Ci ha accompagnato per migliaia di anni, ci ha dato una mano nella caccia, nella sorveglianza prima delle capanne e poi delle case, e da tempo fa compagnia ai nostri piccoli.
Il cane è sicuramente l’animale più vicino all’uomo, quello che da più tempo cammina con noi. Eppure, gran parte della sua storia rimane un mistero.
Dov’è nato? Perché è diventato il giocherellone fiducioso che è ora? Quale fu esattamente il suo rapporto con i nostri antenati? Com’è noto, il cane riproduce nella sua famiglia i meccanismi del branco in cui vivevano i suoi antenati, e i suoi simili vivono ancora oggi.
Di conseguenza, vede nel suo padrone il capobranco e per questo motivo gli obbedisce e ha nei suoi confronti una forte dipendenza non solo “fisica” (cioè per quello che riguarda la sua sopravvivenza) ma anche emotiva.
Il gatto, invece, non è un animale da branco e quindi non sviluppa un rapporto di sottomissione verso l’uomo. D’altro canto, a differenza di cani, cavalli e altri animali che l’uomo ha addomesticato per i propri interessi, abbiamo visto che fu il gatto a decidere che era per lui conveniente unirsi all’uomo.
Per il gatto, dunque, l’uomo è una specie di madre sostitutiva, che lo protegge e lo nutre, ma se questa figura dovesse improvvisamente venire a mancare il gatto riuscirebbe a riorganizzarsi e sopravvivere ugualmente.
Accanto all’uomo da migliaia di anni, cani e gatti hanno una storia complessa. Tanto che non si sa chi abbia addomesticato chi…
1. Antichi compagni
L’unica vera certezza dei paleontologi è che il nostro Fido deriva dal lupo (Canis lupus), uno dei carnivori più diffusi sul pianeta.
Le specie sono tuttora così vicine che l’accoppiamento tra di loro dà origine a cuccioli fertili, un segno che non si è ancora arrivati alla separazione totale tra i due animali.
Le ricerche sull’origine del nostro “migliore amico” si susseguono, ma il quadro si fa sempre più complesso e i cani diventano, scientificamente parlando, sempre più enigmatici.
L’ultima parola sembra averla però detta una ricerca di pochi mesi fa. Alcuni studiosi hanno analizzato il Dna di circa 60 cani e ne hanno ricavato l’ipotesi che il luogo d’origine della stirpe canina sia l’Asia sudorientale.
In particolare, è stato sottoposto a esame il patrimonio genetico di cani appartenenti a 19 razze pure in tutto il mondo, insieme a quello di 12 lupi e di 27 cani “selvatici”, di villaggi africani e asiatici.
L’indagine è stata condotta da un gruppo di lavoro molto numeroso, guidato dal genetista cinese Guo-Dong Wang, e ha dimostrato che, tra tutti questi tipi di Dna, quello che ha la maggiore variabilità genetica appartiene ai cani del Sudest asiatico.
Ciò significa che da questi animali sono poi derivati tutti gli altri; si tratta cioè della popolazione ancestrale, derivata direttamente dalla popolazione di lupi che abitava la regione.
La stessa cosa accade per l’uomo; nella nostra specie le popolazioni dell’Africa dell’Est e del Sud sono le più ricche di variabilità genetica, perché da esse sono derivate tutte le altre popolazioni umane che si sono successivamente disperse per il mondo.
2. In tutti i continenti
Mistero svelato, quindi? Non proprio. I “lupi addomesticati” hanno più volte attraversato i continenti in lungo e in largo, nel corso di migliaia di anni.
Il momento della domesticazione, avvenuta quindi in Asia orientale circa 33.000 anni fa, è stato seguito dalla dispersione degli animali: da questo angolo della Terra il cane si è probabilmente sparso per il mondo.
Una volta arrivata alle soglie del continente europeo, nella zona oggi occupata da Iraq, Turchia e Iran, una parte di questi animali ha fatto però ritorno verso est (altri si sono diretti verso l’Europa). E qui, in Asia centrale, circa 10.500 anni fa ha incontrato un’altra ondata di cani provenienti dalla zona di origine, appunto il Sudest asiatico.
In Europa occidentale, invece, i cani (il ceppo rimasto in Medio Oriente) entrarono circa 10.000 anni fa; ed erano tutti discendenti dei primi esemplari che si spinsero fuori dall’Asia orientale.
Secondo alcune ipotesi, questi “lupi modificati” potrebbero essersi spostati da soli dal loro luogo d’origine, almeno fino alle soglie del nostro continente, oppure si mossero al seguito delle popolazioni umane. Da quel momento inizia il percorso che ha portato la coppia cane/ uomo a raggiungere tutti gli angoli della Terra.
Non tutti gli studiosi, però, sono d’accordo con questo scenario, e in base ad alcuni reperti fossili ritengono che il lupo sia stato addomesticato (sempre nello stesso periodo, intorno a 30 mila anni fa) anche in Europa o in alcune zone dell’Asia occidentale o centrale.
Quei ceppi di lupo/cane, però, sarebbero oggi estinti, e per questo i cani attuali deriverebbero soltanto dagli antenati addomesticati nel Sudest asiatico.
La storia racchiude però un altro, e ben più importante, mistero. Perché l’uomo ha addomesticato il lupo? O meglio, come dicono alcuni ricercatori, perché il lupo si è fatto addomesticare o addirittura è stato lui ad addomesticare l’uomo?
3. Perché restarono
La teoria “classica” afferma che i primi uomini che vennero in contatto con il lupo si resero conto di quanto intelligente fosse l’animale, e che catturassero i piccoli trovati nelle battute di caccia per riportarli al villaggio.
Forse come animali da compagnia per i bambini, oppure per utilizzarne l’attitudine alla difesa del territorio e quindi per proteggere l’accampamento.
Questa pratica, proseguita per migliaia di anni, avrebbe portato alla selezione di una popolazione di “lupi” più tranquilla e collaborativa.
Ma molti esperti fanno notare che il lupo, anche da cucciolo, è piuttosto difficile da addomesticare se catturato in natura, e quindi per arrivare a ottenere lupi tranquilli ed empatici sarebbero state necessarie troppe generazioni.
Da questa considerazione è nata un’ipotesi diversa: attorno ai villaggi umani vivevano probabilmente gruppi di lupi che si nutrivano degli scarti della caccia. Alcuni di essi erano più coraggiosi, o forse più tranquilli della maggior parte dei loro compagni.
Pian piano, si avvicinarono sempre di più agli uomini, fino a spostarsi tranquillamente all’interno del villaggio in cerca di cibo. Divennero, col passare del tempo, animali cui l’uomo non faceva più attenzione, come accade anche ai nostri giorni per sciacalli o avvoltoi in molte zone tropicali.
Presto, però, gli uomini si resero conto che questo strano lupo pacifico aveva un’intelligenza notevole e straordinarie capacità, come quella di respingere gli altri predatori o di aiutare nella caccia. Il rapporto cane/uomo ha cambiato profondamente anche la fisiologia del nostro amico a quattro zampe.
I cani del periodo Neolitico avevano già, rispetto ai lupi, un numero maggiore di geni legati all’amilasi, l’enzima che digerisce l’amido. Questo cambiamento è legato al commensalismo con l’uomo, ovvero alla presenza nei villaggi di cani che si nutrivano di scarti dei cibi umani di origine vegetale.
Ciò avvenne ovviamente dopo l’invenzione dell’agricoltura, circa 10.000 anni fa, quando l’uomo non era più soltanto un cacciatore. Del resto, con il passare dei secoli, il cane è diventato sempre più diverso dal suo antenato lupo, e anche solo nell’aspetto è una specie a parte.
I cani che vivono nei villaggi in Africa e Asia, anche se non somigliano più ai lupi, sono piuttosto uniformi nell’aspetto. Sono cani generici, di taglia media. Hanno comunque alcuni caratteri, come le orecchie flosce e il mantello a macchie, che li differenziano dai lupi veri e propri.
È l’effetto della domesticazione, che ha cambiato l’aspetto di quasi tutti gli animali che oggi vivono accanto all’uomo. Maiali, mucche, cavalli e (in parte) gatti sono molto diversi dalle specie da cui derivano. Molto più recente è invece la diversità tra le varie razze di cani: le razze risalgono all’epoca moderna, ovvero a poche centinaia di anni fa.
4. Il gatto, una storia semplice
Confrontata con l’intricatissima storia del cane, quella del gatto sembra semplice e lineare.
Niente cuccioli catturati, niente vero addomesticamento e soggezione, niente simbiosi. I gatti ci fanno il piacere di viverci accanto, cacciando topi e uccellini e inseguendo puntatori laser.
Secondo Wes Warren, genetista del Genome Institute alla Washington University di St. Louis, «non sono veramente addomesticati. Preferisco dire che sono semi-domestici».
I primi gatti casalinghi non furono però, come si credeva un tempo, quelli egizi, ma esemplari provenienti dall’isola di Cipro. Alcuni fossili, scoperti una decina di anni fa, dimostrano che il gatto selvatico (molto probabilmente della sottospecie africana, Felis silvestris lybica) iniziò a vivere accanto agli uomini molto presto.
Ancora una volta, si è trattato di una sorta di auto-addomesticamento: i gatti, predatori specialmente di roditori, si accorsero che questi ultimi si raccoglievano a frotte attorno ai depositi di granaglie costruiti dagli uomini. E, facendo due più due, cominciarono anch’essi a frequentare gli stessi luoghi.
Fino ad accettare la presenza dell’uomo ed entrare in casa sua. Il processo è stato così facile che molto probabilmente è avvenuto più di una volta. Secondo alcuni storici si verificò anche in Cina, circa 5.300 anni fa.
Gli studiosi, paleontologi e storici cinesi, hanno scoperto che alcuni resti scheletrici di uomini, roditori e gatti portavano una “firma isotopica” (contenevano cioè una forma particolare di atomi) che dimostrava come avessero tutti mangiato un po’ dello stesso miglio.
Topi e uomini direttamente, i gatti quando si nutrirono dei topi di casa. Si trattava però di una specie differente dal nostro gatto selvatico, cioè del gatto leopardo (Prionailurus bengalensis). Ciò significa che il processo dell’addomesticamento avvenne quasi automaticamente, senza una precisa volontà dell’uomo.
Nella foto sotto, statuette della dea egizia Bastet, divinità della gioia, della danza e protettrice della maternità.
5. Gli altri ospiti (cavia, furetto e criceto): domestici da poco
Oltre a cani e gatti, altre specie sono state convinte a farci compagnia.
- La cavia (Cavia porcellus), per esempio, è un piccolo roditore sudamericano che è stato addomesticato addirittura 5.000 anni prima di Cristo, dalle tribù che vivevano sulle Ande. La sua storia è molto complessa, poiché sembra che derivi da una specie selvatica (Cavia tschudii); ma la cavia di oggi è così diversa dai suoi antenati che può essere considerata una specie a parte.
Il primo uso di questi animali non fu però quello di compagni degli uomini. Molto probabilmente erano utilizzati come cibo: tenute in recinti e ingrassate, le cavie erano bocconcini prelibati.
In fondo, si nutrivano, come minuscoli maiali, dei residui della cucina e non avevano altre esigenze; non per niente il nome latino è porcellus e in inglese la cavia si chiama guinea pig (maiale di Guinea).
La sua trasformazione in animaletto domestico avvenne solo quando il roditore fu trasportato in Europa (fu ritratto per la prima volta in quadri del Sedicesimo secolo).
- Molto utile all’uomo è stato anche un altro animale, il furetto (Mustela putorius furo). Che non è altro che la forma domestica della puzzola. La domesticazione risale a circa 2.500 anni fa e probabilmente il furetto era utilizzato come aiuto nella caccia ai conigli, come ancora oggi si usa fare in Sicilia.
La forma domestica, a differenza di quella selvatica, è in molti casi albina o “color isabella” (beige), come nel quadro di Leonardo “Dama con l’ermellino”. Che ritrae, appunto, un furetto, non un ermellino.
- Molto più recente è la storia della domesticazione di un altro roditore, il criceto. La specie (criceto dorato ovvero Mesocricetus auratus) ha il suo habitat originale in Siria e Turchia. I primi criceti arrivarono in Inghilterra nel 1931, e da lì si sono diffusi in Europa e nel mondo in razze diverse.
Anche altre specie di criceto, come il Cricetulus griseus, o criceto cinese, sono piuttosto diffuse e vengono tenute in piccole gabbie in casa.