Nel 1227 moriva il più grande conquistatore della storia dell’umanità.
Gengis Khan si spense all’età di sessantasei anni mentre era impegnato in prima persona a reprimere la ribellione dei cinesi tangut (dangxiang in cinese) nel regno di Xi Xia.
Qui il sovrano perse la vita (non si sa se per una ferita di guerra o avvelenato da una concubina), mentre l’esercito mongolo uccideva migliaia di abitanti e radeva al suolo intere città.
Era un modo in cui i guerrieri placavano non solo la loro tristezza ma anche l’ansia per l’incerto futuro che attendeva l’impero dopo la scomparsa del suo fondatore.
I mongoli non disponevano di una chiara politica di successione, ed erano in gioco l’avvenire del più grande impero terrestre della storia, la sua complessa unità interna e la sua capacità di resistere ai temibili nemici dell’epoca.
Ma chi era veramente Ogodei, il figlio di Gengis Khan, e vero creatore dell’impero mongolo? Scopriamo insieme.
1. Ogodei, il successore
La titolarità della carica d’imperatore poteva essere decisa solo dal kuriltai, la veneranda assemblea plenaria alla quale partecipavano tutti gli uomini e le donne illustri delle tribù della steppa.
La principale istituzione politica dei mongoli rispecchiava perfettamente il carattere marcatamente egualitario e democratico delle società nomadi, dove non esistevano grandi distinzioni di genere né forti disuguaglianze economiche.
Non c’erano neppure protocolli o regole di successione. L’unico criterio per stabilire la leadership era il merito personale, la capacità di dimostrare forza, coraggio e buon senso.
L’estrema soggettività di questi criteri di elezione non favoriva in alcun modo il raggiungimento del consenso necessario a garantire una guida abbastanza forte da conservare l’unità e la prosperità di una struttura politica delle dimensioni dell’impero mongolo.
Dopo due anni di deliberazioni, il kuriltai assegnò il difficile compito a Ogodei, terzogenito di Gengis e di sua moglie Borte. Non si conoscono con certezza la data e il luogo esatti della sua nascita, che avvenne probabilmente intorno al 1186 in qualche zona della Mongolia o della Cina settentrionale.
La sua formazione militare iniziò alla tradizionale età di tre o quattro anni, quando imparò a cavalcare e a cacciare animali di vario tipo con il potente arco composito dei pastori nomadi. Probabilmente iniziò a partecipare alla guerra all’età di tredici o quattordici anni.
Tuttavia la prima notizia certa della sua biografia risale al 1203, quando fu gravemente ferito nella battaglia di Qalaqaljid contro la tribù dei keraiti. Ogodei si salvò per miracolo, ma si riprese rapidamente e accompagnò il padre nella vittoria finale sui keraiti e poi sui naimani, fino all’unificazione di tutte le tribù della steppa mongola, avvenuta nel 1206.
Nella foto sotto, funerali di Gengis Khan. I Mongoli, vestiti a lutto, piangono la morte del loro capo riuniti intorno al feretro. Miniatura di un manoscritto persiano.
Nel 1211 Ogodei era già al comando del suo contingente: circa cinquemila uomini con i quali ottenne importanti vittorie contro l’impero dei Jin nella Cina settentrionale.
Dopo averne assoggettata la capitale, nei pressi dell’attuale Pechino, e aver piegato i regni circostanti di Xi Xia e Kara Khitay (Grande Liao), Gengis Khan prese probabilmente la decisione più temeraria della sua vita: attaccare l’impero corasmio, il più potente dell’Asia occidentale.
La mossa andò a buon fine e gli permise di sottomettere tutte le città del Turkestan e dell’antica Persia, seppure a un prezzo molto alto in termini di vite umane. Ogodei ebbe un ruolo da protagonista nella conquista di alcuni dei centri principali, come Otrar nel 1219 e Urgench nel 1221.
In quest’ultimo caso, fu probabilmente lo stesso Ogodei a ordinare l’esecuzione di tutta la popolazione cittadina, stimata da alcune fonti in oltre un milione di abitanti, per favorire la resa e le diserzioni in campo nemico.
Se questo fosse vero, si tratterebbe di una delle più grandi carneficine della storia dell’umanità. Furono lasciati in vita solo gli artigiani più abili, che vennero deportati e impiegati in altre città del nascente impero mongolo.
Sempre a Urgench, nell’attuale Uzbekistan, scoppiò la rivalità tra Joci e Chagatai, i due fratelli maggiori di Ogodei. La loro reputazione di feroci guerrieri li portò a un duro scontro personale che, agli occhi di Gengis, ne rivelò l’avventatezza, l’arroganza e in fin dei conti l’inadeguatezza ad assumere la guida dell’impero.
Erano preferibili la sagacia e la temperanza di Ogodei. Joci, il primogenito, non riuscì a sopportare l’umiliazione e morì qualche anno dopo in località ignota. Chagatai e Tolui, il più giovane dei quattro fratelli, accettarono la decisione di Gengis e sostennero Ogodei davanti al kuriltai, che il 13 settembre 1229 lo proclamò khan di tutti i mongoli.
Si possono ipotizzare le ragioni che spinsero Gengis a puntare su Ogodei. La lealtà di quest’ultimo era ampiamente riconosciuta da tutte le persone della sua cerchia. Ogodei stesso disse di aver ereditato dal padre la buona stella, quella che i mongoli chiamavano su, il fiuto per la fortuna. E aveva grandi doti anche in campo militare.
Nella foto sotto, Ogodei assoggettò i principati russi e schiacciò i polacchi e gli ungheresi; i suoi successori, Mongke e Kublai, sconfissero i Song del sud e conquistarono tutta la Cina.
2. Il conquistatore
Gengis Khan unificò i popoli della steppa, ristrutturò l’esercito mongolo e piegò le più grandi civiltà del suo tempo: i regni Qin, Corasmio e Xi Xia, un tempo potenti, furono ridotti in cenere.
Gengis lasciò in eredità al suo successore il più grande impero della storia e una nuova aristocrazia basata esclusivamente sui meriti militari e desiderosa di conquistare nuove terre e favolosi bottini.
Il prestigio di Gengis era immenso, e il condottiero trovò un successore della sua statura in Ogodei, che ereditò il suo carisma quasi sacrale. Le conquiste ripresero e l’impero continuò a espandersi a ritmo serrato.
La macchina da guerra mongola era ancora lontana dal conoscere i propri limiti, e la sua superiorità rimase incontrastata per tutta la prima metà del XIII secolo.
Appena assunto il potere, Ogodei si mise alla testa dell’esercito per concludere la missione che la morte aveva impedito al padre di portare a termine: impiegò tre anni per sconfiggere definitivamente l’impero dei Qin e iniziare la guerra contro il potente impero dei Song, nella Cina meridionale.
Nel 1240 gli eserciti mongoli invasero il Tibet, avanzando verso i confini dell’attuale Nepal e del Bengala, e stringendo progressivamente l’assedio ai Song. Contemporaneamente Ogodei inviò uno dei suoi più brillanti generali, Chormaqan, a consolidare il dominio sull’Asia occidentale.
Le sue truppe riuscirono a estendere l’impero mongolo agli attuali territori del Pakistan e del Kashmir a sud, e della Georgia e dell’Armenia a nord. Lì entrarono in contatto con i crociati latini, ottenendo il vassallaggio del principe di Antiochia Boemondo V.
Sconfissero anche i selgiuchidi dell’Anatolia (attuale Turchia), il cui declino permise il successivo sviluppo della dinastia ottomana nella regione.
Ma al di là dell’unificazione militare di tutta l’Asia dal Mediterraneo al mar Giallo, il grande risultato di Ogodei fu la costruzione di un apparato statale in grado di amministrare con successo il più grande impero conosciuto fino ad allora dall’umanità.
A questo scopo ricorse all’enorme bacino di talentuosi servitori riuniti dal padre, seppur mantenendo un certo margine di scelta.
Nella foto sotto, Ogodei venne eletto Gran Khan nel 1229. Questa miniatura del XIV secolo illustrava un’edizione persiana del Jami(al-tawarikh (Raccolta delle storie) di Rashid al-Din.
3. Lo statista
Ogodei suddivise innanzitutto l’impero in tre amministrazioni corrispondenti all’incirca a Cina, Asia centrale e Persia, e guidate rispettivamente da un erudito confuciano, un carovaniere cristiano e un mercante musulmano.
Tutti e tre facevano parte del settore più progressista della cerchia (kheshig) di Gengis, favorevole a un equilibrio tra vita nomade ed economia sedentaria. Con l’appoggio di Ogodei riuscirono a realizzare ambiziosi piani di tutela dell’agricoltura e dell’artigianato e di promozione del commercio.
A loro si deve l’introduzione su scala asiatica della cartamoneta, inventata alcuni secoli prima ai tempi della dinastia cinese Tang ma mai pienamente sfruttata. La misura di maggior portata di Ogodei fu la creazione di una vasta rete viaria, costantemente sorvegliata da migliaia di soldati.
Le sue ampie strade fiancheggiate da file di alberi erano dotate di servizi di posta militare (detti yam) ogni trenta o quaranta chilometri e formavano una rete che aveva i suoi nodi in località separate l’una dall’altra da non più di cinquecento chilometri.
Se alcune di queste località esistevano già, altre furono create da Ogodei, come la famosa Karakorum, la prima città fondata dai mongoli. Nella foto sotto Karakorum, la capitale dei mongoli.
Questa aveva 12 pagode, due moschee, una chiesa, un osservatorio astronomico, decine di lussuosi palazzi e monumenti stravaganti come una fontana meccanica realizzata da un orafo francese, da cui sgorgavano ininterrottamente vino, birra, idromele e kumis.
Dopo Karakorum furono fondate altre città lungo la via della Seta come Pechino, Xanadu, Soltaniyeh e Saraj. Ogodei diede un contributo centrale al più grande sforzo sistematico della storia antica dell’umanità per favorire gli scambi politici, economici e culturali su una scala realmente globale.
Nella foto sotto, la madrasa di Ulug Beg, nel Registan. Gengis Khan conquistò Samarcanda città nel 1220, durante la sua brutale campagna contro lo scià di Corasmia; giustiziò tutti gli uomini armati e fece prigionieri 30mila artigiani, che deportò in Mongolia.
Questa immensa rete stradale si estendeva da un capo all’altro dell’Asia, unificando per la prima volta nella storia la via della Seta, il reticolo d’itinerari commerciali che fin dall’antichità univa l’impero romano alla Cina.
Grazie a essa gli scambi tra Europa e Asia s’intensificarono. Un gran numero di spie, monaci o mercanti, come il famoso Marco Polo, utilizzarono queste strade nel corso del XIII e XIV secolo su invito degli stessi khan, e a loro si deve il primo incontro sistematico tra Oriente e Occidente.
Un altro dei grandi contributi di Ogodei alla tecnologia politica dei mongoli fu il titolo di khaghan (che in Europa divenne “Gran Khan”), un termine inventato dagli uiguri.
Tramite il suo uso Ogodei volle sacralizzare il proprio impero, attribuendosi una sorta d’insuperabile autorità con giurisdizione universale e carattere retroattivo: Gengis Khan fu elevato infatti al rango di divinità, e gli furono dedicati specifici riti e altari.
Fin dall’antichità i mongoli adoravano i loro antenati, gli ongod, ma anche le forze della natura, che erano dominate da una divinità suprema chiamata Tengri, il Cielo. La corte di Ogodei fece di Gengis l’ultimo inviato di questo nume, equiparandolo così ai profeti delle grandi religioni eurasiatiche come Mosè, Gesù o Maometto.
E come questi, Gengis portò con sé la sua legge, la Yeke Yasa, la cui autorità non riconosceva alcun limite. Era solo questione di tempo prima che l’umanità intera si piegasse al suo volere.
L’iniziativa di Ogodei però non riuscì ad affermarsi completamente: sebbene i templi dedicati a Gengis siano sopravvissuti fino ai giorni nostri, già alla fine del XIII secolo importanti khan mongoli preferivano dichiararsi pubblicamente buddisti o musulmani.
Ma il tipo di autorità associata alla figura del Gran Khan permise ai suoi successori di contemplare qualsiasi tipo di divisione – politica, linguistica o religiosa – come perfettamente compatibile con il loro potere, e ciò contribuì a configurare un impero marcatamente cosmopolita. Il titolo di khaghan divenne immediatamente la maggiore espressione del potere politico sulla faccia della terra.
Alle grandi marce degli eserciti mongoli partecipavano intere famiglie con le loro yurte (tende come quelle visibili nella foto sotto) e grandi mandrie di bovini, a volte milioni di capi, che rafforzavano la loro indipendenza dalla produzione agricola permettendogli di sostenere campagne molto lunghe.
4. La crisi finale
L’imperatore Federico II, contemporaneo di Ogodei, sapeva grazie ai suoi informatori che per i mongoli il Gran Khan era dio in terra.
Ma la verità è che Ogodei, lungi dal considerarsi tale, riconobbe i suoi errori in diverse occasioni, arrivando persino a scusarsi per alcuni di essi.
Ad esempio, per il rapimento di varie fanciulle della tribù mongola degli oirati, ordinato come punizione per non aver ricevuto i tributi imposti.
Secondo la leggenda ripresa da vari cronisti persiani, più di quattromila bambine e ragazze tra i sette e i sedici anni furono pubblicamente violentate dai soldati di Ogodei.
Il Gran Khan ammise anche i suoi problemi con l’alcol, ma la confessione non bastò a salvarlo: si spense infatti in seguito a un’intossicazione etilica in una notte di dicembre del 1241.
L’alcol fu sempre uno dei problemi più gravi dei discendenti di Gengis. Nove anni prima Ogodei aveva visto morire fra le sue braccia il fratello minore Tolui per la stessa ragione.
Quella tragica perdita lo aveva colpito profondamente, spingendolo a delegare sempre più potere alla sua cerchia familiare. Di questa situazione seppero approfittare due donne, che iniziarono a delinearsi come future leader dell’impero mongolo.
Una era Sorgaqtani, la vedova di Tolui, di cui un viaggiatore straniero – il vescovo siriaco Gregorio Barebreo – disse: «Se dovessi vedere tra le donne un’altra come lei, non esisterei ad ammettere la superiorità del genere femminile rispetto a quello maschile».
Sorgaqtani fu una delle consigliere più ascoltate da Ogodei e si distinse come fautrice di una maggior sedentarizzazione dell’amministrazione mongola.
L’altra, Toregene, era una delle mogli “secondarie” di Ogodei. Grazie al tacito sostegno di Chagatai, Toregene assunse sempre più potere fino a diventare imperatrice reggente tra il 1241 e il 1246, quando finalmente riuscì a imporre il figlio Guyuk come nuovo Gran Khan, sebbene questi non avesse goduto del favore di Ogodei.
Pur essendo stata inizialmente allontanata da corte dalla stessa Toregene, Sorgaqtani alla fine seppe imporsi propiziando l’ascesa al trono dei suoi due figli, Mongke prima e Kublai poi, e creando il nuovo stile di governo che caratterizzò l’ultimo secolo dell’epoca mongola. I
due fratelli avrebbero smesso di considerarsi come meri conquistatori con diritti inalienabili su tutto il mondo per presentarsi invece come sovrani dispensatori di pace e giustizia; e il terrore non sarebbe più stato la principale strategia di propaganda.
Nella foto sotto, la cruenta battaglia di Legnica. Questa miniatura realizzata nel 1353 ricostruisce lo scontro del 1241 tra i mongoli (a sinistra, con i loro archi), i polacchi e i rispettivi alleati, che furono sconfitti e registrarono 30mila vittime.
5. L’artefice dell’impero
Lo scenario migliore per raccontare la fine tumultuosa del regno di Ogodei è proprio l’Europa, la cui invasione era stata meticolosamente pianificata dal Gran Khan nel 1235, subito dopo la conquista dell’impero Qin.
A questo scopo fu organizzato un enorme esercito guidato dai nipoti di Gengis Khan, ovvero i primogeniti dei figli di Borte: Batu, Buri, Guyuk e Mongke.
La spedizione fu un successo clamoroso. In soli tre anni i mongoli conquistarono tutte le roccaforti della Russia, da Mosca a Kiev.
Attraversarono i Carpazi, invasero la Polonia e l’Ungheria e in pochi giorni, tra il 9 e l’11 aprile 1241, distrussero la grande coalizione formata da templari, cavalieri teutonici, principi austriaci, tedeschi, polacchi e ungheresi nelle battaglie di Legnica e Mohi.
L’imperatore Federico II non poté fare altro che avvertire i re di tutta Europa del pericolo che incombeva sul continente. Le truppe mongole avevano ormai raggiunto le porte di Vienna e la costa adriatica quando decisero improvvisamente di fermare l’attacco.
Le loro imponenti vittorie erano avvenute nonostante le grandi divisioni dei leader dell’impero. Tra Batu e Guyuk, figli rispettivamente di Joci e Ogodei, esisteva una forte rivalità che si protrasse durante tutta la campagna militare per concludersi con uno scandaloso confronto pubblico sulle rive del Danubio.
Quando Ogodei, che fino a quel momento era riuscito a controllare le ambizioni del figlio, si spense improvvisamente a causa del prolungato abuso di alcol, Toregene poté mettere sul trono Guyuk nonostante il parere contrario espresso dal sovrano prima di morire.
Batu pianificò per anni la vendetta. Alla morte di Guyuk, appoggiò l’ascesa al trono di Mongke e con l’aiuto di Sorgaqtani fece massacrare più di trecento discendenti di Ogodei.
Il tradimento di Toregene, la violenta reazione della famiglia imperiale e lo sterminio di quasi tutti i discendenti del defunto sovrano finirono per mettere in secondo piano il ruolo svolto da Ogodei come statista: egli forgiò infatti il più grande impero terrestre della storia, uno stato con una struttura che fu in grado di sopravvivere per oltre un secolo e mezzo.
Il figlio di Gengis Khan fu il principale fautore della complessa trasformazione della potenza conquistatrice del padre nella solida e prolungata esperienza storica dell’impero mongolo.
Nella foto sotto, Tolui e la moglie Sorgaqtani seduti in trono. Sorgaqtani riuscì a eliminare la discendenza di Ogodei e a far eleggere khan i figli di Tolui, Mongke e Kublai. Miniatura persiana.
Note
Ogodei: il successore di Gengis Khan
- 1186 circa
Nasce Ogodei. È il terzo figlio maschio di Borte e Temujin. Vent’anni dopo, quest’ultimo unirà tutte le tribù della steppa mongola e sarà proclamato Gengis Khan.
- 1229
Il kuriltai o assemblea dei nobili elegge Gran Khan Ogodei, che ha l’appoggio di Tolui. Gengis non voleva Chagatai come suo successore e Joci era morto nel 1225 o 1226.
- 1234
Vittoria finale contro l’impero Qin. Chormagan conquista l’Armenia e la Georgia. L’anno successivo iniziano i preparativi per l’invasione dell’Europa.
- 1235
Ogodei fonda Karakorum e unifica e istituzionalizza per la prima volta la rete stradale conosciuta in precedenza come via della Seta.
- 1240
La presa di Kiev e la resa di Novgorod concludono la conquista della Russia da parte dei mongoli. All’altra estremità dell’Eurasia le truppe del Gran Khan invadono il Tibet.
- 1241
Ogodei muore a Karakorum. Quattro mesi più tardi la notizia raggiunge le truppe mongole sul Danubio. Inizia la reggenza di Toregene, fino a quando Guyuk assume il potere nel 1246.