Avere buona considerazione di sé è fondamentale per vivere serenamente e realizzare i propri obiettivi.
Ma non tutti ce l’hanno, complice l’educazione ricevuta nell’infanzia.
La bella notizia è che si può imparare anche da adulti ad amarsi di più. Come? Ecco alcuni trucchi per imparare a stimarsi di più tratti dal libro L’autostima si impara di Umberto Longoni.
1. Donne e uomini a confronto
Le svariate settimane che abbiamo trascorso in casa hanno influenzato negativamente il nostro umore.
Per molti questo può essere legato alla lontananza dal lavoro, senza il quale non abbiamo modo di dimostrare a noi stessi il nostro valore e le nostre capacità.
Nelle società occidentali, infatti, questi aspetti sono fortemente legati alle competenze professionali. Così i vissuti depressivi crescono mentre cala l’autostima. Eppure non dovrebbe essere solo ciò che sappiamo fare a definirci.
Nel suo saggio L’autostima si impara. Esercizi per aumentare la fiducia in se stessi (Franco Angeli, 2020), lo psicologo Umberto Longoni ci avverte: «C’è una realtà incontrovertibile: se non vi amate e non vi piacete abbastanza, difficilmente piacerete agli altri o sarete amati come desiderate».
Ora più che mai è il momento di lavorare sull’amor proprio. Molti psicologi, ad esempio, ci suggeriscono di affrontare queste settimane di riapertura dopo il lockdown imparando a riprenderci cura di noi.
Per le donne, in particolare, questo è importante per migliorare la percezione di loro stesse. Ciò è valido soprattutto per le ragazze. In tutti gli studi sul tema queste mostrano sempre punteggi di autostima più bassi rispetto agli uomini.
Per loro l’aspetto fisico è un fattore determinante per valorizzare l’amor proprio.
2. Due tipi di autostima e la crucialità dell’infanzia
Certo, l’autostima dipende da molti altri aspetti. In realtà sarebbe meglio dire “le autostime”.
Un conto infatti è l’autostima esplicita, quella che mostriamo agli altri, altro invece è quella implicita, che percepiamo interiormente.
In altri termini, una persona può mostrarsi molto sicura nel modo di comportarsi anche senza credere veramente in sé. Lo vediamo ad esempio nel mondo del lavoro: sono parecchi i manager risoluti e forti all’apparenza che, dentro di sé, non si percepiscono allo stesso modo.
L’incongruenza fra questi due aspetti, però, può portare a vissuti depressivi. L’amor proprio, in parte, si impara già da bambini. A contribuire a una buona autostima implicita sono i legami di attaccamento sperimentati con i genitori durante la prima infanzia.
I bimbi che crescono con un attaccamento sicuro, ovvero un rapporto stabile fondato sul senso di protezione, hanno più chance di sviluppare una solida autostima da adulti. Contribuisce anche la capacità dei genitori di non suscitare nei piccoli sentimenti negativi di fronte ai loro errori.
Le neuroscienze ci spiegano che, quando nel cervello si attivano circuiti emotivi molto forti, questi impediscono di trovare delle soluzioni. E così il piccolo si blocca. Al contrario, i genitori dovrebbero sottolineare positivamente i traguardi raggiunti dal bambino anche solo dicendogli: “Sei stato bravo”.
Le esperienze nel corso della vita possono modificare questo “imprinting” che ci portiamo dietro. Si può recuperare in parte l’autostima non sviluppata da piccoli ma ricordiamoci che si costruisce solo partendo dalle basi gettate durante l’infanzia.
3. Riconosciamo i nostri traguardi raggiunti e smettiamola di fare confronti
Anche se le basi del nostro amor proprio vengono gettate durante l’infanzia, le esperienze nel corso della vita possono accrescerlo.
Ma a un patto: quello di non essere troppo rigidi nelle valutazioni che diamo a noi stessi.
Chi percepisce il proprio modo di essere come immutabile difficilmente sarà disposto a rivedere la propria concezione di sé. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: molte persone imparano, sin da piccole, a legare la propria autostima ai risultati che raggiungono.
Così questa cresce quando ottengono buoni risultati, mentre cala quando commettono errori. Così, però, non avranno mai una percezione solida di loro stessi.
Questo atteggiamento ha radici profonde nell’infanzia, spesso in un attaccamento insicuro con le figure genitoriali. Sono persone che, sin da piccole, sono state abituate all’idea di dover dimostrare continuamente il proprio valore per essere amate.
- Riconosciamo i nostri traguardi raggiunti
Chiunque di noi ha vissuto momenti difficili che ha poi superato con le proprie forze: impariamo allora a guardarci indietro e a complimentarci con noi stessi per avercela fatta.
Spesso, però, chi ha poca autostima in questi casi dice: «Beh, non ho fatto nulla di eccezionale, tutti al mio posto sarebbero stati capaci».
In pratica, tende a sminuire i propri sforzi. È un errore. Ci sono persone che dopo certe difficoltà della vita non si risollevano più e rinunciano definitivamente alla lotta per migliorare la propria esistenza.
- Smettiamola di fare confronti
Quante volte la nostra autostima è bassa solo perché continuiamo a paragonarci agli altri? Se possedete la natura e l’indole del salice, non dovreste invidiare le qualità di alberi che vi sembrano più forti o più fortunati.
Invece, sarebbe meglio se cercaste di valorizzare le vostre. Ciascuno di noi è una persona unica e non può necessariamente pretendere da se stesso risultati uguali a quelli raggiunti dagli altri, amareggiandosi quando qualcuno appare più bravo di lui.
Solo ragionando così capiamo che non siamo inferiori ad altri, ma solo differenti e magari bravi in modo diverso.
4. Scopriamo i pregi dentro ai nostri difetti, non facciamoci del male da soli e impariamo a perdonarci
- Scopriamo i pregi dentro ai nostri difetti
Chi ha poca autostima implicita vede solo i propri difetti. Invece, chi non sopporta di essere distratto potrebbe imparare a scoprire i lati positivi di questa caratteristica, capendo così che la distrazione gli consente di viaggiare con la fantasia e quindi di essere più creativo della media.
Chi ha poca autostima non solo sminuisce i propri meriti e risultati, ma spesso trova in sé mancanze e incapacità anche quando compie qualcosa di buono.
- Non facciamoci del male da soli
Quante volte evitiamo di contraddire chi ci sta attorno per paura di non saper sostenere una discussione?
In questi casi si genera un circolo vizioso: credendo di valere poco, preferiamo evitare diverbi. Peccato che dopo, ripensando alla mancanza di coraggio nell’affrontare gli altri, finiamo col rafforzare la nostra bassa autostima.
È un po’ quello che il sociologo americano Robert K. Merton chiamava “profezia che si autoavvera”. Inoltre, se agli altri piacete perché non dite mai di no, questi non stanno apprezzando la persona che siete ma soltanto la vostra assoluta disponibilità, di cui si approfittano.
- Impariamo a perdonarci
Non è vero che le persone con alta autostima sbagliano meno: semplicemente lo danno meno a vedere in quanto sanno perdonarsi, proprio perché si amano incondizionatamente. Le persone con bassa autostima sembrano invece compiacersi dalla sofferenza che nasce ripensando a ciò che hanno fatto male.
È come se fossero troppo attratti dai pensieri infelici. Ancora una volta occorre cambiare punto di vista.
Perdonarsi vuol dire avere un atteggiamento di autocompassione, il che implica accettare la propria natura umana consapevoli che tutti sbagliamo.
È un atto di gentilezza verso di sé, lo stesso che è alla base delle pratiche di mindfulness (consapevolezza).
Questa tecnica psicologica si fonda infatti su esercizi che ci insegnano a guardarci con occhi non giudicanti. In questo modo si impara a non identificarsi con i propri sbagli.
5. Ascoltiamo il nostro corpo
Le persone con bassa autostima si mostrano tali anche con il corpo: occhi bassi, schiena curva, gesti che esprimono ansia e insicurezza.
Potrebbe sembrarvi strano eppure, modificando gli atteggiamenti, la mimica e le posizioni che assumete, avrete positive ripercussioni interiori – perché agirete su come vi sentite – ed esteriori: darete un’impressione diversa alle persone con cui vi relazionate.
Un piccolo esercizio? Sedetevi su una sedia stando dritti sull’orlo e leggermente protratti in avanti, incrociando le braccia al petto: restate così per un minuto facendo attenzione alle sensazioni che provate. Ripetere questa postura tante volte ha un impatto dimostrato sull’autostima: il corpo infatti influisce sulla psiche tanto quanto l’opposto.
Curiosità: Ma cos’è l’Autostima?
Se ci rifacciamo all’etimologia della parola, dobbiamo far riferimento al termine latino, “aestimare”, che significa “valutare”, nel duplice significato di “determinare il valore di…” e ”un’opinione su…” Molti psicologi la definiscono come “concetto di sé”, “autopercezione”, “abilità personali”.
William James (1890-1983) la definiva come il rapporto tra il Sé percepito di una persona e il suo Sé ideale. Il primo equivale al concetto di sé, alla conoscenza di quelle abilità, caratteristiche e qualità che sono presenti o assenti; mentre il secondo rappresenta l’immagine di ciò che ci piacerebbe essere.
Secondo James una persona sperimenterà una bassa autostima nel momento in cui il Sé percepito non riesce a raggiungere il livello del Sé ideale.
Da ciò si evince che per James, l’autostima è il risultato del confronto tra successi, effettivamente conseguiti e corrispondenti aspettative o, se vogliamo ulteriormente esemplificare, è la valutazione che noi facciamo di noi stessi, frutto del confronto tra l’immagine di sé con quella che si vorrebbe essere.