La voce è uno dei più potenti strumenti di cui disponiamo per raggiungere i nostri obiettivi.
Un esempio? Potete scoprire se il vostro partner vi sta tradendo proprio ascoltando come parla.
Ce lo spiega la psicologa Susan Hughes dell’Albright College di Reading (Usa) in un recente studio pubblicato sul Journal of Nonverbal Behavior. Secondo la studiosa, uomini e donne hanno un tono di voce diverso quando parlano al telefono con la persona di cui sono innamorati.
Per dimostrarlo Hughes ha coinvolto 24 soggetti di entrambi i sessi, tutti all’inizio di una nuova storia d’amore, ai quali ha chiesto di telefonare al partner e a un amico dello stesso sesso.
Tutte le conversazioni, che dovevano iniziare con le semplici domande “come stai?” e “che cosa stai facendo?”, sono state registrate e successivamente ascoltate da 80 estranei.
Di ognuna delle 24 voci è stato chiesto agli ascoltatori di giudicare i livelli di fascino, piacevolezza e romanticismo espressi.
Risultato: in quasi tutti i casi, gli 80 volontari sono stati in grado di capire, senza ascoltare le parole di chi stava dall’altra parte del filo, se i 24 soggetti erano al telefono con l’innamorato o con l’amico.
Ognuno ha una voce diversa, capace di produrre almeno 500 suoni. Ma come usarla per ottenere quello che vogliamo? E quanto conta nel rapporto con gli altri? Ecco come allenarla e sfruttarla per farla diventare il nostro miglior alleato!
1. La voce è più sexy se parliamo all’amato e svela tanto di noi
«La voce di chi parla con la persona amata è più piacevole e sexy», si legge nello studio.
Non solo: dopo aver condotto un esame sonoro sulle voci, la Hughes ha rilevato anche che gli innamorati tendono a imitare tonalità e velocità della voce del partner:
«Una modalità che sembra voler suggerire vicinanza e intimità, quasi a dire “sono come te”», dice la studiosa.
Nonostante questo, le voci maschili e femminili sono profondamente diverse perché diversa è la lunghezza delle corde vocali: quelle degli uomini misurano tra i 17 e i 25 millimetri contro i 12-17 di quelle femminili. Proprio questa caratteristica ha a che vedere con l’attrazione sessuale.
Lo ha evidenziato uno studio inglese uscito ad aprile di qualche anno fa: Yi Xu dello University College of London ha infatti pubblicato una ricerca su PlosOne che mostra come il tono basso delle voci maschili e quello alto delle voci femminili sono considerati sensuali dalle persone di sesso opposto.
Il motivo? Siamo portati a pensare che un uomo con una voce grave sia fisicamente robusto e virile e che una donna con voce acuta e delicata sia più femminile.
La voce è quindi il nostro mezzo di comunicazione più potente: «Ci permette di veicolare informazioni sul mondo, ma anche su noi stessi», spiega Ciro Imparato, doppiatore, formatore e autore di La tua voce può cambiarti la vita (Sperling&Kupfer).
Il tutto grazie alla potenza delle corde vocali, capaci di emettere un’infinità di suoni prodotti dalla combinazione di 13 vocali (a, e, i, o, u più altri otto suoni intermedi) lungo le due o tre ottave di estensione che ognuno di noi è mediamente capace di raggiungere.
Dal momento che ogni ottava, ovvero la scala musicale che va dal do al si, è costituita da dodici note (compresi i diesis), mediamente la nostra voce può produrre poco meno di 500 suoni diversi.
«Parlando, comunichiamo empatia (capacità di mettersi nei panni degli altri) o freddezza, sicurezza o insicurezza, intelligenza o stupidità, rispetto o arroganza», aggiunge Imparato.
Non a caso, un celebre esperimento condotto all’inizio degli anni Trenta dallo psicologo britannico Tom Hatherley Pear, durante il quale veniva chiesto agli ascoltatori di una radio di valutare alcune voci, mostrò che ascoltando le parole di chi non vediamo riusciamo perfino a intuirne lo status sociale ed economico.
2. Perché è unica in ognuno
Le infinite differenze anatomiche di ciascuno (laringe, denti, palato, lingua) rendono unica la voce di ciascuno di noi, tanto che, secondo gli specialisti, ben il 40 per cento di quanto comunichiamo passa dalla parola.
Tuttavia, solo un quarto di questi messaggi ha a che fare con quel che diciamo: il restante 30 per cento è veicolato proprio dal tono e dal timbro dei suoni che emettiamo.
Partendo da queste considerazioni, Ciro Imparato ha messo a punto il sistema FourVoiceColors per insegnare a comunicare più efficacemente con la nostra voce: «Finora la voce era studiata solo da professionisti come attori e cantanti oppure dai foniatri per curare vere e proprie patologie», spiega il formatore.
Secondo questo metodo, ogni voce è in grado di esprimere quattro diverse emozioni di base: amicizia, fiducia, autorevolezza e passione. Modificando il volume della voce, il tono, la velocità delle parole, il ritmo e l’espressione del viso e combinando tra loro le emozioni di base, otteniamo infinite sfumature capaci di veicolare il nostro messaggio in modo empatico.
«I nemici della comunicazione sono infatti i toni di voce che impediscono l’empatia e che io definisco grigi e neri, ovvero monotoni, e quelli aggressivi», aggiunge.
Comunicando empatia si diventa più sciolti e le relazioni ne traggono vantaggio, ma ciò succede anche se non abbiamo una bella voce: «Una voce piena che viene dalla parte bassa della laringe colpisce di più, eppure tutte le voci possono essere piacevoli, anche se hanno difetti, a patto che trasmettano emozioni».
Un caso celebre è quello del doppiatore Ferruccio Amendola, voce italiana di Robert De Niro, Sylvester Stallone, Dustin Hoffman e tanti altri: «Non aveva una voce perfetta», spiega Imparato, «ma era naturale, empatica e mai troppo impostata».
Ma come parlavano i nostri antichi antenati? La voce è anche uno strumento di seduzione e corteggiamento: Coren Apicella della Harvard University (Usa) ha scoperto che tra gli Hadza, una popolazione africana, gli uomini che parlano con una frequenza media di 90 hertz hanno in media due figli in più di chi ha una frequenza di 160, ovvero più acuta e femminile.
«Chi ha una voce profonda ha molto testosterone dal momento che alti livelli di questo ormone allungano le corde vocali», spiega David Puts, antropologo dell’Università della Pennsylvania (Usa).
La voce è quindi un potente motore evolutivo, anche perché quando la nostra specie iniziò ad aver bisogno di comunicare, fu proprio la duttilità della faringe dei nostri progenitori a rivelarsi utilissima. Nel giro di poche migliaia di anni, infatti, si trasformò fino a permetterci di produrre suoni complessi in combinazione tra loro.
Lo ha dimostrato Robert McCarthy, antropologo all’Università della Florida (Usa), che alcuni anni fa ricostruì, per mezzo di una simulazione software, il tratto vocale dell’uomo di Neandertal così da “farlo parlare”. Il risultato è un suono che riproduce la pronuncia della lettera “i” così come l’avremmo sentita dalla viva voce del nostro antenato: decisamente gutturale e poco gradevole.
Secondo McCarthy, il Neandertal (nonostante presentasse già una laringe simile alla nostra) non era infatti ancora in grado di produrre le sottili differenze di pronuncia tipiche del linguaggio attuale. Eppure quel suono rappresenta il primo passo verso una progressiva trasformazione che ci ha portati al canto, alla recitazione e alla comunicazione moderna.
3. Quattro esercizi per cambiare la vostra voce
Ecco qualche semplice esercizio:
1. Migliorate i movimenti delle corde vocali
«Rilassate la muscolatura compiendo lenti movimenti di flessione laterale, anteriore e posteriore del collo per pochi minuti: distendono la muscolatura laringea», spiega Antonio Schindler, docente di foniatria all’Università di Milano. Utili anche esercizi di apertura della bocca, come se stessimo sbadigliando.
2. Esercitatevi con i vocalizzi
Vi è mai capitato, la mattina appena svegli, di avere una voce rauca e di parlare in modo poco fluido? Succede quando le corde vocali non sono state adeguatamente “riscaldate”. Esiste un vero e proprio fitness della voce, necessario per prepararci a emettere suoni puliti e pieni. Uno degli esercizi più efficaci consiste nei vocalizzi, cioè emissioni di suoni di vario volume e tono. Ecco come farne alcuni:
- inspirate profondamente;
- pronunciate una vocale, ad esempio la “a”, per tutta la durata del fiato e senza interrompervi, partendo con un volume e un tono bassi;
- aumentate progressivamente, mentre continuate a pronunciare la “a”, il volume e il tono;
- emettete vocalizzi anche con le altre vocali.
Potete provare i vocalizzi anche cantando, se sapete riconoscere le note musicali: «Si può iniziare con le note dal do al sol, emettendo il suono “mmm”, partendo da un’intensità moderata e salendo fino a concludere con una più forte», aggiunge Schindler.
3. Aumentate la chiarezza con l’articolazione
L’articolazione è l’apertura e la chiusura della bocca efficaci per pronunciare nitidamente ogni sillaba delle parole. Chi ha una buona articolazione appare sicuro di sé e padrone del discorso. Inoltre articolare bene aiuta ad acquisire padronanza espressiva. Ecco due esercizi:
- parlate davanti a uno specchio e osservate la vostra bocca: vedrete quanto e come la aprite mentre pronunciate le parole. Imparate ad articolare la bocca quanto più possibile, così abituerete i muscoli facciali all’espressività e, quindi, alla facilità di pronuncia in ogni condizione;
- prendete un libro di narrativa senza dialoghi e leggi una frase sillabandola. Ad esempio, la frase “succedeva sempre che a un tratto uno la vedeva” andrà letta così: SUC-CE-DE-VA SEM-PRE CHE-A-UN-TRATTO U-NO LA-VE-DE-VA. Per ogni parola apri al massimo la bocca, usa più volume che puoi e scandisci bene ogni sillaba.
4. Registrate la vostra voce
Individuate un attore o un presentatore la cui voce vi affascina. Registrate un brano in cui parla e trascrivetelo. Registrate la vostra voce mentre leggete quel testo cercando di riprodurre il suo modo di parlare.
Riascoltate la vostra voce e quella del modello cercando di capire cosa lui (o lei) fa che voi non riuscite a riprodurre. Ripetete la registrazione sforzandovi di imitarla al meglio. Vi sarà chiaro così cosa non vi piace della vostra voce e del vostro modo di parlare.
4. Dieci consigli per mantenerla sempre bella
Ecco il decalogo messo a punto dalla Federazione logopedisti italiani per proteggere la voce e mantenerla bella il più a lungo possibile.
1. Imparate a respirare bene prima di iniziare a parlare e mentre state parlando: eviterete così di rimanere senza fiato e sforzare le corde vocali.
2. Avvicinatevi alle persone per parlare: eviterete di dover urlare.
3. Guardate in faccia le persone con cui state parlando: sarà più facile capirsi senza dover aumentare il volume.
4. Se qualcuno sta parlando, aspettate che finisca prima di iniziare voi: in questo modo non sarete costretti ad alzare la voce.
5. Se potete, non bisbigliate: è una cattiva abitudine che stanca le corde vocali.
6. Se siete raffreddati, avete l’influenza o il mal di gola, cercate di non parlare troppo: affatichereste inutilmente la voce.
7. Non parlate mentre state facendo ginnastica, correndo o spostando oggetti pesanti: sarebbe un eccessivo sforzo per le corde vocali.
8. In alcune posizioni, la voce fa più fatica a venire fuori: non sforzatela.
9. Cercate di parlare meno quando siete al parco giochi, allo stadio, in cortile, a un concerto o in posti molto grandi e affollati: per farvi sentire sareste costretto a sforzare la voce.
10. I luoghi molto freddi, troppo caldi o dove ci sono persone che fumano non sono il posto ideale per esercitare la voce.
5. Cinema: dal muto al sonoro
La voce segna un cambiamento epocale sul grande schermo. Molti celebri attori rivelano una voce tremenda e perdono il successo.
- LA VOCE NON C’ERA
Mancava ogni rumore di scena e gli attori non avevano voce, ma i film muti non erano silenziosi: sin dalla fine dell’Ottocento, le pellicole venivano proiettate con un accompagnamento musicale dal vivo.
All’inizio la musica serviva per coprire sia i rumori prodotti dal pubblico in sala sia quelli legati al funzionamento del proiettore; poi ci si accorse che la musica esaltava il “sapore” del film e ne intensificava la portata emotiva.
Perciò ogni teatro o sala cinematografica prese ad assoldare dei musicisti. In quelle popolari, spesso era presente anche un imbonitore che commentava ad alta voce le scene e leggeva con enfasi le didascalie, aiutando così quella sostanziosa parte di pubblico che era analfabeta.
- IL PRIMO SONORO
Il cambiamento fu rapido e inesorabile: nel 1926, negli Usa, fu realizzato il primo lungometraggio parzialmente sonoro, Don Giovanni e Lucrezia Borgia: gli attori non parlavano ancora, ma alcune scene ebbero la prima colonna sonora della storia.
Nel 1927 uscì nelle sale americane il primo film parzialmente “parlato”, Il cantante di jazz, e l’anno dopo fu la volta di Luci di New York di Brian Foy, il primo film con attori parlanti.
Nel giro di due anni, si celebrò il funerale del cinema muto. L’introduzione del sonoro non solo spazzò via pianisti, imbonitori e didascalie, ma obbligò anche a modificare radicalmente le tecniche di sceneggiatura, montaggio, regia e persino di recitazione.
Nel cinema muto gli attori erano costretti a essere enfatici, a gesticolare in modo teatrale, a esagerare i fremiti e le espressioni del viso; il sonoro impose una recitazione diversa, più naturale e ricca di sfumature.
- LA CRISI DEGLI ATTORI
Molte star non ressero il passaggio: il film francese The Artist, capolavoro muto, girato in bianco e nero nel 2011 e vincitore di 5 premi Oscar, racconta il dramma di un attore che perde ogni cosa.
La vicenda si ispira alla vita di John Gilbert, divo del muto e prototipo dell’amante latino: nel 1928 era la star più pagata di Hollywood, due anni dopo era un fallito. La sua voce fu definita “un miagolio acuto e metallico”, l’attore perse gran parte del suo fascino, i produttori lo mollarono, lui si diede all’alcol e morì d’infarto a 38 anni.
Non fu l’unico: il grande attore Buster Keaton, licenziato nel 1932 dalla Metro-Goldwyn-Mayer, cominciò a bere e in poco tempo finì devastato dall’alcol.
Sul viale del tramonto si ritrovarono di colpo anche Douglas Fairbanks, ex “re di Hollywood”, Mary Pickford, “la fidanzatina d’America”, Gloria Swanson, bellissima vamp, Pola Negri, la prima femme fatale dello schermo, Clara Bow, celebre attrice dai capelli rossi e la bocca a cuore. La carriera la salvarono in pochi, tra cui John Barrymore, Greta Garbo (foto piccola in alto a sinistra) e Marlene Dietrich, tre attori dotati di gran presenza scenica e voci assai sensuali.
Quanto a Charlie Chaplin (foto sotto), interprete dell’indimenticato Charlot, detestò il cinema sonoro e arrivò a dire: «Il silenzio è l’essenza del cinema. Nei miei film non parlo mai e non credo che la voce possa aggiungere alcunché alle mie commedie». Alla fine fu Charlot a soccombere: Chaplin, piuttosto che dargli voce, non lo interpretò più.