la disonestà.
- Il buio facilita i comportamenti scorretti.
- La fretta ci fa perdere d’occhio situazioni di pericolo.
- Se una figura autoritaria ci dà ordini, siamo disposti a seguirli, anche se si tratta di comportamenti crudeli.
- Sotto pressione possiamo comportarci in modi che mai potremmo immaginare.
5. Quanto ci influenza il pregiudizio
Spesso le “scelte di pancia” sono solo frutto di pregiudizi e possono portarci a conclusioni sbagliate.
Atteggiamento che può influire sul portare a termine l’obiettivo che ci siamo prefissati.
- PREGIUDIZIO DA CONFRONTO SOCIALE: si verifica quando stabiliamo un paragone con gli altri. Per esempio: ricevete due offerte di lavoro.
La prima: 80mila euro l’anno, cifra che viene pagata a tutti i neoassunti come voi, con il vostro percorso di studi.
La seconda: 90mila euro l’anno, sapendo che l’azienda paga 100mila euro l’anno altri neoassunti con lo stesso percorso di studi. Scatta il confronto sociale che condiziona la decisione.
- PREGIUDIZIO DA EMPATIA: quando siamo chiamati a giudicare dei comportamenti, per esempio, tra poveri e ricchi. Siamo più indulgenti verso i poveri rispetto a chi è economicamente fortunato e molto spesso il senso di ingiustizia ci spinge a barare pur di compensare l’iniquità.
- PREGIUDIZIO DA QUALITÀ: per esempio, valutiamo un prodotto di qualità in base al tempo impiegato per realizzarlo. Ci viene detto che il lavoro è stato prodotto in 2 settimane anche se ci sono volute 2 ore? Lo consideriamo di qualità più elevata.
- PREGIUDIZIO DA INFORMAZIONI: una persona risponde a 8 domande su 10 in un quiz facile. Un’altra a 3 su 10 in un quiz molto complesso. Chi dei due è più bravo? E ancora, chi scegliereste per un posto di lavoro: un neolaureato con la media del 28, quando la media generale dell’università che frequenta è 27, oppure un altro la cui media è 21, dove quella generale è del 20? Meglio chiedersi: le informazioni che abbiamo sono sufficienti?
- PREGIUDIZIO DA RISULTATO: si verifica in base all’esito della circostanza. Per esempio: un medico consiglia a un paziente un’operazione che comporta alti rischi. Gli suggerisce ugualmente di farla. In un caso il paziente sopravvive e guarisce, nel secondo muore. Come giudicate il medico? Nel primo caso in modo positivo, nel secondo negativo, eppure la decisione è la stessa.