Noi e i cani: due specie altamente predisposte a introdurre e mantenere abitudini quotidiane, in parte dettate dalle esigenze che la vita ci impone, in parte dovute a una naturale necessità di stabilire in anticipo ciò che andremo a fare.
E quando qualcosa non va come previsto, per qualsiasi ragione ipotizzabile, sia noi sia i cani avvertiamo un senso di disorientamento che ci porta a cercare e ritrovare prima possibile la giusta soluzione a questa inaspettata deviazione dallo schema usuale.
Se invece gli eventi fossero tali da rendere impossibile un repentino ritorno alla routine di sempre, potremo sentirci facilmente confusi, nervosi, perfino ansiosi.
E se i cambiamenti non previsti si protrarranno per un certo tempo, necessiteremo di altrettanto tempo per acquisire e metabolizzare le novità cui saremo sottoposti, come se il nostro corpo e la nostra mentre avessero la necessità di accettare in modo progressivo le nuove situazioni incontrate.
Ed è proprio così. A ben vedere, queste peculiarità riguardano due specie predatrici, l’essere umano e il cane, dirette a suddividere l’energia tra azione e riposo, in funzione dell’obiettivo comune: la sopravvivenza.
Il cane, in particolare, vive seguendo schemi piuttosto precisi che si ripetono costantemente e, se qualcosa cambia, deve metabolizzare l’evento e adattarsi.
Crearsi abitudini eseguirle è una sua caratteristica. E ha implicazioni importanti, da conoscere. Scopriamole insieme.
1. Abitudine e abituazione, il periodo "sensibile" e fotografare le esperienze
Numerosi studi effettuati sui processi cognitivi del cane hanno dimostrato come vi sia una correlazione diretta tra la natura abitudinaria del nostro amico e la necessità di abituarsi al mondo fin dai primi mesi di vita.
Infatti, maggiore sarà stata la conoscenza degli stimoli ambientali che lo circondano, più agevole diventerà l'abituarsi a cambiamenti di situazioni e contesti.
Dal momento della nascita, ogni cane va sottoposto a un particolare processo di apprendimento per esposizione, tale da consentirgli di conoscere e codificare più stimoli possibili.
Così facendo, crescendo potrà inserire questi eventi all'interno delle sue normali "abitudini", senza che l'improvvisa comparsa di un che di inaspettato possa procurare reazioni di paura o panico.
Se il tutto avverrà prevalentemente entro i primi quattro mesi di vita, la risposta agli elementi esterni, e l'abitudine a viverli con costanza, sarà fondamentale per ottenere un sufficiente equilibrio psicofisico del cane. Il processo, per quanto riguarda l'abituarsi agli stimoli ambientali del nostro mondo, prende il nome di "abituazione", che non è uguale ad "abitudine".
Dal punto di vista "tecnico", per abituazione ci si riferisce a tutto ciò che risulta inanimato, a differenza della socializzazione, riguardante il poter interagire correttamente con soggetti della stessa o di diversa specie.
Dalla terza settimana di vita del cucciolo, quando i suoi sensi sono tutti attivi, ha inizio il cosiddetto “ periodo sensibile” vero e proprio (anche se, in realtà, alcune informazioni iniziano ad arrivare al cervello del piccolo fin da dentro il ventre materno), corrispondente alla sinaptogenesi, cioè la creazione della rete neuronale che permette al cervello di funzionare al meglio e di immagazzinare competenze ed esperienze, di confrontarle e di utilizzarle per affrontare nuovi eventi nel corso della vita.
Questa fase tanto importante termina a 9 settimane di vita (ma diverse circostanza favorevoli possono estenderla addirittura fino a 16 settimane) e ciò che avviene e non avviene in questo periodo influenzerà in modo irreversibile o quasi le capacità del cane di inserirsi correttamente nel nostro complesso mondo, che richiede molteplici e complesse capacità adattative non presenti in natura.
Ecco perché questo breve periodo è considerato il più importante per il futuro benessere psicofisico del cane. E anche di chi lo porta a casa.
Sarà proprio partendo dalla conoscenza "fotografica" dei diversi ambienti che ogni cane produrrà le proprie abitudini, attivando comportamenti idonei ad emettere adeguate risposte verso informazioni visive, uditive, olfattive e tattili.
Al contrario, se il processo di abituazione risultasse carente o del tutto insufficiente, per il nostro amico diventerà arduo, con l'andare del tempo, accettare e abituarsi a ciò che gli verrà proposto, non po tendo prevedere quello che accadrà per mancanza di esperienze di riferimento.
L'imprevedibile determinerà, quindi, una serie di reazioni che potranno andare dalla fuga alla contesa o al non saper cosa fare. In termini energetici, ogni individuo dovrà polarizzare tutta l'attenzione sulla comprensione del nuovo e, solo dopo, potrà dedicarsi ad inserire le novità dentro l'iter quotidiano.
Meglio, quindi, approfittare di quel periodo "sensibile" ove le mappe neuronali sono più inclini a classificare categorie e concetti, aprendo così la strada verso l'assunzione di abitudini che vorranno dire adattamento ed equilibrio.
Parafrasando un detto filosofico, sarà come se ogni cane, dinanzi al conosciuto, dicesse a stesso: "Conosco, quindi sono". E, di rimando, potrà aggiungere: "E questo conosciuto diventerà una meravigliosa abitudine".
2. Trio essenziale: cibo, sonno e attività
Tra le abitudini primarie del cane vi sono certamente tre elementi distinti, sebbene inseriti all'interno dei "ritmi circadiani", ossia i ritmi delle ventiquattro ore.
- Il primo di essi si riferisce all'assunzione del cibo, elemento fondamentale per garantire la sopravvivenza.
La somministrazione della pappa dovrebbe infatti essere effettuata nei medesimi orari (e non meno di due volta al giorno), evitando di spostare i momenti a seconda di circostanze esterne.
Così facendo, l'orologio biologico del nostro amico riesce a fissare gli spazi temporali da dedicare a un'azione tanto importante e saranno i suoi succhi gastrici, complice lo stomaco ormai svuotato, a dirgli quando sarà arrivato il fatidico momento.
D'incanto, il cane inizia a muoversi attorno a noi, fissandoci con uno sguardo che dice "Ehi, ho veramente fame!". In verità, questo agire tanto metodico viene innescato anche da altri "indizi" premonitori, come il cambio della luce, il nostro rientro a casa o l'andare verso il luogo in cui è previsto il rilascio dell'ambito pasto.
La prova che il cane sa benissimo quando è "ora di pappa"? Basta allungare i tempi e facilmente assisteremo a uggiolìi, zampate di richiamo, abbai di sollecitazione e, a volte, anche alla presentazione della ciotola vuota nella bocca del nostro amico!
- Un altro elemento di abitudine fondamentale è il sonno, perché ogni cane deve dedicare almeno un terzo della sua giornata al riposo, ma se il numero di ore, otto, è simile al nostro fabbisogno, il cane tende a suddividerle nell'arco della giornata più che a concentrarle nelle ore notturne, anche se il tipo di sonno è diverso.
Nei momenti diurni, assisteremo spesso a un dormire "leggero" che cede anche ai più lievi rumori.
La notte, invece, c'è il sonno più profondo, spesso inframezzato da fasi di sogno composte da uggiolii e movimenti involontari, delle zampe in particolare (sognano di inseguire una preda?).
Dormire è molto importante anche per il cane: numerosi studi hanno dimostrato come l'alterazione del sonno possa essere causa di disturbi di diversa natura, quali il deficit dell'attenzione, l'iperattività e il nervosismo latente.
Situazioni di agitazione per la riduzione del sonno le potremo osservare nel caso di improvvisi cambiamenti dei contesti, si tratti di una vacanza, del ritorno dalle ferie o dalla collocazione del nostro amico presso ambienti temporanei, come le "pensioni per cani". Il ritorno alla normalità richiederà un periodo variabile, e ciò a causa della "rottura" degli stessi schemi abitudinari.
- Infine, ugualmente importante è l'attività psicofisica, caratterizzata dalle uscite quotidiane dirette alla passeggiata, alla corsa al parco o allo svolgimento di una pratica cinofilo sportiva.
E anche in questi casi, il nostro amico sembra possedere una "sveglia" interna, tale da indicargli quando e come si uscirà di casa.
3. Un tipo sospettoso. Neofobia e adozione
Ma perché il nostro amico necessita di abitudini tanto ripetute nel tempo?
La risposta la troviamo nella sua stessa natura "neofobica", cioè la spontanea predisposizione a vivere ogni novità con legittimo "sospetto", un comportamento molto diffuso tra gli animali e anche tra gli esseri umani.
È bene perciò precisare che la neofobia non va considerata come una patologia comportamentale, quanto piuttosto una caratteristica fisiologica di specie. La neofobia deriva da un'altra peculiarità distintiva consistente nella "iperspecificità" dei dettagli.
A differenza nostra, infatti, il cane ha un'elevata capacità di individuare differenze minime all'interno di medesimi contesti: la sua mente riesce a creare una mappatura dei molteplici elementi presenti nel mondo che lo circonda.
Infatti, se proviamo a modificare la collocazione anche di un solo oggetto all'interno dell'abitazione, oppure lungo il tragitto della usuale passeggiata, assisteremo facilmente a una sorta di immobilità temporanea del cane, come se stesse studiando la nuova situazione.
Se poi si tratterà dell'introduzione di stimoli sconosciuti, il nostro amico potrà emettere ripetuti abbai di allerta, come a dire che quella cosa, in quel certo spazio, non avrebbe dovuto esserci!
Poi si assisterà alla volontà conoscitiva fatta di avvicinamenti a postura bassa, alternati da improvvise retroazioni.
La conclusione di questo iter conoscitivo avverrà mediante il "contatto" olfattivo assai circospetto, perché il senso della vista nel cane necessita di una conferma mediante un "potere" superiore come quello del fiuto.
E questa dinamica di conoscenza potrebbe anche non essere sufficiente, perché a volte il cane ha bisogno di ulteriori e ripetute esperienze nei confronti di quel dettaglio entrato così dal nulla nella sua vita.
La caratteristica della neofobia iperspecifica permette di comprendere anche le cause dei tempi medi di ambientamento in una nuova famiglia, a maggior ragione se l’adozione del cane avviene in età adulta.
Ulteriori studi, infatti, hanno dimostrato come l’adattamento a un nuovo “gruppo sociale” necessiti di circa un mese di piena confidenza e ogni tentativo di accelerare questo processo potrà risultare vano, se non controproducente.
Naturalmente, se il cane adottato avesse vissuto anche situazioni di maltrattamento, oltre che di abbandono, è chiaro che il tempo di adattamento alla nuova situazione potrà essere anche più lungo. Ma vale la pena aspettare per poter amare ed essere amati appieno, no?
4. Il pensiero associativo e il condizionamento classico
L'essere un animale abitudinario, per il cane, dipende anche da una particolare modalità di intendere il concetto di "futuro".
Infatti, una domanda che certamente ci saremo posti riguarda proprio la possibile capacità del nostro amico di immaginare ciò che potrà accadere.
È bene precisare che per quanto ne sappiamo il cane, come ogni altro animale non umano, non vive gli eventi temporali in modo analogo al nostro, mancando del "pensiero concettuale", detto anche "pensiero astratto".
Per sua fortuna, o sfortuna, non gli apparterranno le domande amletiche su quel che potrà accadere in modo "metafisico", essendo questa una peculiarità ascrivibile soltanto alla nostra specie, a quanto pare.
Tuttavia, il cane è in grado di immaginare eventi dell'immediato futuro mediante un meccanismo di tipo associativo: la sua mente riesce a effettuare opportuni collegamenti tra eventi correlati tra loro in via successiva, imparando ben presto che un certo fatto sarà il preludio di un accadimento successivo e regolandosi di conseguenza.
Il particolare processo di apprendimento appena descritto appartiene alla tipologia del "condizionamento classico", secondo il quale uno "stimolo" inizialmente privo di significato diventerà, per associazione con un evento di per sé significativo, l'annunciatore del verificarsi di quest'ultimo, acquisendo in questo modo un valore specifico.
Ecco perché l'idea di futuro del nostro amico non è altro che un concatenarsi di episodi ove il precedente annuncia quello immediatamente prossimo, e così via.
Abbiamo spiegato che il cane è estremamente abile a valutare ogni piccola differenza, quindi a volte avremo l'impressione di trovarci accanto a un "veggente" capace di prevedere gli eventi con precisione sconcertante.
Per esempio, tra i tanti passi sulle scale degli abitanti di un palazzo, il cane sa distinguere perfettamente i nostri e, avendo imparato ad associarli all'apertura della porta di casa e ai conseguenti festeggiamenti, si attiverà scodinzolando e a volte anche uggiolando felice non appena li sente.
E il resto della famiglia saprà che stiamo per arrivare. Allo stesso modo, il cane impara a distinguere quando ci vestiamo per andare al parco con lui e quando, invece, usciremo da soli, e solamente nel primo caso ci girerà intorno eccitato, sollecitandoci ad accelerare i tempi.
5. La neofilia. Abitudini e serenità
Se è vero che il nostro amico è davvero un amante delle "abitudini quotidiane", accogliendo perciò con una certa ritrosia i cambiamenti, è altrettanto vero che possiede, in "quantità" differente da individuo a individuo, un'ulteriore caratteristica che gli consente di compensare il suo innato bisogno di routine.
Essa prende il nome di "neofilia" ed è riferita al desiderio di conoscere ciò che è nuovo. Infatti, i tratti "infantili" tipici di ogni cane, che ricordiamo essere una versione domestica e immatura del lupo selvatico, gli permetteranno di dedicarsi alle novità con sufficiente curiosità.
Perché ciò possa risultare funzionale, senza il pericolo di reazioni di tipo fobico, la stessa conoscenza dovrà però seguire alcune precise regole, quali la costanza, la progressione e la non imposizione.
La prima di esse, riferita alla regolarità, esige che le nuove conoscenze, che abbiano per oggetto cose animate o inanimate non importa, avvengano attraverso ripetute esposizioni al medesimo stimolo, in modo che esso produca quella condizioni di assuefazione che diventerà l'anticamera dell'accettazione.
Inoltre, la stessa conoscenza dovrà avvenire in modo graduale, evitando l'immersione nella novità fin dalle prime battute. Per ogni risposta di adattamento si potrà passare alla fase successiva, fino a quando la nuova esperienza potrà essere classificata tra quelle accettabili, positive o neutre che siano.
Essenziale ricordare che non si dovrà in alcun modo forzare il cane a una conoscenza obbligatoria, giacché se ciò avvenisse si verificherebbe una pericolosa associazione tra la "cosa" conosciuta e il disagio derivante dalla costrizione.
Le corrette tecniche di acquisizione delle informazioni diventeranno oltremodo fondamentali nel caso di soggetti portatori di timore, ovvero di reazioni antagoniste. In entrambi i casi, infatti, ci troveremo dinanzi a un individuo in stato di temporaneo disagio e la volontà di creare un protocollo di conoscenza progressiva non potrà che giovare.
Si tratterà, quindi, di introdurre comportamenti che risulteranno utili nei momenti di possibile crisi, come il mettersi seduto accanto a noi e guardarci negli occhi. Essendo riusciti a fissare questi schemi, essi potranno essere esibiti ogniqualvolta ci trovassimo in una condizione di generalizzazione dei contesti, rendendo le novità meno traumatiche.
La possibilità di mantenere le cosiddette "macro abitudini", quali l'assunzione del cibo, il sonno e le attività necessarie a un adeguato soddisfacimento psicofisico, permetterà al nostro amico di produrre alcune sostanze idonee a procurargli benessere, rilassamento ed equilibrio.
Ci si riferisce, in particolare, ai neurotrasmettitori del piacere, come la serotonina, la cui carenza è spesso causa di cambiamenti di umore, manifestazioni aggressive o apatia complessiva.
La corretta produzione di serotonina inibirà, a propria volta, l'emergere di altri neurotrasmettitori quali l'adrenalina e la noradrenalina, essendo essi correlati alla vigilanza e al controllo, che sono situazioni di stress.
Inoltre, consentire al nostro amico di conservare le abitudini generali, indipendentemente dai luoghi in cui si trova, è garanzia di ridotta produzione del cortisolo, considerato l'ormone dello stress per eccellenza, evitando anche di coinvolgere l'ipofisi e le ghiandole surrenali, votate alla produzione del cortisolo stesso.
Infine, se aduna corretta attività cognitiva verrà affiancato un programma di coinvolgimento fisico, si potrà ottenere un incremento delle endorfine, sostanze appaganti prodotte dal cervello a seguito di azioni aerobiche prolungate. In poche parole, un cane sereno e felice!