Alcuni chiedono di rinunciare alla carne per motivi etici, altri per salvaguardare l’ambiente. Ma è possibile farne a meno? E con che effetti?
“Dobbiamo prenderci le responsabilità delle nostre azioni e fare qualche sacrificio nelle nostre vite, così da fare la differenza”.
A pronunciare queste parole, dopo aver ricordato il legame tra allevamenti intensivi e cambiamento climatico, è stato l’attore Joaquin Phoenix in occasione della cerimonia di premiazione dei Golden Globe, manifestazione che si svolge durante una sfarzosa cena di gala che quest’anno presentava un menù rigorosamente vegano.
Non è stato il primo e neppure l’unico invito a rinunciare alla carne. Ma che cosa accadrebbe se tutti gli abitanti del Pianeta intraprendessero una dieta vegetariana come suggerito da alcuni scienziati e dalla giovane paladina ambientalista Greta Thunberg?
Abbiamo provato a fare qualche calcolo e a delineare qualche scenario. Scopriamo insieme quali…
1. LIMITI NATURALI
In primo luogo è bene precisare che non tutti potrebbero seguire un’alimentazione “verde”, sia per motivi di salute – poiché impossibilitati ad assimilare fibre vegetali – sia per questioni di habitat e sussistenza.
Alcuni popoli (un centinaio di milioni di individui tra cui inuit, beduini, berberi e mongoli, per citare i più noti) non hanno infatti accesso diretto a risorse “vegetali”, vivendo in aree prevalentemente aride o ghiacciate. Dipenderebbero completamente dalle importazioni.
In passato si è anche provato a riconvertire all’agricoltura alcune zone estremamente inospitali, come la vastissima striscia del Sahel (3.000.000 di km quadrati tra l’Equatore e il deserto del Sahara), ma senza successo e con pesanti conseguenze per le economie locali, basate sulla pastorizia.
Al netto di tali eccezioni, gli altri potrebbero invece intraprendere la scelta vegetariana. Con alcuni effetti positivi per tutti.
Innanzitutto le emissioni di gas serra si ridurrebbero notevolmente. Secondo la Fao, attualmente gli allevamenti contribuiscono per più del 14% al totale delle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo; di questa percentuale, il 65% viene dagli allevamenti di bovini.
Per la maggior parte, queste emissioni sono causate dalla produzione di mangimi e dalla loro digestione. Come è noto, infatti, rutti e flatulenze delle mucche producono metano: da 200 a 500 litri al giorno per mucca.
Liberarci dei 3,1 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti emesse ogni anno da tutti i ruminanti sarebbe un bel colpo per l’ambiente.
Marco Springmann, ricercatore dell’Università di Oxford, ha calcolato che se tutti smettessimo di mangiare carne, entro il 2050 le emissioni dovute alla produzione di cibo (verdure, ma anche latticini e uova) crollerebbero del 60%, arrivando addirittura al 70% se rinunciassimo a ogni alimento di origine animale, nell’ipotesi più radicale, quella vegana.
Ecco alcuni dati che tutti dobbiamo sapere:
- Una riduzione del consumo di carne nei paesi UE del 15% e negli Stati Uniti del 25% avrebbe molte conseguenze positive sull’intero pianeta.
- Il consumo procapite diventerebbe quindi di 200 gr al giorno, comunque molto superiore al fabbisogno proteico dell’uomo significherebbe togliere dalla tavola la carne solo 2 volte la settimana.
- Eppure, in questo modo così semplice e sensato, si ridurrebbero le tonnellate di cereali necessarie a nutrire gli allevamenti, si consumerebbero 2 tonnellate di fertilizzanti azotati in meno e si risparmierebbero 120 hm cubi di acqua.
- E non solo: il miglioramento nel medio e lungo termine riguarderebbe anche gli equilibri ecologici, con conseguente riduzione dell’inquinamento.
- Secondo i dati delle Nazioni Unite, infatti, la produzione di carne è responsabile del 18% delle emissioni globali di anidride carbonica.
2. RINUNCE E GUADAGNI
Certo, una decisione così radicale e rivoluzionaria ci farebbe perdere numerose tradizioni culturali.
E non ci riferiamo soltanto al cotechino, al prosciutto e alla nduja (salsiccia piccante calabrese) a cui è andato immediatamente il nostro pensiero.
La carne è legata all’identità di molti popoli, è parte integrante di festività religiose (per gli ebrei, per esempio) o di riti di passaggio, soprattutto nelle popolazioni indigene di Sud America, Africa, Asia e Oceania.
Per non parlare poi delle popolazioni nomadi come berberi e mongoli; una vita sedentaria basata sull’agricoltura e non sull’allevamento o la caccia sarebbe una perdita della loro identità.
Ma, dal punto di vista della salute ci guadagneremmo tutti, visto che andremmo incontro a una concreta riduzione delle morti per cancro e per malattie cardiovascolari perché si eviterebbero quelle dovute a un eccessivo consumo di carne rossa, globalmente quantificabile tra il 6% e il 10%.
Sarebbero 5-8 milioni di vite salvate ogni anno. Il tutto con un risparmio di circa il 2-3% del prodotto interno lordo globale in termini di minori spese sanitarie. Inoltre, una dieta vegetariana è adatta a tutti dal punto di vista biologico.
«L’aumento di fibra alimentare che una dieta vegetariana porta con sé ha un impatto rilevante in primis sulla flora intestinale, ma anche sulla sensazione di fame e sazietà, e, contrariamente a quanto si possa pensare, se l’alimentazione vegetariana continuasse ad apportare tutti i nutrienti necessari all’organismo, i cambiamenti a livello fisiologico sarebbero minimi», spiega Francesca Scazzina, docente di Fisiologia all’Università di Parma.
Il fabbisogno quotidiano di proteine è di 0,9 grammi per kg di peso corporeo e si può facilmente assumere mangiando pasta, legumi, latte, uova e yogurt.
«Molte proteine vegetali possono integrarsi perfettamente tra loro garantendo un adeguato apporto di tutti gli amminoacidi, e nel contesto di una dieta vegetariana equilibrata non si riscontrano carenze rilevanti di nutrienti», prosegue l’esperta. «Al limite, può essere utile integrare gli acidi grassi omega-3 con l’introduzione delle alghe nell’alimentazione».
Diverso sarebbe il discorso per quanto riguarda una dieta vegana, cioè priva di prodotti come latte, formaggi e uova. «In tal caso sarebbero necessari diversi accorgimenti», aggiunge Scazzina.
«Servono infatti omega-3, ma anche fonti affidabili di vitamina B12, calcio, ferro e zinco. L’assenza di tali elementi potrebbe comportare carenze nutrizionali soprattutto in bambini, anziani, e nelle donne in gravidanza e allattamento».
Dovremmo dunque assumerli attraverso integratori. Il mercato di questi prodotti, già oggi in crescita, si svilupperebbe notevolmente.
3. SCONVOLGIMENTI ECONOMICI
Quanto detto finora vale però per i Paesi sviluppati. I problemi arriverebbero per chi abita nel resto del Pianeta, soprattutto in aree sovrappopolate e non in grado di sostenere con i soli vegetali il fabbisogno della popolazione.
Il nodo sta nel rimpiazzare un prodotto come la carne, che fornisce un numero ingente di proteine a costi relativamente bassi e facilmente reperibile, con legumi, cereali e verdure.
Ma la quantità di proteine proveniente oggi dagli allevamenti è facilmente sostituibile? Teoricamente sì, se ipotizziamo di coltivare ogni terreno con la soia: produrremo il 468% di proteine in più rispetto alla carne, a fronte di una spesa maggiore soltanto del 65%.
L’unica vulnerabilità in tale meccanismo è che le monocolture, a lungo andare, depauperano il terreno diminuendone la biodiversità, ed è necessario ruotare le coltivazioni per mantenerlo fertile. Per cui, dopo alcuni raccolti, occorrerebbe variare la nostra fonte di proteine seminando piante alternative.
I numeri:
- 6%
degli italiani ha bandito carne e pesce scegliendo di diventare vegetariano (4,9%) o vegano (1,1%). Il dato è emerso dal Rapporto 2012 dell’Eurispes, secondo cui tale percentuale è aumentata di 2 punti in un solo anno.
- 66,7%
delle donne, verso il 30,8% degli uomini, sceglie questo stile di vita in virtù di una più spiccata sensibilità per gli animali.
- 42,3%
degli uomini, verso il 28,2% delle donne, sceglie di essere vegetariano o vegano soprattutto per il benessere fisico e la salute.
- A partire da Pitagora, i più noti vegetariani dell’antichità sono il matematico Plutarco, il filosofo Porfirio, Leonardo da Vinci e Gandhi. Tra gli altri, Albert Einstein; tra gli sportivi Carl Lewis (vegano); tra le celebrità dello spettacolo Paul McCartney, Moby (vegano), Natalie Portman (vegana); tra i politici Bill Clinton (vegano); tra gli scienziati Umberto Veronesi.
4. UN AMBIENTE DIVERSO
Nello scenario più radicale, quello vegano, dovremmo poi pensare a ricollocare in altri settori circa 38 milioni di pescatori e 570 milioni di allevatori.
Anche volendo non sarebbe possibile trovare lavoro per tutti nell’agricoltura. Per un terzo la superficie terrestre, infatti, è adatta all’allevamento e non all’agricoltura.
Non solo: oggi al mondo ci sono 5 miliardi di ettari destinati ad agricoltura e allevamento, e il 68% è destinato solo a quest’ultimo. Secondo gli esperti basterebbe usare il 20% di quelle aree per coltivare alimenti sostitutivi della carne.
Il resto potrebbe essere lasciato per foreste e zone verdi, contribuendo ad aumentare la biodiversità. Servirebbero però tempo e investimenti economici perché in una prima fase i terreni lasciati dall’allevamento si impoveriscono.
Il rovescio della medaglia è che comunque anche la presenza degli animali da allevamento contribuisce alla biodiversità.
Se invece decidessimo di mantenere gli allevamenti e convertirli alla produzione di latte e derivati, i problemi riguarderebbero la quantità di latte prodotto, inferiore a quello attuale giacché buona parte sarebbe destinata alla nutrizione dei vitelli non più macellati.
Resterebbe poi la difficoltà nel “ricollocare” questi ultimi in natura, dove molti esemplari non sopravvivrebbero per l’incapacità di procurarsi cibo, soprattutto nelle stagioni più fredde, o perché predati da altri animali. Un discorso analogo andrebbe fatto per i 10 miliardi di “polli” al fine di mantenere la produzione delle uova.
Ma al di là dello scenario drastico di un mondo totalmente vegetariano sognato da molti, basterebbe un consumo più moderato della carne (una o due volte a settimana al massimo) per ridurre notevolmente le emissioni globali (nel solo Regno Unito, secondo un recente studio, crollerebbero del 17%) e stare meglio in salute.
In sostanza, se da domani tutti mangiassimo il giusto quantitativo di carne, il mondo di dopodomani ne trarrebbe sicuramente beneficio.
5. NON È UNA COSA CHE SI PUÒ FARE DALL’OGGI AL DOMANI
Un passaggio immediato a un regime vegetariano sarebbe una catastrofe.
Una fetta consistente della carne che ogni anno viene prodotta nel mondo (350 milioni di tonnellate) e che è già nella filiera, rimarrebbe invenduta e non si troverebbe subito il modo di sostituirla nelle nostre diete con un quantitativo sufficiente di nutrienti vegetali.
Le aziende e i privati del settore fallirebbero, facendo crollare le economie di numerose popolazioni basate prevalentemente su pesca e allevamento.
Ne deriverebbero: bracconaggio, mercati illegali della carne, caccia e pesca clandestina, imponenti migrazioni e, probabilmente, nuove guerre, senza contare che un po’ ovunque si andrebbe incontro a problemi di carattere sociale, psicologico e anche biologico, con un notevole impatto anche sulla biodiversità animale.
Insomma, uno scenario disastroso. Molto meglio una transizione graduale. E non forzata.
Sostituire la carne: ecco le regole da seguire
• Cercate di attuare gradualmente il passaggio dall’alimentazione tradizionale alla dieta vegetariana. Eliminate prima i salumi e le carni rosse, poi quelle bianche e infine, se volete, il pesce.
• Molte persone sostituiscono sistematicamente la carne con il formaggio. È un grave errore che appesantisce il bilancio dei grassi e delle calorie.
• Eliminando la carne, si perde certamente qualcosa sul piano del gusto; variate il più possibile il menu.
• Concedete molto spazio ai piatti unici, che permettono di assimilare meglio le sostanze nutritive dei vari ingredienti.
• Cucinate spesso piatti che vedano l’abbinamento di cereali e legumi.
• Non eliminate per nessun motivo pane, pasta e riso, ma manteneteli come base della vostra dieta.
• Consumate frutta ricca di vitamina C (soprattutto arance).
• Aumentate leggermente il consumo di olio di oliva.